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Laureati italiani, più veloci e qualificati di prima: ma le speranze di lavoro sono poche

Quante volte si sentono frasi come «i giovani escono tardi dall’università» oppure «in Italia ci sono troppi  laureati»? Il quindicesimo Profilo dei laureati pubblicato di recente da Almalaurea, consorzio interuniversitario che raggruppa circa il 70% degli atenei italiani, dimostra che la verità è un’altra.Il quadro che emerge è per certi aspetti positivo: innanzitutto i neodottori del 2012 hanno ottenuto il titolo mediamente intorno ai 26,7 anni (valore complessivo che tiene conto di tutte e quattro le tipologie di laurea analizzate: triennale, magistrale, a ciclo unico, di vecchio ordinamento), rispetto ai 27,8 dei laureati del 2004, che rientravano ancora nel vecchio ordinamento universitario. Un dato che rivela come la volontà di finire gli studi «in corso» e cercare di inserirsi il prima possibile nel mondo del lavoro si stia rafforzando. Anche se siamo ancora un po' lontani dai 24-25 anni che rappresentano l'età in cui generalmente si conclude un corso di laurea di cinque anni «in corso».L’indagine si riferisce a circa 227mila studenti  che hanno conseguito un titolo accademico nel 2012 in una delle 63 università del consorzio: in particolare, 127.279 laureati triennali, 65.452 magistrali e 22.171 laureati presso corsi a ciclo unico. I restanti sono laureati che rientrano ancora nel vecchio ordinamento. Il 55% del totale del campione analizzato ha conseguito titoli che fanno riferimento all’area delle scienze umane e sociali e la rimanenente parte a quella tecnico-scientifica. 60 su 100 sono donne.Gli studenti vivono con determinazione gli anni universitari e sono per la maggior parte soddisfatti dei propri studi, tanto che il 68% del totale dei laureati 2012 si iscriverebbe di nuovo al corso di laurea frequentato. Un gruppo di giovani che, oltre a impiegare meno tempo a laurearsi rispetto ai «colleghi» di qualche anno fa, non disdegna neppure esperienze formative a latere, finalizzate all’ampliamento delle proprie conoscenze. Tra queste, l’apprendimento della lingua inglese e l’acquisizione di conoscenze informatiche: nel 2012 la quota di laureati con una conoscenza «almeno buona» dell’inglese e dell’informatica di base è aumentata del 12,5% rispetto al 2004.La Repubblica degli Stagisti ha chiesto ad Andrea Marcucci, presidente della Commissione Istruzione e Cultura al Senato, di commentare questi dati. Secondo il senatore PD «la diminuzione dell'età alla laurea è evidentemente dovuta al passaggio dai 4/5 anni previsti nel vecchio ordinamento agli attuali tre del ciclo universitario minimo necessario a ottenere il titolo. In questo senso la riforma non ha soddisfatto interamente il suo scopo, vale a dire la netta riduzione dei tempi necessari per la laurea. L'estrema frammentazione interna ai corsi di laurea, con insegnamenti che prevedevano 2 o 3 crediti formativi, non ha certamente facilitato la vita agli studenti. D'altro canto nel nostro Paese non sono ancora abbastanza diffusi tutti quegli organismi finalizzati al sostegno degli studenti: le residenze, le borse di studio per i meritevoli che hanno visto negli ultimi anni un'ulteriore contrazione a causa dei tagli, i prestiti d'onore. Si tratta di strumenti che consentono ai giovani di dedicare tutto il loro tempo allo studio e che stimolano a finire nei tempi prescritti, pena l'esclusione dai quei benefici».Un incremento delle agevolazioni, soprattutto di tipo economico, sarebbe sicuramente un incentivo a procedere più rapidamente nel proprio percorso universitario. Ma la preparazione e la maggiore rapidità nel raggiungimento della laurea troverebbero un riscontro positivo nel mercato del lavoro? A quanto pare a oggi la fatica non è adeguatamente ricompensata.Dal 2008 si è accentuata la tendenza, già presente negli anni precedenti, alla diminuzione della quota di occupati nelle professioni ad alta specializzazione, che richiedono quindi titoli di studio superiori al diploma, in controtendenza rispetto a quanto accaduto nel resto d’Europa. Questo significa che, nel nostro Paese, i laureati fanno più fatica a inserirsi nel mercato. Un dato di fatto legato a una serie di fattori, tra cui l’aumento generale della disoccupazione in Italia e lo scarso ricambio generazionale. Non è un caso che molti «cervelli» di casa nostra vadano ad arricchire i mercati lavorativi di altri paesi: non troppo tempo fa l’Istat ha chiaramente individuato questo fenomeno.Secondo il presidente della Commissione Istruzione a Palazzo Madama «mancano, in Italia, adeguati incentivi all'assunzione alla prima esperienza e spesso, il costo del lavoro e la ristrettezza del mercato, inducono i neo laureati ad accettare lavori in nero o con contratti inadeguati. Si potrebbe parlare dell'insufficienza delle politiche nazionali per la ricerca e, più in generale, per lo sviluppo di settori in ambito pubblico o privato legati all'eccellenza, alle nuove tecnologie, alla cultura e alla creatività. Senza dimenticare lo scollamento che, malgrado le riforme, continua ad esistere tra formazione universitaria e mondo del lavoro». Se nel mercato italiano c’è poco spazio per i laureati, questa condizione è aggravata dal fatto che il numero di coloro che possiedono un titolo accademico non è comunque aumentato, a differenza di quanto si possa pensare. Ad aver subìto un incremento è il numero dei titoli universitari, passato dai 172mila del 2001 ai 299mila del 2011, a causa dello «spacchettamento» delle lauree, legato all’introduzione del nuovo ordinamento, per cui un laureato si trova spesso ad avere più di un titolo, come nel caso di triennale e specialistica. Gli immatricolati sono addirittura diminuiti del 17%, passando da 338mila del 2001 a 279mila di 10 anni dopo. Se si pensa, poi, che parte di chi si iscrive non termina gli studi universitari, la situazione appare abbastanza chiara. Tanto da spingere l'Italia a rivedere al ribasso le stime della Commissione Europea, relative al numero di laureati della fascia d’età 30/34 anni: se l’Ue indica una percentuale del 40% di questa fascia, da raggiungere entro il 2020, in Italia presumibilmente non si riuscirà a superare il 26-27%.Dai risultati dell’indagine Almalaurea, nel nostro Paese ci sono, quindi, meno laureati rispetto al resto d’Europa e, per di più, con poche possibilità di inserimento nel mercato occupazionale. Il nuovo governo ha già toccato più volte il tema lavoro, segnalando alcuni strumenti come il rafforzamento del contratto di apprendistato, l’allentamento dei vincoli posti dalla riforma Fornero per i contratti a termine e l’adozione di incentivi per l’assunzione dei giovani a tempo indeterminato. Ancora presto per stabilire se nei prossimi mesi qualcosa inizierà a muoversi. Chiara Del PriorePer approfondire questo argomento, leggi anche:- Tutti geni i neolaureati italiani? Nuovi dati Almalaurea: alla specialistica il voto medio è 108, con punte di 111 per le facoltà letterarie- Almalaurea, crollano occupazione e stipendi dei laureati. E chi fa uno stage ha solo il 6% in più di opportunità di lavoro- I laureati italiani fotografati da Almalaurea: sempre più disoccupati e meno retribuiti

Tirocini, in Liguria incentivi alle imprese: ma la nuova legge e l'indennità obbligatoria?

La parola tirocinio ha fatto capolino la settimana scorsa su tutte le testate locali liguri. Ma la notizia non ha nulla a che fare con la nuova normativa regionale che, entro il 24 luglio, dovrà recepire le linee guida nazionali sugli stage extracurriculari concordate a gennaio in sede Conferenza Stato-Regioni. Per il nuovo testo, che dovrebbe introdurre anche in Liguria un'indennità minima obbligatoria per i tirocinanti, bisogna ancora pazientare. Lo stage è assurto agli onori della cronaca perché il 3 giugno gli assessori alla Formazione e al Lavoro, Sergio Rossetti ed Enrico Vesco, hanno siglato un protocollo d'intesa con le associazioni datoriali regionali per introdurre due nuovi provvedimenti di contrasto alla disoccupazione giovanile. Il primo riguarda l'introduzione di una forma sperimentale di “staffetta generazionale”, sul modello di quella proposta dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini, per fare in modo che i lavoratori prossimi alla pensione possano ridurre le loro ore, mantenendo inalterati i contributi, in cambio dell’assunzione di under 30. Il secondo riguarda proprio i tirocini, considerati dai due assessori come una tappa strategica nel percorso di inserimento lavorativo dei giovani: la Regione ha stanziato 2 milioni di euro, messi a disposizione dal Fondo sociale europeo, per incentivare le aziende che attivino tirocini di 6 mesi o contratti di apprendistato ad assumere poi i giovani lavoratori. Gli stage, 500, sono rivolti ad altrettanti giovani tra i 15 e i 35 anni e i primi bandi saranno pubblicati presumibilmente a settembre. Con questi interventi, che vanno ad aggiungersi a quelli già previsti dal Piano giovani approvato lo scorso agosto, la Liguria si muove per arginare la drammatica situazione della crescente disoccupazione. Nel 2012 infatti i disoccupati liguri sono cresciuti del 30,2% rispetto all'anno precedente, arrivando a superare il tasso generale dell'8%. Ma nella fascia tra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione ha superato il 30%, e ha toccato l'11% nella classe d'età tra i 25 e i 34 anni.Incentivare le aziende che assumano i loro tirocinanti è sicuramente una buona iniziativa, sebbene l'accostamento tra apprendistato e stage possa forse indurre le aziende a non fare le dovute distinzioni tra questi due strumenti, molto diversi, e ad optare per la soluzione più facile ed economica tra le due – e cioè ovviamente lo stage. Ma oltre agli incentivi alle aziende è in arrivo o no anche la tanto attesa indennità obbligatoria per i tirocinanti? A che punto è la Liguria rispetto al recepimento delle linee guida nazionali che la prevedono? La Regione aveva già legiferato un anno fa in materia, con la Dgr 555/2012. Questa disciplina regolamenta già molti aspetti sull'uso (e abuso) dei tirocini ma all'articolo 13 afferma in modo generico che «i soggetti promotori o i datori di lavoro ospitanti riconoscono di norma in favore dei tirocinanti un’indennità di partecipazione», non introducendo di fatto nessun obbligo. È necessario dunque che la Liguria intervenga di nuovo per adeguare la norma attualmente in vigore alle indicazioni contenute nelle linee guida nazionali emanate a gennaio. Lo conferma alla Repubblica degli Stagisti l'assessore al Lavoro Enrico Vesco: «Con deliberazione della giunta regionale del 18 maggio 2012 n. 555, la Liguria aveva già approvato una propria disciplina regionale per cui per recepire le linee guida si sta procedendo ad una revisione, in seno alla Commissione Regionale di Concertazione, della disciplina già esistente. Poiché i provvedimenti di giunta sono immediatamente esecutivi, non vi sono vincoli istruttori da rispettare per cui, nel rispetto dalla data ultima del 24 luglio prossimo, la deliberazione di modifica della disciplina esistente sarà sicuramente approvata in una delle sedute a venire».L'assessore spiega che al momento la bozza di testo «è ancora in fase di concertazione, per cui tutte le migliorie e le restrizioni che possono produrre scostamenti dalle linee guida sono ancora oggetto di attenta valutazione e discussione, sia di merito che di opportunità». Nessuna anticipazione dunque sui dettagli della nuova norma, neppure sul punto – cruciale – del compenso agli stagisti, su cui in molte Regioni italiane sindacati e associazioni datoriali si sono dati battaglia. Al momento i giovani liguri devono accontentarsi di una vaga rassicurazione dell'assessore: «L'indennità di partecipazione da corrispondere al tirocinante è ovviamente uno dei nodi più caldi della discussione con le parti sociali che è ancora in atto, per cui al momento non é possibile fare anticipazioni sulla conclusione della discussione, ma di certo la Liguria non avrà un comportamento più penalizzante delle altre Regioni». La Repubblica degli Stagisti ha chiesto alla Cgil Liguria quali siano le diverse istanze su cui si sta battagliando e purtroppo pare che non ci siano in discussione cifre da capogiro: i sindacati starebbero insistendo per alzare a 400 euro l'indennità minima obbligatoria, mentre le associazioni datoriali vorrebbero fermarsi a 300.Per quanto riguarda le sanzioni alle aziende o agli enti che dovessero contravvenire alla norma, sembra che la Liguria non abbia intenzione di seguire l'esempio del vicino Piemonte, che ha previsto specifiche ammende per chi violi le nuove regole sugli stage. «Le sanzioni sono definite con normativa nazionale e irrogate dal servizio ispettivo del Ministero del Lavoro. C'é l'intenzione di richiamare solo i provvedimenti sanzionatori previsti dalla normative regionali vigenti per quei soggetti promotori che sono riconosciuti tali solo in virtù di accreditamento regionale». Ma anche su questo punto la discussione con le parti sociali è ancora in atto, perché la Cgil Liguria ha fatto sapere che sta insistendo per poter introdurre misure specifiche in caso di violazione delle norma.La Repubblica degli Stagisti ha chiesto all'assessore Vesco anche se ha disposizione dati aggiornati sulle dimensioni numeriche del “fenomeno tirocinio” in Liguria. Nel 2011, secondo i dati Excelsior Unioncamere, sono stati 7.820 gli stage attivati, solo nelle imprese private, nel territorio regionale. A questi bisogna aggiungere, secondo le stime della Repubblica degli Stagisti, almeno 4mila tirocini svolti nelle pubbliche amministrazioni e più o meno altri mille nelle associazioni non profit. Per un totale di circa 13mila stagisti: un numero non da poco, considerando che la popolazione ligure arriva solo a 1 milione e mezzo di abitanti. L’assessore risponde che al momento non ha dati più aggiornati o più completi, anche perché non è stata ancora realizzata la banca dati telematica prevista in realtà già dalla Dgr 555/2012: la delibera di giunta dell’anno scorso indicava che sia il progetto formativo che la convenzione fossero presentati telematicamente. Ma poi, in previsione delle ulteriore modifiche da apportare per adeguare il testo alle linee guida nazionali, la Regione ha ritenuto opportuno differire l'aggiornamento del sistema informativo. «Sono al momento disponibili le analisi statistiche effettuate dalla Provincia di Genova e quelle desumibili presso l'Agenzia Liguria Lavoro dal sistema regionale delle comunicazioni obbligatorie. Per il futuro si pensa di ovviare a questa lacuna prevedendo l'obbligo del trattamento informatico dei dati», afferma Vesco. Anche per poter analizzare dati e statistiche, così come per scoprire l'ammontare dell'indennità agli stagisti, bisogna ancora attendere. Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Umbria / Luglio si avvicina e non c'è ancora una bozza- Piemonte vicino al traguardo, Val d'Aosta ancora lontana- Toscana / L'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»- Marche / «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»- Emilia / Ancora in alto mare, Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Sicilia / La politica tace. E allora interviene il sindacato- Puglia / C'è già una bozza: «La approveremo entro luglio»- Campania / Il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto- Veneto / «Vigileremo sugli abusi». Ma l'indennità minima sarà bassaE leggi anche:- Leggi regionali sui tirocini: si va verso il caos e l'anarchia- Subito una legge statale sui tirocini curriculari: appello al ministro Carrozza

Campania, 5 milioni per «tirocini di inserimento» nel sociosanitario: ma nessuna garanzia di assunzione

Ancora qualche speranza, per gli operatori socio sanitari della Campania, di riuscire a frequentare dei tirocini d’inserimento lavorativo: la Regione ha infatti prorogato al 30 giugno 2013 il termine che consente alle strutture sanitarie, in possesso dei requisiti richiesti dal bando scaduto a dicembre 2012, di chiedere e ottenere i finanziamenti per attivare i tirocini. Il motivo della proroga è presto detto: nonostante le agevolazioni previste per le aziende, la richiesta è stata molto bassa e risultano ancora da investire circa 2 milioni di euro degli oltre 5 milioni del Fondo sociale europeo che dovevano essere impiegati in questo campo.Il provvedimento in questione è il bando Primimpresa Oss e rientra nel piano di azione strategico Campania al Lavoro! che prevede specifici provvedimenti per contrastare la crisi economica e rilanciare l’occupazione. In questo caso i tirocini erano destinati a disoccupati e inoccupati da almeno sei mesi residenti in Campania già in possesso della qualifica di operatore socio sanitario e che avevano precedentemente espresso «una manifestazione di interesse attraverso la sottoscrizione sul sito Osscampania.org». L’elenco costituito ha quindi formato una long list gestita dall’Agenzia regionale per il lavoro e l’istruzione (Arlas) dalla quale dovevano essere selezionati gli operatori.L’obiettivo, come scritto nel decreto dirigenziale 260 del 2010, «è facilitare l’inserimento di disoccupati qualificati e formati nel mondo del lavoro». Tirocinanti cui andrà una borsa mensile di 500 euro per sei mesi mentre alle imprese il rimborso delle spese e degli oneri previdenziali e assicurativi per ciascun allievo. Il bando, dunque, trattandosi di tirocini d’inserimento e reinserimento lavorativo, dovrebbe essere finalizzato all’assunzione, tanto che anche nel decreto dirigenziale n. 7 del 2011 - in cui si rettificano alcuni punti del primo decreto - si specifica all’articolo 1 che «i destinatari avranno l’opportunità di un contatto diretto con una realtà lavorativa che è finalizzata a un eventuale inserimento lavorativo» e all’articolo due che pur non essendo vincolanti per le imprese in termini di possibili assunzioni, questi tirocini dovrebbero favorire «l’inserimento o il reinserimento lavorativo di soggetti in difficoltà rispetto al mercato del lavoro». Negli ultimi anni si sono moltiplicati i corsi per operatori socio sanitari autorizzati dalla Regione, ma le tante figure professionali formate non hanno trovato uno sbocco occupazionale. Tanto che gli Oss più o meno giovani - il bando non prevedeva limiti di età - hanno risposto in massa all’avviso. E all’agenzia regionale per il lavoro e l’istruzione si sono ritrovati con «una platea di circa 4mila iscritti» alla long list dei tirocinanti, come dichiara alla Repubblica degli Stagisti Arturo Bisceglie, Arlas Campania al Lavoro, contro una richiesta delle aziende che può soddisfare al massimo 500 giovani. Per questo motivo la Regione ha deciso di prorogare il bando, «perché sono arrivate meno domande rispetto alle risorse stanziate» e ha scelto di non riaprire la selezione per i tirocinanti perché visto l’esiguo numero di richieste da parte delle aziende «anche con la proroga arriveremo a un massimo di mille unità impegnate e già c’è una situazione di divario tra le richieste e la platea potenziale». Ai tirocini potranno quindi partecipare gli oss che si erano iscritti in banca dati subito dopo la pubblicazione del primo bando e non sono ancora stati selezionati nella prima tornata di stage, ma dovranno aspettare ancora diversi mesi prima di cominciare. Una volta scaduto il termine del 30 giugno, infatti, «i progetti presentati dalle aziende vanno in approvazione e, in seguito, quelli che sono in regola con il decreto vengono ammessi a finanziamento» dichiara Bisceglie: «da allora ci sono sei mesi di tempo per dare inizio alle attività». In quel periodo saranno direttamente le aziende a fare la selezione degli stagisti desiderati, secondo alcuni requisiti già indicati dall’assessorato al lavoro nel 2011. «Accedono alla banca dati, vedono le schede degli iscritti e possono fare l’estrazione delle persone che desiderano, ad esempio in base all’anzianità anagrafica». Il bando, sulla carta, tutela i tirocinanti rispetto a un futuro inserimento lavorativo anche dal punto di vista delle proporzioni numeriche: il numero massimo di borsisti non deve superare un determinato rapporto con quello dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato. E già nel novembre 2011 l’assessorato al lavoro della regione Campania con una nota sottolineava il carattere professionalizzante del tirocinio, scrivendo che «con il bando sosteniamo il percorso di inserimento lavorativo nelle aziende pubbliche e private del comparto socio-sanitario della regione» e a scanso di equivoci sulle possibili opportunità di assunzione continuava dicendo che «il comparto della sanità in Campania sarà interessato nei prossimi anni da un cospicuo turn-over soprattutto nell’ambito del personale para-subordinato».Quindi sia nel testo del primo bando, sia nel decreto dirigenziale, sia nella proroga della scadenza dei termini per le aziende sanitarie e nel decreto dirigenziale 260/2010 si parla sempre di «tirocini di inserimento e re-inserimento lavorativo», ma i veri sbocchi in Campania non sono assicurati nemmeno considerando il turn-over. Il vero problema, infatti, è il blocco delle assunzioni imposto dal patto di stabilità e Bisceglie è chiaro su questo punto: «Nelle aziende pubbliche si accede solo per concorso: quindi è un tirocinio, togliamo l’idea che dal tirocinio si passi poi all’assunzione. L’azienda privata, invece, a fine tirocinio può decidere se stipulare con i tirocinanti una qualche forma di contratto. Potrebbe, nel senso che non c’è l’obbligo. È un tirocinio, punto». Un tirocinio che da bando avrebbe però l’obiettivo operativo e specifico di «rafforzare l’inserimento/reinserimento lavorativo dei lavoratori adulti attraverso percorsi integrati e incentivi» e che sembra invece approfittare della disperazione dei tantissimi operatori socio sanitari abilitati in Campania che non hanno possibilità di lavorare e del forte tasso di disoccupazione totale della regione che nel quarto trimestre 2012 è arrivato, secondo dati Istat, a oltre il 21%. Invece di pensare a un provvedimento di lungo periodo che miri alla reale soluzione per queste figure lavorative, la Regione preferisce investire in programmi di breve termine - che danno ossigeno momentaneo ma lasciano intatto il problema iniziale.Marianna LeporePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Professioni sanitarie, tanti posti di lavoro: ma davvero, o solo sulla carta?- Stage, prime ribellioni alle linee guida: in Campania il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto- Giovanni Malservigi: «Il servizio civile in una casa di riposo mi ha aperto un altro mondo»

Nuove norme sugli stage, luglio si avvicina e l'Umbria non ha ancora una bozza

La Conferenza Stato-Regioni ha fissato per il prossimo 24 luglio la data entro la quale le Regioni, a cui una recente sentenza della Corte costituzionale ha confermato l'esclusiva competenza sulla materia, dovranno regolamentare i tirocini extracurriculari. A un mese e mezzo dalla scadenza, però, in Umbria è ancora difficile sapere quali saranno gli orientamenti e persino capire qual è, ad oggi, lo stato dell'arte. Squilla a vuoto da più di un mese il telefono dell’assessore al Lavoro Vincenzo Riommi del Pd. La Repubblica degli Stagisti gli invia la sua richiesta di intervista a fine aprile, ma nonostante numerose chiamate alla sua segreteria e al responsabile della comunicazione, nessuna risposta né da lui né dai suoi collaboratori. Eros Brega, presidente del Consiglio regionale, invece risponde ma solo constatando di non avere competenze specifiche sulla materia, che è oggetto dell'esecutivo, e cioè della giunta. In effetti il testo della normativa non è mai arrivato sul tavolo del Consiglio. Anche perché non esiste ancora.Lo conferma Giuliana Renelli [nella foto] della Cgil Umbria: «Insieme a Cisl e Uil abbiamo sollecitato l'incontro e da quanto so la Regione sta predisponendo un testo normativo che recepisce le linee guida e sarà portato in concertazione con le parti sociali. Non conosco al momento i contenuti di quanto si andrà a declinare ma credo di poter affermare, seppure con una prudenza, che il dispositivo non si discosterà di molto da quanto vanno facendo le Regioni a noi limitrofe, in particolare Toscana e Marche. Certo ci sono aspetti che vanno calati nelle singole realtà, che vanno dalla scelta dei soggetti promotori alla possibilità di rendere obbligatorie le comunicazioni di attivazione oltre che aumentare il compenso. In particolare mi preme sottolineare il ruolo fondamentale che dovrebbero assolvere i centri pubblici per l'impiego tra i soggetti promotori. Lo stage è uno strumento importante di politica attiva che va usato con molti accorgimenti. Non sono in grado di aggiungere altro».Ad oggi quindi non è dato sapere come cambierà la vita dei circa 9mila tirocinanti che ogni anno svolgono uno stage in Umbria. Secondo l'indagine Excelsior 2012, realizzata da Unioncamere, sono 5.470 i tirocini che hanno preso il via nel 2011 all'interno delle aziende private nel “cuore verde d'Italia”. Inoltre la Repubblica degli Stagisti stima che le amministrazioni pubbliche del territorio ospitino ogni anno circa 3mila tirocinanti e che più di mille abbiano luogo nelle associazioni non-profit. Si può considerare che, di questi 9mila stagisti complessivi, più o meno la metà siano configurabili come «extra curriculari» e dunque soggetti alla normativa prossima ventura.Qualche informazione in più la fornisce Luigi Rossetti, coordinatore dell’area imprese e lavoro della Regione: «La Regione sta ancora predisponendo il testo dell'atto normativo con cui intende recepire le linee guida, per cui non è possibile per il momento parlare né dell'indennità né del resto della disciplina di dettaglio. Posso affermare però che abbiamo intenzione di uniformarci alle indicazioni date dalla Conferenza Stato–Regioni e anche di rispettare la scadenza del 24 luglio. Si tratterà infatti di un atto normativo sintetico e snello, che non richiede un lungo iter legislativo. Prevediamo di approvarlo alla fine di giugno insieme all’assestamento di bilancio». La Regione è piccola, afferma Rossetti [nella foto], il fenomeno stage ha dimensioni ridotte e l'atto normativo può essere approvato in tempi rapidi. Ma c'è un passaggio che sfugge: ci sarà il tempo per un'adeguata discussione con le parti sociali, che non sono state ancora convocate per la trattativa, come ha affermato Giuliana Renelli? «Appena avremo pronta una bozza convocheremo le parti sociali competenti», risponde Rossetti. «Non abbiamo alcuna intenzione di saltare questo passaggio, che riteniamo fondamentale. Come la Repubblica degli Stagisti ha già evidenziato per altre Regioni, il confronto con i sindacati e le organizzazioni rappresentative delle imprese è stato spesso laborioso ma molto prezioso e ha consentito di trovare un equilibrio tra l'istanza di tutelare gli stagisti e quella di offrire uno strumento formativo prezioso alle aziende. Prevedo che anche qui in Umbria, come già è accaduto in Veneto, la discussione sarà accesa ma proficua. Il nostro tessuto produttivo è composto per la maggior parte da piccole e medie imprese, che sicuramente faranno sentire la loro voce ed esprimeranno le loro esigenze». Insomma la Regione non si è dimenticata dei suoi stagisti. «Riteniamo che il tirocinio sia una strumento di transizione tra formazione e lavoro molto utile, se ben regolamentato. Occorre vigilare soprattutto sul suo corretto utilizzo, affinché lo stage non si trasformi nella declinazione più vile di lavoro precario, ad alto tasso di sfruttamento e basso contenuto formativo. Per questo intendiamo intervenire soprattutto per incentivare le assunzioni al termine del tirocinio». 
Gli ultimi dati a disposizione non sono confortanti: dalla rilevazione di Unioncamere - limitatamente alle imprese private - emerge che appena il 9,9% dei tirocinanti umbri ha ottenuto una proposta di contratto al termine dello stage. «Ne siamo consapevoli e per questo intendiamo focalizzarci su questo punto», spiega Rossetti. «Ritengo che sia un aspetto molto importante, forse più dell'esatto importo dell'indennità, che pure capisco stia molto a cuore agli stagisti».  Non resta che attendere luglio per verificare che, come promesso, in poco più di un mese la norma prenda una prima forma, venga discussa con le parti sociali, modificata e infine approvata.Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Piemonte vicino al traguardo, Val d'Aosta ancora lontana- Toscana / L'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»- Marche / «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»- Emilia / Ancora in alto mare, Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Sicilia / La politica tace. E allora interviene il sindacato- Puglia / C'è già una bozza: «La approveremo entro luglio»- Campania / Il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto- Veneto / «Vigileremo sugli abusi». Ma l'indennità minima sarà bassaE leggi anche:- Leggi regionali sui tirocini: si va verso il caos e l'anarchia- Subito una legge statale sui tirocini curriculari: appello al ministro Carrozza

Nuove leggi sugli stage: Piemonte vicino al traguardo, Val d'Aosta lontana

Buone notizie da Torino: la Regione Piemonte il 13 maggio ha raggiunto un accordo con le organizzazioni sindacali per regolamentare i tirocini in applicazione alle linee guida nazionali. «Il Protocollo di intesa è stato sottoscritto tra la Regione, le Province e le parti sociali territorialmente competenti e verrà approvata con Delibera di giunta regionale questa settimana», annuncia soddisfatta alla Repubblica degli Stagisti l'assessore al Lavoro e formazione professionale Claudia Porchietto (PdL), che aggiunge: «La predisposizione della disciplina è stato frutto di un articolato processo di concertazione sociale e istituzionale». La conferma arriva dalla Cgil Piemonte: «È stata necessaria una discussione piuttosto laboriosa, che però è stata utile e ha consentito di raggiungere risultati nel complesso soddisfacenti». Secondo le indiscrezioni, la nuova normativa dovrebbe entrare in vigore già dal primo luglio 2013, andando a sostituire la legge regionale attualmente in vigore, la 34/2008. Nel frattempo la Repubblica degli Stagisti è in grado di anticipare i contenuti del testo, che appare per molti aspetti migliorativo rispetto alle linee guida di gennaio. Innanzitutto, i circa 20mila giovani che ogni anno svolgono uno stage extracurriculare nel territorio piemontese (per la precisione 18.912 nel 2012 secondo i dati dell'Agenzia Piemonte Lavoro, ente strumentale della Regione cui sono affidati il monitoraggio e la valutazione dei tirocini; in tutto gli stage, contando anche quelli curriculari e comprendendo  le stime di quelli svolti in enti pubblici e organizzazioni non profit, sono circa 43mila all'anno in Piemonte) potranno contare su un compenso obbligatorio. La Delibera di giunta gioca al rialzo rispetto alle linee guida: «Abbiamo previsto un’indennità di partecipazione minima mensile di 300 euro lordi corrispondente all’impegno massimo di 20 ore settimanali. Tale importo aumenta proporzionalmente in relazione all’impegno del tirocinante fino a un massimo di 40 ore settimanali, corrispondente a un’indennità minima mensile pari a 600 euro lordi», spiega l'assessore Porchietto. Non solo: coloro che usufruiscono di ammortizzatori sociali (Cig, mobilità, Aspi) e che sono pertanto esclusi dall'indennità avranno diritto comunque al rimborso delle spese di trasporto e vitto, o tramite l'accesso alla mensa aziendale o tramite il riconoscimento di un ticket pasto. 
Come già previsto da altre Regioni, anche in Piemonte la durata massima dei tirocini di inserimento / reinserimento lavorativo viene ridotta a 6 mesi. Per quanto riguarda invece tutti gli altri aspetti (soggetti promotori, obblighi formali dei soggetti promotori e di quelli ospitanti), si è cercato semplicemente di adeguare la regolamentazione già in vigore con la legge regionale 34/2008 a quanto indicato dalla linee guida nazionali. Ancora più innovativa appare la parte del testo che introduce un sistema di azioni di vigilanza volte a evitare l'utilizzo improprio dei tirocini. Spiega l'assessore Porchietto: «Nell’ambito delle attività di monitoraggio e valutazione la Regione pone particolare attenzione alla rilevazione di eventuali elementi distorsivi quali, per esempio, la sistematica reiterazione della stessa mansione con soggetti diversi, il numero anomalo di cessazioni anticipate, la concentrazione degli stage in determinati periodi dell'anno, lo svolgimento di attività non conformi al progetto formativo o di inserimento/reinserimento». Parte del merito va alle associazioni sindacali che, secondo quanto dichiarato dalla Cgil Piemonte, hanno premuto molto su questi punti in fase di concertazione: «Sin dall'inizio della discussione abbiamo rifiutato l'impostazione della Regione, che faceva soprattutto dell'indennità di partecipazione l'elemento qualificante. Anche migliorando la misura dell’indennità rispetto a quanto previsto dall'accordo Stato-Regioni, come poi effettivamente si è realizzato, sarebbe rimasto incompiuto l’obiettivo di evitare l'utilizzo improprio dei tirocinanti come sostitutivi di apprendisti o contratti a termine». Oltre alle attività di monitoraggio spiegate dall'assessore, il testo della Dgr si sforza di definire nei termini più precisi possibili tutti i casi di esclusione del ricorso ai tirocini: per attività elementari per le quali non è necessaria alcuna formazione, in aziende dove sia in corso l'utilizzo di Cig o che abbiano attuato licenziamenti per riduzione di personale nei 6 mesi antecedenti, o ancora per coprire esigenze di organico stabile o temporaneo. Inoltre, il progetto formativo viene reso più articolato: dovrà indicare, oltre all'impegno orario settimanale, anche le modalità di svolgimento e di prestazione, che dovranno essere necessariamente diverse da quelle tipiche di un vero e proprio rapporto di lavoro. L'obiettivo è chiaro: cercare di ridurre l'utilizzo dei tirocinanti come “tappabuchi” a fronte di scoperture di organico. Inoltre, per chi dovesse violare l'obbligo di erogazione dell'indennità viene introdotta una specifica sanzione amministrativa, da un minimo di mille a un massimo di 6mila euro. Un solo aspetto risulta “peggiorativo” rispetto a quanto indicato a gennaio dalla conferenza Stato-Regioni: la proporzione tra tirocinanti e organico aziendale, che rimane numericamente invariata ma consente un'interpretazione piuttosto ampia del concetto di “organico”. La Dgr piemontese stabilisce il numero possibile di stagisti «in relazione al numero di dipendenti a tempo indeterminato, a tempo determinato superiore a sei mesi, in proporzione al periodo contrattuale di riferimento, assunti con contratto stagionale di durata non inferiore a tre mesi, nonché soci e/o familiari coadiuvanti inseriti nell’impresa». Peraltro, la questione della proporzione tra stagisti e dipendenti è al centro di un problema serissimo, già evidenziato dalla Repubblica degli Stagisti: anche nel caso del Piemonte, come per le altre normative regionali, «la proporzione fissata, così come tutti altri gli elementi regolamentativi, ha ad oggetto esclusivamente i tirocini extracurricolari». Ma queste poche parole aprono la porta a uno scenario pericoloso: aziende ed enti potrebbero attenersi alla normativa per quanto riguarda il numero di tirocinanti extracurriculari ospitati, ma poi aggiungere ad libitum tirocinanti curriculari, senza avere qui - di fatto - un tetto massimo. È una delle tante storture generate dall'aver preteso di suddividere gli stage curriculari, di competenza statale, da quelli extracurriculari, di competenza regionale. Per questo la Repubblica degli Stagisti ha lanciato un appello al neoministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza perché il governo elabori al più presto una legge statale sui tirocini curriculari. Nel frattempo dal Piemonte l'assessore Porchietto, pur ribadendo che la Dgr non può regolamentare gli stage previsti all’interno di un percorso formale di istruzione o di formazione, promette che nell’ambito del monitoraggio dei tirocini verrà posta particolare attenzione alla tutela di quelli curriculari. Se da Torino ci si sposta un centinaio di chilometri più a nord, ad Aosta, la situazione cambia drasticamente. La Repubblica degli Stagisti ha interpellato l'ufficio stampa della Regione ormai un mese fa. La risposta ricevuta alle dettagliate domande poste su diversi punti (tempistica, iter legislativo, indennità, durata massima, etc) è stata sintetica e piuttosto vaga: «Abbiamo cominciato a lavorare sul recepimento delle Linee guida che quindi non è ancora attuato ma in fieri», ha fatto sapere il Centro Orientamento politiche per l'ompiego. «La Valle d'Aosta ha una esperienza consolidata nella gestione dei tirocini ed ha sempre vigilato affinché tale strumento avesse una connotazione formativa e di sostegno all'inserimento lavorativo. L'atto sarà una Deliberazione di giunta per garantire rapidità e anche possibilità di nuovi adattamenti. Il testo sarà confrontato preliminarmente con le parti sociali». 
Secondo i dati Unioncamere Excelsior nel 2011 sono stati attivati 870 stage nelle imprese private valdostane (cui vanno aggiunti, secondo le stime della Repubblica degli Stagisti, almeno 400-500 tirocini nelle pubbliche amministrazioni e circa 200 nelle associazioni non profit). Ma il rischio, se la Regione non interviene velocemente per regolamentare la materia in accordo con le linee guida, è che i giovani valdostani snobbino le imprese e gli enti del loro territorio e migrino quotidianamente verso il vicino Piemonte. In materia di tirocini, l'Italia si prepara e dover fare i conti con una legislazione a macchia di leopardo; uno degli effetti potrebbe essere proprio la nascita di una nuova categoria: quella degli “stagisti pendolari”.di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Toscana / L'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»- Marche / «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»- Emilia / Ancora in alto mare, Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Sicilia / La politica tace. E allora interviene il sindacato- Puglia / C'è già una bozza: «La approveremo entro luglio»- Campania / Il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previstoE leggi anche:- Leggi regionali sui tirocini: si va verso il caos e l'anarchia- Subito una legge statale sui tirocini curriculari: appello al ministro Carrozza- Tirocini extracurriculari, linee guida approvate: le Regioni legiferino entro luglio

Dalla Spagna all'Irlanda, dalla Francia alla Lituania: oltre 120 tirocini Leonardo a bando

Occuparsi di meccanica in Portogallo, approfondire la “green economy” in Gran Bretagna, conoscere il mondo del turismo in Spagna: sono queste le possibilità offerte da tre bandi legati al progetto Leonardo in scadenza durante il mese di giugno. In totale, ci sono a disposizione 124 borse.Spagna, Germania, Irlanda, Inghilterra, Lituania, Francia e Portogallo sono le mete proposte dal “Mech your move”, bando promosso dalle provincia di Bologna, Reggio Emilia e Modena in collaborazione con il Centro servizi Pmi dell'Emilia Romagna. Si tratta di 41 borse di tirocinio per svolgere percorsi formativi della durata di 14 settimane in aziende che operano in diversi settori. Meccanica, elettronica, automazione, energia, ambiente, gestione aziendale: queste le attività nelle quali potranno essere coinvolti i ragazzi e le ragazze selezionate per partecipare al progetto.La partecipazione al bando è riservata ai residenti in Emilia Romagna, con la precisazione che a parità di titoli la residenza in una delle tre provincie promotrici costituirà titolo preferenziale, di età compresa tra i 19 ed i 32 anni e in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado. È necessario conoscere la lingua del Paese ospitante. Solo per Germania, Portogallo e Lituania è ammesso l'utilizzo dell'inglese come linguaggio veicolare.Ai tirocinanti verranno garantiti un alloggio, un corso di lingua, un'assicurazione ed un contributo una tantum compreso tra i 700 e i 900 euro. Le spese di viaggio sono invece a carico dei partecipanti. C'è tempo fino al 7 giugno per presentare la propria candidatura, inviando la documentazione sia in forma cartacea che in formato digitale. Dopodiché prenderà il via la fase di selezione, che prevede colloqui individuali con gli enti promotori e interviste telefoniche con le aziende ospitanti. I vincitori partiranno alla volta delle rispettiva destinazioni all'inizio di settembre.Scade sempre il 7 giugno il bando “Yousud”, acronimo che sta per “Youth for sustainable development”, che mette a disposizione 45 borse per progetti relativi alla green economy, alle telecomunicazioni e al turismo. Il progetto è promosso da Velia srl, società di consulenza di Caserta, in collaborazione con l'associazione Glosef Italy e la Seconda università degli studi di Napoli. Destinazioni previste sono la Spagna ed il Regno Unito, rispettivamente con 25 e 20 tirocini della durata di 13 settimane ciascuno. La borsa di studio garantita ai partecipanti ammonta a 2.295 euro per quanti si recheranno nella penisola iberica e a 3.250 per chi attraverserà la Manica. I contributi non saranno assegnati direttamente agli stagisti, ma saranno gestiti da Velia che si occuperà del'acquisto dei biglietti aerei e della stipula di un'assicurazione. La somma rimanente verrà girata all'azienda ospitante perché copra le spese per l'alloggio a mezza pensione garantito da una famiglia del luogo all'interno della propria abitazione.Per presentare domanda è necessario essere residenti in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia o Sardegna e non aver ancora compiuto 35 anni. Il titolo di studio richiesto è la laurea, sia di primo che di secondo livello, in una delle discipline attinenti ai progetti. Ovvero ingegneria, scienze naturali o ambientali, economia, scienze della comunicazione, agraria, biologia, scienze del turismo o informatica. La domanda di partecipazione può essere presentata on line, oppure inviata in forma cartacea a Giosef Italy. Sarà quindi un comitato tecnico indicato dal dipartimento di Scienze politiche della Seconda università a selezionare i vincitori. Gli stage si svolgeranno tra il 22 settembre ed il 22 dicembre 2013.Prenderanno invece il via tra la metà di settembre e la fine di ottobre i progetti legati a “Yeah! Youth environment and heritage”, programma che offre 38 tirocini della durata di 13 settimane nel settore turistico che si svolgeranno in Irlanda e in Spagna. L'iniziativa è promossa dalla cooperativa sociale Mistral di Brescia ed è rivolta a neo diplomati dagli istituti secondari di secondo grado e a persone inoccupate e disoccupate, in possesso di diploma e che non abbiano compiuto 35 anni. Altro requisito fondamentale è la conoscenza della lingua del Paese ospitante.Come spesso accade nell'ambito del programma Leonardo, la partecipazione a questi stage non prevede alcun rimborso "cash", ma l'ente promotore coprirà i costi di viaggio, di assicurazione, di vitto e di alloggio per tutta la durata del tirocinio. Sono 14 i posti a disposizione in Irlanda, con partenza il 14 settembre, e 24 quelli relativi alla Spagna: 14 per un'esperienza a Barcellona, che prenderà il via il 21 settembre, 10 a Siviglia con inizio il 26 ottobre. Quanti fossero interessati devono scaricare il modulo e compilarlo in inglese ed inviarlo sia in formato elettronico che cartaceo. La fase di selezione prevederà innanzitutto una valutazione dei curricula dei candidati, cui farà seguito un colloquio individuale con quanti avranno superato la prima fase di selezione. Dopodiché ai 38 candidati scelti non resterà che preparare le valigie.Riccardo SaporitiHai trovato interessante questo articolo? 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Agenzia europea del farmaco, quaranta tirocini con rimborso record: 1600 euro al mese

Un eldorado dove i tirocini sono rimborsati 1350 sterline nette al mese (l'equivalente di 1600 euro). E per di più non tassate, a meno che così non voglia il Paese di origine. In più, l'accredito di spese per il viaggio di andata e ritorno (se superiore a 150 chilometri e fino a un massimo di 670 euro) e una maggiorazione fino al 50% per i disabili. Accade all'Agenzia europea del farmaco (Ema) di Londra, un organismo europeo che conta circa 800 dipendenti e che si occupa della valutazione scientifica delle medicine messe in commercio dalle case farmaceutiche della Ue. Uno dei suoi scopi è la protezione «della salute delle persone e degli animali» del Vecchio Continente, come si legge sul sito, e un periodo di tirocinio presso la struttura offre la possibilità di arricchirsi professionalemente in un ambiente «intellettualmente stimolante». «Le posizioni aperte variano tra le 40 e le 42», riferisce alla Repubblica degli Stagisti Birgit Breen dell'ufficio risorse umane: la corsa per aggiudicarsi un posto per quest'anno si chiuderà il prossimo 15 giugno e la domanda per partecipare va scaricata a questo link. Solo una volta selezionati dovrà essere raccolta e inviata tutta la documentazione cartacea. C'è una solo tornata per anno: la partenza dello stage è fissata a ottobre 2013 e la durata è di sei mesi, prorogabili a nove. I requisiti: la cittadinanza di un paese membro della Ue (o candidato a esserlo), il possesso di un diploma di laurea e la buona conoscenza dell'inglese e di un'altra lingua europea sono elementi sufficienti per candidarsi. Non c'è un indirizzo specifico di studi richiesto ma sul sito si specifica che in genere i selezionati provengono da facoltà come farmacia, chimica, medicina, ingegneria. Ma non solo di bakground scientifico si tratta: l'esperienza non è infatti preclusa ai laureati in giurisprudenza, economia, scienze della comunicazione o perfino lettere, che possono essere impiegati in settori dell'ente che utilizzino professionalità affini a quei corsi di studi. Spesso, è sottolineato nelle faq della pagina, le domande provengono da persone che già lavorano in case farmaceutiche: infatti anche nell'application form una sezione è dedicata alle esperienze lavorative, a dimostrazione che si tratta di un tirocinio molto ambito anche da giovani lavoratori vista l'entità della borsa. A loro sono però richieste le dimissioni dal posto di lavoro prima di iniziare lo stage presso l'Ema. Il processo di selezione. Una volta mandata la domanda - in inglese, e con un testo che spieghi le motivazioni della candidatura - passano circa due settimane prima di ricevere la conferma di avvenuta ricezione. Dopodiché tra luglio e settembre i selezionatori contattano per telefono i candidati ammessi alla shortlist finale per chiedere loro se sono ancora disponibili e concordare insieme gli obiettivi da perseguire nell'agenzia: una sorta di colloquio informale, insomma. È poi il direttore generale dell'agenzia, sulla base delle inidicazioni dei singoli uffici che operano le selezioni, a decidere chi sarà ammesso. A quel punto viene stilata la graduatoria definitiva, e ai finalisti arriva una lettera di accettazione dello stage (in genere entro agosto). I non ammessi non riceveranno alcuna comunicazione, ma potranno tentare di nuovo la sorte nelle successive edizioni. Come sempre in casi di tirocini presso enti pubblici, non è prevista altra forma di assunzione post stage se non tramite un regolare concorso pubblico. Come conferma alla Repubblica degli Stagisti Birgit Breen, «gli stagiaire sono i benvenuti  alle prove di selezione dei concorsi messi a bando. Sempre e quando rispettino tutti i requisiti richiesti». Nella pagina dedicata al programma di traineeship c'è un'ampia sezione dedicata alla vita dello stagista nell'agenzia: i suoi diritti e doveri, il dress code, il trasporto londinese, le assenze e così via. Due gli aspetti che colpiscono. Il primo: all'inizio dello stage viene consegnato un work plan con i compiti assegnati. Una "tabella di marcia" che poi verrà aggiornata man mano che lo stage prosegue e che la formazione della risorsa è stata avviata. E poi l'aspetto degli orari. Potrebbe sembrare marginale ma non lo è, soprattutto in Italia dove i diritti degli stagisti sono spesso ignorati. La giornata lavorativa, è specificato, va dalle 9 alle 17.30 con un'ora di pausa pranzo che lo stagista può prendere a suo piacimento tra le 12 e le 14:30. Si può anche decidere di prendere mezz'ora, ma l'ente consiglia di rispettare l'ora di pausa (che può estendersi anche a due ore e mezzo in casi particolari). Si parla poi del cosiddetto flexitime, «un sistema per meglio bilanciare il rapporto tra vita e lavoro», applicato principalmente ai dipendenti ma anche agli stagisti, seppur con particolare cautela. Se capita loro di eccedere nelle ore 'lavorative' (7,5), le stesse andranno scontate nelle settimane o nei mesi successivi. Il tirocinante, in quanto tale, non deve insomma passare troppe ore in ufficio. Le passate edizioni. Nonostante le ottime condizioni offerte dall'Ema, il numero di candidature ogni anno è piuttosto contenuto: normalmente sono 1400 con percentuali variabili di nazionalità. Ma l'anno scorso c'è stato un picco, con un aumento di quasi il 30%: «Nel 2012 in effetti ci sono pervenute 1.800 domande di partecipazione» dice la Breen. Un rialzo da ricollegare, probabilmente, alla crisi e alla diminuzione di opportunità di lavoro per i giovani. Ilaria Mariotti Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - In Italia? Difficile aver voglia di tornarci, dopo aver lavorato all'estero- Un tarantino a Cambridge: «Qui in Inghilterra se vali ti assumono, perché in Italia no?»- Fuggi-fuggi dall'Italia: sono almeno 2 milioni i giovani all'esteroE anche: - Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglio- Solo un giovane su dieci viene assunto dopo lo stage: «il mondo deve sapere» anche questo

Nuove regole sugli stage, Emilia ancora in alto mare. Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»

«La Regione Emilia Romagna sta ancora lavorando alla legge regionale che recepirà le indicazioni sui tirocini e pertanto al momento non è in grado di dire nulla»: è questa la risposta dietro cui si trincera l’assessore al Lavoro Patrizio Bianchi, attraverso l'ufficio stampa della giunta. Ma allora a che punto è l’Emilia rispetto alla deadline del 24 luglio, entro cui ogni Regione dovrebbe tradurre in legge i contenuti del documento concordato a gennaio in sede di Conferenza Stato-Regioni.In effetti neppure Puglia, Veneto e Campania - le Regioni interpellate sinora nel "viaggio alla scoperta dell'attuazione delle linee guida" avviato dalla Repubblica degli Stagisti ad aprile - hanno emanato leggi o provvedimenti: ma almeno hanno già in mano una bozza e i loro assessori non hanno avuto problemi a illustrare il testo che intendono portare in aula per la discussione, spiegandolo punto per punto (indennità obbligatoria, durata massima, proporzione stagisti / dipendenti e così via). Il primo silenzio arriva, a sorpresa, dall’Emilia Romagna. Eppure non si può certo dire che qui il fenomeno stage sia irrilevante: secondo le stime della Repubblica degli Stagisti nel 2011 sono stati attivati ben 55mila tirocini, 31.280 in imprese private (dati Unioncamere Excelsior), più o meno 18mila in enti pubblici e almeno 6mila in associazioni non profit. Non solo: oltre un anno fa, ben prima delle linee guida di gennaio, la Regione aveva promesso che avrebbe presto emanato una legge in materia. Eppure oggi nessuno in Regione sembra sapere proprio della normativa in arrivo, nemmeno il presidente della Commissione lavoro e istruzione, Beppe Pagani [nella foto a destra]: «La Commissione non ha ancora in mano niente perché sta aspettando che la giunta le dia un testo su cui lavorare. Non sappiamo neppure se si tratterà di un disegno di legge regionale, di un provvedimento di giunta o di un regolamento…».Nonostante tutto la giunta, attraverso l’addetto stampa Barbara Musiani, afferma di non essere in ritardo: «La Regione ha tempo sino a fine luglio per legiferare. L’assessore sta lavorando su questo tema e ha già sentito le parti sociali, ma non siamo ancora in una fase tale da poter parlare dei punti concreti della legge». Ma se l’assessore Bianchi [nella foto a sinistra] se ne sta già occupando, perché non spiegare a cosa sta lavorando concretamente, che tempistiche prevede, quale “congrua indennità” e quali altre garanzie intende introdurre per i tirocinanti, quali sono le proposte dei diversi attori coinvolti? «Perché la discussione con le parti sociali non è ancora avvenuta», spiega Claudio Cattini, responsabile del dipartimento formazione e ricerca della Cgil Emilia Romagna. «Noi non abbiamo ancora potuto vedere nessun testo, né discutere con le altre associazioni sindacali e datoriali, né presentare le nostre idee. Al momento l’assessore ci ha solo annunciato l’imminente avvio di un ragionamento rispetto alle linee guida di gennaio. Mi aspetto che nelle prossime due settimane questo tavolo di discussione e contrattazione prenda effettivamente vita, ma al momento non c’è una data precisa». Ma questo “ragionamento” con le parti sociali  non era già stato avviato più di un anno fa, come lo stesso Cattini aveva dichiarato alla Repubblica degli Stagisti a gennaio 2012? Già allora sembrava che dovesse arrivare a breve una legge regionale che regolamentasse la materia. «Sì, la discussione era stata effettivamente avviata ed era giunta pochi mesi dopo a una sua conclusione, e cioè che fosse meglio non toccare nulla. Mi spiego meglio: l’Emilia ha già una legge regionale in materia, la n° 12 del 2003. Dopo l’iniziativa toscana ci eravamo chiesti se fosse il caso di introdurre anche qui una normativa più dettagliata che prevedesse, per esempio, un’indennità obbligatoria per gli stagisti. Ma poi l’assessore e le parti sociali avevano convenuto sul fatto che fosse meglio “tenersi” la legge del 2003, la quale afferma in modo chiaro un principio per noi essenziale: il tirocinio non è un contratto di lavoro né uno strumento di inserimento lavorativo, ma una modalità didattica». Il tempo in Emilia Romagna pare essersi fermato. E l’affermazione questa volta non è dovuta alla contemplazione dei suoi bellissimi centri storici medievali: sul terreno degli stage, pare che il dibattito sia rimasto esattamente allo stesso punto in cui si era impantanato più di un anno fa. Ma in mezzo non ci sono state le linee guida emanate dalla Conferenza Stato-Regioni, che avrebbero dovuto scuotere dal torpore le giunte e le assemblee legislative di tutta Italia? «Ovviamente sì, ed è per questo che l’assessore Patrizio Bianchi ci ha annunciato che presto dovremo riparlarne», spiega Cattini [nella foto a destra]. «Se ancora non si è fatto niente non è per negligenza né per disinteresse, ma perché su questo terreno in Emilia ci sono parecchie tensioni e contraddizioni». Sarebbe a dire? «Le associazioni sindacali regionali sui tirocini hanno un’idea molto chiara, che non collima pienamente con i principi espressi nelle linee guida: per noi il tirocinio è una modalità didattica e non una transizione al lavoro. Riteniamo che non abbia proprio senso parlare di tirocinio di inserimento/reinserimento, perché non vediamo dove sia il contenuto formativo: una persona che ha perso il lavoro e deve apprendere nuove competenze per rientrare nel mercato va indirizzata verso un percorso formativo di riconversione o di specializzazione, al cui interno può essere previsto anche un tirocinio. Ma che contenuto formativo ha lo stage in sé, slegato da qualsiasi percorso di didattica, anche formale? E davvero pensiamo che tutte le aziende abbiano una struttura adeguata all’accoglienza e alla formazione? L’uso del tirocinio come strumento di sfruttamento di forza lavoro sottopagata, o anche solo come strumento di selezione dei giovani da assumere come apprendisti, è un uso assolutamente distorto che va fermato e condannato. Ci sono già altre forme per facilitare l’ingresso di giovani e meno giovani nel mercato del lavoro: per gli under 30 l’apprendistato, recentemente modificato dalla riforma Fornero; poi ci sono gli incentivi per l'assunzione di donne e lavoratori over 50 rimasti senza impiego, le nuove misure a favore delle start up, il "bonus ricerca" per assumere personale altamente qualificato. In tutti i casi, si stipula un vero contratto di lavoro, che prevede un minimo salariale, il versamento di contributi, il riconoscimento di diritti inalienabili a tutti i lavoratori come maternità, ferie e malattia. Il tirocinio non può e non deve in alcun modo essere usato in sostituzione di questi. Le aziende e gli enti che ne abusano fanno concorrenza sleale a quelle che invece ricorrono alle forme contrattuali più adeguate. Inoltre, siamo molto perplessi sull’idea di regolare i soli tirocini extracurriculari, come previsto dalle linee guida. Se si vuole legiferare sugli stage, lo si deve fare su tutti, perché esiste un nocciolo di diritti minimi da garantire a tutti i tirocinanti, a partire da un’indennità congrua che per noi non può essere inferiore a 500 euro lordi, e dalla garanzia che dietro ogni tirocinio ci sia una seria progettazione formativa, fatta da enti qualificati e certificati».Ma, a questo punto, ci sono i tempi necessari per rispettare la deadline del 24 luglio? «I tempi ci sono se si arriva a una bozza entro fine maggio», risponde Cattini. «L’importante è che ci sia la volontà politica di sciogliere in modo chiaro e univoco i nodi concettuali che stanno alla base della discussione e, ancor prima, della definizione stessa di tirocinio».di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Leggi regionali sugli stage, la Puglia ha già una bozza: «La approveremo entro luglio» - Stage, la Regione Veneto promette «Veglieremo sugli abusi»: ma l'indennità minima sarà bassa- Stage, prime ribellioni alle linee guida: in Campania il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto E anche:- Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglio- Simoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative»- Patto per lo stage: perché dalle parole si passi ai fatti

Stage, prime ribellioni alle linee guida: in Campania il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto

Più ombre che luci nel regolamento regionale sugli stage in arrivo in Campania. La data del 24 luglio, entro cui le Regioni italiane sono chiamate a recepire con un proprio provvedimento le linee guida nazionali sui tirocini extracurriculari emanate a gennaio, potrebbe trasformarsi in un appuntamento amaro per gli oltre 22mila giovani che, secondo le stime della Repubblica degli Stagisti, ogni anno svolgono un tirocinio nel territorio campano. Attualmente questa schiera di stagisti non ha a disposizione alcuna normativa regionale cui rifarsi, a differenza dei “colleghi” toscani, abruzzesi e lombardi, ma può fare riferimento solo all’intricatissima normativa nazionale: il decreto interministeriale 142/1998, l'articolo 11 del decreto legge 138/2011 poi annullato dicembre 2012 da una sentenza della Corte Costituzionale, l'articolo 12 della riforma Fornero. Un groviglio di norme in cui è difficile orientarsi, e che lascia - purtroppo - ampi margini di libertà d'azione e d'interpretazione a tutte quelle aziende e quegli enti che vogliano usare impropriamente il tirocinio in sostituzione di un regolare contratto di lavoro e in assenza di reali contenuti formativi. Insomma, di flessibilità - talvolta spinta ai limiti della deregolamentazione assoluta - nell'universo stage pare ce ne sia a sufficienza. Eppure l'avvocato Severino Nappi, assessore al Lavoro e alla formazione della Regione Campania, nonché professore ordinario di Diritto del lavoro presso l’università della Calabria, è di diverso avviso: «Non pensiamo di ricorrere a una legge regionale, perché in una materia dinamica come quella delle regole sul lavoro c’è bisogno di flessibilità e di capacità di adeguamento alle esigenze del mercato per evitare di rendere sempre tutto complicato. Abbiamo già delle linee guida nazionali, e quindi è sufficiente un regolamento». Eppure, dato che l'uso distorto e talvolta anche il palese abuso dei tirocini in Italia è all'ordine del giorno - come la Repubblica degli Stagisti denuncia da anni - questo è un terreno terreno su cui, in fatto di regole chiare, non sarebbe il caso di andare al risparmio.Ma non è questa l'unica sorpresa che riserva l'assessore della giunta guidata dal marzo 2010 da Stefano Caldoro (PdL). Dapprima l'avvocato esprime rassicurazioni sul rispetto dei tempi («Abbiamo già predisposto una bozza di regolamento che recepisce le linee guida, in una versione che definirei estremamente avanzata e pronta per l’approvazione»), poi però per rispondere alla domanda sul coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione del testo sceglie un tempo verbale molto sospetto, il futuro: «Le proposte programmatiche o legislative specie in materia di lavoro e formazione sono sempre condivise preventivamente con le parti sociali. È una modalità già sperimentata con successo per altri testi di legge come l’apprendistato, la sicurezza sul lavoro, la regolamentazione del mondo della cooperazione e altri dispositivi di politica del lavoro. Anche questa volta la proposta sarà preliminarmente condivisa al tavolo del partenariato e poi approderà in giunta». Ma come, la bozza è in una versione «estremamente avanzata», già «pronta per essere approvata» nell'arco di settimane, ma le parti sociali non sono ancora state coinvolte? Per fare un confronto: anche Puglia e Veneto hanno in mano al momento una bozza, il cui iter legislativo sembra nella stessa fase del documento campano, ma in entrambi i casi il testo è stato frutto della concertazione con le parti sociali che hanno avuto un peso non trascurabile nell'indirizzare i contenuti del provvedimento. Come mai all'ombra del Vesuvio le cose sono andate diversamente? Forse perché le parti sociali, e in particolare le associazioni sindacali, potrebbero muovere più di un'obiezione su vari punti del testo. Non tanto sull'indennità obbligatoria, su cui la Regione non mostra la volontà politica di migliorare le indicazioni contenute nelle linee guida: «Nella nostra bozza abbiamo previsto un rimborso mensile lordo di 300 euro per i primi tre mesi di tirocinio, che diventano 400 nel caso in cui il tirocinio preveda una durata superiore». E neppure sulla durata dello stage, altro punto su cui la Campania sembra non sentire l'esigenza di interventi migliorativi rispetto alle indicazioni emanate a gennaio, mantenendo a 12 mesi la durata massima dei tirocini di inserimento / reinserimento (a differenza di Puglia e Veneto che intendono abbassarla a 6). Fin qui, comunque, le indicazioni minime previste dalle linee guida vengono rispettate.La mesta sorpresa arriva da un altro punto della bozza, quello che regola la proporzione tra tirocinanti e dipendenti. In quest'ambito le linee guida non hanno modificato per nulla la norma in vigore già dal decreto interministeriale 142/1998. Si legge infatti nel documento della Conferenza Stato-Regioni: «Possono ospitare tirocinanti nei limiti di seguito indicati: a) le unità operative con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato: un tirocinante; b) le unità operative con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e venti: non più di due tirocinanti contemporaneamente; c) le unità operative con ventuno o più dipendenti a tempo indeterminato: tirocinanti in misura non superiore al 10% dei suddetti dipendenti contemporaneamente, con arrotondamento all'unità superiore». Su questo punto la Regione Campania ha preferito «prevedere una ripartizione più diversificata», come spiega Nappi: «per i soggetti ospitanti che hanno un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso fra uno e quattro: massimo un tirocinante; compreso fra cinque e otto: massimo due tirocinanti; compreso fra nove e dodici: massimo tre; compreso fra tredici e sedici: massimo quattro; compreso fra diciassette e venti: massimo cinque; per i soggetti ospitanti che hanno oltre venti dipendenti a tempo indeterminato: un numero di tirocinanti non superiore al 30% dell’organico a tempo indeterminato». Ricapitolando: una piccola azienda con 13 dipendenti passerà dal poter ospitare due stagisti, come è sempre stato dal 1998, a quattro, raddoppiando così le sue capacità di accoglienza e formazione - o forse la possibilità di utilizzare forza lavoro a basso costo? Per non parlare di un'azienda di medie o grandi dimensioni che potrà letteralmente triplicare il numero di stagisti, “saltando” improvvisamente dal 10 al 30%. 

In Campania nel 2011 sono stati 13.010 gli stage (curriculari ed extracurriculari) svolti nelle imprese private (dati Unioncamere Excelsior), a cui bisogna aggiungerne, secondo le stime della Repubblica degli Stagisti, altri 7/8mila negli enti pubblici e almeno 2.500 nelle organizzazioni non profit, per un totale di oltre 22mila stage attivati in un anno. Sui 13.010 tirocinanti nel settore privato, quelli "ad alta scolarizzazione" («laureati o laureandi», li definisce la ricerca Unioncamere) costituivano il 44,1%, un dato ben più alto della media nazionale (31,9%). Per il 2012, qualche numero lo offre l'assessore Nappi: «I dati disponibili dalle comunicazioni obbligatorie [che riguardano solo gli stage extracurriculari, ndr] indicano che ogni anno in Campania sono attivati circa 7mila tirocini. In particolare 7.171 nel 2010, 7.406 nel 2011 e 7.495 nel 2012. Un dato crescente, che crediamo verrà confermato nei prossimi anni».
Ma c'è da andar fieri di questo pronostico? Non c'è dubbio che se la bozza verrà approvata così come viene prospettata da oggi dall'assessore, aziende, associazioni ed enti pubblici potranno addirittura triplicare, già a partire dalla seconda metà del 2013, il numero di stagisti. Ma è importante capire le motivazioni reali che spingono e spingeranno le realtà pubbliche e private campane a prendere sempre più stagisti. Un anelito puramente altruistico verso i giovani, per formarli e trasferire loro competenze, oppure un semplice calcolo di risparmio, perché rispetto al costo di un dipendente regolarmente assunto o di un apprendista gli stagisti, con i loro 300 euro scarsi di indennità obbligatoria, saranno molto più convenienti? Si attende, a questo punto, la reazione dei sindacati.di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Leggi regionali sugli stage, la Puglia ha già una bozza: «La approveremo entro luglio» - Stage, la Regione Veneto promette «Veglieremo sugli abusi»: ma l'indennità minima sarà bassa- Regioni, muovetevi: le vostre leggi sui tirocini devono essere pronte entro luglio- Simoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative» E anche: - Patto per lo stage: perché dalle parole si passi ai fatti- Stagisti in hotel e ristoranti: troppi o troppo pochi?

Nasce Articolo36: una testata online dedicata al lavoro precario, sottopagato, gratuito

Da ieri è online un sito "cugino" della Repubblica degli Stagisti. Si intitola Articolo 36 ed è stato presentato in anteprima al Festival del giornalismo di Perugia, nell'ambito del panel “I precari: gratis non è lavoro”, attraverso un dibattito cui a fianco di Eleonora Voltolina - anche in questo caso fondatrice e direttore della testata - hanno partecipato Benedetta Tobagi scrittrice e consigliere di amministrazione Rai, Matteo Valerio, giornalista freelance e tra i fondatori del collettivo di precari romani Errori di Stampa, e Ester Castano, giovane giornalista freelance. Una cornice, quella del Festival, particolarmente adatta al tema. Perché l'«articolo 36» in questione è quello della nostra Costituzione, che prevede che ogni lavoratore abbia diritto «ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Una frase che alle orecchie di migliaia e migliaia di giornalisti precari, spesso pagati pochi euro a pezzo, sembra quasi beffarda.Ed è proprio dal tema del precariato e delle retribuzioni da fame che vuole ripartire questa nuova testata: facendo una informazione di qualità focalizzata sul lavoro e sulla connessione (purtroppo sempre più spesso spezzata) tra lavoro e retribuzione. «Siamo partiti proprio con un pezzo sul lavoro giornalistico» ha spiegato Eleonora Voltolina presentando l'articolo "di esordio" di Articolo36, scritto dalla freelance Marianna Lepore e dedicato ai magri compensi che il sito o2o del gruppo Banzai eroga a chi produce i suoi contenuti: «Perché il giornalismo è, insieme a molte altre professioni intellettuali, uno dei campi in cui più spesso le persone si sentono proporre di lavorare per pochi spiccioli o addirittura gratuitamente».Voltolina ha anche raccontato in breve la genesi del nuovo sito, ricordando di aver parlato dell'articolo 36 della Costituzione in un'occasione speciale: «Un po' meno di un anno fa mi venne proposto, insieme a una trentina di altri giovani, di essere presente a un evento al Quirinale di fronte al Presidente della Repubblica. Era la presentazione di un libro, Giovani senza futuro, a cui io avevo collaborato scrivendo un capitolo insieme ad Alessandro Rosina. Mi venne detto che avrei avuto però solo due minuti per il mio discorso. Così scelsi di parlare di un articolo della Costituzione importantissimo, bellissimo, che però viene quotidianamente calpestato. Quello che dice una cosa che può sembrare quasi banale: che il lavoro va pagato. E lo dice con delle parole-chiave bellissime: libertà e dignità unite a lavoro e retribuzione». Di ritorno dal Quirinale, l'idea di fondare una testata giornalistica con questo nome e dedicata a questi temi: «Il giorno dopo registrammo il dominio Articolo36.it. Poi, come ogni progetto, c'è voluto del tempo per realizzarlo, ma finalmente eccolo qua, adesso esiste. Parlerà di lavoro ma con un preciso focus specifico: questo lavoro ti permette di mantenerti?». Per Voltolina è lì che sta il fulcro del problema: «Le persone non lavorano solo per realizzarsi, per il proprio piacere. Lavorano anche, e io direi essenzialmente, per poter essere economicamente indipendenti, pagare la propria vita, la propria casa, il proprio futuro. Per non dover dipendere dalle famiglie d'origine». Pericolosissimo dunque spezzare il legame tra lavoro e retribuzione: «Così si innesca un circolo vizioso mostruoso anche dal pinto di vista macroeconomico: perché se le persone non guadagnano, poi non possono spendere: quando si parla di contrazione dei consumi, si dovrebbe pensare anche a questo».Articolo36.it andrà a scandagliare il mondo del lavoro alla ricerca delle sacche di illegalità e di sfruttamento; ma darà anche voce a quella parte di imprese sane che subiscono trattamenti iniqui da parte dello Stato: «Vogliamo occuparci anche della controparte, dell'impresa. Perché ce ne sono tante che vogliono comportarsi bene», ma che paradossalmente oltre che contro la crisi si trovano a dover combattere ogni giorno anche contro lo Stato «Con le tasse ingiuste, come l'Irap, che è una tassa demenziale, perché penalizza chi assume dipendenti e va ad avvantaggiare chi invece si avvale di lavoratori a partita Iva. Oppure basti pensare alle aziende che rischiano di chiudere, o che non possono pagare i propri dipendenti, perché magari hanno preso qualche appalto dalla pubblica amministrazione e aspettano da mesi o magari da anni che i prodotti che loro hanno venduto o i servizi che hanno erogato vengano pagati da chi li ha commissionati e ha promesso di pagarli: che in questo caso - ancor più grave - è lo Stato». La grande ambizione di Articolo36.it insomma è quella di «descrivere a 360 gradi il mercato del lavoro, cercando di mettere il dito nella piaga dove si annida la cancrena», che secondo Eleonora Voltolina si colloca in un preciso punto: «quello in cui si scollano lavoro e retribuzione».Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Presidente Napolitano, la dignitosa retribuzione è un diritto costituzionale anche per i giovani