Archeologi in piazza: «Dal ministero non vogliamo i 500 stage, ma lavoro vero»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 13 Gen 2014 in Notizie

Quasi mille persone in piazza. Archeologi, bibliotecari, studenti, sindacalisti. In mano centinaia di fogli rossi con su scritto "500 no": a un certo punto tutta la piazza li ha sventolati, e poi ciascuno ha acceso una miccetta. «Per accendere la piazza della cultura» dicono gli organizzatori: la piazza era quella del Pantheon, a Roma, sabato pomeriggio - l'altroieri.

stage lavoro mibactUna manifestazione scaturita per chiedere al ministero dei Beni culturali di ritirare un recente bando, chiamato "Mibact - 500 giovani per la cultura", che selezionerà 500 under 35 da inserire al ministero come stagisti.

Un passo indietro. Fin dall'inizio del suo mandato, il governo presieduto da Enrico Letta promette di investire sui giovani e sulla cultura, e di offrire una opportunità a 500 meritevoli, permettendo loro di fare un'esperienza all'interno del ministero dei beni culturali con l'obiettivo (sono parole testuali del ministro Bray) di inserirli in «un programma straordinario per la prosecuzione e lo sviluppo della inventariazione, della catalogazione e della digitalizzazione del nostro patrimonio».

Poi però - siccome siamo pur sempre in Italia - accade che il 6 dicembre esca il bando per partecipare a questa selezione, e i numerosi laureati in Archeologia e materie affini, ansiosi di scoprire i dettagli questa opportunità, si ritrovino sotto a una doccia fredda: i 500 posti non sono di lavoro, bensì di "formazione". Cioè di stage, anche se questa parola non appare che di sfuggita (nell'articolo dedicato al «rinvio alla normativa vigente», in cui si ammette che tutto il programma formativo si appoggia sulla «normativa vigente in materia di tirocinio formativo e di orientamento»). Il bando presenta peraltro altri aspetti considerati critici dai diretti interessati: criteri troppo stringenti per l'ammissione, e una indennità troppo bassa per poter essere considerata dignitosa.

Fulmini e saette, e due settimane dopo il ministero opera un parziale dietrofront. Attraverso il decreto direttoriale del 16 dicembre abbassa i requisiti necessari per candidarsi dal punto di vista del punteggio di laurea (da 110/110 a 100/110). Vengono allargati l'elenco delle classi di laurea ammesse alla selezione e quello dei titoli che fruttano punteggio. Viene anche spostata la deadline per le candidature, che passa dal 21 gennaio al 14 febbraio. La modifica più radicale è comunque quella delle ore di attività previste: si passa da un monte indicativo di 1560 ore di impegno richiesto ai 500 giovani, spalmate nell'arco di un anno (dunque 30-35 ore alla settimana), a sole 600 ore annue. Correzione che ha l'immediato effetto "aritmetico" di innalzare il compenso orario: fermi restando infatti i 5mila euro di indennità previsti forfettariamente per i 12 mesi di attività, rapportandoli alle 1560 ore di attività ne usciva una somma indignitosa (3,20 euro all'ora); abbassando invece il denominatore a 600, ora ne deriva una cifra più o meno accettabile (8,30 euro all'ora).

Ma lo scheletro del bando resta intatto: non si prevedono contratti di lavoro, bensì "esperienze di formazione" (cioè stage). Per svolgere una mole di lavoro immensa della quale il ministero ha estrema necessità. E allora l'Associazione nazionale archeologi lancia una iniziativa: una grande manifestazione di piazza
. Fioccano le adesioni (dall'Associazione nazionale archivistica italiana alla Confederazione italiana archeologi, dal Gruppo archeologico romano all'Acta - l'associazione Consulenti terziario avanzato, dall' Associazione italiana traduttori e interpreti a quella dei Dottorandi e dottori di ricerca italiani, dall'Abi - Associazione Italiana Biblioteche fino al Link coordinamento nazionale universitari e alla Rete della conoscenza, qui l'elenco completo), e sul sito si trovano ben sintetizzate le richieste che vengono avanzate al ministero. Un percorso di condivisione che vede, tra le altre, l'adesione di Mariarita Sgarlata, assessore regionale ai beni culturali della Sicilia, che già in conferenza Stato-Regioni aveva espresso forti perplessità sul bando. E accanto alla Consulta del Lavoro Professionale della Cgil appare anche l'adesione della FpCgil, l'importantissima sezione della Cgil dedicata alla Funzione pubblica: un mastodonte.

Tra i volti noti in piazza c'erano il responsabile cultura di Sel, Cecilia D'Elia, già assessore alla provincia di Roma; la
deputata di Sel Celeste Costantino e ancora per Sel Marco Furfaro, responsabile del settore precarietà, movimenti e immigrazione all'interno del coordinamento nazionale del partito; poi il piddino Matteo Orfini, deputato della corrente dei "giovani turchi", e Giulia Rodano, assessore alla Cultura della Regione Lazio tra il 2005 e il 2010.

Oggi Salvo Barrano, presidente dell'Ana, si dice soddisfatto: «Sono molto contento, in piazza l'altroieri c'erano tutti: precari, studenti ma anche anche le imprese, le cooperative che danno lavoro nel settore culturali. C'erano addirittura alcuni funzionari del ministero che sanno benissimo che quel bando è una presa in giro, e che hanno aderito singolarmente».

La manifestazione, annunciata all'indomani della pubblicazione del bando, era stata poi confermata prima di Natale nonostante la pubblicazione del decreto direttoriale di "rettifica". Perché? «Perché le modifiche non sono neanche lontanamente sufficienti. Anzi, ci fanno capire che abbiamo ragione: il bando era stato scritto frettolosamente, noi avevamo minacciato di ricorrere al Tar, e allora il ministero ha introdotto alcuni cambiamenti dalla sera alla mattina, probabilmente perché il provvedimento non fosse bloccato in sede amministrativa. E se è vero che le modifiche fanno decadere, o almeno indeboliscono, le motivazioni per i possibili ricorsi, noi il ricorso lo faremo lo stesso perché secondo noi permane la discriminazione rispetto ai professionisti over 35, che vengono esclusi da questa selezione e dunque perdono anche l'eventuale opportunità di essere assunti dopo lo stage, come il ministro ha anticipato che potrà accadere».

L'Ana e le altre associazioni restano dunque sul piede di guerra e rimandano al mittente il gesto distensivo del ministro, che proprio sabato ha twittato la sua solidarietà alla piazza: «Condivido la protesta dei professionisti della cultura per i blocchi alle assunzioni e mi impegno a portare le loro ragioni al Governo», ha scritto Massimo Bray sul suo profilo Twitter. Per Barrano sono parole inconsistenti perché non supportate dai fatti: «Noi abbiamo portato in piazza tre istanze: il bando Mibact per i 500 giovani, la legge sul riconoscimento della nostra professione, e il concorso pubblico per far ripartire le assunzioni. Lui con il suo commento su Twitter ha ignorato i primi due, su cui ha competenza diretta, e sul terzo si è limitato a promettere un vago impegno a portare in consiglio dei ministri il problema del blocco del turnover. Noi invece diciamo che se condivide la nostra protesta deve agire: per quanto riguarda il bando gli stage sono inaccettabili, vanno aperte posizioni di lavoro vero. Che poi è quello che lui aveva annunciato, ma questo non è lavoro. In più aveva annunciato che avrebbe cercato dei fondi e invece ha trovato una miseria, solo 2,5 milioni di euro. Quindi innanzitutto noi gli chiediamo trovare più soldi; e se proprio ci sono solo questi, di spenderli meglio, non nella logica assistenzialista di dare poco a molti, con una distribuzione a pioggia di denaro
slegata dal merito, di sapore "demichelisiano". Per il bando noi proponiamo due soluzioni: il ministro potrebbe prendere questi soldi, fare un bando pubblico e assumere qualcuno, con un contratto vero, subordinato. Oppure, se i fondi non sono sufficienti, potrebbe mettere a bando i progetti con la modalità del lavoro autonomo, per cui chi vince si aggiudica i progetti e li svolge da lavoratore autonomo. Il ministro oggi è ambiguo, ma non può continuare a stare a metà: se sta dalla nostra parte, ha un ruolo e deve ottenere degli obiettivi».

Posizione confermata dalle dichiarazioni di altri co-organizzatori della manifestazione: «Inutile illudersi che con 500 tirocinanti risolviamo i problemi del ministero. Chiediamo la sospensione del bando, la revisione del decreto Valore Cultura e nuove vere assunzioni» dice per esempio Ferruccio Ferruzzi per Uil Beni Culturali, anche perché il bando «non propone una soluzione strutturale ma è esemplare del tirare a campare» secondo la definizione di Davide Imola. «Il 50% degli archeologi ha una formazione post lauream, il 28% ha frequentato almeno un master, eppure per il Mibact queste persone non hanno bisogno di un lavoro ma di un ulteriore anno di formazione nella forma di un tirocinio pagato in tutto 5mila euro» ironizza Alessandro Pintucci, presidente della Confederazione italiana archeologi; e Beatrice Mastrorilli, storica dell’arte che alla manifestazione di sabato rappresentava sia SAU e sia gli Storici dell'arte in movimento, chiude perentoria: «Vogliamo retribuzione e tutele previdenziali adeguate, non tirocini».

E il ministero cosa dice? La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare Mario Guarany, dirigente generale e vicecapo di Gabinetto vicario ad interim del ministero dei Beni culturali: è lui che ha firmato il decreto direttoriale per il bando dei 500 giovani per la cultura. Nella mattinata di oggi però Guarany è stato sempre impegnato con telefonate e visite; ma la segreteria assicura che presto il direttore si renderà disponibile per un commento
.

Eleonora Voltolina

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- Gli archeologi insorgono: «Stage di 12 mesi a 3 euro all'ora, il bando del ministero "500 giovani per la cultura" è inaccettabile»
- Ichino sui "500 giovani per la cultura": «Il ministero non finga uno stage quando in realtà si tratta di rapporti di lavoro»


Community