Categoria: Notizie

Salario minimo, vigilia del voto in Germania: dovrebbe valere anche per gli stagisti

"Keine Ausnahmen beim Mindestlohn!", nessuna eccezione nel salario minimo. Il motto si fa sempre più insistente, a Berlino e dintorni. Perché giovedì prossimo il parlamento dovrà varare la nuova normativa per l'introduzione del Mindestlohn, il salario minimo, che prevede una paga di 8,50 euro lordi all'ora, a partire dall’inizio del 2015. Eppure all´interno della Große Koalition la questione delle "eccezioni" all'applicazione della legge è tutt’altro che pacifica e riguarda diverse categorie, come quella dei Praktikanten, ovvero i tirocinanti.Il braccio di ferro tra la Spd e l'Unione Cdu-Csu sembrerebbe tuttavia aver trovato un punto di equilibrio proprio lo scorso venerdì. Nel caso specifico degli stagisti, come riporta Spiegel Online, l’accordo confermerebbe il punto 22 del disegno di legge approvato ad aprile, escludendo i Pflichtpraktika (i tirocini obbligatori) così come i freiwillige Praktika (i tirocini non obbligatori), con una durata estesa da sei settimane a tre mesi. Un compromesso dunque di carattere non sostanziale ma soltanto temporale, tra i socialdemocratici - contrari a limitazioni in materia - e i conservatori che hanno avuto sempre una posizione più critica, seppur divisa tra chi ad esempio voleva lasciar fuori tutti i tirocinanti e chi voleva limitare la norma a quelli ancora nella fase di Ausbildung o formazione professionale. «Le trattative con i colleghi di coalizione si sono concluse con successo», così ha commentato Andrea Maria Nahles, ministro socialdemocratico del Lavoro, alla rivista Rhein-Zeitung, che nelle scorse settimane aveva promesso: «Metterò fine al modello della "Generation Praktikum"». Cioè la generazione stage tedesca.Ma i datori di lavoro e di stage come la pensano? La loro reazione è particolarmente indicativa dell’impatto ma soprattutto dei possibili effetti della nuova normativa sul salario minimo sul mercato del lavoro tedesco. Holger Schäfer, senior economist dell'Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia afferma che «il numero di lavoratori che riceveranno il salario minimo è molto più elevato nei Länder ad Est rispetto a quelli della parte occidentale. Perciò bisogna supporre che lì una percentuale più alta di lavoratori potrà essere licenziata in conseguenza dell´introduzione del salario minimo». Inoltre, nel caso specifico dei Praktikanten, l'applicazione del «salario minimo contribuirà a contrarre l’offerta di tirocini». Che già ha registrato una leggera diminuzione in Germania, considerando i dati dell'infografica riportata dal Die Welt ai primi di giugno: dopo il picco del 2011 e 2012 in cui erano stati attivati in totale oltre 630mila Praktikanten all'anno, nel 2013 il numero è sceso a 568mila nel 2013. La previsione di Schäfer viene confermata anche da un sondaggio pubblicato di recente dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, secondo il quale solo l'11% delle aziende non intende cambiare la propria politica di reclutamento; al contrario il 46% dei soggetti interpellati non vorrebbe prendere tirocinanti che avessero i requisiti per poter ricevere il Mindestlohn, il 26% si propone di attingere dal bacino di coloro che sono senza salario minimo e il 17% manifesta in linea generale il proposito di ricorrere in misura minore ai Praktikanten. Naturalmente, come puntualizza Jobst Fiedler, associate dean presso l'università privata di Berlino Hertie School of Governance, ci sono datori di lavoro e datori di lavoro. La situazione più critica ricadrà sulle spalle delle «piccole aziende, dell’industria creativa e del settore culturale» dove sono presenti molti tirocinanti e dove si guadagna tendenzialmente poco. Il meccanismo del salario minimo secondo Fiedler funzionerà solo «se verranno elevati i finanziamenti, cosa difficile dato che molti comuni non hanno sufficiente denaro e lo stesso vale per i Bundesländer [stati federati]. Non si può ancora dare una risposta, se le istituzioni riceveranno maggior credito così da poter essere nella condizione di pagare 8 euro e 50 all'ora». Dopo aver premesso che alla legge bisognerà affiancare costanti controlli, Fiedler mette in evidenza anche il rovescio positivo della medaglia: il salario minimo è «la via migliore» per vincere definitivamente la battaglia dello sfruttamento, su scala non solo nazionale ma anche europea, ovviamente con i dovuti distinguo da Paese a Paese. «In Germania nei prossimi dieci anni il numero dei giovani diminuirà e perciò le aziende hanno interesse, nella competizione dei talenti, a trovare gente valida. Qui la congiuntura è migliore rispetto alla situazione del mercato del lavoro italiano dove le aziende non stanno vivendo un buon periodo e ovviamente è ancora più arduo avere un salario minimo». Il professore aggiunge inoltre che in prospettiva tutti i Paesi europei dovranno adottare questa misura e che «se nei prossimi due anni l’economia italiana tornerà ad una buona condizione, allora una legge simile andrà bene anche per l'Italia».A queste osservazioni di lungo periodo si sommano quelle sul futuro più prossimo, vale a dire sulle ulteriori eventuali eccezioni che verranno concesse, dato che il disegno di legge prevede la possibilità di introdurre deroghe fino al 31 dicembre 2016. A questo proposito Frank-Jürgen Weise, a capo della Bundesagentur für Arbeit, l’Agenzia federale per il lavoro, ha messo le mani avanti in un'intervista al quotidiano Frankfurter Rundschau: «Quando si ammettono troppe eccezioni si producono contraddizioni, si favorisce la tendenza ad eludere e alla fine si raccoglie insoddisfazione». Parole che suonano come un avvertimento, e fanno intendere che il braccio di ferro sull'argomento si sia solo interrotto e possa riprendere molto presto.Marta LatiniPer saperne di più du questo argomento leggi anche:- Salario minimo, non è la bacchetta magica ma evita gli stipendi da fame - JobsAct, l’essenziale è il salario minimo- Come funziona lo stage in Europa: viaggio in Germania e Olanda E anche:- Uno stage spaziale per Federica, in Germania per sviluppare missioni satellitari- Il capo degli ispettori del lavoro: «Se lo stage serve ad aggirare l’assunzione, noi la ordineremo»   La foto Mindestlohn è di Denis Bocquet- licenza creative commons La foto del ministro Andrea Nahles è di Thomas Rodenbücher- licenza creative commons La foto Bundestag è di Ralf Schulze (rs-foto)- licenza creative commons  

Dopo i superstage la Calabria avvia Work Training, 500 stage annuali pagati 500 euro al mese: ma non mancano le criticità

Più di 3.400 domande per 500 tirocini: impressionante il dato di partecipazione al progetto Work Training [nella foto a destra la conferenza stampa di presentazione] finanziato con il Fondo sociale europeo dalla Regione Calabria. Ancora di più se si pensa che il dato è aggiornato al 6 giugno e che il bando scade il 19. «Per quella data», spiega alla Repubblica degli Stagisti Teresa Lampi di Calabria Lavoro, l'azienda partecipata che si occupa del progetto, «avremo tranquillamente superato le 5mila domande».Un numero di candidature dieci volte superiore ai posti disponibili, che nella provincia di Reggio Calabria finirà dunque per coinvolgere una persona ogni venti: nella provincia reggina sono infatti 68mila i ragazzi che hanno tra i 20 e i 29 anni. Seicento invece le aziende che, al 6 giugno, si erano candidate per ospitare gli stagisti: anche in questo caso in misura maggiore ai posti effettivamente disponibili.Segno da un lato del grande interesse verso questi tirocini della durata di un anno con un rimborso spese di 500 euro mensili, dall'altro delle difficoltà che vive il mercato del lavoro calabrese. «Per noi non è una novità», ammette Lampi alla Repubblica degli Stagisti: «è talmente grossa la crisi che chiunque, disoccupato o inoccupato, anche con più lauree, partecipa a bandi come questo perché ci vede uno spiraglio». Anche se si tratta di uno stage lungo, con un rimborso spese non elevato e senza alcuna garanzia di assunzione, né alcun incentivo alle realtà ospitanti affinché offrano un contratto al termine del percorso.Il progetto è riservato a disoccupati e inoccupati che abbiano almeno 16 anni, ed è previsto che il 50% delle risorse a disposizione venga orientato su persone under 25. Possono ospitare tirocinanti le imprese, gli studi professionali, le fondazioni e le associazioni e anche gli enti pubblici - che però stonano un po' in questo elenco perché, per loro natura, non possono assumere al termine dello stage ma solo tramite concorso. Un aspetto, questo, che cozza con i contenuti della normativa calabrese sugli stage: la delibera 268 del 29 luglio 2013 in materia di tirocini prevede infatti espressamente che la durata massima per tirocini formativi sia 6 mesi, e che una durata di 12 mesi sia possibili solo per i tirocini «di inserimento / reinserimento». Che senso ha, dunque, far fare tirocini «di inserimento» in enti pubblici che non potranno mai procedere all'«inserimento», nemmeno in caso di risultato impeccabile da parte dello stagista? La domanda resta per ora senza risposta, e la Repubblica degli Stagisti spera che qualche dirigente della Regione Calabria voglia presto spiegare i motivi della scelta di aver ricompreso tra i possibili soggetti ospitanti anche gli enti pubblici.Perché quando si tratta di denaro pubblico bisogna monitorare con attenzione, a monte e a valle, l'efficacia delle iniziative intraprese: e per finanziare questi stage la Regione Calabria ha stanziato la bellezza di 3 milioni di euro, attingendoli dal Fondo sociale europeo. L'attivazione del progetto sarà preceduta da un corso di formazione della durata di 12 ore: in particolare, le prime due saranno dedicate all'orientamento, le successive 5 ad attività di roleplaying, ovvero alla simulazione di una situazione lavorativa, e le ultime 5 al coaching, ovvero all'affiancamento di un tutor che dovrà stimolare i tirocinanti alla «massimizzazione del potenziale personale». O almeno questo recita il bando.Le domande devono essere presentate sul sito di Azienda Calabria Lavoro entro le 14 di giovedì 19 giugno. Nella formazione delle graduatorie verranno tenute in considerazione il titolo di studio, l'età, l'indicatore Isee e le conoscenze informatiche, tutti elementi che forniranno al massimo 5 punti. Ben 15, invece, arriveranno dalla lettera motivazionale che dovrà essere allegata alla domanda. «Noi invece chiediamo che i bandi siano fatti nella maniera più trasparente possibile, che le graduatorie siano stilate sulla base di criteri oggettivi: non mi pare che assegnare un punteggio così alto alla lettera motivazionale sia rispondente a dei principi di obiettività» contesta Giuseppe Lavia, responsabile della Formazione per la segreteria regionale della Cisl.Ma questa non è l'unica critica che il sindacato muove al bando Work Training. Non piace il fatto che sia riservato alla sola provincia di Reggio, anche se «la parte politica ci ha risposto dicendo che sarebbe stato esteso a tutto il territorio regionale» a partire dalle prossime edizioni. «Noi riteniamo che il tirocinio, la formazione e l'incentivo all'assunzione siano tre assiomi che guardano alla stessa finalità», aggiunge Lavia. Sulla base di questo principio non convince il fatto che possano partecipare anche gli enti pubblici, «dove già ci sono tante sacche di precariato», né la mancanza di formule che facilitino l'offerta di un contratto di lavoro allo stagista: «da solo, il tirocinio non può essere l'unica risposta. Deve trasformarsi in un'occasione di lavoro di tipo subordinato». E del resto la stessa Regione Calabria prevede una formula di incentivo per i bandi riservati a chi percepisce gli ammortizzatori sociali, progetti per i quali chiede alle aziende di farsi carico del 20% del rimborso garantito ai partecipanti: due elementi che invece non hanno trovato spazio in Work Training.«Nella lettera motivazionale il candidato deve spiegare perché vuole partecipare al tirocinio, in quale settore e qual è il suo bagaglio professionale», replica Teresa Lampi, «noi saremo trasparentissimi». Già, ma come? «Le pare che possiamo assegnare 15 punti a chi scrive solo nome, cognome e titolo di studio?». Ma la Regione non teme una pioggia di ricorsi al Tar da parte degli esclusi? «La valenza della lettera deve essere palpabile». Resta il fatto che i criteri oggettivi sulla base dei quali valutarla non vengono esplicitati. Altro aspetto, il fatto che le aziende non siano tenute co-finanziare i tirocini: «In realtà possono fare quello che vogliono» dice Lampi. Viene da chiedersi quante, di fronte alla possibilità di inserire una risorsa in azienda per un anno a costo zero, decideranno di integrare la somma.Riassumendo: un tirocinio troppo lungo, con un rimborso non elevato e totalmente a carico delle casse dello Stato (con conseguente de-responsabilizzazione del soggetto ospitante), con la possibilità di svolgerlo anche negli enti pubblici anche se lì la prospettiva di inserimento post stage è inesistente, con poco spazio alla formazione, senza incentivi all'assunzione e con una modalità discrezionale di selezione dei candidati. Dopo il caso dei “superstage”, denunciato sei anni fa dalla Repubblica degli Stagisti, un altro programma di tirocini promossa dalla Regione Calabria che presenta numerosi aspetti critici. Eppure il bisogno di entrare nel mercato del lavoro è così alto che le domande di partecipazione continuano ad arrivare a ritmo serrato.Riccardo Saporiti

Bonus 80 euro, a sorpresa vale anche per gli stagisti

Il bonus degli 80 euro è ormai parte delle buste paga dallo scorso maggio. Elencando i principali beneficiari finora si è parlato principalmente di contrattualizzati, quindi chi un lavoro di fatto ce l'ha già, che sia a tempo indeterminato o meno, o perfino precario (progetto o cococo). Forse però non tutti sanno che la detrazione Irpef spetta anche agli stagisti. Una notizia inaspettata, considerando che quella dei tirocinanti è una delle categorie peggio tutelate dal sistema del mercato del lavoro, e che molti sono stati invece tagliati fuori dallo sconto fiscale applicato dal neopremier (tra loro le partite Iva, chi è inquadrato a ritenuta d'acconto o con cessione di diritto d'autore). Se gli stagisti possono festeggiare questa vittoria è grazie a una parola inserita all'articolo 1 del dl 66/2014, dove si parla di «riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati». Ed è proprio attraverso il riferimento a questi ultimi - gli 'assimilati' - spiega alla Repubblica degli Stagisti Enzo De Fusco, direttore scientifico della Fondazione  consulenti del lavoro, «che è possibile includere gli stagisti tra i destinatari del bonus: la norma lo riconosce non solo ai lavoratori dipendenti ma anche ai soggetti a loro simili almeno sul piano fiscale, come appunto i tirocinanti». Tanto che la stessa riduzione andrà anche a vantaggio ad esempio «di chi ha vinto una borsa di studio, e in generale per tutte quelle attività di orientamento all'occupazione stabile» prosegue De Fusco. Scendendo ancora di più nel tecnico, la questione diventa tutt'uno con la regolamentazione della cosiddetta detrazione di imposta. «Si chiama così perché è come se la legge ammettesse uno sconto forfettario per aver prodotto un determinato reddito» puntualizza l'esperto: «un lavoratore che produce ricavi per un'azienda normalmente deve anche sostenere dei costi, per esempio pranzare. Non potendoli detrarre è la legge stessa a operare direttamente lo sconto». Una volta tanto insomma lo stagista viene assimilato a un lavoratore a tutti gli effetti, almeno da un certo punto di vista. È bene però andarci con i piedi di piombo: per far sì che scatti il diritto al bonus in primo luogo lo stagista non deve risultare incapiente. Deve in sostanza percepire più di 8mila euro annui, cifra al di sotto della quale lo sconto Irpef scompare per tutti («è fino a quel tetto che si pagano le imposte, per questo il bonus non si applica per chi accumula un reddito inferiore», sottolinea ancora De Fusco). Ma non necessariamente questa somma deve essere raggiunta attraverso periodi di stage: «che si tratti di piccole prestazioni come lavoro occasionale, o di lavoro dipendente per un paio di mesi, comunque la detrazione viene applicata» spiega. «Il tema è dunque capire se il gettone percepito è troppo basso e tale da non farli risultare capienti». C'è poi la questione dei mesi di stage. «Vale la regola del contratto a tempo determinato, per cui il calcolo va fatto spalmando il bonus annuale, quindi 640 euro, sugli otto mesi dell'anno. Se lo stage dura 12 mesi si percepiranno gli 80 euro integrali, ma se sono sei il bonus sarà di 40», a prescindere dall'importo del rimborso. In pratica il ragionamento da fare è questo: uno stagista a 700 euro mensili, in stage ad esempio per un anno intero da gennaio a dicembre 2013, percepirà un totale di 8400 euro e - in quanto 'capiente' - maturerà il diritto al bonus anche senza attività lavorativa extra. In questo caso, ogni mese gli verranno corrisposti 80 euro in più. Se lo stage fosse durato sei mesi, il bonus sarebbe stato di soli 40 euro. Cambiano le cose nell'ipotesi invece di uno stagista meno fortunato che abbia percepito magari 500 euro mensili per uno stage semestrale (primo semestre 2013), ma che poi da settembre sia stato inquadrato come cocopro - nella stessa azienda oppure da un'altra parte - con uno stipendio di 900 euro al mese: questa persona risulterà incapiente, accumulando solo 3mila euro per lo stage e 3.600 per il lavoro a progetto, dunque nessun bonus.  La differenza la fa perciò il numero dei mesi in combinazione con il proprio reddito da lavoro. C'è da tenere conto anche dei vari minimi regionali riconosciuti per gli stage: non si rimborsa lo stesso minimo in Sicilia (solo 300 euro) che a Bolzano (640 di base). Sono le diverse leggi regionali, ognuna delle quali statuisce una indennità minima per i tirocini (qui la guida Best Stage per una panoramica). Ma la gran parte delle normative regionali è entrata in vigore negli ultimi mesi dell'anno e per quasi tutto il 2013 gli stage gratuiti sono stati ancora perfettamente legali (lo sono ancora per quanto riguarda i curriculari). Quelle per il diritto al bonus sono insomma una serie di condizioni non facili da rispettare per un tirocinante medio italiano. «Bisogna anche fare attenzioni con gli eventuali cumuli: se il bonus arriva attraverso due tipi di contratto contemporanei, magari per uno stage la mattina e un lavoro il pomeriggio, la metà andrebbe restituita all'Agenzia delle entrate», avverte De Fusco. Va de sé poi che – qualora esistesse uno stagista per così dire 'miracolato' che addirittura superasse i 24mila o perfino i 26mila euro annuali – anche qui si applicherebbe lo stesso paletto del lavoro dipendente, per cui il bonus salterebbe. L'ultima buona notizia è però che per gli stagisti, così come per tutti gli altri destinatari della riduzione, il bonus potrebbe proseguire oltre il 2014: «Ritengo che per l'anno prossimo la cosa sia quasi certa» si sbilancia il consulente, «l'alternativa sarebbe politicamente un autogol. Magari lo trasformeranno: adesso è nella formula degli 80 euro, più in là potrebbe diventare una aliquota Irpef». E chissà che oltre a rimanere in vigore, il decreto non si estenda anche a favore dei lavoratori autonomi. Ilaria Mariotti 

Progetto Leonardo, più di 100 opportunità all'estero: tutte le informazioni per candidarsi

Chi è alla ricerca di un’opportunità oltreconfine per i prossimi mesi farebbe bene a tener d'occhio i bandi Leonardo con scadenza tra giugno e settembre prossimi: ci sono infatti oltre cento posti disponibili per partire per uno periodo all'estero all'interno dei percorsi Leonardo che vengono finanziati con fondi europei e che coprono le spese di viaggio e soggiorno.Partendo da quelli con deadline più breve, il bando «Euroskills for Piedmont» offre 32 borse di 14 settimane (tre di formazione linguistica e 11 di tirocinio) presso aziende ed enti del terzo settore di  un paese a scelta tra Francia (otto beneficiari), Malta (otto) e Spagna (16 beneficiari suddivisi tra Barcellona e Valencia). Scadenza per la candidatura: 12 giugno 2014, con partenza prevista a settembre prossimo. Il bando è rivolto a giovani residenti in Piemonte di età compresa tra i 18 e i 35 anni in possesso almeno di diploma, che risultino disoccupati o inoccupati fino al termine del progetto. Richiesto anche una conoscenza della lingua del paese ospitante corrispondente almeno a un livello B1. Ogni candidato può scegliere solo un paese tra quelli indicati. A ciascun partecipante saranno corrisposti il pagamento delle spese di viaggio di andata e ritorno per il paese di destinazione, copertura assicurativa, alloggio in camera doppia presso appartamenti condivisi, famiglie o residenze e un pocket money per le spese di vitto e trasporti locali. L’application deve essere compilata e inviata online seguendo il link dalla pagina dedicata. Al modulo vanno allegati cv formato europeo in italiano e nella lingua del paese ospitante (formato pdf), fototessera e lettera motivazionale nella lingua del paese di destinazione. Le selezioni si svolgeranno nel mese di luglio e saranno articolate in un colloquio in italiano e nella lingua del paese prescelto e nell’analisi delle esperienze messe a curriculum. Un giorno in più - la scadenza è fissata al 13 giugno 2014 - per il progetto «Mech your move!», che prevede l’assegnazione a residenti in Emilia-Romagna di 42 borse di studio di 14 settimane in un paese a scelta tra Irlanda, Germania, Portogallo, Francia, Malta e Lituania, con partenza a settembre 2014. L’avviso è rivolto a giovani tra i 18 e i 32 anni, diplomati e laureati, con conoscenza della lingua del paese di destinazione scelto e dell’inglese nel caso in cui il paese sia Lituania, Portogallo, Malta o Germania. Al borsista spettano, tra i vari benefit, copertura assicurativa, alloggio per tutta la durata del soggiorno all’estero, pocket money a copertura parziale delle spese di viaggio e di vitto. Il contributo è pari a 750 euro per Francia e Irlanda, 650 per Spagna e Germania e 550 per Portogallo, Malta e Lituania. Tutte le spese che eccedono l’importo del pocket money dovranno essere coperte dai tirocinanti di tasca propria. Le modalità di erogazione del contributo variano a seconda di quanto stabilito da ciascun ente ospitante. La candidatura deve essere presentata sia in modalità cartacea che digitale: nel primo caso al modulo di candidatura firmato, scaricabile dal sito del progetto, devono essere allegati cv formato europeo firmato, fototessera e copia di un documento di identità. La documentazione può essere spedita entro la data di scadenza del bando tramite raccomandata con avviso di ricevimento alla provincia di Reggio Emilia (indirizzo indicato nell’avviso) o a mano presso gli uffici dedicati. La documentazione digitale consiste nel modulo di candidatura e nel cv formato europeo in italiano e nella lingua del paese di destinazione (inglese per Lituania, Portogallo, Malta e Germania). Tutto il materiale va inviato per email all’indirizzo mechyourmove2@gmail.com.Punta sul turismo sostenibile il progetto «Pro.Les.Tour» (Professionals for leisure and sustainable tourism), rivolto a giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, residenti o domiciliati in Umbria o nelle regioni limitrofe, sia diplomati sia laureati, purché disponibili sul mercato del lavoro. Il bando, che prevede diversi periodi di partenza, fissa per settembre 2014 45 borse di studio della durata di 12 settimane, suddivise tra le 15 borse dell’Irlanda, 15 della Spagna e 15 della Francia. Ultimo giorno utile per fare domanda è venerdì 20 giugno. Il contributo economico prevede volo andata e ritorno da e per il paese di destinazione, assicurazione, alloggio presso il paese ospitante, contributo parziale delle spese di vitto e trasporti locali. La candidatura deve essere inviata via posta tramite raccomandata all’indirizzo dell’Associazione E.In.E -  “l’Europa incontra l’Europa” (Via Sterpete n° 57, 06034 Foligno). All’application form in inglese, scaricabile dal sito dell’associazione, vanno allegati cv e lettera motivazionale, entrambi in italiano e inglese, quattro fototessere, copia di documento di identità e codice fiscale o tessera sanitaria, certificato di residenza, certificato dei carichi pendenti e consenso al trattamento dei dati personali. Possono infine candidarsi giovani di tutta Italia, purché di età compresa tra i 20 e i 30 anni, diplomati o laureati, alle borse di studio messe a bando dal Ceipes (Centro internazionale per la promozione dell’educazione e lo sviluppo): si tratta di 14 posizioni suddivise tra Spagna (cinque), Portogallo (quattro), Slovenia (tre) e Germania (due). Più ampi i termini per candidarsi: l’ultimo giorno utile è il 20 settembre 2014. Il contributo copre viaggio andata e ritorno da e per il paese di destinazione, alloggio, assicurazione, assistenza e tutoraggio e corso di lingua. Vitto e trasposti locali sono invece a carico del partecipante. Il progetto prevede l’impiego dei borsisti in strutture impegnate nell’assistenza socio sanitaria alle persone con disabilità. La candidatura va inviata tramite apposito form scaricabile dal sito Ceipes, cui vanno allegati cv formato europeo in inglese e italiano e copia di un documento di identità.Chiara Del Priore CONDIVIDI SU FACEBOOK

Best Stage 2014, la guida della Repubblica degli Stagisti per i giovani in cerca di stage

Nel 2006, soltanto otto anni fa, gli stage attivati nelle imprese private italiane erano 228mila. Nel 2009 il numero ha raggiunto il picco (mai più eguagliato) di 322mila stagisti. Oggi l'ultimo numero disponibile, quello relativo al 2012 (i dati sono sempre quelli dell'indagine Excelsior di Unioncamere), dice che gli stage nelle imprese private sono stati 307mila.Un fenomeno di estrema rilevanza, che la Repubblica degli Stagisti ha intercettato per prima, e alla quale si è dedicata, dapprima con un blog (dal settembre del 2007) e poi con questo sito web, una vera e propria testata giornalistica online, che dall'aprile del 2009 veglia sugli stagisti italiani, li informa, li aggiorna, li ascolta, si batte perché le loro condizioni siano migliorate, incentiva il mondo politico a elaborare normative migliori e quello imprenditoriale a offrire condizioni dignitose.Oggi è il giorno di Best Stage 2014: pubblichiamo una sorta di e-book, già scaricabile gratuitamente su questo sito (qui), proprio per fare il punto della situazione sull'universo stage e fornire a tutti i giovani che stanno attraversando il momento di passaggio dalla formazione al lavoro, o compiendo i loro primi passi nel mondo del lavoro, una bussola per orientarsi, conoscere i numeri, le leggi, le novità.Far luce su questo universo opaco non è facile. Prendiamo i numeri, per esempio. Essi sono in gran parte ignoti: sembra incredibile ma ancora non esiste un monitoraggio puntuale degli stage attivati, delle condizioni offerte, degli esiti occupazionali. Attraverso questa testata da anni chiediamo che ciascuna Regione se ne faccia carico, ma tutte finora hanno sottovalutato questo tema. Ecco allora che la Repubblica degli Stagisti funge da "supplente", elaborando stime - se non vere, quantomeno molto verosimili - del numero totale di stage in Italia. Noi calcoliamo che nel 2012 (ultimo anno utile, avendo come base la rilevazione Unioncamere Excelsior) gli stage attivati in Italia siano stati 425mila. Otteniamo questo numero sommando il dato "certo" degli stage nelle imprese private (307mila appunto secondo Unioncamere) con la stima degli stage negli enti pubblici e nelle associazioni non profit. Abbiamo fatto la precisa scelta di calcolare la stima al ribasso, perché non vogliamo esagerare. Il numero che forniamo vuole però essere più completo ed esaustivo di quelli parziali che circolano, e soprattutto vuole incentivare coloro che avrebbero il potere di fornire numeri più precisi… a farlo!Dal punto di vista normativo, da cinque anni a questa parte la situazione per un verso è migliorata, c'è stata una crescente attenzione al tema, testimoniata dalle linee guida concordate a gennaio 2013 in sede di Conferenza Stato-Regioni e trasformate in legge, nel corso dell'anno scorso, da parte di praticamente tutte le Regioni. Leggi limitate ai tirocini extracurriculari - salvo la Lombardia - ma che hanno comunque inciso positivamente, introducendo per esempio il diritto al compenso minimo: una battaglia da noi combattuta fin dal lontano 2009.La nostra pubblicazione Best Stage 2014 contiene anche le schede delle 28 aziende che fanno parte del nostro RdS network, la rete di aziende che partecipa alle iniziative della Repubblica degli Stagisti (permettendone peraltro, ciascuna con una quota di adesione annuale, la sostenibilità economica) e che ospitiamo sul nostro sito. Si tratta di aziende che hanno stipulato con noi un patto per la qualità e la trasparenza, impegnandosi a garantire un buon rimborso spese - almeno 500 euro al mese, cifra che anche oggi risulta superiore alla maggior parte dei minimi stabiliti dalle leggi regionali - e a rendersi trasparenti, fornendo ogni anno i numeri relativi all'utilizzo e agli esiti dello stage al loro interno. Abbiamo dunque aziende che assicurano ai propri stagisti un trattamento economico superiore alla media e un grado di trasparenza infinitamente più alto rispetto all'opacità diffusa.Alcune delle aziende che fanno parte dell'RdS network sono poi riuscite a garantire condizioni ancor migliori, rispettando la Carta dei diritti dello Stagista e in particolare il parametro del 30% di assunzione al termine dello stage. Anch'esso un parametro infinitamente migliore rispetto al panorama, se si pensa che la percentuale media di assunzione post stage nelle imprese private (rilevata dalla solita indagine Unioncamere Excelsior) sta sotto il 10% (9,1% per la precisione).Queste aziende hanno, per così dire, una "stella" in più per quest'anno, e ottengono il Bollino OK Stage 2014: nella pubblicazione Best Stage 2014 si trova dunque un logo che testimonia questa appartenenza a fianco del nome di alcune aziende.Infine, per la prima volta a sei imprese del network abbiamo assegnato un premio: un "RdS Award" per il loro comportamento eccezionale in un particolare campo. L'«RdS Award 2014 per il miglior tasso di assunzione post stage» a Everis, l'«RdS Award 2014 per il miglior utilizzo dell'apprendistato» a PwC, l'«RdS Award 2014 per il miglior rimborso spese» è andato a Tetra Pak. In più sono stati assegnati anche tre premi speciali e cioè l'«RdS Award 2014 speciale candidati RdS» che è andato a Ferrero, l'«RdS Award 2014 speciale miglior progetto youth employment» a Nestlé e l'«RdS Award 2014 speciale piccola azienda» a SIC servizi integrati e consulenze.La guida Best Stage 2014 è insomma un regalo di compleanno al contrario: per il nostro quinto compleanno, regaliamo ai nostri lettori uno strumento che speriamo sia utile per orientarsi nel difficile labirinto dello stage in Italia. CONDIVIDI SU FACEBOOK SCARICA BEST STAGE 2014

Almalaurea racconta i laureati 2013 tra opportunità e nuove sfide

L'Italia deve investire di più in istruzione superiore e ricerca o rischierà di non avere futuro. Lo scenario è quello delineato dal consorzio Almalaurea, che si pone quale punto di incontro tra laureati, università e aziende. A Pollenzo, sede dell'università di Scienze gastronomiche, opportunità e sfide dell'istruzione universitaria sono state sintetizzate nel corso del convegno organizzato per presentare il XVI Rapporto AlmaLaurea sul profilo dei laureati italiani, basato sui dati relativi al 2013. 230mila laureati coinvolti nell'indagine (132mila di primo livello, 65mila magistrali biennali e 24mila magistrali a ciclo unico), 64 atenei aderenti. L'analisi del consorzio accerta le caratteristiche del capitale umano formatosi nel sistema italiano nel 2013, confrontandolo talvolta con i dati dei laureati pre-riforma 2014. Il contesto in cui sono inserite le valutazioni è abbastanza negativo. Parlare di crisi di sistema è evidente sulla base di alcuni dati: oggi, solo tre diciannovenni su dieci si immatricolano all'università. Dal 2003, anno di picco con 338 mila immatricolati, al 2012 (270 mila) il calo è stato del 20%: effetto combinato del calo demografico, della diminuzione degli immatricolati in età più adulta, del deterioramento delle prospettive occupazionali dei laureati, «della difficoltà crescente di molte famiglie a sostenere i costi dell'istruzione universitaria e di una politica del diritto allo studio sempre più inesistente», come aggiunge Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea. Il basso livello di scolarizzazione della società italiana è testimoniato dal ridotto numero di laureati nella fascia d'età 25-34 anni: 21% in Italia contro una media Ocse del 39%. L'obiettivo fissato dalla Commissione europea per il 2020, raggiungere il 40% di laureati nella popolazione di età 30-34 anni, pare a questo punto impossibile anche solo da avvicinare.Anche perché studiare in Italia costa ancora troppo: i giovani e le famiglie sono sottoposti a una pressione inedita in merito alla qualità delle scelte formative e alla trasmissione di abilità utili per l'inserimento nel mercato del lavoro. In molti ragazzi dunque si manifesta, in modo sempre crescente, un interesse minore per gli studi universitari; considerazione sostenuta dal difficile inserimento nel mondo del lavoro, se si pensa che il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel solo 2013 è cresciuto di 4,5 punti percentuali, toccando il 40%, e che nel triennio 2011-2013 le posizioni lavorative sono scese del 6,7%, cioè quasi 586mila unità in meno. Sempre l'Istat fa sapere che in termini assoluti gli occupati della fascia anagrafica 15-34 anni sono diminuiti, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803mila unità, e che il tasso di occupazione 15-34 anni è sceso dal (già basso in confronto agli altri Paesi europei) 50,4% del 2008 all’attuale (bassissimo) 40,2%.Un quadro scoraggiante insomma. Secondo i dati proposti dal rapporto Almalaurea, però, un titolo di studio universitario «tutela il giovane sul mercato del lavoro più di quanto non faccia il solo diploma» come sottolinea Cammelli: «I laureati continuano a godere di vantaggi occupazionali rispetto ai diplomati sia nell'arco della vita lavorativa sia e ancor più, nelle fasi congiunturali negative come quella attuale».Ma c'è anche qualche aspetto confortante nello scenario presentato nell'indagine: aumenta per esempio la quota di giovani che terminano gli studi nei tempi previsti, mentre diminuisce la quota di laureati che terminano gli studi con un numero alto di anni fuori corso; diventa più frequente la partecipazione alle lezioni; si estende la quota di stage e tirocini svolti durante gli studi e si mantiene costante la tendenza ad avvantaggiarsi delle opportunità di studio e di lavoro all'estero. In parallelo, ma non in assoluto rispetto ad altri paesi, cresce la capacità attrattiva degli atenei italiani relativamente agli studenti laureati in arrivo dall'estero (la metà considerando i livelli Ocse).«Il bilancio complessivo del Rapporto evidenzia i miglioramenti registrati dall'età alla laurea e dalla regolarità negli studi, aspetti storicamente dolenti dell'intero sistema universitario nazionale pre-riforma», commenta Andrea Cammelli. «A sottolineare la crescente, positiva collaborazione fra università e mondo del lavoro è invece la crescita delle esperienze di tirocinio e stage condotte soprattutto al di fuori dell'ambiente universitario».I laureati che hanno svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi nel 2013 sono stati il 61% di quelli di primo livello; il 41% dei magistrali a ciclo unico e il 56% dei magistrali (71% considerando anche coloro che l'hanno svolta solo nel triennio). Fra i laureati pre-riforma del 2004, erano solo uno su cinque. Un balzo in avanti importante se si considera che, secondo l'indagine, il tirocinio consente di aumentare le chance di trovare lavoro, ad un anno dal titolo, del 14%.«Lo scenario presente e futuro, nonostante i miglioramenti registrati, resta tuttavia estremamente incerto», chiarisce Cammelli. «E' vero che la formazione dei manager sta migliorando, negli ultimi due anni quelli in possesso di laurea sono passati dal 14,7% del 2010 al 24,5% del 2012, ma dobbiamo ancora recuperare un ritardo storico rispetto agli altri paesi dell'Ocse. Possono imprenditori non laureati apprezzare il valore di un titolo universitario?».Marilena De Giorgio

Premi di laurea, tutte le occasioni aperte fino ad agosto

Dalla sostenibilità ambientale al giornalismo, dalla responsabilità sociale all'e-learning. I numerosi bandi per premi di laurea attualmente in circolazione offrono ampie possibilità ai laureati di provare ad aggiudicarsi un contributo in denaro per il lavoro svolto. Uno dei premi più rilevanti è quello intitolato a Maria Grazia Cutuli, giornalista uccisa in Afghanistan nel 2001, riservato a lavori relativi a conflitti, mutamenti geopolitici e situazioni di marginalità. C’è tempo fino al prossimo 31 luglio per inviare la propria candidatura per il primo premio di 1500 euro e il secondo o il terzo, entrambi di 1000 euro. La selezione è aperta a tesi di laurea in materie giornalistiche di primo e secondo livello discusse in università italiane e tesi di dottorato discusse in un paese dell’Unione europea tra il 30 giugno 2013 e il 30 giugno 2014. Votazione minima: 100/110. La domanda di partecipazione va inviata agli indirizzi email info [chiocciola] fondazionecutuli.it o cultura [chiocciola] comune.santavenerina.ct.it, insieme alla documentazione richiesta nel bando.Scade invece un po' prima, il 17 giugno, il termine per un premio di laurea bandito dall'università di Milano e intitolato alla professoressa Clementina Gatti. Sono tre i riconoscimenti messi in palio: due del valore di 3mila euro ciascuno, destinati a laureati dell'ateneo e uno del valore di 4mila euro, indirizzato a laureati magistrali che hanno conseguito il titolo da non più di tre anni in un'altra università. Argomento della tesi storia antica e scienze dell'antichità. Le domande, scaricabili dal sito dell'università di Milano, devono essere presentate entro la data indicata allo sportello dell’ufficio tasse, esoneri e collaborazioni studentesche (via S. Sofia, 9/1 - 20122 Milano), allegando copia della tesi e certificato degli esami sostenuti.Più cospicuo, cinquemila euro lordi, il premio per tesi di laurea magistrale o dottorato discusse tra il primo maggio 2013 e il 30 aprile 2014 sui temi della responsabilità sociale nei settori pubblico e privato. A bandirlo l’amministrazione comunale di Milano, che ha deciso con questo riconoscimento di onorare la figura di Giovanni Marra, consigliere scomparso prematuramente. La domanda di partecipazione e la modulistica richiesta nel bando vanno inoltrati entro il 4 luglio al seguente indirizzo: Comune di Milano – Gabinetto del sindaco – Servizio affari legali, nomine e incarichi - Piazza Scala 2 - 20121 Milano.Nasce dalla collaborazione tra Sanpellegrino e Tesionline il premio di laurea dedicato a tesi incentrate sullo studio dell’acqua. Sono tre i premi banditi, dal valore di 1500 euro ciascuno, suddivisi per tre categorie: sostenibilità ambientale ed economica, acqua e benessere, made in Italy. Destinatari laureati triennali o magistrali che abbiano discusso una tesi su queste tematiche tra gennaio 2009 e il primo luglio 2014. L’ultimo giorno utile per presentare domanda è il prossimo 31 luglio. Per concorrere è necessario effettuare la registrazione sul sito dedicato al premio e compilare il form online.Stessa scadenza per il premio per tesi (triennali, magistrali e di master) sul reparto crocieristico discusse tra il primo giugno 2013 e il 30 maggio 2014. Il riconoscimento, del valore di 1000 euro, è messo in palio da Risposte Turismo, società di ricerca e consulenza del settore, nell’ambito della terza edizione dell’Italian Cruise Day, evento dedicato alla crocieristica. Il modulo di candidatura va compilato e inviato online. E-collaboration, social network ed e-learning sono alcuni temi di interesse per il premio bandito dall'Asfor (Associazione italiana per la formazione manageriale). Scadenza anche in questo caso 31 luglio. Possono partecipare laureati con titolo triennale, specialistico-magistrale o alta formazione (master o dottorato), conseguito tra il 2011 e il 2014. I vincitori di ciascuna delle tre categorie saranno premiati con un contributo di 500 euro. Il modulo di domanda, disponibile sul sito dell'Asfor, dovrà essere spedito entro la scadenza alla segreteria del premio presso l'Associazione (Segreteria Bando “e-Talenti dell’e-Learning e-Innovation” c/o Asfor - Associazione italiana per la formazione manageriale - viale Beatrice d’Este 10 - 20122 Milano).Energia, acqua, rifiuti, informatica (nel senso di e-governement), sviluppo del territorio sono le cinque categorie del premio "Si può fare di più", istituito dalla fondazione Cogeme. Ai vincitori delle prime quattro va un premio di 1500 euro lordi, alla tesi della quinta categoria un viaggio studio di 15 giorni. Possono concorrere per le prime quattro categorie laureati specialistici di tutti gli atenei italiani. Per la quinta categoria è suficiente la tesi triennale. Dal sito della fondazione è possibile scaricare la domanda, che va inoltrata entro il 31 luglio tramite posta o all'indirizzo mail fondazione [chiocciola] cogeme.net (purché gli allegati non superino i 6 MB). Alla domanda vanno allegati cv formato europeo, copia della tesi in pdf e breve sintesi del lavoro.L'8 agosto 2014 è infine l'ultimo giorno utile per concorrere al premio di laurea Manlio Resta, un riconoscimento del valore di 3250 euro lordi da attribuire all'autore di una tesi in materie economiche. Dalla collaborazione con l'Unione delle province d'Italia è stata istituita una nuova sezione del premio e un ulteriore premio di 2mila euro destinato a lavori che affrontano l'impatto economico della riorganizzazione di province e città metropolitane. La candidatura è aperta a laureati con titolo specialistico in discipline economche, con votazione di 110 o 110 e lode. La domanda va spedita alla segreteria della Fondazione (via Castiglione del Lago, 57 – 00191 Roma).Chiara Del Priore

Disoccupazione giovanile, ecco la storia dei 168 milioni per gli stage stanziati da Letta ma bloccati da un anno

I Neet sono un'emergenza nazionale concentrata soprattutto al Sud: per contrastare il fenomeno, su iniziativa del precedente governo, era stata predisposta l'attivazione di un fondo per l'attivazione di tirocini con uno stanziamento non indifferente 168 milioni di euro. Ma a distanza di più di un anno quei soldi non sono mai arrivati: sono rimasti bloccati in una delle numerose pieghe della burocrazia italiana. Lasciando in sospeso una delle tantissime riforme mai rese operative per mancanza dei rispettivi decreti attuativi. Questa, in breve, la storia. Quella di stanziare un ingente fondo che permettesse di attivare tirocini da offrire come opportunità ai Neet del Mezzogiorno era stata un'idea dell'allora ministro del Lavoro Enrico Giovannini. A giugno del 2013 viene emanato il decreto legge 76, destinato ai «primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in  particolare giovanile», come si legge nell'intestazione della norma. In quel momento, come adesso, è allarme nelle istituzioni per i numeri su disoccupazione e giovani fuori da ogni contesto lavorativo o di studio, i Neet appunto: secondo l'Istat nel terzo trimestre del 2013 sono 2 milioni e 350mila i 15-29enni classificabili come tali, mentre i non occupati tra i 15 e i 24 anni sono al 42%. Di lì il varo del decreto legge, le misure a favore dell'occupazione (tra cui quella sugli incentivi alle imprese per l'assunzione degli under 30) e i fondi per l'attivazione di nuovi stage inseriti tra le misure «contro la povertà nel Mezzogiorno». All'articolo 3, punto c, si afferma che verranno stanziate borse di tirocinio formativo che comporteranno «la percezione di una indennità di partecipazione, conformemente a  quanto previsto dalle normative statali e regionali, nel limite di 56  milioni di euro per l'anno 2013, 56 milioni di euro per l'anno 2014 e 56 milioni di euro per l'anno 2015». A un anno di distanza la Repubblica degli Stagisti ha deciso di andare a monitorare la situazione, per capire se effettivamente quelle borse stiano smuovendo il ristagnante mercato del lavoro del Sud. Ma parlando con i responsabili di Italia Lavoro, che dell'erogazione delle borse avrebbero dovuto occuparsi, la clamorosa scoperta è che quei fondi sono in pratica scomparsi: «Non ci sono i decreti attuativi, tutto è fermo». Così come lo sarebbero altri quasi 500 decreti partoriti nell'arco degli esecutivi Monti-Letta. Con buona pace degli annunci inneggianti al cambiamento di volta in volta nelle parole dei vari premier al governo. Una sorta di paralisi che non tutti si sentono di commentare: è il caso dei presidenti delle commissioni Lavoro di Senato e Camera, rispettivamente Maurizio Sacconi, del Nuovo centro destra, e Cesare Damiano, del Pd. È a loro che la Repubblica degli Stagisti ha chiesto per giorni un commento, che però non è mai arrivato né dall'uno né dall'altro. Chi si è invece esposto è Walter Rizzetto del Movimento 5 Stelle, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera. «Credo che il decreto sia destinato all'oblio. Non nutro speranza sui termini della sua conversione, neppure come scelta politica» tuona alla Repubblica degli Stagisti. Rizzetto si dice scettico sul quadro generale del provvedimento firmato da Giovannini: «Non è con gli incentivi alle imprese che si crea lavoro» sottolinea, denunciando come si sia ancora molto lontani dall'obiettivo delle 200mila assunzioni. E rincara la dose anche sull'aspetto politico della vicenda: «Cosa si può pensare di uno Stato civile che – per mancanza di un decreto attuativo – non riesce a sbloccare 168 milioni già stanziati?». Il vicepresidente pentastellato non è convinto neppure della formula stage come misura di contrasto alla disoccupazione giovanile: «Spesso si tratta di giovani già molto preparati, a cui va offerto un lavoro vero: non servono altre scappatoie». Sulla stessa Garanzia Giovani, che definisce «un discreto inizio» rispetto al tema disoccupazione giovanile, Rizzetto rivela scenari inquietanti e per certi versi simili a quelli del decreto Giovannini: «Oltre al problema della pubblicità del programma, per cui molti giovani potenzialmente interessati dal programma, forse addirittura la metà, non ne sanno nulla, esiste un'altra drammatica realtà: il progetto non riesce a essere operativo in alcune regioni da me contattate perché, mi hanno detto, non riescono a interfacciarsi con il ministero». Moltissime sono in queste condizioni, «circa il 60%» precisa, «anche se la situazione pare si stia risolvendo».  Anche il direttore generale del ministero del Lavoro Salvatore Pirrone non si è sottratto alle domande della Repubblica degli Stagisti, fornendo però una risposta molto diversa da Italia Lavoro e del vicepresidente della Commissione lavoro della Camera. «L'attivazione dei 168 milioni stanziati dall'articolo 3 del dl 76 non richiede l'emanazione di un decreto ministeriale, ma semplicemente una procedura amministrativa» dice alla Repubblica degli Stagisti. Semplice 'procedura amministrativa' dunque e non decreto attuativo, a suo dire. Ma la sostanza non cambia, perché nei fatti quel provvedimento da 11 mesi è chiuso in un cassetto. «Data la natura dei fondi e la chiara complementarietà con la strategia per l'attuazione della Garanzia Giovani» aggiunge Pirrone «abbiamo atteso di definire il quadro di regole che presiedono al funzionamento di quella strategia». Ma che senso ha avuto, allora, emanare un decreto di fatto sovrapponibile al progetto Garanzia Giovani? «Credo che il dl 76 abbia semplicemente cercato di anticiparlo predisponendo strumenti e risorse per contrastare la disoccupazione giovanile» ipotizza il direttore generale: «In quest'ottica è da leggere anche l'incentivo per l'occupazione giovanile previsto dall'articolo 1 del dl». Tanto che gli stessi fondi inseriti nel programma, studiati sulla base del Pon (programma operativo nazionale), chiarisce ancora Pirrone, sono stati calcolati «avendo riguardo all'esistenza delle risorse della Garanzia Giovani», ovvero il miliardo e mezzo di dotazione. «Per questo motivo» conclude «contiamo di sbloccare nelle prossime settimane quelle risorse, che verranno utilizzate nell'ambito della Garanzia Giovani». Ecco spiegato dunque, forse, perché da qualche giorno il premier Matteo Renzi quando parla in pubblico di Garanzia Giovani dice che il fondo a disposizione è di 1 miliardo e 700 milioni di euro, non 1 miliardo e 500 milioni come precedentemente annunciato dai ministri competenti e come segnalato nelle slide del governo. Verranno dunque recuperati anche i 168 milioni del decreto Giovannini, rimasti a prendere la polvere per oltre un anno? A questo punto c'è da sperare di sì: meglio tardi che mai.Ilaria Mariotti

Giornalisti imprenditori, la nuova frontiera della professione ai tempi della crisi

Raccontare le nuove frontiere del giornalismo: raccontarle oggi, con la crisi, coi giornali che chiudono e i contratti articolo 1 che paiono un miraggio e i pezzi pagati 4 euro ai collaboratori esterni. Raccontare come il giornalismo può assumere la forma della libera professione. Ieri al Circolo della Stampa il Forum permanente sull'informazione di Assisi, di cui faccio parte, ha organizzato un incontro per presentare alcuni modelli imprenditoriali che sono riusciti a emergere negli ultimi anni nel settore della comunicazione - e per raccontare il mondo che ruota intorno a tutti quei giornalisti che non hanno un datore di lavoro alla vecchia maniera, con un contratto di lavoro subordinato e lo stipendio alla fine del mese, ma anziché vivere solo di collaborazioni "standard" si sono inventati qualcosa di speciale.Io ho raccontato la mia esperienza, la nascita della società Ventidue e delle sue testate giornalistiche, concentrandomi sul modello di business della Repubblica degli Stagisti. Un sistema innovativo e unico nel suo genere: una testata giornalistica che da cinque anni basa i suoi introiti non solo sui banner pubblicitari (i cui proventi sarebbero assolutamente insufficienti a garantire una sostenibilità finanziaria del progetto), ma sopratutto sul coinvolgimento attivo di una serie di aziende. Che a fronte di un impegno a comportarsi in maniera "etica" con stagisti e giovani dipendenti e del pagamento di una quota di adesione annuale, hanno uno spazio e alcuni servizi a disposizione sul sito. Un sistema virtuoso, che certamente ha sofferto la crisi - sopratutto nel biennio 2012/2013 - e la conseguente diminuzione delle aziende disponibili a investire in politiche di employer branding e di responsabilità sociale di impresa. Ma che è sempre pronto a intercettare tutto il buono che c'è nell'imprenditoria sana italiana e riversarlo in una attività giornalistica dedicata proprio al tema dell'occupazione giovanile. L'evento di ieri è stata l'occasione per scoprire molti altri modelli eccentrici di giornalismo, lontani dai soliti schemi. Per esempio Maria Chiara Voci ha raccontato di Spazi Inclusi, piccola società torinese nata da «un gruppo di giornalisti che avevano molto lavoro, tanto da non poterlo fare da soli, e che si sono voluti organizzare per evitare che qualcuno venisse travolto dal lavoro e altri stessero senza far niente». Una realtà nata intorno al marchio: «Alcuni di noi avevano già collaborazioni; avevamo inizialmente creato uno studio professionale ma non riusciva a rappresentarci tutti». Così quando è arrivata la possibilità della "srl a un euro" Spazi Inclusi si è trasformata in ssrl: «Non è certamente un percorso finito, tutti i giorni abbiamo problemi e dobbiamo imparare a fare gli imprenditori oltre che i giornalisti, e il service non riesce a sostenersi attraverso la sola fornitura di prodotti giornalistici». Dunque Spazi Inclusi ha da tempo aperto la sua attività anche al fronte aziendale: «Oltre a fornire il pezzo al Sole 24 Ore, ci capitare di produrre anche testi e video destinati al mercato privato». La società conta oggi 10 soci, di cui la metà "lavoratori", intorno a cui gravitano una quindicina di collaboratori. «Adesso per alcuni di noi il service è la maggior fonte di guadagno. Abbiamo un giro d'affari di circa 80mila euro l'anno, chi fra noi prende di più guadagna al mese sui 900-1000 euro: il resto bisogna andare a cercarselo altrove». Anche perché la società ha i suoi costi fissi insopprimibili: «Certo, non abbiamo dovuto versare i 10mila euro di capitale che ci volevano prima, ma comunque una società costa: 1500 euro all'anno per esempio di commercialista, 500 euro di deposito di bilancio». La prossima sfida, «includere dei soci con professionalità diverse dalla nostra», come per esempio dei consulenti di impresa: «Ne abbiamo incontrati alcuni che ci hanno proposto una collaborazione per noi molto interessante. Ci siamo accorti che per fare impresa bisogna avere delle competenze specifiche, mentre noi sappiamo fare bene solo i giornalisti».Il modello cui dichiaratamente guardano i torinesi di Spazi Inclusi è Fps Media, dove FpS sta per "Fuori per servizio", agenzia giornalistica nata nel settembre del 2009. Un gruppo di 10 soci, quasi tutti provenienti dall'ultimo biennio della scuola di giornalismo Ifg di Milano in via Filzi. A raccontarla ieri al Circolo della stampa c'era una delle socie, Natascia Gargano: «Ancor prima di finire la scuola ci eravamo resi conto che non ci sarebbero stati giornali ad assumerci. Eravamo tutti under 30, con qualche stage alle spalle in redazioni varie: l'idea era quella di provare a stare sul mercato con le nostre forze, e che in gruppo saremmo stati più forti che da soli». Forma societaria: la cooperativa, per i costi più contenuti: «Non avevamo soldi da investire, a parte i 600 euro versati da ciascuno di noi e serviti per avviare la struttura. Avevamo però da offrire il nostro lavoro». Oggi si definiscono «un network nazionale» perché oltre alla sede a Milano hanno collaboratori sparsi sul territorio, tra i quali per esempio, in Piemonte, gli stessi giornalisti di Spazi Inclusi: «Questo ci permette di prendere lavori in tutta Italia e anche all'estero, gestiamo anche un premio giornalistico cileno». I dieci soci giornalisti sono contenti e fieri del loro lavoro: «Siamo riusciti a sopravvivere perché siamo diventati giornalisti imprenditori. All'inizio prendevano tutto, anche il lavoretto sottopagato, poi quando ci siamo strutturati abbiamo potuto scegliere e dire anche qualche no, mettere qualche paletto. Abbiamo per esempio scelto di non lavorare per partiti politici: non che ci sia qualcosa di male, ma noi abbiamo preferito non farlo». E si sono dotati di un codice etico: «Anche noi come la Repubblica degli Stagisti pensiamo che il lavoro debba essere pagato dignitosamente, puntualmente e adeguatamente: sia il nostro sia quello dei nostri collaboratori. Siamo una cooperativa a tutti gli effetti, le nostre decisioni sono prese collegialmente, ognuno di noi poi ha una precisa responsabilità rispetto a una squadra di lavoro». I dieci soci si sono "autoassunti" come cococo: «un contratto subordinato sarebbe stato troppo costoso. Abbiamo degli stipendi che vanno dai 1200 ai 1500 euro netti mensili; il nostro obiettivo naturalmente é migliorare la nostra condizione contrattuale e i nostri stipendi». Ma tutto deve essere fatto a tempo debito, senza correre: «Per lungo tempo le entrate sono state risicate. Però la nostra curva é stata sempre ascendente, anche nei momenti peggiori, come nel 2011-2012. Abbiamo chiuso il bilancio del 2013 a 400mila euro, e per il 2014 stimiamo che arriveremo quasi al mezzo milione». Risultato, Fps è diventato «una calamita per professionisti che fanno cose diverse da noi, come video reporter o fotografi». Attraverso queste nuove collaborazioni possono «lavorare meglio, offrendo ai nostri committenti, dalla televisione all'azienda, un pacchetto completo: creare un sito, curare l'attività sui social, abbiamo addirittura creato un telegiornale dal nulla». In platea, il giornalista e sindacalista di lungo corso Edmondo Rho è molto colpito: «Passare da 0 a 400mila euro di fatturato in 5 anni, da giornalista economico lo giudico un ottimo risultato. E anche stipendi medi di 1200-1500 euro netti sono molto al di sopra della media di settore».Poi c'è una storia diversa, quella del progetto multimediale Italiani di Frontiera raccontata sopra le righe dal suo ideatore, Roberto Bonzio: «Dopo 30 anni di disonorata carriera giornalistica - cinque al Gazzettino di Venezia, quindici sanguinosi al giorno e dieci a Reuters - nel 2011 ho deciso di licenziarmi. La decisione l'ho presa dopo aver passato sei mesi con tutta la famiglia in Silicon Valley, a conoscere e raccontare le storie straordinarie di chi venendo dall'Italia ha creato impresa dall'altra parte del mondo». Bonzio cita Renzo Piano - «si va sulla frontiera per capire meglio il posto da cui si è partiti» - e si scaglia contro le «macerie culturali che la mia generazione di giornalisti lascia ai giovani, come la convinzione che non ci sia modo di uscire dalla crisi, o la triste abitudine di gioire della sconfitta altrui, che io ho ribattezzato sindrome del palio di Siena». Italiani di Frontiera è basato sull'innovazione, sul web: «Internet mi ha dato un strumento fondamentale, perché dopo soli tre mesi che ero in Silicon Valley tutti vedevano quello che stavo facendo: il progetto si è costruito una reputazione in tempo reale». Tornato in Italia, e in redazione, è partito un «percorso di autocoscienza su me stesso e su come si fa giornalismo». Così è arrivata la scelta di abbandonare il contratto sicuro e il giornalismo tradizionale: «Nel 2011 ho scommesso sul fatto che su questa cosa avrei campato, e oggi sono contento di averlo fatto. Non bisogna avere paura della novità, bisogna condividere, senza calcolare in ogni momento il proprio guadagno. Non c'è nessun modo come raccontare le storie delle persone per far volare le idee. Sono uno spacciatore di ottimismo: la materia prima di cui c'è più sempre bisogno». Italiani di Frontiera si differenzia rispetto agli altri progetti presentati nella mattinata di ieri anche perché non è dai contenuti giornalistici che proviene il profitto: «Come dire, "la prima dose è gratis": il guadagno non viene da ciò che scrivo, bensì da chi mi invita a realizzare eventi. Quest'anno ne ho già fatti una trentina, e suscitano sempre un incredibile entusiasmo».Un altro aspetto scandagliato nel corso della mattinata è stato l'utilizzo del crowdfunding in ottica giornalistica. A focalizzare questo tema Emanuela Zuccalà: «Anch'io sono una folle, dopo anni da freelance e dopo essere finalmente arrivata a un'assunzione, nel 2011 ho deciso di licenziarmi: non sono pentita della decisione, ma sconsiglio di farla… perché è un bagno di sangue!». Spiega Zuccalà che fino anche solo a un paio d'anni fa il crowdfunding, cioè la raccolta di finanziamenti per un determinato progetto affidata alla folla («crowd») attraverso piccole o grandi donazioni singole («funding»), era «cosa poco nota». E poco frequente era in particolare l'applicazione di questa particolare modalità al giornalismo. «Adesso invece ci sono esperienze molto interessanti. Per esempio è appena partita la raccolta di fondi per il progetto “Io sto con la sposa”, che si prefigge di raccogliere 200mila euro. In due giorni sono già a 12mila: noi per raccoglierne 13mila un anno fa ci mettemmo due mesi!». Una attenzione molto maggiore dunque per questo tipo di iniziative, che ha avuto un caso eclatante con l'ultima edizione del Festival del giornalismo di Perugia: «Sembrava che l'edizione 2014 non si dovesse fare, poi attraverso il crowdfunding gli organizzatori hanno raccolto oltre 100mila euro». Ma le donazioni dei privati possono essere la modalità del giornalismo del futuro? «No. Quantomeno non una via quotidiana, abituale: ha senso solo su documentari, inchieste, reportage fotografici». Giustamente infatti Zuccalà si chiede: «Perché mai i lettori, oltre al prezzo del giornale che acquistano, dovrebbero finanziare una inchiesta?». E cita una esperienza interessante ma controversa del quotidiano “Il giornale”: «Si chiama «Gli occhi della guerra», i giornalisti - collaboratori storici del giornale, firme conosciute ma non dipendenti della testata - aprono sottoscrizioni per farsi finanziare reportage in zone lontane. Questo apre molti interrogativi: non dovrebbe essere l'editore a finanziare questo tipo di lavoro giornalistico? Perché mai dovrebbe essere il lettore a pagare?». A Zuccalà insomma non piace questo sistema: «Bisogna chiedersi se è etico, perché in effetti assomiglia a una specie di ricatto: il messaggio sembra "siccome siamo in crisi, se volete leggere le notizie di Esteri sulle guerre dovete pagare di più"». E comunque «il crowdfunding si può fare una tantum, non “in serie”, altrimenti si perde in credibilità. E non è facile: bisogna già avere una folta rete di contatti, è un lavoro totalizzante». Insomma, una modalità valida anche in campo giornalistico, ma solo «per eventi spot».Ultimo aspetto, il coworking: cioè l'abitudine - sempre più diffusa tra i liberi professionisti, e anche tra i giornalisti freelance - di condividere uno spazio lavorativo per abbattere le spese e creare sinergie. Antonio Armano ha fatto il quadro della situazione: «A volte i freelance sono come agli arresti domiciliari: lavorare da casa presenta molti aspetti critici. Qui a Milano la modalità del coworking sta prendendo piede: ci sono già cinquecento postazioni di cui 24 riconosciute dal Comune. Di solito si tratta di uno spazio con scrivanie, una cucina per poter pranzare e di solito anche una sala riunioni». L'assessorato al Lavoro del Comune di Milano l'anno scorso ha messo a disposizione 300mila euro, di cui 100mila della Camera di commercio, attraverso un bando che é «agli sgoccioli ma ancora aperto», rivolto a liberi professionisti o a startupper. «Sono state ricevute 147 domande, il fondo che riguarda le imprese dispone ancora di qualche fondo perché sono arrivate meno richieste, mentre da parte di liberi professionisti ne sono arrivate 132». Requisiti molto ampi: «Il Comune ha cercato di non mettere troppi paletti, e questo è encomiabile, perché il tentativo è quello di intercettare una realtà per sua stessa natura molto fluida». Per esempio, per accedere al bando bisognerebbe avere una partita Iva, «ma in realtà basta almeno avere l'obiettivo di aprirne una». Vantaggi? «Il coworker riceve fino a 1500 euro all'anno per l'affitto. Il che copre mediamente la metà dei costi, dato che una postazione costa circa 200 euro al mese». Due gli esempi portati da Armano durante il dibattito: «C'è innanzitutto l'esperienza di Avanzi in via Ampere, in zona Città studi: un centinaio di postazioni che costano circa 2700 euro l'anno in una ex fabbrica di televisori. Il gruppo più numeroso è quello degli architetti / designer ma al secondo posto, con il 26%, ci sono i coworkers che si occupano di comunicazione». Il che non vuol dire solo giornalismo ma anche molte altre cose, come la pubblicità: «Per esempio in Avanzi c'è Babel, una piccola società di pr specializzata nell'editoria di libri che ha anche curato per Rcs la promozione delle "Cinquanta sfumature di grigio"». L'altro coworking space milanese citato è quello di via Meda: «Qui ci sono una decina di postazioni. Meda36 parte come società, poi decide di fare il coworking, non per occupare sedie vuote ma per attrarre nuove competenze e metterle in collaborazione e rete». L'invito insomma è quello di candidarsi, se interessati: «Ci sono ancora fondi per questo bando: i giovani, le società piccole, le startup possono ancora fare richiesta».Tra i tanti altri interventi che sono seguiti - da Massimo Zennaro, a capo del sindacato dei giornalisti veneti a Fabio Soffientini, responsabile del settore finanza e del neonato Centro studi dell'Inpgi, fino a Giovanni Matteoli della Casagit - quello che mi ha colpito di più è certamente quello del presidente Fnsi Giovanni Rossi. Perché dopo aver ricordato che vent'anni fa «a Bologna, alla presenza di tutti gli organismi di categoria, facemmo un convegno che aveva come titolo “Giornalista, imprenditore di se stesso”: dunque il tema è presente e discusso da tempo nel sindacato, anche se la verità é che l'attenzione non è stata sempre a livello necessario», Rossi ha dato un aggiornamento sulla collaborazione tra Fnsi e governo Renzi. «Abbiamo avviato una interlocuzione col governo, i nostri referenti sono il ministro del Lavoro Poletti e il sottosegretario con delega all'editoria Lotti. Ci sono 110 milioni di euro, di cui 50 per il 2014, previsti per interventi che dovrebbero servire a creare nuova occupazione dipendente in campo giornalistico». Rossi ha spiegato che c'è una novità rispetto al governo Letta: «Il sottosegretario ha cominciato a pensare a destinare una quota di questo fondo per sostenere le startup attive nel mondo del giornalismo web: i tempi però sono molto stretti per permettere una nostra interlocuzione, perché entro il 6 giugno dovrebbe uscire il decreto coi criteri». La novità nasce «dalla considerazione che il piattaforma tecnologica ha problema dal punto di vista degli introiti pubblicitari, dunque almeno in fase di avvio c'è bisogno di un sostegno». Al termine del suo intervento, ho chiesto pubblicamente a Rossi di far presente al sottosegretario Lotti che l'errore peggiore, se davvero questo decreto dovesse prevedere dei fondi per il sostegno alle testate online, sarebbe quello di limitare tali aiuti alle «startup», cioè a realtà giornalistiche ancora inesistenti o nate da poco, escludendo invece tutte quelle che da anni - come la Repubblica degli Stagisti e Articolo 36 - si fanno in quattro per offrire al pubblico una informazione seria e di qualità, riuscendo contemporaneamente a pagare dignitosamente chi quella informazione la produce con professionalità ed esperienza. Il presidente Fnsi ha preso nota e promesso che lo farà presente a Lotti. Speriamo.Eleonora Voltolina

Corte dei conti Ue, Echa e Comitato delle regioni: bandi per stage con rimborso di oltre 1000 euro al mese

Non per tutti i tirocini in ambito europeo le scadenze sono serrate. Sono diverse le istituzioni che, al contrario, decidono di lasciare aperte per tutto l'anno le candidature, per poi chiamare stagisti al bisogno. Un caso è quello della Corte dei Conti Ue, organo di controllo delle finanze europee con sede a Lussemburgo. Qui si può fare domanda sempre, anche se – si specifica sul sito - «per motivi di budget il numero di tirocini è molto ridotto». Poche decine si intende, visto che anche l'organico non è dei più nutriti: solo 28 giudici, uno per ogni stato membro, nominati dal Consiglio europeo per sei anni. Ad essere invece particolarmente sostanzioso è il rimborso spese, di circa 1200 euro – lordi – mensili, un compenso che per molti giovani italiani è di questi tempi un miraggio. Al solito la tassazione sarà poi applicata secondo la normativa del Paese di origine dello stagista. Ma attenzione: se si vuole ricevere l'emolumento sul modulo per fare domanda va barrata la casella 'tirocinio rimborsato', visto che alcuni traineeship non prevedono borsa. Le regole per partecipare alla corsa sono ridotte all'osso. Tra i requisiti richiesti ai ragazzi, si legge sull'homepage dedicata ai tirocini, la nazionalità di uno degli Stati membri dell'Ue, un diploma universitario o almeno quattro semestri di studio universitario in un settore di interesse per la Corte (quindi giurisprudenza, economia e scienze politiche), la conoscenza di almeno un paio di lingue ufficiali della Ue, di cui una in modo approfondito. Deve infine trattarsi di una prima esperienza alla Corte. Per candidarsi va compilata la domanda – una sintesi del proprio curriculum – in inglese o francese, e poi caricata sul sito. Seguirà una mail di conferma. Solo in caso di accettazione sarà richiesto l'invio di ulteriori allegati. Per chi parte la durata massima dello stage è di cinque mesi non rinnovabili. Per quanto riguarda i criteri di selezione, per gli organizzatori vale la regola del bilanciamento geografico, ovvero dare lo stesso spazio agli stagisti di tutti i Paesi membri. Una seconda chance per chi è in cerca di tirocini in Europa è all'Echa, autorità di regolamentazione della UE che «assiste le società affinché si conformino alla legislazione, e che promuove l'uso sicuro delle sostanze chimiche, fornisce informazioni e si occupa delle sostanze preoccupanti» fanno sapere sul sito. In questo caso ci si sposta a Helsinki in Finlandia, e per fare domanda non ci sono limiti di tempo. La durata degli stage varia dai tre ai sei mesi, non prorogabili, mentre le borse sono ancora più cospicue di quelle della Corte: 1300 euro lordi mensili, maggiorati del 50% per i disabili, più il rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno (se la distanza supera i 150 chilometri). Su questo aspetto il regolamento chiarisce però che in caso «i tirocinanti continuino a percepire una retribuzione dal proprio datore di lavoro o qualsiasi altra borsa o indennità avranno diritto alla borsa solo se l'importo percepito è inferiore a quello indicato qui sopra». In tale circostanza il rimborso si riduce alla differenza tra i due redditi. Per chi lavora inoltre esiste l'obbligo di «fornire una dichiarazione firmata dal datore di lavoro in cui figurino la retribuzione, le spese e le indennità». Gli stagisti non beneficiano tuttavia di assicurazione sanitaria, e dovranno stipularne una prima dell'inizio. Le posizioni aperte ogni anno sono poche, mai più di 20, e i requisiti abbastanza stringenti: oltre alla nazionalità Ue o appartenente allo Spazio economico europeo (con un margine riservato ai cittadini di Paesi terzi) e al fatto di essere alla prima volta nell'agenzia (non è consentito aver prestato servizio come collaboratori esterni), bisogna essere neolaureati in «settori attinenti alla legislazione vigente per le sostanze chimiche o in altri campi pertinenti all'ambito amministrativo delle istituzioni dell'Ue» è scritto sul sito, quindi chimica, tossicologia, biologia, scienze e tecnologie ambientali, oppure settori amministrativi come diritto, comunicazioni, finanza, risorse umane e tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni. Possono presentarsi anche dipendenti pubblici o privati che lavorino negli stessi ambiti. Infine occorre saper comunicare in inglese, avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell'Unione e una conoscenza soddisfacente di un'altra lingua ufficiale. Le opportunità aperte per settembre sono qui, con deadline alla metà di giugno (pur non escludendosi candidature spontanee). Inviata la domanda, si può essere contattati per un colloquio via telefono o di persona. Agli ammessi arriverà una lettera con il contratto di tirocinio e le informazioni sulla partenza. Infine, gli stage al Comitato delle regioni Ue, l'assemblea delle rappresentanze territoriali della Ue. Cosa farà un tirocinante in questo organo di Bruxelles? A seconda del settore per cui si opta si tratterà di mansioni di stampo più «amministrativo o politico», dicono sul sito. Due le sessioni annuali, una primaverile (dal 16 febbraio al 15 luglio), una autunnale (dal 16 settembre al 15 febbraio), entrambe di cinque mesi. Anche per il CoR le posizioni sono limitate, ma il compenso mensile piuttosto generoso: si percepisce il 25% di un funzionario di livello AD 5, dunque circa 900 euro lordi mensili, aumentati di 100 euro per chi è sposato o ha figli, più maggiorazioni per disabili e rimborso delle spese di viaggio. I requisiti si ripetono: nazionalità europea, diploma universitario e buona conoscenza di una lingua ufficiale, più quella soddisfacente di inglese o francese. È escluso chi abbia avuto esperienze di collaborazioni retribuite con entità europee per più di due mesi. L'application, in inglese, francese o tedesco, si spedisce online. Le selezioni, sulla «base del merito e di criteri geografici» terminano circa tre mesi prima della partenza. Quindi, per chi si propone ora, le prime notizie arriveranno a metà estate. Ilaria Mariotti Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Uno stage all'estero nelle istituzioni UE? Ecco oltre 700 opportunità- Novanta stage ben pagati nelle agenzie europee: ecco i bandi in scadenza a giugno- Stage ben pagati in Europa, i bandi dell'Agenzia del farmaco e della Corte di giustizia attirano i giovani italiani