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Abolire il valore legale del titolo di studio? Il ministero lancia un sondaggio

Sul tema del valore legale del titolo di studio il dibattito sembra essere giunto a una fase di stallo. C’è chi propone di abolirlo per liberalizzare il mercato del lavoro, e chi ritiene invece opportuno mantenerlo quale garanzia fondamentale del diritto allo studio. Ogni parte schiera in campo esperti di rilievo con motivazioni complesse e ragionate. Ecco allora che il governo Monti, alla fine di gennaio, ha proposto una soluzione per uscire dall’impasse: indire una consultazione pubblica online che raccolga spunti, opinioni e pareri direttamente dai cittadini. Il sondaggio è composto da quindici quesiti ed è stato avviato il 22 marzo; nel giro dei primi quattro giorni hanno risposto ben 20mila persone. Prima di partecipare, però, è bene approfondire l’oggetto della consultazione. A partire dalla definizione del valore del titolo legale di studi, come recentemente espressa dal Servizio studi del Senato: si tratta di un istituto giuridico che va «desunto dal complesso di disposizioni che ricollegano un qualche effetto al conseguimento di un certo titolo scolastico o accademico». Cosa vuol dire? Che oggi le lauree e i diplomi hanno una rilevanza giuridica per poter accedere ad alcune professioni, per lavorare nel settore pubblico e per avanzare nella carriera accademica all’interno di scuole e università. Le autorità che possono emettere titoli di studio con valore legale, quindi, sono esclusivamente le amministrazioni pubbliche incaricate dalla legge o gli istituti privati riconosciuti legalmente dal Miur. I titoli di studio conseguiti all’estero non hanno valore legale a meno che non siano considerati equipollenti a quelli italiani sulla base di convenzioni internazionali o leggi nazionali. A complicare la questione vi è il fatto che il valore legale non è regolato da una normativa unica, ma da un insieme di norme e leggi che si sono andate stratificando nel tempo. La consultazione, comunque, non interesserà gli effetti del valore legale sui percorsi di carriera accademici, ma esclusivamente le ricadute sul mercato del lavoro.Quali sono le principali ragioni di chi è in favore dell'abolizione del valore legale? Sicuramente instaurare una competizione tra le università; ma anche prevenire fenomeni come quello dei dipendenti pubblici (o aspiranti tali) che, per poter partecipare ai concorsi che hanno come prerequisito un determinato titolo di studi, si rivolgono a università private compiacenti che, in cambio della retta, forniscono lauree di dubbia qualità. «La finalità è bloccare i diplomifici» chiarisce in un intervento Marco Meloni [nella foto], responsabile università del Partito Democratico «che da un lato mortificano il sistema universitario, dall’altro sottraggono impegno al lavoro dei pubblici dipendenti orientandoli verso l’acquisizione di titoli di studio fittizi». Chi è contrario, invece, ritiene che proprio il valore legale del titolo di studio sia una garanzia imprescindibile di uguaglianza per i cittadini, sia in termini di diritto alla formazione, sia in termini di possibilità di accesso al mondo del lavoro. In una lettera aperta ai parlamentari abruzzesi, il rettore dell'università dell'Aquila Ferdinando di Orio commenta: «In un sistema di generale precarizzazione del mondo lavoro, [il valore legale] rappresenta la migliore ed unica garanzia in grado di assicurare reali condizioni di uguaglianza per tutti i cittadini nell’accesso al mondo delle professioni. Il che non esclude che, oltre il titolo di studio, possano essere effettuate le opportune valutazioni sul curriculum dei candidati al concorso e/o alla progressione di carriera». Alla consultazione online tutti possono partecipare direttamente dal sito web del ministero dell’Istruzione: il termine per rispondere al questionario è il 24 aprile, dopodichè i contributi ricevuti verranno resi pubblici (in forma anonima) e sintetizzati in un documento riepilogativo. I risultati della consultazione saranno oggetto di seminari e soprattutto costituiranno il cuore delle proposte da sottoporre al Consiglio dei Ministri e di tutti i provvedimenti in materia da parte del Miur. Certo, c’è da dire che non si tratta di un vero e proprio sondaggio popolare: già la complessità della tematica e il fatto che la consultazione sia effettuata esclusivamente tramite il canale online esclude dal quadro una buona fetta della popolazione italiana. L’obiettivo del governo, comunque, consiste espressamente nel coinvolgere nel dibattito in particolar modo i giovani, che saranno in fondo i diretti interessati da un’eventuale riforma.di Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Quanto vale la laurea nei concorsi? Bandi poco chiari sulle equipollenze tra i titoli, arriva una guida dal ministero- Riforma del lavoro, ecco punto per punto cosa riguarda i giovani- Università come agenzie per il lavoro a costo zero: una deriva da scongiurare- Tutti geni i neolaureati italiani? Nuovi dati Almalaurea: alla specialistica il voto medio è 108, con punte di 111 per le facoltà letterarie

Confindustria a Varese finanzia 50 stage: «Puntiamo al 100% di assunzioni»

L'Unione industriali della provincia di Varese lancia What's next?, un progetto che prevede l'attivazione di 50 stage trimestrali nelle aziende associate. Tirocini che Univa punta a trasformare tutti in veri e propri posti di lavoro.Traguardo ambizioso, dunque, quello posto da Giovanni Brugnoli [nella foto], presidente dell'associazione di categoria del varesotto. 42enne originario di Busto Arsizio, titolare di un'impresa tessile attiva nel settore dello sport e dell'arredamento, Bugnoli è stato eletto alla guida degli industriali varesini nel maggio scorso, dopo essere stato per quattro anni vicepresidente. Nel suo curriculum c'è anche la presidenza dei giovani imprenditori di Confindustria Lombardia. «Noi puntiamo al 100%, a dare un lavoro a tutti e 50 gli stagisti. Questo è l'obiettivo e su questo stiamo lavorando, contiamo di riuscirci o quantomeno di avvicinarci il più possibile alla meta». Tanto ottimismo si basa sul fatto che «le stesse imprese che hanno aderito al progetto lo hanno fatto proprio con l'intenzione di avviare degli stage con la prospettiva di incrementare il proprio organico».Per questo progetto l'Unione industriali ha stanziato 100mila euro: l'obiettivo è quello di garantire 50 borse lavoro trimestrali, con un rimborso di 500 euro mensili per ogni tirocinante. In totale gli emolumenti per gli stagisti costeranno ad Univa 75mila euro. Gli altri 25mila - ben un quarto dello stanziamento totale - serviranno per pagare la promozione e l'attivazione dei tirocini: ma dato che l'associazione di categoria per legge non può far incontrare domanda e offerta, ha dovuto appoggiarsi a 4stars. Questa realtà, che sul proprio sito si definisce  «società senza scopo di lucro», svolgerà dunque il ruolo di soggetto promotore. Quando la Repubblica degli Stagisti ha chiesto agli industriali quanti di questi 25mila euro andranno all'agenzia e quanti a coprire le altre spese promozionali, la risposta è stata però evasiva: «Si tratta di un contratto tra privati». È stata poi 4stars a confermare che tutti i 25mila euro andranno a lei: la presidente Chiara Grosso ha infatti spiegato che la cifra rappresenta «un forfait che ci permette di sostenere Univa nella realizzazione di tutte le fasi del progetto, dalla ideazione e progettazione, alla comunicazione, reclutamento, selezione, informazione, pratiche stage in tutte le loro fasi, monitoraggio, sostituzioni e adempimenti amministrativi».Ora, perché Univa ha scelto di appoggiarsi ad una realtà privata invece di coinvolgere i nove centri per l'impiego attivi sul territorio provinciale? Ragioni operative, spiegano dall'associazione: i cpi non offrirebbero la possibilità di assessment di gruppo e di colloqui individuali preliminari, elementi alla base del processo di selezione dei candidati previsto nel bando. Servizi che invece 4stars è in grado di erogare. L'agenzia si occuperà infatti di tutti gli aspetti relativi alla selezione: sceglierà dunque direttamente le persone da inviare nelle aziende, che non si vedranno sottoporre una rosa di candidati tra i quali scegliere il tirocinante, ma accoglieranno "a scatola chiusa" lo stagista scelto per loro dall'agenzia.All'iniziativa, che non ha un termine preciso di chiusura ma scadrà non appena verranno attivati tutti i progetti, possono prendere parte esclusivamente i disoccupati e gli inoccupati residenti in provincia di Varese. È previsto un limite di età di 25 anni per i diplomati, che sale a 28 per i laureati. Le figure richieste sono ragionieri, periti tecnici, meccanici e chimici, così come laureati in economia, marketing, scienze della comunicazione, chimica, ingegneria gestionale, meccanica ed elettronica.Quali sono però le attività che potranno essere svolte nell'ambito di What's next? Il progetto è suddiviso in cinque i settori di impresa, per ognuno dei quali sono previste dieci borse. Il primo è quello commerciale, con particolare riferimento all'analisi del mercato e all'avvio di progetti di e-marketing. C'è poi la sezione amministrativa, che impiegherà i tirocinanti nella contabilità generale, e quella logistica, che coinvolgerà i giovani nella gestione dei magazzini e nei rapporti con i fornitori. I dieci progetti legati all'assistenza tecnica impegneranno gli stagisti nel collaudo di macchinari utensili. L'ultimo ambito è quello della progettazione, nel settore della lavorazione di plastica e metallo, che accompagnerà il tirocinante dalla fase di ricerca fino a quella dello sviluppo del prodotto. In totale, sono 42 le aziende coinvolte, tutte sono associate Univa: alcune attiveranno più di un tirocinio.Ogni progetto prevede una borsa mensile di 500 euro: la prima tranche verrà erogata al termine dei primi due mesi di tirocinio. Ma è bene sapere che in caso di conclusione del rapporto prima di questa scadenza l'emolumento scomparirà. Per quale motivo? «Vogliamo evitare l'abbandono del primo mese», spiega Brugnoli. «L'obiettivo è quello di affrontare un periodo di formazione di tre mesi, durante il quale l'azienda si mette a disposizione degli stagisti per insegnare loro il lavoro». Per questo, lasciare prima dei sessanta giorni «sarebbe un danno per l'azienda, ma anche per quei ragazzi che non hanno superato la selezione», rimanendo esclusi dai tirocini. Questi ultimi, in caso di abbandono prima dei due mesi, verrebbero ripescati. E proprio grazie al "risparmio" della borsa di chi ha abbandonato potrebbero usufruire di un tirocinio trimestrale con rimborso spese pieno.La candidatura può essere effettuata solo via Internet, collegandosi al sito di 4stars, compilando la modulistica e allegando una copia del curriculum. Dopo aver verificato i profili dei candidati, l'agenzia svolgerà dei colloqui con quelli papabili, quindi proporrà ai selezionati l'attivazione del tirocinio. Con l'auspicio che l'ottimismo di Brugnoli possa tradursi in realtà, trasformando i 50 stage in altrettanti posti di lavoro.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Stage in fabbrica raccontati in un libro al vetriolo: «Mi sento già molto inserito» di Mauro Orletti- Rapporto Excelsior 2009: sempre più stagisti nelle imprese italiane, sempre meno assunzioni dopo lo stage- Tirocinio: una parola, tanti significati

Regione Piemonte, un milione di euro per chi sostiene i giovani imprenditori

Prende il via questa settimana la misura 2 del Piano giovani 2011/2013 che, con un milione di euro messo a disposizione dalla Regione Piemonte, intende sostenere le strutture che aiutano i giovani a fare impresa. Imprenditori per i giovani sul territorio: questo il nome dato al nuovo bando che dovrebbe permettere, grazie ai consigli di “esperti”, di dare avvio a iniziative imprenditoriali dal potenziale risultato positivo.Il finanziamento però non è destinato direttamente ai giovani che in prima persona vorrebbero provare a creare un’attività, bensì agli intermediari: cioè gli incubatori piemontesi di imprese, Piemontech, le fondazioni promosse da enti locali e le associazioni no profit del territorio. Sono questi i beneficiari diretti della misura: la Regione li sosterrà economicamente affinché aiutino gli under 35, nel bando definiti «destinatari finali». Come? Con attività di scouting per individuare l’idea imprenditoriale e di primo accompagnamento delle imprese. Sia quelle già attive nel registro della Camera di Commercio, sia quelle imprese non ancora costituite alla data di presentazione della domanda - in quel caso all’impresa “incubatrice” basterà indicare i nomi delle persone fisiche responsabili della nuova attività imprenditoriale da sostenere. L’importo iniziale di un milione di euro potrebbe poi anche aumentare «in relazione all’andamento delle richieste, soprattutto se, come speriamo, arriveranno numerose», come ha commentato l’assessore regionale allo sviluppo economico Massimo Giordano.  L’intervento, però, ha alcuni punti critici. Le cifre innanzitutto non sono cumulabili con altre forme di finanziamento e permettono una copertura dei costi di scouting e di primo accompagnamento fino a un massimo di soli 10mila euro. Una somma estremamente contenuta che tra l'altro - è bene ricordarlo - non andrà direttamente agli aspiranti imprenditori, ma agli intermediari. Il bando prevede, poi, 2mila euro aggiuntivi nel caso di «perfezionamento dell’investimento», cioè nel caso di intervento ufficiale da parte degli investitori istituzionali una volta concluse le attività di scouting e di primo accompagnamento, con la messa in attività dell’iniziativa imprenditoriale proposta nella domanda. Ma anche in questo caso la cifra è molto bassa, quasi impercettibile per l’avvio di un’impresa. Tra l’altro, se nella domanda di sostegno finanziario  non si indica l’obiettivo di perfezionamento dell’investimento, si rischia anche di non usufruire di quest'ultima tranche.Per partecipare è necessario che gli intermediari vadano sul sito di Finpiemonte e compilino il modulo telematico. Prima di fare questo si può anche scaricare, sempre dal sito di Finpiemonte, il manuale di presentazione della domanda  per avere un aiuto passo dopo passo nella compilazione dei documenti.Una volta riempiti i moduli online è necessario stampare il file testo, firmarlo e spedirlo tramite raccomandata o corriere espresso alla Finpiemonte entro cinque giorni lavorativi dall’invio telematico. Le domande saranno esaminate in ordine cronologico di presentazione sulla base dei criteri di ricevibilità, ammissibilità e merito, sui tempi di consegna e sulla completezza della documentazione, sul possesso dei requisiti previsti e sul cronoprogramma di realizzazione dell’intervento compatibile con i termini fissati dal bando, sulla congruità e pertinenza dei costi dell’intervento. Una volta ricevuto il finanziamento, i beneficiari hanno l’obbligo di concludere il progetto nei tempi previsti dal bando, di comunicare eventuali variazioni rispetto all’intervento approvato, di fornire le informazioni necessarie per il monitoraggio finanziario, fisico e procedurale e di consentire i controlli e le ispezioni che Finpiemonte può effettuare per verificare lo stato di attuazione, il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa e la veridicità delle dichiarazioni rilasciate.La misura Imprenditori per i giovani sul territorio rientra tra le dieci idee del Piano Giovani approvate dalla Regione nel luglio 2011 con l’obiettivo di combattere la disoccupazione giovanile e aumentare le opportunità lavorative e formative: il Piemonte, infatti, è tra le regioni maggiormente industrializzate quella che più ha subito l’aumento della disoccupazione giovanile passata, secondo dati Istat, dal 15% del 2008 al 24% del 2009. Proprio per far fronte a questi  numeri allarmanti, a luglio del 2011 il presidente Roberto Cota [nella foto] ha presentato il Piano Giovani che con uno stanziamento iniziale di undici milioni, attraverso lo sviluppo di dieci punti fondamentali, intende favorire un «nuovo patto generazionale» con l’obiettivo di «difendere i diritti di chi non ha nessun diritto». Lo scopo, annunciato da Cota a luglio, è quello di «contrastare la disoccupazione giovanile, perché per un giovane non avere lavoro vuol dire non programmare il futuro e questo semina incertezza e disagio in tutte le famiglie».Per ora però, a quasi un anno di distanza dall'annuncio, dei dieci punti del Piano giovani è stata approvata solamente - a metà dicembre - l’attribuzione delle risorse alle province per l’attivazione di tirocini formativi e di orientamento. Quasi 400mila euro a favore delle province per favorire l’occupabilità dei giovani neodiplomati e neolaureati attraverso l’attivazione di tirocini formativi e di orientamento. Il 50% delle risorse saranno attribuite alle province, come acconto, dopo la presentazione di un programma di attività e spesa, mentre la cifra a saldo arriverà dopo la presentazione del rapporto conclusivo delle attività e del rendiconto contabile. A breve poi - il bando dovrebbe uscire il 2 aprile - partirà la misura Incubatori non tecnologici, un sostegno finanziario per iniziative imprenditoriali giovanili a basso contenuto tecnologico.Da ieri intanto è attiva l'azione Imprenditori per i giovani sul territorio: peccato che la Regione non abbia direttamente coinvolto i suoi cittadini under 35 realizzando un piano che facesse riferimento a loro, senza passare attraverso terze persone.Marianna LeporePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Imprenditoria giovanile, ecco chi la sostiene- Ricerca e start-up, centinaia di opportunità di lavoro per giovani imprenditori e ricercatori - Fondo Mecenati, 40 milioni di euro per la valorizzazione dei giovani talenti E anche:- Il ministro Giorgia Meloni: «Per investire sui giovani è necessario un cambio di mentalità»- Lavoro e giovani: ce l'abbiamo un'idea? L'associazione Rena mette pepe al dibattito

Stage in Sicilia, primo passo verso la legge di iniziativa popolare

«Io firmo gli stage», la proposta di legge di iniziativa popolare per garantire tirocini di qualità ai giovani siciliani muove un primo, importante passo. Lunedì 19 marzo, infatti, la commissione regionale per gli affari elettorali e referendari ha completato l'esame delle oltre 12mila firme raccolte dai giovani della Cgil Sicilia a sostegno della norma. Ed ha dato il via libera alla discussione del testo in consiglio regionale.«Un migliaio di firme è stato annullato ma, con 11mila sigle valide, abbiamo superato ampiamente il quorum», racconta Andrea Gattuso [nella foto sotto]. 26 anni, una laurea in scienze politiche con indirizzo in relazioni internazionali, dal 2009 al 2011 ha fatto parte dell'esecutivo nazionale dell'Unione degli universitari. E oggi è uno dei responsabili del Dipartimento politiche giovanili della Cgil Sicilia. Ora, il testo che regola le modalità di presentazione di leggi di iniziativa popolare all'Assemblea regionale siciliana richiede la sottoscrizione di almeno 10mila persone e dunque l'obiettivo è stato raggiunto. Quello di lunedì non è stato però un mero «passaggio burocratico»: ha riconosciuto la correttezza formale del lavoro svolto dalle tante associazioni studentesche e dalle formazioni giovanili dei partiti di centrosinistra che hanno collaborato con il sindacato, ma rappresenta sopratutto l'avvio di un percorso che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe fare della proposta «Io firmo gli stage» una norma regionale.«Entro un paio di settimane avremo un parere sulla legittimità del nostro documento, sapremo cioè se l'argomento è tra quelli che possono essere regolamentati da una legge di iniziativa popolare», precisa un'ottimista Gattuso: «Ci è già stato assicurato,informalmente che non dovrebbero esserci problemi». Superato questo secondo scoglio, inizierà la discussione politica vera e propria sulla proposta. Ma quali sono le richieste contenute nel testo?Intanto c'è quella di fissare in sei mesi la durata massima dei tirocini, specificando che dovranno essere attivati al massimo entro un anno dal conseguimento della laurea o del diploma. Viene inoltre richiesto di vietare il ricorso agli stage per quelle professioni che non richiedano periodi di formazione articolati. Grande attenzione viene posta anche sul tema del monitoraggio dei progetti, ritenuto fondamentale per contrastare sul nascere eventuali abusi. Non poteva mancare, poi, l'aspetto economico. La campagna della Cgil mira ad istituire uno stanziamento, all'interno del bilancio regionale, da 10 milioni di euro. Di questi, 4 serviranno per un «Fondo per i tirocini formativi», che finanzierà le borse per gli stagisti. In particolare, la proposta di legge chiede che sia fissato un rimborso minimo di 400 euro mensili, metà a carico della regione, attraverso questo fondo, metà versati dall'azienda che ospita il tirocinio. Gli altri 6 dovranno invece essere utilizzati per incentivare le imprese a trasformare i tirocini in rapporti di lavoro veri e propri. In particolare, alle attività dovrebbe andare un contributo una tantum di 8mila euro per ogni giovane di età compresa tra i 18 ed i 30 anni inserito in organico, somma che salirebbe a 10mila euro se il lavoratore appartenesse ad una categoria protetta.«Tenteremo di inserire questa nostra ultima proposta all'interno del piano Barca, un progetto da 500 milioni di euro a sostegno dell'occupazione giovanile in Sicilia proposto dal ministero per la Coesione territoriale», sottolinea Gattuso, «visto che tra i vari interventi previsti da questo progetto c'è anche quello relativo agli stage retribuiti». Proposta che, se accolta, rimuoverebbe l'ostacolo economico, quello cioè legato allo stanziamento da 10 milioni, dal cammino verso l'approvazione della legge.Il 1 aprile il testo arriverà sul tavolo di Francesco Cascio [nella foto a destra], presidente dell'Ars che, entro 30 giorni, dovrà trasmetterlo alla commissione Lavoro di Palazzo dei Normanni. Quest'ultima avrà a disposizione sei mesi per discutere la proposta, eventualmente modificandola, per poi portarla in aula. Scaduto questo termine, la norma verrebbe comunque inserita all'ordine del giorno della prima seduta utile. E a quel punto i partiti dovranno decidere da che parte stare. Al momento, solo le organizzazioni giovanili di Pd e Sel hanno aderito all'iniziativa. «In questo momento non abbiamo adesioni ufficiali, abbiamo atteso che si pronunciasse la commissione elettorale prima di incontrare le segreterie regionali delle forze politiche», spiega Gattuso: «Ora vogliamo capire come si muoverà il governo sulla riforma del lavoro, che inciderà anche sui tirocini, dopodiché inizieremo un confronto con i partiti». Chiedendo loro un sostegno alla proposta di legge «Io firmo gli stage».Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Sicilia, 12mila firme per una legge sui tirocini di qualità- La Toscana approva la nuova legge sugli stage: per la prima volta in Italia il rimborso spese diventa obbligatorio- La Carta dei diritti dello stagista ispira Regioni, associazioni politiche e siti web a tutelare gli stagisti. A cominciare dal rimborso speseE anche:- Provincia di Padova, la giunta detta le linee guida: stop agli stage gratuiti e niente stagisti nelle imprese non virtuose- Ancora lontana in Emilia la legge regionale sugli stage, la Cgil: «Entro febbraio? Ma se non esiste nemmeno una prima bozza!»- Stagisti a zero euro, no grazie: ecco perchè vietare il rimborso spese per legge sarebbe ingiusto e controproducente

Tirocini nella pubblica amministrazione, Roma investe sulla qualità

Esattamente un anno fa il Comune di Roma pubblicava il bando di concorso per Pica, Percorsi di cittadinanza attiva, 36 progetti di stage per un totale di 189 tirocini di sei mesi all'interno di musei, biblioteche, municipi ed altre strutture dell'amministrazione capitolina. Al bando, aperto a giovani di età compresa tra 18 e 28 anni,  avevano risposto in più di 4.800 persone, in stragrande maggioranza laureati o laureandi. Una popolarità probabilmente dovuta anche al fatto che i tirocini prevedevano un rimborso spese di 350 euro mensili, per un impegno settimanale tutto sommato modesto: 20 ore più 5 di formazione. Dopo le selezioni e alcuni ritardi legati soprattutto ai cambiamenti della normativa sullo stage, Pica è partito a dicembre scorso. La Repubblica degli Stagisti è andata a vedere come procede l'esperienza iniziata dai ragazzi, che nel frattempo sono diventati 237. Scoprendo un inaspettato sforzo organizzativo messo in campo dal dipartimento risorse umane della capitale per offrire ai partecipanti un'esperienza formativa e spendibile. Un'inversione di rotta nell'atteggiamento degli enti pubblici rispetto allo stage? Speriamo proprio di sì. I numeri di Pica erano infatti così grandi da far temere l'ennesima infornata di stagisti nella pubblica amministrazione italiana - dove lo stage è usato in troppi casi in maniera distorta, ad esempio per coprire buchi di organico - offrendo scarse garanzie in termini formativi e di tutoraggio. Per non parlare dei rimborsi spese,  che nel pubblico sono una vera rarità. Da questo punto di vista i tirocini Pica sono senza dubbio un'eccezione. «Oltre che alla formazione sui temi della cittadinanza attiva, i percorsi hanno l'obiettivo di preparare i giovani al mercato del lavoro, creando anche una concreta occasione di scambio con le  istituzioni» spiega Enrico Cavallari, assessore alle risorse umane della giunta Alemanno [nella foto]. Promosso dall'ex ministro della Gioventù Giorgia Meloni, il progetto ha coinvolto inizialmente gli uffici e i servizi di Roma Capitale, chiamati a presentare - sulla base di precise linee guida - proposte di tirocinio nei settori dell'assistenza, ambiente, patrimonio artistico, promozione culturale, tutela e sicurezza del territorio, informatica, cooperazione e sviluppo locale. Alla fine i progetti selezionati dal dipartimento sono stati 36. Alessandra Caldarelli, laureanda in storia dell'arte, sta ad esempio lavorando su quello proposto dalla Sovrintendenza Il pubblico nei musei e nel territorio. «Per questo progetto alle selezioni eravamo circa 400 persone: ormai bisogna mettere nel curriculum tante esperienze diverse ed un po' tutti eravamo alla ricerca. E uno stage retribuito è sempre più ambito di uno gratuito», ammette Alessandra. Oltre al rimborso spese, la peculiarità di Pica consiste nell'investimento sulla formazione dei ragazzi, articolata in un periodo iniziale di circa un mese e in 5 ore settimanali obbligatorie di formazione a distanza su una piattaforma web con moduli inerenti l'orientamento, la sicurezza sul lavoro e il potenziamento di una lingua straniera. Al di là dei contenuti - forse perfettibili - si tratta di uno sforzo lodevole che, insieme al tutoraggio, costituisce uno dei punti di forza del progetto. I ragazzi intervistati hanno infatti sottolineato una presenza costante e quotidiana del tutor: fatto non trascurabile se confrontato con  analoghe iniziative promosse da grandi enti pubblici locali. Non tutti i progetti sono ovviamente convincenti allo stesso modo, almeno ad uno sguardo esterno. Booktrailer ad esempio, il laboratorio pensato dalla biblioteca Cornelia per la realizzazione di video di promozione della lettura, avrebbe probabilmente richiesto delle professionalità diverse da quelle presenti all'interno di un'amministrazione per insegnare al meglio ai ragazzi le tecniche di ripresa e di montaggio. Per molti dei partecipanti Pica costituisce poi uno stage post laurea e in questi casi un altro dei primi interrogativi riguarda il risvolto occupazionale. Un aspetto che resta il vero punto dolente di tutti i tirocini attivati all'interno della p.a., dove le possibilità di ottenere un contratto di lavoro sono di fatto insistenti. Al termine dello stage però «sarà rilasciato, in collaborazione con Isfol, un attestato di acquisizione di competenze denominato Validation of Prior Learning. Uno strumento di rilevazione sperimentato a livello europeo, attraverso il quale i ragazzi potranno dimostrare le competenze acquisite» precisa Damiano Colaiacomo, il direttore del dipartimento che ha di fatto reso possibile l'iniziativa rintracciando i fondi necessari (all'incirca 700mila euro, tra cui gli oltre 500mila per garantire gli emolumenti agli stagisti e circa 150mila per la piattaforma web) tra le pieghe del bilancio capitolino. Grazie al VPL i tirocinanti avranno dunque una sorta di lettera di presentazione a firma di Roma Capitale da rispendere in contesto lavorativo. Nessuna facilitazione è invece prevista per coloro che in futuro potrebbero trovarsi a partecipare ad un concorso per lo stesso ente dove stanno svolgendo lo stage. «L'attuale normativa in tema di concorsi pubblici prevede, in casi limitati, di valutare lo svolgimento di un periodo di stage all'interno dell'amministrazione» precisa l'assessore Cavallari. Già, ma attualmente nei bandi pubblici, incluse le 22 procedure selettive aperte di recente proprio dal Comune di Roma, questa possibilità non è praticamente mai prevista. Un vero peccato, considerato che ogni anno, oltre ai partecipanti di Pica, soltanto gli uffici capitolini ospitano circa 300 tirocinanti (tra i quali solo il 10% può contare su un rimborso spese). Prevedere l'attribuzione di un punteggio aggiuntivo per queste persone sarebbe una norma di buon senso, come RdS ha più volte evidenziato, lanciando sul tema anche una campagna di raccolta firme. Detto questo, Pica resta un esempio molto interessante, che insieme ad iniziative come quelle messe in campo della Regione Toscana ma anche dall'Anci Giovane, segnala che nella pubblica amministrazione si stanno finalmente facendo strada un'attenzione e una sensibilità maggiori rispetto allo stage. Un altro aspetto positivo è che l'investimento sulla piattaforma potrà essere sfruttato e ammortizzato con successive edizioni del progetto, che avranno quindi bisogno di budget molto più limitati. Per chi fosse interessato, intanto, tra maggio e giugno prossimi si attende l'uscita di un nuovo bando di concorso per Pica: partenza prevista per l'autunno del 2012.Ilaria CostantiniPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Quanti sono gli stagisti negli enti pubblici italiani? Nessuno lo sa- Sicilia, 12mila firme per una legge sui tirocini di qualità- Comune di Napoli, l'assessore: «I soldi per gli stagisti dell'anno scorso non ci sono»

Se potessi avere mille euro al mese, il libro che racconta l'Italia sottopagata

La Costituzione sancisce il diritto di ogni lavoratore a una retribuzione «sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa». Eppure milioni di persone in Italia lavorano gratis, o per stipendi miseri: ma così i giovani non possono diventare pienamente adulti e autonomi. Il dilagare del lavoro gratuito sta portando il Paese al declino:  bisogna cambiare musica.  La «generazione mille euro» non esiste più. Quello che solo sei anni fa veniva indicato come lo stipendio standard dei giovani italiani si è ormai trasformato quasi in un miraggio. Ma come può sopravvivere un giornalista pagato cinque euro a pezzo? Ed è accettabile che un neoavvocato – dopo cinque anni di università, due di pratica forense e l'esame di stato – porti a casa meno di  800 euro al mese? Dalla piaga del lavoro sottopagato non scampa nessuno: ricercatori, artisti, archeologi, "lavoratori della conoscenza".  Perfino i medici, che prima della specializzazione passano mesi o anni a lavorare gratis negli ospedali. E le commesse, inquadrate con l’«associazione in partecipazione» per figurare come lavoratrici autonome anzichè normali dipendenti e far risparmiare i datori di lavoro. Le famiglie funzionano da ammortizzatori sociali e mantengono figli e nipoti ben oltre l'accettabile, ma i risparmi si stanno assottigliando e il sistema è vicino al crac. Sempre più forti sono le voci dei giovani che chiedono di essere contrattualizzati e pagati il giusto, per potersi mantenere da soli e raggiungere una vera autonomia. Nel libro Se potessi avere mille euro al mese, uscito il 15 marzo per Laterza, la giornalista Eleonora Voltolina racconta le loro storie e le proposte per cambiare il futuro non solo di tanti singoli cittadini, ma di un intero Paese.L'indiceIntroduzione 1. Emergenza retribuzioni    2. Medicina, la professione è ammalata3. Partite Iva: numeri senza futuro4. Per amore dell’arte5. Cogito, ergo (pauper) sum6. Giornalisti, da quarto potere a quarto Stato7. Praticantato, il nonnismo delle professioni8. Se il master sostituisce il lavoro che non c’è9. Contratti: la fantasia al potere10. Cambiare musicaIl libro è disponibile anche in ebook

Università, i corsi iper-professionalizzanti non sempre pagano

Contrazione degli occupati, crollo delle retribuzioni e contratti sempre meno stabili. La condizione  occupazionale dei laureati italiani delineata dal XIV rapporto Almalaurea è a tinte fosche. Ma i numeri raccolti dal consorzio - che riunisce 64 università - forniscono anche indicazioni preziose per valutare la spendibilità del proprio titolo di studio, osservare le tendenze del mercato del lavoro e orientarsi nella scelta sempre più cruciale del percorso universitario da intraprendere. Sfatando anche alcuni miti: primo fra tutti l'utilità comunemente attribuita ad una formazione universitaria iper-professionalizzante, aderente cioè agli attuali  bisogni delle imprese. «Chi può dire di che cosa avrà bisogno il mercato tra cinque o sei anni?» ha invitato a riflettere il direttore di Almalaurea Andrea Cammelli presentando martedì nella sede romana della Crui il rapporto. In un quadro economico in rapidissima trasformazione, dove conoscenze e tecnologie rischiano di diventare obsolete nel giro di pochi anni,  la vera missione dell'università appare oggi piuttosto quella di fornire agli studenti solide conoscenze di base, in grado di rendere il lavoratore il più possibile «adattabile» alle esigenze del mondo del lavoro del futuro. Il primo dato che emerge dall'indagine condotta su circa 400mila laureati intervistati a distanza di uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo, è senza dubbio la progressiva perdita di appeal delle lauree di primo livello. Rispetto al rapporto dello scorso anno, il numero dei laureati triennali disoccupati ad un anno dal titolo è infatti cresciuto di oltre tre punti percentuali, passando dal 16,2% del 2009 al 19,4% del 2010. Non che per i laureati specialistici e per quelli a ciclo unico (come medici, architetti, veterinari e laureati in giurisprudenza) la situazione sia molto migliore: tra il 2007 e il 2010 i primi hanno infatti visto aumentare la percentuale di disoccupati di 9 punti e i secondi di 10 ma, per la prima volta dal 2007, tra gli specialistici si registra quest'anno una lievissima crescita di occupati (+1,1%).  Se sul breve periodo chi sceglie di fermarsi dopo il triennio continua ad avere maggiori chance occupazionali, è anche da considerare che in molti tra coloro che decidono di proseguire nel percorso universitario nei dodici mesi successivi alla laurea si trovano ancora in formazione. È il caso dei medici specializzandi, dei praticanti e in generale di tutte quelle professioni per le quali è richiesta un'ulteriore formazione post-laurea, oltre ovviamente a moltissimi stagisti. Ma chi investe di più e più a lungo in formazione sarà poi ripagato? Non sul breve termine. Nel quadro di una perdita generalizzata del potere d'acquisto delle retribuzioni dei laureati (-12% in quattro anni), i salari di ingresso dei triennali risultano ancora oggi leggermente superiori, con guadagni mensili netti di circa 1.100 euro. I triennali hanno anche contratti migliori rispetto agli specialistici: nel 2010 il 42,5% dei laureati di primo livello poteva ancora contare su un lavoro stabile, contro il 34% di quanti avevano in tasca un titolo di secondo livello.  Attenzione però a tirare le somme troppo in fretta. Come tutti gli investimenti importanti, anche il valore della laurea deve essere giudicato sul medio e sul lungo periodo.  A  tre anni dal conseguimento del titolo la situazione è infatti già molto diversa:  il gap retributivo degli specialistici sui triennali risulta colmato (le retribuzioni nominali superano i 1.250 euro) e con il tempo cresce apprezzabilmente anche la stabilità dell'occupazione per le lauree di secondo livello. Tra i cicli unici si passa addirittura dal 38 al 60% di lavoratori stabili, con una leggera prevalenza di posizioni autonome. Certo è che a seconda della propria specializzazione la condizione del laureato può essere significativamente diversa: sempre a tre anni dal titolo lavora infatti il 98% dei medici, l'85,5% dei laureati in discipline economico-statistiche, l'85,3% degli architetti e degli ingegneri. In fondo alla classifica non si collocano, come ci si attenderebbe, i vituperati i profili letterari (63,4% di occupati), bensì i geo-biologi (46%) e i laureati in materie giuridiche (49,9%). Pessima performance anche per i chimici-farmaceutici, tra i quali si dichiara occupato poco più della metà del campione. Un caso davvero emblematico, se si pensa che il profilo in questione era considerato fino a pochi anni fa uno dei più appettibili per il mercato. «L'obsolescenza delle tecnologie e delle conoscenze è ormai così rapida che i percorsi più professionalizzanti possono sì aumentare l'occupabilità in entrata dei giovani, ma in assenza di adeguati investimenti in formazione rischiano di ridurla nella fase adulta» ha spiegato Cammelli. Come dire: è inutile andare alla ricerca della laurea ideale per assicurarsi un futuro occupazionale soddisfacente. Ciò che invece si può e anzi si deve fare per scegliere il percorso più adatto alle proprie esigenze è informarsi in maniera oculata. Ad oggi uno degli strumenti più idonei ad orientare le scelte degli studenti è la banca dati di Almalaurea, che fornisce un quadro costantemente aggiornato sugli esiti occupazionali dei laureati suddivisi per corsi di studio, atenei e le singole facoltà presenti sul territorio. Un altro utile suggerimento per gli studenti arriva direttamente dal presidente della Conferenza dei rettori (Crui) Marco Mancini, che commentando il rapporto ha invitato a diffidare da quanti bollano oggi come inutile il titolo universitario. «Dobbiamo reagire a questa campagna forsennata e ossessiva contro la formazione universitaria. Perché i dati ci dicono che laurearsi conviene, o comunque conviene ancora». Nonostante insomma la laurea appaia nel complesso "svalutata" sul mercato del lavoro italiano, tutte le statistiche nazionali e internazionali indicano in effetti che sull'intero arco della vita lavorativa i laureati presentano pur sempre un tasso di occupazione superiore di oltre undici punti percentuali e retribuzioni del 50% maggiori rispetto ai colleghi diplomati. Senza considerare che i laureati italiani restano pur sempre pochi, anzi pochissimi: appena il 20% della popolazione di età compresa tra 25 e 34 anni, contro una media dei paesi Oecd di 37 giovani su 100. L'obiettivo di Lisbona 2020 di arrivare al 40% è ancora molto, molto lontano per l'Italia.Ilaria CostantiniPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- I laureati italiani fotografati da Almalaurea: sempre più disoccupati e meno retribuiti- È giusto che i “figli di” sfruttino il vantaggio competitivo?- Fuggi-fuggi dall'Italia: sono almeno 2 milioni i giovani all'estero

Sindaco De Magistris, perché non risponde alle domande sugli stage al Comune di Napoli?

Una cinquantina di brillanti laureati campani è da mesi in attesa di sapere quando e se arriveranno i 2mila euro promessi dal Comune di Napoli come rimborso spese per i tirocini di inizio 2011. La Repubblica degli Stagisti segue da tempo il caso: ha parlato con Marco Vassallo, funzionario incaricato del Servizio Lavoro e formazione professionale, ha riportato le informazioni fornite dall’assessore al bilancio Riccardo Realfonzo a due ex stagiste, ha raccontato nel dettaglio le storie di altri due partecipanti. Ma purtroppo non è finora riuscita a parlare col diretto responsabile del Comune: il sindaco. Avere notizie dirette da Luigi de Magistris sarebbe stato importante: per tre settimane la Repubblica degli Stagisti ha rincorso l’ex magistrato per avere delle risposte. Pur avendo dimostrato a parole massima disponibilità, la sua portavoce Marzia Bonacci non è mai riuscita a trovare un momento libero per fissare un'intervista. Eppure sono tante le domande che necessiterebbero di una risposta. La Repubblica degli Stagisti avrebbe innanzitutto voluto chiedere al primo cittadino come mai il comune abbia presentato alla stampa il nuovo programma di tirocini formativi per l’occupazione per l’anno 2011, ma non abbia dato spiegazioni sui tempi per il rimborso spese dei tirocinanti precedenti. «Il Comune non ha la liquidità necessaria per questi rimborsi» ha confessato l’assessore al bilancio Riccardo Realfonzo a due ex stagiste che chiedevano notizie dei pagamenti. Quei 98mila euro totali però - di per sè, non certo una gran somma per un grande Comune - risultano messi a bilancio nel 2010, quindi al sindaco De Magistris la Repubblica degli Stagisti avrebbe chiesto come mai quella cifra ora è sparita: non dovevano essere soldi esistenti e vincolati? La storia di questi ex tirocinanti coinvolge, peraltro, anche altri giovani. Se agli stagisti selezionati nel 2010 (che hanno poi svolto lo stage nei primi mesi del 2011) l'emolumento previsto rischia di arrivare a un anno e mezzo di distanza dall’inizio dello stage, che garanzie ci sono per i nuovi stagisti selezionati nel 2011, che stanno svolgendo il tirocinio proprio in questi mesi? Il loro rimborso spese quando sarà erogato?C’è poi un altro problema che accomuna gli ex tirocinanti ai nuovi: le prospettive occupazionali. Nella sessione precedente quasi nessuno è riuscito ad avere sbocchi lavorativi tramite questo stage; la Repubblica degli Stagisti avrebbe voluto chiedere a De Magistris quali strategie il Comune stia mettendo in atto per evitare gli stessi esiti nell’attuale infornata di stagisti. E se invece questi tirocini non servono a inserire i giovani nell’ente pubblico e non li aiutano a trovare lavoro, che senso ha continuare a fare altri bandi e addirittura pensare di estendere ad altri 75 giovani questo progetto, come sembra qualcuno abbia ventilato negli uffici del Comune?Dal sindaco, che appena eletto aveva dichiarato «Non voglio vedere andare via i giovani da questa città», la Repubblica degli Stagisti avrebbe voluto sapere perché oggi un giovane napoletano dovrebbe, lavorativamente parlando, rimanere a Napoli. E soprattutto che cosa la sua amministrazione pensa di offrire alle nuove generazioni. Uno degli aspetti della “rivoluzione arancione” che l'anno scorso ha coinvolto Napoli era, infatti, l’entusiasmo dei giovani su cui De Magistris ha puntato molto durante la campagna elettorale, così come su una nuova immagine della città. In ultimo, Luigi De Magistris avrebbe potuto dare il suo parere sull’uso spesso smodato fatto in Italia dei tirocini e chiarire se in una città come Napoli possano essere un metodo valido per l’accesso al mondo del lavoro. Per tutti i lettori della Repubblica degli Stagisti, e non solo i vecchi e nuovi tirocinanti del Comune, le risposte del sindaco sarebbero state interessanti. La speranza è che De Magistris alla fine ce la faccia a trovare il tempo nella sua agenda, e conceda questa intervista. Perché i cambiamenti in una città possono essere realizzati solo coinvolgendo i giovani e dando loro risposte sincere.Marianna LeporePer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Stage al Comune di Napoli, ottimo per Carmine e pessimo per Assia: storie a confronto- Comune di Napoli, l'assessore: «I soldi per gli stagisti dell'anno scorso non ci sono»  - Stagisti al Comune di Napoli, due anni di attesa per ricevere il rimborso spese

Riforma del lavoro, il ministro Fornero: «Non andrà in vigore prima del 2013»

Tra le secche della discussione sull'articolo 18 e i difficili equilibrismi politici e sindacali, non è semplice capire che tipo di riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali si stia delineando in queste settimane di trattativa tra governo e parti sociali. Due questioni intorno alle quali si concentrano le aspettative di moltissimi giovani lavoratori e aspiranti tali - la vera constituency di questo governo, secondo una recente definizione del presidente Monti. Alcuni tasselli della riforma in fieri stanno tuttavia iniziando a prendere forma: «Nessuno ha mai sostenuto che andrà in vigore nel 2012, ma neppure forse nel 2013» ha anticipato Elsa Fornero intervenendo la settimana scorsa alla presentazione del volume "Giovani senza futuro. Proposte per una nuova politica" (Arel - Il Mulino). Collegata in videoconferenza con la sala del Mappamondo della Camera, il ministro del Welfare ha parlato di fronte ad alcuni interlocutori chiave della trattativa in corso, come Raffaele Bonanni della Cisl, Enrico Letta del Pd) Marco Venturi di Rete imprese Italia, oltre ai curatori del volume, i giuslavoristi Carlo Dell'Aringa e Tiziano Treu.Giovani senza futuro? raccoglie infatti una serie di analisi e di proposte elaborate da più di trenta esperti in materia di politiche del lavoro, ammortizzatori sociali e questioni demografiche, «contributi importanti alla discussione che il governo sta avendo con le parti sociali» a detta del ministro. Anche la Repubblica degli Stagisti ha partecipato con un saggio scritto a quattro mani da Alessandro Rosina e Eleonora Voltolina. «Abbiamo meno giovani rispetto agli altri paesi, la quota di chi tra essi arriva alla laurea è mediamente più bassa, eppure trovano anche meno possibilità di lavoro» è la diagnosi dei due autori, secondo i quali il problema italiano resta dunque «la scarsa capacità di valorizzare il capitale umano delle nuove generazioni». Per chi si sta affacciando per la prima volta sul mercato il più importante nodo da sciogliere è trovare il giusto canale di ingresso, evitando di restare impigliati per anni nella trappola dello stage seriale, o comunque in forme contrattuali mal retribuite e prive di adeguate garanzie.  Sul punto, la strada imboccata da governo e parti sociali appare ormai segnata e risponde al nome di apprendistato, che nelle  intenzioni del ministro del Welfare dovrà diventare la principale porta di accesso per l'occupazione giovanile: «Un veicolo vero di formazione, con una procedura riconoscibile che attesti la professionalità acquisita e quindi spendibile: se possibile presso la stessa impresa dove è stato svolto, oppure fuori» ha precisato nel corso dell'intervento Fornero. L'apprendistato è oggi declinato in tre tipologie (professionalizzante, diritto-dovere per i minorenni e alta formazione il conseguimento di un titolo universitario o post-laurea), ma l'unica utilizzata - peraltro poco e male - dalle imprese italiane è il professionalizzante. Eppure l'apprendistato rappresenta l'unico contratto in grado di conciliare formazione e lavoro, diritti per il neoassunto e flessibilità per l'azienda. La crisi ha poi ulteriormente assottigliato il ricorso a questo  prezioso strumento. Nell'introduzione a "Giovani senza futuro?" Dell'Aringa e Treu evidenziano «una riduzione, in termini relativi, di oltre il 17% tra l'inizio del 2008 e l'inizio del 2010, a fronte di un calo medio del 14,1% registrato nello stesso periodo tra tutti i lavoratori di età compresa tra 16 e 29 anni. Servirà dunque un grosso sforzo per fare dell'apprendistato il contratto prevalente di ingresso: «Ci sono esperienze in altri paesi che funzionano» ha rassicurato il ministro, «certamente non tollereremo finti percorsi di apprendimento professionale e invece insisteremo molto sul fatto che la formazione venga prima della flessibilità che si associa a questo tipo di ingresso». L'altro punto su cui gli interlocutori sembrano concordi riguarda la necessità di sfoltire l'attuale platea di contratti atipici, distinguendo tra "buona" e "cattiva" flessibilità, a partire da un piano di controlli mirati a verificare l'uso improprio di partite Iva (specialmente quelle in monocommittenza), contratti a progetto e associazioni in partecipazione.  Resta invece da capire che cosa accadrà nel frattempo a chi non riesce a inserirsi compiutamente nel mercato. Dovrà continuare a dipendere da mamma e papà, rassegnandosi alle periodiche battute della politica sulla scarsa autonomia dei giovani italiani? Dalle posizioni sin qui emerse sembrerebbe di capire di sì: l'ipotesi di garantire un reddito minimo di cittadinanza appare infatti assai poco probabile, almeno in questa fase. Parlando di «una riforma con carattere di universalità», Fornero ha ribadito che i nuovi ammortizzatori riguarderanno «non solo quanti oggi hanno una tutela forte e robusta, ma tutti i lavoratori». «Se universalismo significa dare un salario minimo garantito, io metterei in guardia da azzardi di questo tipo» è stata la replica del segretario della Cisl Bonanni, «non perché sono un conservatore, ma perché so perfettamente che in questo paese sistemi simili aprono a truffe reiterate». L'altra novità di rilievo riguarda le politiche attive per il lavoro, senza le quali, sostiene la titolare del Welfare, «nessuna riforma può funzionare. E perché queste politiche funzionino servono anche dei servizi per il lavoro. Qui, con poche eccezioni, credo che sia quasi tutto da costruire» ha ammesso il ministro. In questo caso la vera sfida si pone però dinanzi alle regioni che hanno la competenza sulla materia e che sinora, eccetto pochi casi, non hanno lavorato al meglio per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Infine i tempi di entrata in vigore della riforma, collocabile quasi certamente oltre il 2013 e comunque da attuarsi con «gradualità», ha puntualizzato Fornero, ansiosa di rassicurare i suoi interlocutori. Sembra che la constituency del governo debba insomma procedere con molta cautela e senza fretta.Ilaria CostantiniPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Ventenni e riforma del lavoro, parla l'ideatore della lettera a Monti- Reddito minimo garantito: ce l'hanno tutti tranne Italia, Grecia e Bulgaria- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari

Giovani italiani all'estero, ultimi giorni per partecipare al sondaggio

Ancora pochi giorni per raccontare la propria esperienza all'estero, sia dal punto di vista di chi è ancora lontano dall'Italia, sia da quello di chi dopo un periodo oltre confine ha scelto di rientrare in patria. Alla fine di febbraio verrà chiuso il sondaggio, online da metà ottobre, che il Comune di Milano e l'associazione Italents hanno elaborato per raccogliere le voci dei tanti giovani italiani in giro per il mondo e di quelli che - magari sulla spinta degli incentivi fiscali previsti dalla legge Controesodo - sono tornati indietro.«Il nostro obiettivo è indagare il peso di alcune difficoltà che in Italia spingono molti giovani ad andarsene» spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia all'università Cattolica di Milano e presidente di Italents: «In più desideriamo raccogliere indicazioni sulle azioni che potrebbero essere messe in atto per semplificare la vita di chi desidera tornare e sulle difficoltà incontrate da chi è già tornato». Nel questionario tutto questo è condensato in poche domande, in modo da poter essere compilato in modo snello e sopratutto impiegando pochissimo tempo. «Inizialmente era presente un numero maggiore di domande; ne abbiamo sacrificata qualcuna proprio per inseguire la brevità che sul web è imprescindibile» puntualizza il professore: «Il questionario non ha naturalmente l’ambizione di studiare tutto il fenomeno del brain drain, ma solo alcuni aspetti mirati. Siamo consapevoli che molti se ne vanno per scelta, per desiderio di avventura, senza necessariamente nutrire sfiducia per il nostro "sistema paese". A loro ci rivolgiamo per coinvolgerli, anche se da lontano: vogliamo favorire la loro partecipazione attiva alla "ripartenza" economica e culturale dell'Italia. Poi ci interessa anche in modo specifico raccogliere la voce di chi è fuggito, o non torna, perché non sente più l'Italia come ospitale: insomma chi si sente "esiliato". Vogliamo capire quali sono gli ostacoli da rimuovere: per questo abbiamo approntato una risposta aperta, importantissima, che consente a chi compila il questionario di aggiungere proposte e rimostranze».Il sondaggio ha già raccolto oltre 1.100 voci di italiani che tuttora sono all'estero;  e circa 200 sono invece i partecipanti rientrati. «Abbiamo già abbondantemente superato la soglia che ci eravamo posti, mille partecipanti» chiude Rosina «Il materiale è non solo sufficiente, ma abbondante per restituire una fotografia realistica della situazione e fornire spunti interessanti. Ma ogni risposta in più da qui a quando chiuderemo il sondaggio è naturalmente preziosa per arricchire il quadro e poter fare un'analisi ancor più dettagliata e approfondita». Una volta chiuso il sondaggio, infatti, i risultati verranno rielaborati dal professor Rosina e poi presentati attraverso un convegno: essi saranno non un punto di arrivo bensì di partenza, perché da qui partiranno azioni mirate del Comune di Milano per costruire una città nuova, più ospitale verso i giovani, in grado di trattenere qui quelli che già ci sono (per esempio i neolaureati) e attrarre chi è volato altrove. Così come ha più volte ribadito Cristina Tajani, assessore alla formazione e al lavoro del Comune di Milano: «Vogliamo che Milano possa essere anche una pista di atterraggio e ritorno per tutti coloro che, nel corso del tempo, hanno lasciato l’Italia per studio e per lavoro verso altre mete. Ma anche per chi, da altri paesi, scommette sull’Italia per la propria vita e la propria professione. Siamo impegnati perché l’Italia e Milano, nonostante la grave situazione di crisi possano tornare ad essere attraenti per le professionalità del mondo. Per questo vogliamo chiedere alla community dei «ritornati» e a chiunque voglia collaborare con noi, aiutandoci a progettare le politiche di attrattività per il futuro». Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Cervelli in fuga: un doppio questionario per capire chi sono, cosa gli manca, e perchè quasi tutti non tornano (e alcuni sì)- Fuggi-fuggi dall'Italia: sono almeno 2 milioni i giovani all'estero- Sulla Rete i giovani italiani scalpitano per fare rete: ITalents sbarca su Facebook, ed è boom