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Quattro milioni di euro per le idee giovani dei «bollenti spiriti»: riparte in Puglia il bando Principi attivi

Considerare i giovani risorsa invece che problema, investendo in fiducia prima ancora che in denaro. È il paradigma che da anni sta dietro Bollenti Spiriti, il programma di politiche giovanili che mezza Italia invidia alla Regione Puglia e che ha da poco inaugurato la terza edizione del suo bando Principi attivi, in scadenza il 19 ottobre. La formula è chiara e sempre la stessa: minimo due persone, una buona idea, un anno di tempo per realizzarla e fino a 25mila euro di finanziamento a fondo perduto. Imprenditorialità giovanile? Non proprio. Si potrebbe definire un'iniziativa di educazione non formale al lavoro, basata sul principio che il modo più efficace di imparare a fare qualcosa è farlo. Un po' come avviene per lo stage, ma questa volta dando progettualità in prima persona alle proprie idee e passioni. L'opportunità è aperta a tutti i residenti in Puglia di età compresa tra i 18 e i 32 anni, costituiti in gruppi informali di almeno due membri (non viene esplicitato invece un limite massimo). Al centro di tutto c'è un'idea, una qualsiasi idea - purché appartenente a una delle tre macroaree indicate: territorio, società e tecnologia - finanziabile fino ad un massimo di 25mila euro (al lordo di eventuali tasse ed oneri) per un anno. Soldi che vengono erogati in due tranche, per il 70% all'inizio e per il resto alla fine del progetto.  A disposizione ci sono 4 milioni e 100mila euro, provenienti dal Fondo nazionale per le Politiche giovanili istituito nel 2007 dall'ex ministero della Gioventù e sufficienti a finanziare circa 150 progetti. Ovvero quasi un terzo della prima edizione, quella 2008. Ma come spiega alla Repubblica degli Stagisti Annibale D'Elia, coordinatore dello staff Bollenti spiriti, non si tratta necessariamente di un male [leggi qui l'intervista completa]. Una bella novità riguarda poi la procedura di candidatura, che diventa interamente online attraverso un processo affidato all'agenzia regionale Innova Puglia, con cui è stato stipulato un contratto biennale da 200mila euro complessivi. Si potrà accedere al form fino alle ore 12 del 19 ottobre ma, ancora prima, chi ne è sprovvisto dovrà dotarsi di indirizzo Pec, la posta elettronica certificata attraverso cui avvengono tassativamente tutte le comunicazioni. Compreso l'invio, entro il 26 ottobre, della ricevuta finale di domanda, firmata da tutti i membri e scansionata. Non è obbligatorio ma senz'altro utile invece reperire un buon commercialista e un buon notaio, che aiutino i meno pratici a districarsi tra i tecnicismi della materia - spese ammissibili, fideiussioni, costituzione di nuovi organismi giuridici. E che saranno tanto più utili in caso di vincita, quando il gruppo informale dovrà obbligatoriamente formare  una società, associazione, cooperativa, la forma più idonea di caso in caso, per la realizzazione del progetto. Il Forum, ben curato, può dare una grossa mano; oppure si può chiedere direttamente ai responsabili BS durante uno degli tanti incontri previsti questa estate in giro per la Puglia. Nel 2008 il primo bando Principi attivi ha finanziato 420 progetti, con un budget complessivo di 10 milioni e mezzo di euro, per il 70% provenienti dallo Stato; la rimanente parte, 3 milioni di euro, provenivano invece dalle casse regionali. Grande disponibilità di risorse insomma, di cui hanno beneficiato quasi 1.300 giovani pugliesi, su un totale di oltre 4mila partecipanti e 1.500 progetti presentati. Ad assumersi l'onere di valutarli uno ad uno, spiega il coordinatore di Bollenti spiriti, è stata una commissione composta tra tre membri dello staff - tra cui lo stesso D'Elia - e una mezza dozzina di esperti esterni alla Regione (quindi pagati a parte) individuati dall'Arti, l'Agenzia regionale per la tecnologia e l'innovazione. Esperti delle più varie materie, ciascuno afferente ad una delle tre macroaree progettuali. La commissione deve aver scelto bene se tre anni dopo, nel 2011, oltre il 70% degli organismi nati con Principi attivi risultavano pienamente operativi, nei due terzi dei casi sotto forma di associazioni, poi di micro imprese (27%) e cooperative (5%). E gli altri? Un centinaio di realtà si sono sciolte (o pur rimenendo in essere non sono operative) e un numero simile si è riorganizzato in altre forme giuridiche, o ha avviato progetti in continuità con quello finanziato. Il più delle volte utilizzando risorse aggiuntive personali o - purtroppo molto meno frequentemente - provenienti dai proventi dei progetti. Arte, cultura, territorio e web gli ambiti più gettonati, con ospitalità e ristorazione che invece languono a fondo classifica. Tutti dati che Bollenti Spiriti pubblica sul suo sito, nel report dedicato. Per il bilancio della seconda edizione di Principi attivi invece si dovrà attendere ancora perché «gran parte di quei progetti, nati nel corso del 2011, sono appena conclusi o ancora in corso», come spiega D'Elia. Di certo c'è che per il secondo bando la Regione Puglia ha fatto da sè: zero finanziamenti statali e 4,8 milioni di euro suoi, provenienti dall'assessorato guidato da Nicola Fratoianni, che nel 2010 ne aveva raccolto l'eredità da Guglielmo Minervini (tra i principali artefici di Bollenti Spiriti e attualmente assessore regionale ai Trasporti; sopra invece Nichi Vendola durante il Bollenti spiriti Camp 2012 di Lecce, in una foto di Paride De Carlo]. Il numero di progetti finanziati, di conseguenza, si è più che dimezzato, scendendo a 190. I candidati 2010 si sono dovuti dare battaglia quindi, soprattutto a fronte di un +37% nel numero domande. Alla fine a farcela sono stati in 530, ugualmente divisi tra maschi e femmine e in genere vicini ai 30 anni.Il senso di Principi attivi si può riassumere efficacemente utilizzando la metafora di uno dei ragazzi intervistati nell'indagine Cosa Bolle in pentola?: nel nostro Paese se fai un gol l'avversario non cerca di fartene un altro, ma corre dall'arbitro per fartelo annullare. Tutto deve rimanere «zero a zero», perché in questa maniera è più facile sentirsi tutti assolti, giustificare la propria immobilità. Iniziative come queste mirano a scardinare la "logica dello zero a zero": tempo di tornare a giocare lealmente. E magari (ri)scoprire il gusto della competizione.Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Annibale D'Elia: «Principi attivi non è X Factor, la sua forza è la dimensione collettiva»- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa- Timbuktu: è italiano il magazine per bambini più scaricato dall'Apple Store - Imprenditoria giovanile, ecco chi la sostiene

Praticantato, il ministero cambia idea: massimo 18 mesi per tutti, anche per chi ha già iniziato

Il ministero della Giustizia fa retrofront e stabilisce che tutti i cosiddetti "praticantati", cioè i tirocini professionali per l'accesso alle professioni regolamentate, non possano durare più di un anno e mezzo - per uniformarsi ai dettami del decreto liberalizzazioni, precisamente del suo articolo 9 comma 6, in cui la durata massima del tirocinio è stata ridotta appunto a 18 mesi. A metà maggio lo stesso ministero aveva risposto a un quesito del Consiglio nazionale forense sostenendo una tesi esattamente contraria: e cioè che tutti i percorsi di tirocinio professionale avviati «in epoca anteriore al 24 gennaio 2012» dovessero mantenere la vecchia durata e che «le nuove norme» fossero «destinate a trovare applicazione solo quanto il tirocinio» fosse «iniziato successivamente» a quella data. Il parere era stato firmato da Augusta Iannini, all'epoca capo dell'ufficio legislativo del ministero, forse più nota per essere la moglie di Bruno Vespa. La Iannini però è stata nominata un paio di settimane fa vicepresidente dell'autorithy sulla privacy. Pochi giorni dopo il suo trasferimento, il capo del dipartimento per gli Affari di giustizia Eugenio Selvaggi e il direttore della Direzione generale della giustizia civile Maria Teresa Saragnano devono aver avviato una riflessione sul tema dei tirocini professionali, decidendo di rivedere la posizione ufficiale del ministero. All'inizio di luglio hanno dunque diramato una circolare, intitolata «Durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate. Interpretazione dell'art 9, comma 6, del d.l. 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012 n. 27», spiegando di aver ricevuto «da privati e da Ordini professionali» numerose richieste «di parere in merito alla applicabilità della suddetta disposizione anche a coloro i quali abbiano iniziato il tirocinio anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova legge» e ammettendo subito la complessità della questione, anche in ragione della mancanza di appigli normativi espliciti: «né il decreto legge né la legge di conversione contengono disposizioni transitorie volte a regolare i casi di tirocinio professionale iniziato prima dell’entrata in vigore del decreto-legge».Ma, scrivono Selvaggi e Saragnano, si può sempre fare riferimento «ai principi generali in materia di successione di leggi nel tempo». E se è vero che secondo l’articolo 11 delle disposizioni preleggi del codice civile «la legge dispone per l’avvenire», è vero anche che «la nuova legge può applicarsi agli effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente quando sia diretta a regolare questi effetti indipendentemente dall’atto o dal fatto giuridico che li generò». Insomma, il ministero si è ora convinto che «nel caso di specie, deve ritenersi che la norma sia applicabile immediatamente, ovvero anche ai casi di tirocinio iniziato in precedenza», perché «la volontà del legislatore è chiaramente improntata ad ampliare fin dall’immediato la possibilità di accesso dei giovani al mondo del lavoro, in armonia con il più generale disegno di liberalizzazioni delle professioni». A far pendere l'ago della bilancia per questa interpretazione sono state certamente le centinaia di voci di protesta che si sono levate non solo dalle associazioni e dai forum dei praticanti, ma anche dagli stessi ordini professionali: «Non mi si venga a dire che si agevolano i giovani facendo il taglio del tirocinio in quel modo. Perché chi ha iniziato il tirocinio a gennaio si deve fare 36 mesi e chi l'ha iniziato a maggio ne fa 18?» aveva dichiarato in un'intervista alla Repubblica degli Stagisti Andrea Bonechi [nella foto], delegato alla riforma della professioni per il Consiglio nazionale dei commercialisti.Queste motivazioni appaiono nel testo della circolare: «Ove si accedesse alla contraria interpretazione, si verificherebbero situazioni di palese disparità di trattamento nell’accesso alla professione in relazione alla data di inizio del tirocinio, nel senso di penalizzare fortemente coloro che abbiano iniziato la pratica professionale immediatamente prima dell’entrata in vigore della norma». E questo, non mancano di notare Selvaggi e Saragnano, violerebbe l'articolo della costituzione che sancisce il principio di uguaglianza. Una "prova" della volontà del legislatore viene poi individuata nella scelta del tempo verbale: «in sede di conversione il legislatore ha usato – per riferirsi alla durata del tirocinio – il tempo presente in sostituzione del tempo futuro previsto nel decreto». Questa frase, in particolare, si pone in aperto contrasto con quanto affermato dall'ufficio legislativo nel documento di metà maggio, dove si leggeva testualmente che «L'uso del tempo presente in luogo di quello futuro non può essere interpretato come espressione della mutata volontà del legislatore di applicare le nuove disposizioni anche ai tirocini in corso, giacché - anche in tal caso - sarebbe stato necessario inserire norme transitorie per disciplinare i tirocini iniziati nel periodo tra l'emanazione del decreto-legge e l'entrata in vigore della legge di conversione».La circolare ricorda infine, un po' pleonasticamente, che per i primi sei mesi il tirocinio può essere svolto durante il percorso universitario (solo in presenza di apposite convenzioni tra ministero e Ordini professionali però), e che «ai fini del compimento della pratica professionale è necessario che un periodo di dodici mesi, non surrogabile con altra forma di tirocinio, sia svolto con la frequentazione effettiva di uno studio professionale».A questo punto migliaia di praticanti tirano un sospiro di sollievo: in particolare gli aspiranti commercialisti, per i quali la differenza sarebbe stata abissale (36 mesi contro 18). Sempre che il ministero della Giustizia non cambi di nuovo idea.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Commercialisti: «Governo maldestro sul praticantato, durata e compenso normati male»- Equo compenso addio: per Confprofessioni «non cambia molto», ma per i praticanti sì

Mae-Crui, il ministero revoca la sospensione: «I tirocini si svolgeranno regolarmente»

I 555 studenti e neolaureati vincitori del secondo bando Mae-Crui 2012 partiranno, a settembre, verso le sedi diplomatiche cui erano stati destinati: ambasciate, consolati, istituti di cultura. Dopo otto giorni di "congelamento", di proteste e di lettere aperte a giornali, ministri e perfino al presidente della Repubblica, una riunione fiume interministeriale ha affrontato l'argomento giungendo a una conclusione: non essendoci ancora nessuna legge che impone il rimborso spese a favore degli stagisti, non è necessario bloccare questo bando perchè il Mae non ha previsto fondi per questi rimborsi. L'unica conclusione logica, a dir la verità, di una vicenda dai contorni quasi surreali: un ministero che blocca un'iniziativa in ragione di un cambiamento di normativa non ancora avvenuto.Il comunicato congiunto emesso ieri nel tardo pomeriggio dal ministero degli Esteri e da quello del Lavoro è infatti di una semplicità disarmante: «Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 34 e 35, della legge n. 92/2012 non sono di immediata applicazione e fissano alcuni obiettivi di principio che troveranno piena applicazione solo in seguito all'adozione in sede di Conferenza Stato-Regioni di linee-guida». Aggiungendo, per i duri d'orecchio, che tali linee guida «dovranno essere adottate entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di riforma del mercato del lavoro». Ne deriva che l'eventuale introduzione, nei prossimi mesi, dell'obbligo di erogare una congrua indennità in favore dei tirocinanti non troverà, com'era prevedibile, applicazione «nei confronti dei tirocini del Programma MAE-CRUI attivati prima dell'adozione delle richiamate linee-guida».Il comunicato congiunto stabilisce dunque che non ha senso bloccare i tirocini del secondo bando, le cui selezioni sono avvenute tra aprile e giugno, che sicuramente partiranno e con tutta probabilità si concluderanno prima ancora che queste linee guida abbiano visto la luce: «Si svolgeranno regolarmente i tirocini presso il Ministero degli Esteri e la sua rete all'estero previsti da settembre a dicembre 2012». Non appena la notizia ha cominciato a circolare, sulla pagina Facebook dei "maecruini" che si erano coalizzati per battagliare contro la sospensione è scoppiata la festa.In definitiva, molto rumore per nulla. La Repubblica degli Stagisti l'aveva del resto sostenuto fin dal principio:  «nella riforma Fornero non vi sono affatto "nuove disposizioni in materia di tirocini". Quindi non c'è nulla che giustifichi un atto tanto improvviso e forte come la sospensione di un programma già approvato e in partenza». Spiegando che nella riforma Fornero non vi era nulla di prescrittivo rispetto agli stage: solo l'impegno del governo ad accordarsi con le regioni su alcune linee guida per stabilire parametri base tra i quali «il riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria» agli stagisti: «Pubblicate in Gazzetta ufficiale mercoledì 3 luglio, le misure volute dal ministro Elsa Fornero dispiegheranno i propri effetti solo a partire dal 18 luglio. Fatti due conti, il provvedimento che stabilirà i rimborsi minimi dovrebbe arrivare entro la prima metà del gennaio 2013. Ma allora che problema c'è? Per quella data i tirocini del II° bando Mae-Crui, previsti in partenza per il 3 settembre prima della sospensiva, sarebbero conclusi da un pezzo. Perché  fermare tutto adesso?». Infatti, perchè? Ci sono voluti 8 giorni, grandi maldipancia per oltre 500 ragazzi, centinaia di mail e telefonate, perchè anche il Mae si convincesse che in effetti, non serve uniformarsi a leggi ancora inesistenti. Meglio tardi che mai.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Ministero degli Esteri, 555 stage Mae-Crui bloccati e non si capisce il perché- Mae-Crui, il ministero revoca la sospensione: «I tirocini si svolgeranno regolarmente»- Mae-Crui sospesi: una pressione per essere esonerati dal (futuro) obbligo di compenso agli stagisti?

Fondi tagliati e ombre di assistenzialismo, delude il «Master and back» della Regione Sardegna

Se c’è una regione italiana che merita una menzione speciale per la quantità di investimenti a favore dell’occupabilità dei giovani questa è senza dubbio la Sardegna. Dal 2006 ad oggi la regione autonoma ha speso circa 180 milioni di euro, tra fondi europei e regionali, per finanziare sia percorsi di alta formazione svolti al di fuori del territorio regionale da giovani laureati (master, corsi di specializzazione e dottorati di ricerca), che “percorsi di rientro” nell’isola tramite assunzioni agevolate. Il programma in questione si chiama appunto Master and back e nasce sei anni fa con il duplice obiettivo di «accrescere il livello di istruzione e formazione dei laureati sardi», inviati a perfezionarsi in università e centri d'eccellenza italiani e stranieri, e quindi di sostenere il loro ritorno per «mettere a disposizione del sistema produttivo sardo le competenze acquisite». Oltre ai laureati, beneficiari del programma sono infatti anche le imprese, gli enti pubblici e di ricerca del territorio, incentivati ad assumere questi giovani tramite un generosissimo contributo economico: nel 2011 il finanziamento regionale poteva infatti arrivare a coprire, per un periodo di tre anni, fino all'85% della retribuzione del neoassunto. «Sì, ci rendiamo conto di essere molto fortunati, dal momento che non esistono opportunità simili in Italia e neppure nel resto d’Europa» ammette Arianna Onidi, 32 anni, partecipante al programma e portavoce del comitato «Master and back» (nella foto).   Accanto al “quanto” c’è però da considerare anche il “come” sono state gestite queste preziose risorse, intorno alle quali nell'ultimo anno si è creato un pasticcio politico amministrativo di cui hanno finito per fare le spese proprio le persone che il progetto si proponeva di aiutare e di valorizzare. Decretando con tutta probabilità la fine di un programma che per molti ragazzi ha rappresentato fino ad oggi «l’unica concreta possibilità di andare a studiare fuori e poi di trovare un posto di lavoro in Sardegna». Grazie a «Master and back» nel 2010 la Onidi ha potuto svolgere un tirocinio di ricerca alla scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’università la Sapienza, sostenuta dal finanziamento per tutte le spese che ha dovuto affrontare durante il soggiorno romano. Con lei sono partiti in mille - «come i garibaldini» ironizza lei - «confidando nel fatto che la regione avrebbe provveduto a stanziare anche i fondi necessari a farci tornare». Così del resto era sempre accaduto sin dalla nascita del m&b, per il quale non erano mai state lesinate risorse. «Data la quantità dei fondi, il programma ha perso quasi subito le caratteristiche dell’eccellenza, finanziando anche percorsi formativi di minor valore» ammette la giovane ricercatrice. Politica analoga era stata adottata anche per la fase successiva, ovvero per il "back". «Soprattutto negli enti pubblici si è creato un circolo di manovalanza praticamente gratuita, dato che alla fine dei tre anni molte persone venivano rimpiazzate con altre che potevano beneficiare dei nuovi incentivi». Niente di cui stupirsi, considerando che i bandi "back" hanno sempre previsto la possibilità per il datore di lavoro di stipulare anche contratti a tempo determinato e addirittura di tipo parasubodinato. A giugno 2011, quando arriva l'ambito bando per il rientro, i "mille" scoprono invece che la regione è improvvisamente diventata molto selettiva nell’assegnazione dei fondi: complici anche le difficoltà di bilancio, ha deciso infatti di limitare l’investimento a soli 9 milioni di euro, appena sufficienti a coprire le prime 90 domande in graduatoria. «L'idea era di introdurre per la prima volta un meccanismo premiale per le imprese, incentivandole a partecipare con una quota di co-finanziamento superiore al 15%» spiega alla Repubblica degli Stagisti l'assessore regionale al Lavoro Antonello Liori [nella foto]. L'azienda per cui oggi lavora con un contratto a tempo indeterminato Antonio Zanda, 30 anni, si è aggiudicata il finanziamento stanziando ad esempio il 25% del costo del contratto. «Mi ritengo davvero un privilegiato, soprattutto pensando alle 330 persone che da più di 8 mesi aspettano di sapere se potranno o meno essere assunte» denuncia comunque Zanda. Con in mano una promessa di contratto, per gli esclusi non è facile rassegnarsi all’idea di rinunciare alla dote regionale. «Decidiamo così di mobilitarci e a dicembre la giunta riesce a reperire ulteriori 9 milioni di euro nel proprio bilancio», racconta ancora Arianna Onidi. Le graduatorie scorrono ancora ma, visto anche l’atteggiamento ondivago tenuto dagli amministratori, gli esclusi non demordono. E a ragione: a marzo 2012 la finanziaria regionale finisce infatti per stanziare ulteriori 18 milioni e mezzo di euro per la copertura di tutte le richieste di finanziamento presentate. «La decisione del Consiglio penalizza proprio le aziende che avevano dimostrato maggiore serietà, impegnando più fondi per l'assunzione di un backista» nota l'assessore Liori, che avrebbe destinato volentieri queste risorse agli ammortizzatori sociali. Ma al di là del lieto fine della vicenda - l'assessore assicura «tempi brevissimi» per l'arrivo dei fondi - dopo la disavventura del 2011, il programma è destinato a cambiare dimensioni e soprattutto forma. Già l'ultimo bando per l'alta formazione si è limitato a finanziare appena 120 borse di studio (5 milioni di stanziamento). «Sto già stringendo accordi con le migliori università a livello internazionale, perchè anzichè mandare i ragazzi a studiare fuori a questo punto preferisco portare in Sardegna alcuni insegnamenti strategici per il futuro della regione». Sicuramente un bel risparmio per le casse pubbliche, ma anche la perdita di una occasione di crescita per molti giovani sardi. Per i quali il master and back potrebbe presto diventare solo un bel ricordo.    Ilaria CostantiniSu questo argomento leggi anche:- Bando per stage pagati e incentivi all'assunzione in Puglia: le ragioni del ritardo- Regione Lombardia, mezzo milione di euro per stage di un anno negli enti pubblici- Tremila tirocini e cinque milioni di euro: i numeri di Italia Lavoro per combattere il lavoro nero al sud. Ma la scarsa chiarezza del progetto chi la combatte?

Mae-Crui, parte l'interrogazione parlamentare. E il costituzionalista: «Nessun ostacolo al rimborso»

Dalla (futura) istituzione del rimborso spese obbligatorio per gli stagisti «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Recita così il comma 36 dell'articolo 1 della riforma del lavoro varata dalla Camera il 27 giugno. Può bastare questo codicillo a fermare la pubblica amministrazione, che secondo una stima della Repubblica degli Stagisti accoglie ogni anno tra i 150 ed i 200mila tirocini, dal riconoscere quella «congrua indennità», preannunciata dalla stessa riforma Fornero, che dovrà essere formalizzata nei prossimi 6 mesi attraverso una serie di linee guida concordate tra ministero del Lavoro e conferenza delle Regioni?L'Avvocatura dello Stato ha opposto qualche mese fa questo argomento al decreto liberalizzazioni, relativamente all'obbligo di erogare un rimborso spese forfettariamente concordato ai cosiddetti "praticanti", coloro che svolgono il tirocinio professionale per accedere a una professione regolamentata. E ora il ministero degli Esteri, sulla base di ragionamenti analoghi, ha sospeso il bando Mae-Crui, 555 tirocini che avrebbero dovuto prendere il via il 3 settembre.  E facendo riferimento a questa apparente contraddizione la Fondazione Crui ha lanciato l'allarme sul proprio sito, quasi che la riforma Fornero rischi di bloccare tutti i tirocini nella pubblica amministrazione.Lo scorso 6 giugno la deputata del Partito democratico Marianna Madia [nella foto a destra], anche sulla scorta di un articolo della Repubblica degli Stagisti, aveva presentato un'interrogazione in merito alle posizioni assunte dall'Avvocatura. Ma né il ministero del Lavoro, né quello della Giustizia hanno fornito a tutt'oggi una risposta. Ora che la questione si ripropone, con altri protagonisti e sulla base di altri atti normativi, la giovane parlamentare torna alla carica. Letti gli articoli pubblicati, tra gli altri, anche dalla Repubblica degli Stagisti, l'esponente del Pd ha depositato un'interrogazione parlamentare per chiedere «se il governo [...] non ritenga che - fatta salva la disposizione per cui non debbano derivare nuovi e maggiori oneri per lo Stato – debbano essere caldeggiate le appropriate rimodulazioni di bilancio, conseguenti dalla razionalizzazione della spesa pubblica in corso, affinché tutte le pubbliche amministrazioni ottemperino al pagamento del “rimborso spese forfetariamente concordato” a favore dei laureati che svolgono il tirocinio professionale per l’accesso alle professioni regolamentate, così come prescritto dall’art. 9 comma 4 del c.d. “decreto liberalizzazioni”, e che prossimamente - una volta stabilite le linee guida sui tirocini - possano anche ottemperare al pagamento della “congrua indennità” a favore degli stagisti/tirocinanti».In attesa di conoscere la risposta del ministero all'interrogazione della Madia, che verrà pubblicata martedi, la Repubblica degli Stagisti ha chiesto un parere a Francesco Clementi [nella foto sotto], professore associato di Diritto pubblico comparato alla facoltà di Scienze politiche dell'università di Perugia e di diritto costituzionale italiano e comparato nel master dell'Istituto Alti Studi per la Difesa. Davvero la prescrizione che i rimborsi per i tirocinanti non debbano generare «nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» può fermare il bando Mae-Crui? «Non c'è nessun ostacolo giuridico. O meglio: c'è se si vuol far finta di non vedere quello politico», risponde il docente.Perché «non derivare maggiori oneri significa non realizzare nuove spese». Però tra quelle già definite nel bilancio del ministero degli Esteri «è possibile riallocare alcune somme». Ovvero tagliare determinate spese e girare i fondi per gli stagisti Mae-Crui. Per questo l'atteggiamento della Farnesina sembra a Clementi «miope e in qualche modo poco attento alle reali intenzioni del governo». Insomma «è una questione di volontà del ministero quella di trovare o meno i soldi: se ritiene che questo bando sia fondamentale, allora deve riallocare i fondi. Se ritiene che i tirocini possano essere realizzati solo con fondi aggiuntivi, però vietati dalla legge, allora li dovrà sospendere».Rimane il fatto che il rimborso minimo ancora non esiste. Dovrebbe essere introdotto, salvo sorprese, con l'emanazione di una serie di linee guida (ancora non si sa in che forma giuridica) che vedranno la luce in un momento indefinito dei prossimi 180 giorni, una volta che il ministero e le Regioni avranno trovato un accordo soddisfacente. Le nuove disposizioni arriveranno quindi presumibilmente quando i tirocini in questione - quelli del II° bando Mae-Crui 2012, in partenza il 3 settembre - saranno iniziati e forse anche terminati. Perché quindi sospendere già ora? «Quello delle future linee guida è un problema che esiste, ma è subordinato al principale. La Farnesina deve decidere». Secondo Clementi, se il ministero è convinto della bontà dei tirocini Mae-Crui allora deve modificare già adesso il proprio bilancio, tagliando delle spese per reperire i fondi. Sia per quelli del II° bando, in via "cautelativa", qualora le linee guida arrivassero prima della loro conclusione. Ma soprattutto per quelli del III°, che si aprirà il 10 settembre prossimo: in questo caso i tirocini infatti prenderebbero il via il 14 gennaio 2013, ricadendo quindi in pieno nell'obbligo del rimborso spese, sempre se quest'ultimo sarà davvero stato introdotto nei tempi stabiliti dalla riforma Fornero. Ma dovrebbero essere pagati con fondi attinti dal bilancio 2012. Se poi le linee guida arrivassero a gennaio, o addirittura oltre, i fondi stanziati e non spesi potrebbero essere riutilizzati per altri scopi. Ma per il costituzionalista è chiaro che non intervenire sui bilanci ora per recuperare le risorse per i due bandi Mae-Crui  - l'attuale e quello prossimo venturo - significherebbe cancellarli. È probabilmente di queste modifiche contabili che si sta ragionando al ministero degli Esteri in questi giorni.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mae-Crui sospesi: una pressione per essere esonerati dal (futuro) obbligo di compenso agli stagisti?- Ministero degli Esteri, 555 stage Mae-Crui bloccati e non si capisce il perché- Ministero degli Esteri, ancora niente rimborso per i tirocini malgrado i buoni propositi della riforma- Stage, il ddl Fornero punta a introdurre rimborso spese obbligatorio e sanzioni per chi sfruttaE anche:- Quanti sono gli stagisti negli enti pubblici? Ministro Brunetta, dia i numeri- Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?- Le università «virtuose» del Mae-Crui: tutti i dettagli sui rimborsi spese e le borse di studio per i tirocini in ambasciate, consolati e istituti di cultura

Ministero degli Esteri, 555 stage Mae-Crui bloccati e non si capisce il perché

Il ministero degli Esteri ha sospeso l'attivazione dei tirocini legati al secondo bando Mae-Crui 2012. Gettando nel panico i 555 ragazzi e ragazze che solo tra il 25 e il 26 giugno avevano saputo di essere stati selezionati. E di doversi preparare a partire il prossimo 3 settembre per un tirocinio di tre mesi. In un caso su tre questi stage si svolgono all'estero, senza purtroppo che la Farnesina garantisca alcun tipo di rimborso spese.Molti di questi ragazzi si sono subito rivolti alla Repubblica degli Stagisti, condividendo il loro timore e raccontando il loro sdegno attraverso il forum. C'è ad esempio una ragazza selezionata per l'Istituto italiano di cultura di Dublino: «Fortunatamente non avevo ancora comprato il biglietto aereo, ma ho rinunciato ad uno stage di 3 mesi retribuito alla facoltà di Lingue e letterature straniere di Torino». E questa è solo una delle tante testimonianze presenti sul sito. Ma perché si è arrivati a questa decisione?«A seguito delle nuove disposizioni in materia di tirocini approvate dal Parlamento», vista la «necessità di acquisire chiarimenti interpretativi» e in «previsione della stipula da parte di governo e regioni di un accordo sulle linee guida sui tirocini», il ministero degli Esteri ha chiesto alla Crui di bloccare tutto. E di invitare i vincitori del bando ad «astenersi dal prendere iniziative organizzative in merito fino ad ulteriori indicazioni» che dovrebbero arrivare «nei prossimi giorni». Questo è il contenuto di una email che Vittorio Palladino dell'Istituto diplomatico ha inviato nel pomeriggio di giovedì 28 giugno alla Fondazione. Un contenuto sorprendente dato che, come la Repubblica degli Stagisti ha spiegato più volte, nella riforma Fornero non vi sono affatto «nuove disposizioni in materia di tirocini». Quindi non c'è nulla che giustifichi un atto tanto improvviso e forte come la sospensione di un programma già approvato e in partenza. Attenzione poi alle date. Il 27 la Camera dei deputati ha dato il via libera alla riforma del lavoro, il giorno dopo il Mae ha bloccato i tirocini. Ma lo ha comunicato solo nel tardo pomeriggio, per la precisione un po' dopo le 18. Considerando che il 29 è il giorno del santo patrono di Roma, città dove ha sede la conferenza dei rettori, e che tutti gli uffici sono chiusi, solo lunedì 2 luglio la Crui ha provveduto a girare l'informazione alle università coinvolte nel progetto, permettendo loro di avvisare i singoli vincitori del bando. Per questo il panico è scoppiato con quasi una settimana di ritardo. Ma perché secondo il Mae la riforma del lavoro bloccherebbe i tirocini? La questione riguarda l'articolo 12, quello che prevede tra le altre cose l'abolizione degli stage gratuiti. O meglio impone che il governo si accordi con le regioni su alcune linee guida per stabilire alcuni parametri tra i quali «il riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria» agli stagisti. Il tutto entro 180 giorni dall'entrata in vigore della riforma. Pubblicate in Gazzetta ufficiale mercoledì 3 luglio, le misure volute dal ministro Elsa Fornero [nella foto sotto] dispiegheranno i propri effetti solo a partire dal 18 luglio. Fatti due conti, il provvedimento che stabilirà i rimborsi minimi dovrebbe arrivare entro la prima metà del gennaio 2013. Ma allora che problema c'è? Per quella data i tirocini del II° bando Mae-Crui, previsti in partenza per il 3 settembre prima della sospensiva, sarebbero conclusi da un pezzo. Perché  fermare tutto adesso? Martedì 3 luglio la Repubblica degli Stagisti ha immediatamente contattato la Fondazione Crui: ma purtroppo Francesca Decorato, una delle responsabili del progetto, si è rifiutata di rispondere alle domande, trincerandosi dietro la necessità di passare attraverso l'ufficio stampa. Però non è stata in grado di fornire un numero di cellulare dell'addetto stampa, in quel momento - e per tutta la giornata! - «impegnato fuori sede per un evento».Stesso risultato contattando sempre martedì Vincenzo Palladino, l'autore materiale della mail che ha bloccato i tirocini. Dopo aver chiarito alla Repubblica degli Stagisti che la questione verrà discussa nel corso di una non meglio definita «riunione ministeriale» - che però purtroppo ancora non si sa quando sarà convocata nè quali saranno i partecipanti - Palladino ha invitato a far riferimento a Daniele Di Ceglie, funzionario del Mae che segue il bando.Detto, fatto: la Repubblica degli Stagisti ha provato a chiamare Di Ceglie. «Oggi è in ferie, richiami domani» hanno risposto però dal suo ufficio. Stessa musica il giorno successivo, cioè ieri: «È in ferie». Ma quando è partito? «Non so se posso darle questa informazione». E quando torna? «Non lo sappiamo». Una circostanza quasi incredibile: Di Ceglie, il responsabile dei tirocini del Mae, è in ferie proprio nei giorni in cui si decide la sospensione del progetto a lui affidato, senza che si sappia quando rientrerà in ufficio. Intanto i ragazzi aspettano. E tempestano di telefonate le università, la Fondazione Crui e la Farnesina. Ma le risposte non sono incoraggianti: «Alla mia facoltà mi hanno saputo dire solo che con tutta probabilità non si avranno notizie prima di settembre, forse ottobre», scrive un lettore, «e che se la situazione si sbloccherà verrà comunque indetto un nuovo concorso». Poi ci sono casi addirittura emblematici come quello di Marcella: «Io stavo per licenziarmi, entro questa settimana dovevo dare la comunicazione». Lei oltre al danno rischia anche la beffa: «Se decidessero di farci cominciare a gennaio anziché a dicembre io perderei il diritto a partire perché non avrei più uno dei requisiti indispensabili». Ovvero quello di essersi laureata nei 12 mesi precedenti l'avvio dello stage, visto che «ho discusso la tesi a novembre del 2011».A maggior ragione, dunque, la questione va chiarita in fretta: il 3 settembre 555 ragazzi che sarebbero dovuti partire al momento rischiano di veder sfumare questa opportunità. Non solo: il 10 settembre si aprono le selezioni per il terzo bando 2012, i cui stage prenderanno poi il via a gennaio del prossimo anno. Ora, visto che in questo Paese le leggi non sono retroattive, non sarebbe stato più opportuno concentrarsi sul reperimento dei fondi per offrire un rimborso a chi parteciperà a questo terzo bando invece di bloccare quelli del secondo? La Repubblica degli Stagisti, e più di 550 tra i migliori laureati d'Italia, restano in attesa di una risposta.Riccardo SaporitiSe hai trovato interessante questo argomento, leggi anche:- Ministero degli Esteri, ancora niente rimborso per i tirocini malgrado i buoni propositi della riforma- Stage, il ddl Fornero punta a introdurre rimborso spese obbligatorio e sanzioni per chi sfrutta- Regioni e riforma del lavoro, è guerra al governo sull'articolo sui tirocini- Simoncini risponde: «Ecco perché noi Regioni chiediamo di eliminare l'articolo sugli stage»E anche:- Riforma del lavoro approvata: e adesso che succede?- Riforma del lavoro, inutile senza quella degli stage- Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?- Le università «virtuose» del Mae-Crui: tutti i dettagli sui rimborsi spese e le borse di studio per i tirocini in ambasciate, consolati e istituti di cultura[La foto di apertura è di Simone Ramella, tratta da Flickr in modalità Creative Commons]

Regione Lombardia, mezzo milione di euro per stage di un anno negli enti pubblici

«Io per prima mi rendo conto dei difetti di questo progetto, legati all'esiguità del rimborso spese e al limite di età troppo elevato. Però sono convinta che possa rappresentare un'occasione per alcuni». A parlare è Luciana Ruffinelli [nella foto sotto], 65enne assessore allo Sport e ai giovani della Lombardia, che nei giorni scorsi ha presentato il bando relativo alla Leva civica volontaria regionale. Un progetto da 500mila euro, fondi europei erogati dal dipartimento della Gioventù della Presidenza del consiglio, per attivare percorsi di tirocinio all'interno degli enti locali lombardi a favore di "giovani" fino a 35 anni di età. Si tratta della prima iniziativa dopo l'approvazione, nel maggio scorso, di un atto di indirizzo in materia, che tra le altre cose non prevede un rimborso minimo e consente di nuovo di fare stage della durata di 12 mesi (in contrasto con il decreto legge di agosto 2011 che per quelli extracurriculari aveva fissato il massimo a 6 mesi).Tornando alla leva civica: comuni, unioni dei comuni e comunità montane con sede in Lombardia hanno tempo fino al 20 di luglio per presentare la propria domanda, illustrando i contenuti del progetto che intendono attivare. La selezione degli aspiranti tirocinanti avverrà solo in un secondo momento, con una tempistica che ancora non è stata definita.Così come non è possibile quantificare il numero di tirocini che saranno attivati. Gli enti locali infatti riceveranno un contributo tra 5mila e 40mila euro a seconda del numero di abitanti, somma che dovranno integrare con una cifra pari ad almeno il 50% del contributo ricevuto dal Pirellone, e potranno ospitare anche più di uno stagista. Il numero totale dei tirocini attivati dunque dipenderà dai singoli progetti presentati. Con il denaro ricevuto dalla regione, oltre al rimborso spese, alle questioni amministrative come l'elaborazione del cud e a quelle burocratiche come l'apertura di una posizione Inail e i versamenti Irap, dovranno essere finanziati anche i percorsi formativi. Il bando prevede due tipologie di stage, entrambe qualificabili come "part-time" con un impegno quotidiano di 4-5 ore: uno semestrale pari a 539 ore, l'altro annuale con un impegno di 1049 ore totali. In entrambi i casi sono previsti dei momenti di formazione: 36 ore nel primo caso, 72 nel secondo. Si tratta di meno del 5% dell'intera durata del tirocinio.Ma oltre a queste ore di formazione cosa faranno gli under 35 coinvolti nel progetto? «Certamente non dovranno essere messi a fare delle fotocopie» assicura Ruffinelli. Ma non c'è il rischio che le amministrazioni comunali, che da anni convivono con il blocco delle assunzioni, trovino negli stagisti un modo per colmare i buchi di organico? Il discorso vale soprattutto per quei 25 comuni lombardi che nel 2011 hanno sforato il patto di stabilità e che per tutto il 2012 non potranno attivare nemmeno contratti di collaborazione a progetto. «Siamo di fronte ad una congiunzione di interessi» conferma a sorpresa l'assessore: «È chiaro che i comuni hanno bisogno di persone: diciamo che questa iniziativa rappresenta una forma di apprendistato per i meccanismi della pubblica amministrazione». Peccato che gli apprendisti, nel settore privato, abbiano un contratto di lavoro e una retribuzione. In questo caso c'è un rimborso spese di 300 euro e nemmeno la possibilità di ottenere un'assunzione - che nella pubblica amministrazione passa necessariamente attraverso un concorso pubblico.Non è tutto: pur essendo in procinto di aprire un bando che attiverà un numero imprecisato di tirocini, la Regione Lombardia non si è nemmeno preoccupata di definire quanti siano gli stage già attivi sia all'interno del Pirellone sia in quelli di tutti gli uffici pubblici lombardi, a cominciare dai comuni. «Non abbiamo una stima» ammette infatti Ruffinelli: «ce l'avrà sicuramente l'assessorato alla Formazione». Il quale però non è coinvolto in questo progetto: la Repubblica degli Stagisti ha provato allora a bussare a quella porta, ma niente da fare: «Non siamo in grado di fornire questo dato» è stata la risposta del funzionario Michele Torregiani.Ricapitolando: sta per partire un progetto per un numero imprecisato di tirocini, di durata  che a molti pare eccessiva, con un dispendio di mezzo milione di euro di soldi pubblici di cui solo le briciole finiranno a costituire un rimborso spese - peraltro abbastanza esiguo rispetto all'impegno orario richiesto - a favore degli stagisti. Persone fino addirittura a 35 anni di età che, come riconosciuto dalla stessa amministrazione regionale, alla fine saranno molto utili agli enti locali in carenza di personale. Per giunta, in tutto questo la Regione Lombardia nemmeno ha provveduto a fare una stima degli stage attivi al momento dell'apertura del nuovo bando. Non esattamente un modello di quell'eccellenza che il governatore Roberto Formigoni assume a pietra di paragone di ogni iniziativa di Regione Lombardia.Presidente, assessori, vi aiutiamo noi. Secondo le stime della Repubblica degli Stagisti, ogni anno in Lombardia vengono attivati tra i 10mila e i 20mila stage all'interno di uffici pubblici. Forse sarebbe il caso di occuparsene in maniera più puntuale, anziché con bandi "spot".Riccardo SaporitiHai trovato interessante questo articolo? Leggi anche:- Stage in Lombardia, i punti controversi della bozza del regolamento regionale: niente rimborso spese obbligatorio, di nuovo 12 mesi di durata e apertura alle aziende senza dipendenti- Tutto sulle nuove regole degli stage in Lombardia- La Repubblica degli Stagisti lancia quattro proposte alla Regione Lombardia per regolamentare i tirocini in maniera innovativaE anche:- Stage, nuove norme regionali: sì all'obbligo di rimborso in Toscana e Abruzzo, no in Lombardia- I sindacati rispondono alla Regione Lombardia: «Nella proporzione numerica tra stagisti e dipendenti non si devono contare anche i precari»

Equo compenso per i giornalisti, sfuma l'approvazione della legge ma i freelance non demordono

Ennesima battuta d’arresto per il disegno di legge sull’equo compenso per i giornalisti precari e freelance. Dopo aver ricevuto il via libera della Camera lo scorso 28 maggio, la norma che si propone di garantire  «un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto» dagli atipici dell’informazione italiana sembrava finalmente giunta al traguardo finale. Nei giorni scorsi la commissione Lavoro di Palazzo Madama aveva infatti dato un’indicazione unanime a favore dell’approvazione del ddl, sia pure con alcuni correttivi rispetto al testo presentato ormai nel lontano 2010 dal senatore Silvano Moffa. Per procedere alla votazione sarebbe bastato a quel punto l’ok del governo, sempre necessario per approvare una legge in sede deliberante. Ma ecco la doccia fredda: su delega dell'esecutivo, il sottosegretario al Lavoro Maria Cecilia Guerra ha chiesto ai membri della commissione di rimandare il voto in attesa della conclusione dell’iter parlamentare della riforma del mercato del lavoro (approvata definitivamente mercoledì scorso) e di quello del decreto sui contributi all’editoria, per evitare eventuali sovrapposizioni. «Il collegamento tra equo compenso e ddl Fornero ci sfugge completamente» è il commento di Luciana Cimino, del coordinamento dei giornalisti precari della capitale Errori di Stampa [nella foto, alcuni di loro]. «La riforma del lavoro non ha cambiato assolutamente nulla per i giornalisti senza contratto, che vengono retribuiti a pezzo e con cifre irrisorie dalle testate. Aspettare che il decreto sui fondi per l’editoria sia convertito in legge offre invece un margine di vantaggio non indifferente agli editori, che nel frattempo avrebbero la possibilità di incassare il finanziamento pubblico». «Non c’è nessuna motivazione che possa giustificare il tormentato iter che sta subendo questo provvedimento di semplice civiltà» le fa eco lapidario il deputato Giuseppe Giulietti, uno dei principali sostenitori dell’equo compenso, a propria volta giornalista e portavoce dell'associazione Articolo21. Lo stop imposto in commissione rischia infatti di allungare non poco i tempi per l’entrata in vigore della legge: perché anche se a fine luglio (o più probabilmente a settembre) il governo concedesse il proprio via libera, al testo dovrebbero essere comunque apportati alcuni correttivi - quello relativo data di entrata in vigore ad esempio, attualmente stabilita al 1 gennaio 2012 - che renderanno inevitabile un nuovo passaggio alla Camera. A quel punto serviranno tre ulteriori mesi perché la commissione istituita presso il dipartimento Informazione ed editoria della presidenza del Consiglio dei ministri definisca i «requisiti minimi di equità retributiva», ovvero il tariffario a cui le testate dovranno necessariamente attenersi per retribuire i propri collaboratori. Pena: essere esclusi da qualsiasi forma di finanziamento pubblico. È infatti questo il cuore del provvedimento, la garanzia della sua concreta applicazione e naturalmente anche la parte più indigesta per gli editori, che proprio negli ultimi giorni sono stati impegnati in una serrata trattativa proprio per ridefinire le norme di accesso ai fondi pubblici per l'editoria. «Siamo davanti ad uno dei tipici casi in cui l’oppositore non si è manifestato nel dibattito parlamentare ma nelle retrovie dei passaggi tra i diversi ministeri» spiega ancora Giulietti alla Repubblica degli Stagisti, ricordando che a Montecitorio il ddl era stato approvato all’unanimità e senza accendere particolari dibattiti tra le forze politiche. Davanti ai numeri resi noti in audizione dai rappresentanti dell'istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi) c’è in effetti poco da dibattere: in totale i giornalisti non dipendenti da una testata hanno raggiunto quota 32mila - circa un terzo degli iscritti all'ordine - di cui 21mila liberi professionisti (i cosìddetti freelance) e 11mila collaboratori coordinati e continuativi. I primi possono contare su un compenso medio annuo di circa 12mila euro, mentre i secondi superano di poco la soglia degli 8mila. Un primo importante risultato la lunga discussione sull’equo compenso l’ha tuttavia già raggiunto, compattando in un fronte unitario e molto agguerrito i migliaia di esclusi dalla "casta" dei giornalisti. Che nelle ultime settimane hanno dato vita ad una mobilitazione senza precedenti, online (dove è tra l’altro possibile firmare una petizione - già sottoscritta anche dalla direzione della Repubblica degli Stagisti - che sollecita una rapida approvazione dell’equo compenso), ma soprattutto off line, sui territori. Questo fine settimana gran parte dei coordinamenti dei precari e dei freelance sono riuniti a Palermo per discutere e definire le prossime mosse: e a questo punto non si escludono iniziative nazionali, anche per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle pesanti ripercussioni che questa situazione sta producendo sulla qualità dell’informazione italiana. Un ulteriore pungolo per gli editori si va inoltre configurando a livello regionale. «In Veneto è stata raggiunta una prima intesa bipartisan per l’approvazione di una legge di contrasto al precariato dell’informazione» racconta Nicola Chiarini del coordinamento veneto Refusi [nella foto]. «Anche in questo caso l’obiettivo è premiare gli editori che lavorano in maniera corretta». Gli unici che di qui a poco potrebbero beneficiare non solo dei fondi messi a disposizione della regione Veneto, ma anche delle attività di comunicazione e delle inserzioni pubblicitarie regionali. Iniziative simili sono state intraprese anche da Toscana, Piemonte, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, che in materia di equo compenso  potrebbero a questo punto anche riuscire ad anticipare il legislatore nazionale.Ilaria CostantiniPer saperne di più leggi anche:- Enzo Carra: «Dal 2013 equo compenso per i giornalisti freelance»- Giornalisti precari, il problema non è il posto fisso ma le retribuzioni sotto la soglia della povertà - Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalistiE anche:- Giornalisti a tutti i costi, il business dei mille corsi

Toscana, con le regole sulla qualità degli stage gli assunti passano dal 10% al 40%

Un anno fa partiva il progetto «Giovani sì», iniziativa della regione Toscana finalizzata a favorire una maggiore autonomia dei giovani, aiutandoli a prendere casa in affitto, avviare un’attività imprenditoriale, inserirsi nel mondo del lavoro.I numeri finora sono significativi. Il budget totale del progetto, tra risorse regionali, nazionali ed europee fino al 2013, è di oltre 334 milioni di euro. Sono poco più di mille le domande accolte per ottenere il contributo all'affitto di casa, per una spesa, fino a questo momento, di oltre 8 milioni e 600mila euro. Quanto all'imprenditoria  le domande pervenute per i contributi destinati a giovani e donne sono 439, mentre per l'imprenditoria agricola si arriva a 634. Il budget disponibile, nel primo caso, è pari a 12 milioni di euro per tre anni, nel secondo a quasi 50 milioni. Nell'ambito delle iniziative destinate a incentivare l'occupazione, oltre 2.200 lavoratori sono stati assunti grazie ai fondi stanziati, mentre i voucher erogati per progetti di conciliazione tra vita familiare e lavorativa delle donne e contributi per l'assegnazione di buoni servizio per la frequenza di servizi per la prima infanzia sono stati nel 2011 1.203. Rilevanti anche i numeri per l'istruzione e la formazione: oltre 11mila borse di studio erogate per la mobilità internazionale (a.a.2011/2012); 100 borse di studio "Pegaso" (dottorati di ricerca internazionali); quasi 12mila allievi di corsi di formazione professionale; 409 studenti e 45 professori nell'ambito della mobilità all'estero per le scuole secondarie sul bando 2011; 17 giovani beneficiari nel 2011 dei voucher di mobilità transnazionale.Una parte significativa del progetto riguarda i tirocini. Secondo il rapporto Excelsior-Unioncamere in Toscana infatti vi sono ogni anno circa 22mila stagisti nelle imprese private, cui si aggiungono (la stima è della Repubblica degli Stagisti) 10mila negli enti pubblici e almeno 4mila reclutati dalle associazioni non-profit: in totale quindi il fenomeno stage in Toscana riguarda tra le 35 e le 40mila persone. Dunque la Regione ha disposto di mettere a disposizione 30 milioni di euro per il triennio 2011-2013 per finanziare stage «extracurriculari» - non effettuati cioè all’interno di un percorso di studi, attivati sul territorio toscano. Fino allo scorso marzo era previsto che i soggetti ospitanti (che non potevano essere enti pubblici e studi professionali) offrissero un rimborso spese obbligatorio di almeno 400 euro mensili, pagati per metà dalla Regione e per metà dall’ente presso cui si effettua il tirocinio. Il 31 marzo è entrata in vigore la legge regionale n.3 del 27 gennaio 2012, che ha stabilito un emolumento  minimo di 500 euro lordi al mese, di cui 300 al momento finanziati dalla  Regione, per i tirocinanti di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Se lo stagista rientra nelle cosiddette «categorie protette» (legge 381/91) il rimborso spese è totalmente a carico dell’ente locale. La norma approvata quasi tre mesi fa permette ora anche agli enti pubblici che attivano stage di richiedere il cofinanziamento alla Regione. Altro elemento di novità è il fatto che la Toscana promuove anche lo sviluppo dei tirocini curricolari inclusi nei piani di studio delle università e degli istituti scolastici o previsti all’interno di un percorso di istruzione. Essa può inoltre concedere contributi per il pagamento dell’indennità da parte dei professionisti ai praticanti per lo svolgimento dei tirocini finalizzati all’accesso alle professioni. In quest’ottica, di recente il presidente della Regione Enrico Rossi ha stipulato due protocolli, uno con le università toscane e uno con gli ordini professionali, nell’intento di dare attuazione pratica a tale linea. Il rimborso di 500 euro è però obbligatorio solo per i tirocini extra-curricolari, su cui la Regione ha competenza specifica. Resta anche la possibilità per l’ente ospitante di accedere a un incentivo di 8mila euro, che arriva a 10mila per categorie protette e disabili, in caso di assunzione a tempo indeterminato al termine dello stage. Questa disposizione non vale se il soggetto promotore è un ente pubblico.Com’è andata a distanza di un anno?  Da giugno 2011 allo scorso marzo (fino all’entrata in vigore della legge) sono stati attivati circa 2mila tirocini con il cofinanziamento della regione Toscana, con una durata media di 3 mesi e mezzo: di questi, più di 1.200 sono stati svolti da giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni, quasi 600 da giovani tra i 26 e i 30 anni e 104 dagli over 30. Sul totale, 896 sono uomini e 1.025 donne. Più di 100 stage riguardano giovani con disabilità. Quanto alla provenienza degli stagisti, la quasi totalità arriva dalla Toscana: solo cinque di essi provengono, infatti da altre regioni (nello specifico Basilicata, Lombardia, Sicilia e Marche). Da giugno 2011 a marzo 2012 (momento di entrata in vigore della legge) il budget stanziato per i tirocini è stato pari a due milioni e 280mila euro. La maggior parte delle aziende ospitanti rientra nel settore dell'industria (37%), seguito da servizi e studi commerciali (28%), mestieri (16%), sociale (13%), negozi (6%).  Tutti i tirocinanti hanno ricevuto il rimborso spese mensile di 400 euro, condizione indispensabile per i soggetti ospitanti per poter accedere al contributo della Regione. Un dato significativo riguarda le assunzioni post tirocinio: circa il 40% dei 515 stage conclusi tra giugno 2011 e gennaio 2012 (i dati relativi ai mesi successivi sono in fase di elaborazione), ha portato a un contratto. Un successo piuttosto netto se confrontato con gli ultimi numeri del rapporto Excelsior-Unioncamere, che per la Toscana fissava la percentuale al 10% (due punti sotto la media nazionale). Nel dettaglio, i contratti a tempo indeterminato sono stati 22, quelli a tempo determinato 57, quelli di apprendistato professionalizzante 99, mentre cinque i contratti di apprendistato stipulati in base alla vecchia normativa (legge 196/1997). I contratti di inserimento lavorativo sono stati quattro, quelli a progetto o di collaborazione coordinata e continuativa 19, quelli di lavoro occasionale quattro. In 21 casi è stata stipulata una proroga del tirocinio. «L’azione sperimentale ha dato dei risultati buoni da un punto di vista numerico e soprattutto i dati relativi alle assunzioni post tirocinio indicano che la strada dello stage come forma di inserimento lavorativo va percorsa con vigore e decisione, per provare a uscire dalla crisi del mondo del lavoro, che sacrifica i giovani più di tutti», ha commentato Carlo Andorlini, responsabile dell’ufficio «Giovani sì».L’approvazione della legge regionale è sicuramente una tappa fondamentale, perché pone fine a questa fase di sperimentazione, disciplinando in maniera completa i tirocini extra-curricolari, su cui, come detto, la Regione ha competenza esclusiva. L’attività della Toscana sul fronte tirocini non si è, però, esaurita con l’emanazione della nuova legge. Per monitorare l’andamento delle singole esperienze di stage, al fine di fare una valutazione complessiva e individuare eventuali criticità, a partire dal prossimo settembre l’ufficio «Giovani sì» incontrerà alcuni tirocinanti in occasione di focus group mirati, che saranno un’importante opportunità di confronto e condivisione. Chiara Del PriorePer approfondire questo argomento, leggi anche:- Mai più stage gratis: parte in Toscana il progetto per pagare gli stagisti almeno 400 euro al mese - Il presidente della Regione Enrico Rossi promette: «In Toscana ricevere dei soldi per uno stage sta per diventare un diritto»- La Regione Toscana presenta il progetto «Giovani Sì!» per sostenere studenti, stagisti e precari: 300 milioni di euro in tre anni

Paese che vai, stage che trovi: maxi report della Commissione europea

Paese che vai, stage che trovi: definizioni diverse, normative diverse, diversi diritti. A dispetto dei principi di semplificazione, coordinamento e mobilità più volte sollecitati dall'Ue. Come però - dati alla mano - cambia lo stage in Europa? La Commissione europea risponde per la prima volta a questa domanda pubblicando i risultati di un'indagine scientifica su scala comunitaria: dalla Grecia alla Finlandia, dal Portogallo alla Romania.Lo studio, condotto dal centro di ricerca britannico Ies insieme al nostro Irs e al tedesco Bibb, è un quadro comparativo degli ordinamenti sullo stage nei 27 Paesi membri, a ciascuno dei quali viene dedicato un focus. Le conclusioni generali delle oltre 860 pagine di report sono chiare – e per altro in linea con quelle maturate in questi anni dalla Repubblica degli Stagisti, più volte citata nel documento. Innanzitutto, manca una definizione omogenea di tirocinio e delle linee guida condivise (un punto sul quale si registrano progressi con l'affermazione a livello istituzionale della Quality Charter promossa dallo Youth Forum). Non solo: persino all'interno di una stessa disciplina nazionale ci sono stage di serie A e stage di serie B. La ricognizione europea individua cinque categorie, a cui spesso vengono riservati trattamenti molto difformi: percorsi legati alla formazione; post-laurea; inseriti in programmi di Politiche attive per il lavoro (per persone con bassa scolarità ad esempio); quelli indispensabili a conseguire una qualifica; e infine internships offerti dai vari programmi internazionali – il Leonardo ad esempio. L'indagine però puntualizza: la presenza di un quadro normativo di per sè non garantisce la qualità del tirocinio: servono un'applicazione rigorosa (leggi sanzioni per chi fa il furbo) e un monitoraggio costante. Al rapporto non servono invece grandi monitoraggi per affermare che il numero di stage è cresciuto vistosamente e in diretto rapporto a disoccupazione e precarietà. Inizialmente per fornire una via di accesso alternativa  e meno rigida al mondo del lavoro; poi come escamotage per pagare meno - o non pagare affatto – il lavoro dei giovani. Che non solo non ricevono un compenso ma sono anche costretti spesso, in nome dell' "esperienza", a rimetterci di tasca propria o a trovare qualcuno che investa su di loro. Attingendo in genere ai fondi regionali, nazionali o ai fondi comunitari (dove comunque si calcola un avanzo complessivo di 82 miliardi di euro); ma anche ai propri risparmi o a quelli dei genitori. Se va bene poi, ci sono borse universitarie e rimborsi aziendali. Una situazione che comunque oggi non passa più sotto silenzio: «Associazioni di tutela degli stagisti e piattaforme come Génération Précaire in Francia, Generation Praktikum in Austria, Interns Anonymous negli Uk e La Repubblica degli Stagisti in Italia hanno espresso forti preoccupazioni per l'utilizzo di stagisti come impiegati poco o nulla pagati», si legge nell'introduzione, a pagina 24.I settori con più tirocinanti in generale sono industria creativa, giornalismo e media, ospitalità, terzo settore; persino il mondo delle Ong. I diritti degli eurostagisti variano molto da luogo a luogo, ma un dato trasversale sembra essere proprio la revisione delle diverse normative nazionali in vista di un miglioramento delle loro condizioni di tirocinio, sulla linea della Cherpion Law in Francia o il Common Best Practice Code for High Quality in Gran Bretagna, entrambi del 2011. O del disegno di legge Damiano in Italia. A proposito di Italia. A pagina 513 del maxi rapporto si trova il focus sul nostro Paese, firmato dalla sociologa e ricercatrice senior dell'Irs Flavia Pesce. In cui i lettori più affezionati di questo sito ritroveranno dati a loro molto famigliari. Del resto, in merito alla preoccupazione per un corretto utilizzo dello stage, si afferma a pagina 527: «Significativa in questo senso è l'esperienza del sito La Repubblica degli Stagisti, nato come blog nel 2007 per raccogliere informazioni e esperienze sul mondo dello stage». Il rapporto si apre rilevando subito alcune criticità – riferite però all'anno 2009 e quindi anche meno gravi di quelle attuali: tasso di disoccupazione giovanile più elevato (25.4% conto il 19.8% europeo); percentuale quasi doppia di Neet (il 21% dei giovani tra i 15 e i 29 anni); mismatch tra domanda e offerta di lavoro (con 76mila posti di lavoro vacanti nell'artigianato). E "dulcis in fundo" una brutta medaglia: quella di nazione con il più alto numero giovani con la sola licenza media. Da qui nasce l'urgenza di legare saldamente formazione e lavoro, un'operazione che però in mancanza di coordinamento e omogeneità ha originato un quadro legislativo a macchia di leopardo. Pesce ribadisce anche la mancanza di una fonte unitaria di dati, sia quantitativi che qualitativi: il principale strumento conoscitivo rimane il rapporto Excelsior di Unioncamere, che però «non include gli stagisti della Pubblica amministrazione. La Repubblica degli Stagisti stima, sulla base di dati Almalaurea, che il loro numero vari da 150 a 200mila all'anno», si legge a pagina 526. E, parlando ancora di dati, alla pagina precedente si cita l'Identikit promosso dalla RdS in collaborazione con l'Isfol nel 2010. Nessuna novità nemmeno sul fronte denaro: passando in rassegna i diversi strati normativi e le varie tipologie di stage il rapporto conclude comunque che, di regola, «poiché il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro (a differenza di quando succede con l'apprendistato) il tirocinante non può aspirare ad alcuna retribuzione. Il compenso, in questo caso, consiste nella stessa formazione lavorativa». E tra i due soli esempi di Good practices (l'altro è il progetto toscano «Giovani sì»), mette la Carta dei diritti dello stagista e le iniative «Ok Stage» e «ChiaroStage», auspicando la diffusione dello stesso «modello di corporate social responsibility su base volontaria». Annalisa Di Palo Per saperne di più, leggi anche: - Nuova risoluzione Ue, regolamento europeo sugli stage più vicino- Un sondaggio dello European Youth Forum svela il prototipo dello stagista europeo: giovane, fiducioso e squattrinato- Emilie Turunen, pasionaria dei diritti degli stagisti al Parlamento europeo: «L'Italia è fra i Paesi messi peggio»E anche: - Identikit degli stagisti italiani, ecco i risultati: troppo spesso i tirocini disattendono le aspettative- Regioni e riforma del lavoro, è guerra al governo sull'articolo sui tirocini- Tirocini, il costituzionalista: «Lo Stato potrebbe fare una legge quadro»