Le scuole di giornalismo sono ormai solo per i figli dei ricchi?

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 25 Lug 2012 in Notizie

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Albert Camus lo definiva «Il mestiere più bello del mondo», ma in Italia per tanti giovani il giornalismo è sicuramente diventato il mestiere più costoso. Oggi oltre alla lunga gavetta nei quotidiani e alla possibilità – ormai in realtà quasi solo teorica – di essere assunti con un contratto di praticantato giornalistico, esistono undici scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine nazionale che garantiscono i 18 mesi di praticantato necessari per accedere all’esame per diventare professionisti. La Repubblica degli Stagisti ha analizzato i bandi di accesso di queste scuole per capire se sono solo per i figli dei ricchi.

Non esce un quadro entusiasmante: sembrano lontanissimi i tempi - fine anni Settanta - in cui a Milano nasceva la prima scuola, l’Ifg de Martino, rimasta completamente gratuita fino al 2007. E sono lontani anche gli anni in cui il passaggio attraverso un master garantiva almeno il posto di lavoro. Adesso chi vuole provare questa carta per diventare professionista deve mettere in conto di spendere cifre che vanno dagli 8mila ai 20mila euro solo per la retta, cui vanno aggiunti tutti i costi connessi: dal vitto e alloggio per i fuori sede e durante gli stage (spesso lontani dalla sede della scuola) alle spese per partecipare all’esame di Stato. E una volta diventati professionisti la lotta sul campo con gli altri colleghi non sempre permette di conquistare un posto di lavoro.

Con gli anni i costi dei master sono lievitati fino ai 20mila euro richiesti per il biennio dalle scuole di giornalismo della Lumsa e della Luiss, entrambe a Roma, le più costose. 19mila per la Iulm a Milano, 18mila per il master a Torino (uno dei pochi in controtendenza: fino all’anno scorso costava 23.500 euro, per metà coperti dal Fondo sociale europeo)  e 16mila per l’università Cattolica a Milano. I costi iniziano a scendere con l’università di Salerno dove per il master in giornalismo sono richiesti 15mila euro. Mille in meno, 14mila, per la scuola di giornalismo Walter Tobagi dell’università di Milano, nata  nel 2009 in seguito a un accordo tra il master dell’università di Milano e l’Ifg Carlo De Martino, storica scuola che nei suoi ultimi due bienni aveva fatto registrare un flop occupazionale. L’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, fondato nel 1990, ha aumentato la quota del 40% passando dai 10mila del passato biennio ai 14mila per il 2012-2014. Poco più bassa, 13.800 euro, la cifra richiesta dal master del Suor Orsola Benincasa di Napoli seguito dai 12mila della scuola di giornalismo di Perugia  per il biennio 2012-2014. Chiude la graduatoria in ordine di costo la scuola di giornalismo dell’università di Bari, che continuerà a chiedere "solo" 8mila euro anche nel prossimo bando, in uscita entro luglio.

Insomma, un giro d’affari che complessivamente arriva a oltre un milione e 800mila euro all’anno.
I guadagni delle scuole di giornalismo non si fermano, però, solo alle rette degli studenti. Il business che ruota intorno è più ampio: molte delle scuole, infatti, prevedono dei costi per la presentazione delle domande che vanno dai 15 euro di Bari ai 300 euro che tra domanda, ammissione al test di cultura generale e alle prove scritte e orali, hanno pagato gli attuali corsisti alla Luiss.

E le borse di studio? Ce ne sono ben poche e variano a seconda dei master. Le scuole più virtuose sono la Walter Tobagi di Milano – unica ad avere sette borse di studio parziali, ognuna di 7mila euro, e in più una borsa totale da 14mila euro – seguita dalla  Luiss e dalla Lumsa, che mettono entrambe a disposizione dodici borse di studio: la prima per un totale di 120mila euro e la seconda per 60mila euro. A seguire, la Cattolica di Milano che nel corso del biennio distribuisce 64mila euro in borse di studio. In alcuni casi, come Salerno, non erano proprio previste e solo dal prossimo biennio ne verranno garantite tre – non è ancora chiaro di quale importo – a fronte delle aspre osservazioni dell’Ordine dei giornalisti. La meno virtuosa dopo Salerno è Napoli, con solo tre borse di studio ognuna di 5mila euro.

Ma se i soldi investiti dai praticanti giornalisti creano per le scuole un introito non indifferente, il tempo e il denaro speso non garantiscono un posto di lavoro e nemmeno una retribuzione decente. Già una prima ricerca effettuata dall’Ordine dei giornalisti nel 2010, Smascheriamo gli editori, mostrava come i collaboratori di testate nazionali e locali venissero pagati anche meno di 3 euro a pezzo, a volte dopo anni dalla pubblicazione dell’articolo.

Un’analisi fatta a livello regionale in Campania – dove l’Ordine dei giornalisti dopo aver autorizzato l’apertura di due scuole di giornalismo ha bloccato, proprio su segnalazione del Coordinamento dei giornalisti precari della Campania (nella foto a destra), l’ipotesi di una terza scuola ad Avellino – ha dimostrato che la gran parte degli ex partecipanti ai master della regione rientra in una fascia di reddito che, quando va bene, non supera i 500 euro al mese. Un’indagine sui giornalisti precari è stata condotta a febbraio di quest’anno anche dal coordinamento dei giornalisti romani Errori di Stampa, rivelando le tariffe vergogna degli editori, con articoli che possono essere pagati anche cinque euro lordi, in cui sono inclusi i costi di trasporto, telefono e attrezzature necessarie. Dati allarmanti che hanno rilanciato la necessità dell’approvazione di una legge sull’equo compenso che, dopo un lungo stop, qualche giorno fa è tornata in discussione al Senato in commissione lavoro.

I numeri sulla retribuzione dei giornalisti e quelli sull’occupazione degli ex studenti delle scuole di giornalismo, affiancati ai costi sempre crescenti dei master, fanno diventare altissima e non sempre giustificata la spesa che un giovane oggi si trova ad affrontare per intraprendere questa strada. E sembra che i giovani stiano cominciando a capire che il gioco troppo spesso non vale la candela: i candidati iniziano a diminuire, tanto che ben due scuole, sia a Bologna sia a Cassino, quest’anno non hanno preso il via per mancanza di iscritti.
Nonostante abbiano il meritevole scopo di formare i futuri cronisti, oggi le scuole di giornalismo rischiano di diventare dei meccanismi mangiasoldi, catturando le aspettative di tanti aspiranti giornalisti senza però avere un vero aggancio con il mercato editoriale.


Marianna Lepore

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