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Contratto a tutele crescenti, apprendistato, alternanza scuola-lavoro servono ad assumere? La parola alle aziende

«Ci sono dei neolaureati in ingegneria che una vite non l'han mai vista: c'è davvero un impatto fortissimo tra formazione e mondo del lavoro»: lapidario, anche se il tono è scherzoso, è il commento di Paolo Citterio alla presentazione della ricerca annuale di Gidp sui neolaureati in azienda. Gidp, gruppo intersettoriale direttori del personale, è una associazione che federa oltre 3mila direttori del personale di aziende medio-grandi, ubicate sopratutto in Lombardia: a loro viene ogni anno somministrato un questionario per indagare le tendenze e le policy rispetto all'inserimento di giovani in azienda. Dall'utilizzo dello stage alla trasformazione in contratto, dai livelli salariali alle lacune che gli hr manager rilevano nella preparazione dei candidati: la ricerca [qui i principali risultati], pur non essendo basata su un campione rappresentativo, risulta comunque sempre una interessante cartina di tornasole per fare luce su come le aziende si rapportano ai giovani, anche in considerazioni delle novità normative. E l'evento di presentazione è sempre anche una buona occasione di approfondimento, con relatori autorevoli: quest'anno i temi di dibattito principali sono stati come prevedibile il Jobs Act, la riforma della Buona scuola e la Garanzia Giovani.«Anche se ovviamente sono molti e complessi i fattori che determinano la ripartenza dell'occupazione, il contratto a tutele crescenti ha reso meno drammatica la scelta verso l'assunzione»: così ha esordito Maurizio Del Conte, avvocato e docente di Diritto del lavoro  dell'università Bocconi, ricordando peraltro che «c'è una sostenuta richiesta, tuttora, sul contratto a tempo determinato: le aziende sono sufficientemente mature, oggi, per distinguere tra necessità temporanea e prospettiva di stabilità». Insomma «le imprese sono più intelligenti di quanto i commentatori non le facciano»: il riferimento è ai molti giornali che, più o meno schierati contro il JobsAct, hanno predetto che al termine dei tre anni - cioè della fase di incentivi contributivi - le aziende si disferanno dei dipendenti assunti in questi mesi con il contratto a tutele crescenti. «Chi oggi ha investito in questo contratto ha sicuramente tratto vantaggio dalle decontribuzioni e dalla facilità di licenziamento, ma lo ha fatto in una prospettiva di lungo periodo» ha ribadito Del Conte: «Prima il sistema dava una forte disincentivazione a usare contratti a tempo indeterminato, vi era una grande concorrenza da parte dei cocopro e di molte altre tipologie che costavano meno. Oggi invece il clima è cambiato, almeno parzialmente». Togliendosi anche un altro sassolino dalla scarpa, relativo al balletto di cifre che quotidianamente va in scena attraverso i media: «Noi oggi lavoriamo sulle emozioni del giorno, crisi greca, crisi cinese… Bisognerebbe invece avere più attenzione alla media dei diagrammi che non alle loro oscillazioni. Guardare troppo le rilevazioni settimanali o mensili dell'Istat o del ministero del Lavoro non dà un quadro veritiero». Un parere in larga parte condiviso anche da Gianfranco Rossini, esperto di valutazione HR e di settore pubblico: «Il contratto a tutele crescenti chiude la fase dei contratti temporanei, un processo che era già stato parzialmente avviato con la riforma Fornero. Inoltre riduce il costo del lavoro, adesso la decontribuzione è temporanea ma con tutta probabilità si andrà verso una riduzione stabile del costo. E infine dà alle aziende una certezza dei costi. Tre elementi che sono a favore di questo contratto e il legislatore è stato intelligente, ha messo la sostanza della flessibilità dei contratti di lavoro in una forma più stabile». Ma il contratto a tutele crescenti non è l'unico contratto in discussione in questi giorni. «Noi ci ostiniamo a pensare, senza nulla togliere a questa novità, che l'apprendistato sia il contratto più giusto per i giovani per il ruolo della formazione» è la posizione espressa da Chiara Manfredda, responsabile capitale umano di Assolombarda: «Non vogliamo certamente imporlo, ma auspichiamo una ulteriore semplificazione. Abbiamo un progetto del nostro piano strategico che si chiama “apprendistato semplice”, per fare in modo che le aziende lo usino come strumento privilegiato per l'inserimento dei giovani». L'apprendistato e il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sono insomma «due opportunità» per i giovani, per poter essere assunti con tutti i crismi e poter contare su garanzie solide: «Dal punto di vista del vantaggio del contenimento dei costi, il contratto di apprendistato è stato cannibalizzato dal contratto a tutele crescenti, quantomeno per il 2015». Ma la Manfredda è convinta che vi siano ancora grandi spazi di crescita per l'apprendistato, sopratutto in collaborazione con il mondo universitario: «Stiamo avviando in Lombardia una sperimentazione pilota: inseriremo una ventina di ragazzi in un percorso di alternanza all'interno del corso di laurea triennale in informatica della Statale». Pare infatti che il corso di laurea abbia un problema (che molti giovani potrebbero considerare benedetto!): «Gli iscritti spesso non lo completano, perché vanno a lavorare prima di laurearsi». Il progetto di Assolombarda si propone di cercare di far raggiungere a questi studenti il titolo di studio: «Il primo anno i ragazzi saranno impegnati solo in università, il secondo anno stiamo ragionando con le aziende partner, tra cui Bosch, su un tirocinio curriculare, e nel terzo anno avvieremo un apprendistato di alta formazione». Al termine dei tre anni, dunque, questi 20 studenti inseriti nel pilota avranno non solo la laurea in tasca, ma anche un bagaglio di competenze pratiche molto più ricco: «Consideriamo questo progetto una occasione per rivitalizzare il contratto di alto apprendistato».  Ancor prima dell'apprendistato c'è però la formazione, e ancor prima della formazione c'è l'orientamento: su questa direttrice Roberto Zecchino, HR manager del gruppo Bosch in Italia - azienda virtuosa che dallo scorso anno fa anche parte dell'RdS network - ha raccontato il progetto “Allenarsi per il futuro”: «Siamo partiti dalla problematica della disoccupazione giovanile. Abbiamo fatto 105 visite a scuole, dalle medie alle università, perfino due scuole elementari, incontrando finora 11mila studenti. A loro lo diciamo apertamente: l'avversario da sconfiggere, il 44% di disoccupazione giovanile, è tostissimo». Il fulcro del progetto è entrare in contatto con questi giovanissimi e gettare un seme: «Usiamo i grandi campioni dello sport per avere l'attenzione dei ragazzi e perché attraverso la metafora dello sport si passa il messaggio che non si diventa campioni dalla sera alla mattina, ci vuole concentrazione e spirito di sacrificio. Anche il racconto di saper accettare le sconfitte rappresenta un esempio e una ispirazione. Ai ragazzi dobbiamo dire che bisogna avere dei progetti, e anche le aziende devono fare la propria parte: vanno bene gli stage per i neolaureati ma è già troppo tardi, dobbiamo aiutare i ragazzi già quando hanno 14-15 anni. Ci piacerebbe che molte più aziende partecipassero a queste nostre piccolissime attività, che venissero con noi nelle scuole: il costo, lo assicuriamo, è molto basso». All'interno di Bosch anche la possibilità di fare quelle speciali brevi esperienze on the job pensate per gli studenti delle scuole superiori, la cosiddetta "alternanza scuola-lavoro": «Abbiamo attivato ad oggi 110 stage in alternanza: ospitiamo ragazzi del liceo classico, dell'artistico, dello scientifico.  Anche gli amministratori delegati e i manager si prendono sotto la propria ala questi ragazzi, ospitandoli nel proprio ufficio. A volte questi percorsi durano 2-3 settimane, a volte solo 5 giorni, in un format che abbiamo chiamato “dammi il cinque”. I genitori e gli stessi ragazzi sono entusiasti». Ma secondo Zecchino ci vuole pazienza, non si può pensare di importare dall'oggi al domani in Italia il modello duale alla tedesca, che molti invocano: «Il modello duale è un'altra cosa, ci vuole del tempo per arrivarci: sarebbe come non avete la patente e voler guidare una Ferrari». Una piccola stoccata alla legge sulla Buona Scuola, appena licenziata dal Parlamento? «Per quanto riguarda l'impegno delle aziende sulla collaborazione con il sistema formativo, nella Buona scuola c'è una sfida enorme per il sistema imprese» è la considerazione di Chiara Manfredda: «Sono state rese obbligatorie 400 ore di alternanza scuola-lavoro per gli istituti tecnici professionali e 200 ore per i licei». La rappresentante di Assolombarda considera l'alternanza «una cosa completamente diversa dai tirocini», essenzialmente perché essa implica l'obbligo di «coprogettare dei percorsi che mettano insieme scuole e aziende con la finalità di far apprendere in modi e luoghi diversi: il tema della coprogettazione è importantissimo. Le aziende saranno sollecitate a lavorare con le scuole del territorio». Ma questa «alternanza pesante», secondo la definizione della Manfredda, non sarà realizzabile inviando tutti i ragazzi a fare 2,3 o 6 settimane nelle aziende. Non tutti perlomeno, e non subito: «Nell'ambito delle nostre imprese ospitiamo ogni anno 4mila ragazzi in alternanza, sono numeri importanti», ma assolutamente irrisori di fronte all'esercito di giovani che dal prossimo anno dovrà essere coinvolto in questa alternanza: basti pensare che solo i 16enni oggi in Italia sono 572mila (dati Istat). Comprensibile dunque che la Manfredda metta le mani avanti: «Numericamente e quantitativamente non ce la faremo: stiamo allora sviluppando il discorso della didattica laboratoriale, senza spostare necessariamente i ragazzi del quarto e quinto anno di scuola superiore nelle aziende». E se la Buona Scuola è comunque un passo avanti per riformare la scuola secondaria, non bisogna dimenticare l'università: «Sul 3+2 universitario dobbiamo recuperare il tempo del 3» chiude: «Se nessuno si ferma dopo il 3 vuol dire che qualcosa non va. Vanno fortemente riabilitate le triennali, altrimenti la riforma del 199 non avrà significato nulla».

I ricercatori italiani brillano in tutta Europa con gli Starting grant: e qualche volta riescono anche a tornare in Italia

Intuizioni e metodologie aggiornate sui papiri con testi latini, piante e animali del Mesolitico europeo, storia del plurilinguismo nell'età medievale e filosofia della farmacologia: su questi argomenti si concentrano, e continueranno a misurarsi, quattro eccellenze della ricerca italiana che hanno vinto il bando 2014 della Starting grant finanziata dall'European research council. Tutti e quattro hanno ottenuto il massimo, ovvero circa un milione e mezzo di euro per ciascuno. La Repubblica degli Stagisti ha chiesto a questi ricercatori di raccontare il loro progetto, le aspirazioni e che cosa è cambiato nella loro vita dopo la vincita della prestigiosa e ricca borsa di studio. Il ricercatore che vince può infatti decidere di spostarsi, o di dividere fra due atenei il lavoro da svolgere in cinque anni.Nel bando 2014 lo European Research Council ha valutato 3.273 progetti. 375 sono stati finanziati, e 36 di questi sono italiani. Tra loro la più giovane è la trentenne Maria Chiara Scappaticcio dell'università Federico II di Napoli, dove si è laureata in filologia classica e ha conseguito il dottorato, preferendolo addirittura a quello della Normale di Pisa. E' stata visiting scholar due volte negli Stati Uniti e ha conseguito un post doc in Belgio a Liegi: ha trascorso anche un anno a Parigi e poi è rientrata a Napoli come vincitrice di un'altra borsa. Il 2013-2014 l'ha passato tra la capitale francese e la sua città, dove intanto aveva ottenuto un posto da ricercatrice. Il suo progetto  è partito il primo aprile ed è incentrato sullo studio della lingua e della letteratura latina attraverso i testimoni - cioè i documenti scritti - su papiro. «Napoli è il posto ideale per fare ricerca nel mio campo. C'è una grande tradizione accademica e sono contenta di portarla avanti proprio qui. Ho ottenuto più o meno un milione e mezzo di euro e sono felice che il mio ateneo mi abbia permesso di tenere questo budget interamente a disposizione del mio progetto: ho assunto e sto assumendo altro personale accademico e potrò implementare la mia ricerca in diversi modi. Stiamo creando anche un sito(http://platinum-erc.it) e in autunno terremo una grande conferenza proprio a Napoli, con studiosi provenienti da tutto il mondo».La ricerca si svolgerà principalmente in Italia, ma è di respiro europeo: l'istituzione ospitante del progetto è Napoli, ma Scappaticcio ha stabilito partnership con prestigiosi centri di studi a Parigi, Liegi e Heidenberg in Germania. «E' possibile fare ricerca libera in Italia, nel sud  e ritengo che rimanere nel proprio paese, fargli ottenere prestigio e soldi sia una vera forma di lotta e resistenza intellettuale» racconta orgogliosa: «e se ci si crede veramente è possibile». Ma sul lato economico e contrattuale le soddisfazioni arrivano più lentamente. Per un ricercatore italiano a tempo determinato il salario non supera i 1800 euro. «Dopo aver vinto il bando, il lavoro e le mie responsabilità si sono moltiplicate» racconta la ricercatrice «senza che la normativa italiana presupponga, per la mia posizione attuale, un riconoscimento per la crescita dell'impegno scientifico che dirigere un progetto del genere naturalmente implica».Grazie alla starting grant dello European Research Council è invece arrivato il "rientro del cervello" di Antonio Montefusco, 36 anni, filologo e storico medievale. Da anni al lavoro tra Parigi e Düsseldorf, dove ricopriva il ruolo di «Alexander von Humboldt fellow» alla Heinrich Heine University, ora Montefusco tornerà in Italia e sbarcherà a Venezia, all'università Ca' Foscari, che gli ha offerto una cattedra come professore associato in Filologia medievale e umanistica. La prestigiosa borsa di ricerca europea è stata conquistata dal professore con un progetto sul plurilinguismo nell’Italia dell’età di Dante. La borsa gli permetterà di creare il team di ricercatori necessario a portare avanti il progetto quinquennale. «E pensare che non ero affatto sicuro che sarei riuscito a proseguire con la carriera accademica» racconta alla Repubblica degli Stagisti: «Sono di Tuglie, in provincia di Lecce: ho fatto il liceo scientifico a Maglie, poi mi sono spostato a Roma per  l'università e il dottorato. Nel frattempo ho lavorato anche nel mondo dell'editoria. Sono fuori dall'Italia da quasi 5 anni, oltre alla Francia e alla Germania sono passato anche per Vienna». Il progetto di Montefusco è italiano, ma anch'esso coinvolgerà altri atenei: per metà si svolgerà nella parigina Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dove il professore era borsista e dove, se non fosse arrivata la chiamata dall'Italia, avrebbe dovuto proseguire il progetto. «Sono davvero orgoglioso di contribuire a portare fondi, risorse umane e prestigio in Italia:Venezia è una sede importante e adatta al mio progetto. Sono tornato anche perchè avrò il tempo indeterminato: diventerò professore associato». Lo stipendio in Italia per questo inquadramento contrattuale si aggira sui 2.500 euro al mese. Non molto distante dunque dal compenso di un ricercatore senior in Germania o in Francia. Ai giovani dottorandi o studenti che aspirano alla carriera accademica Montefusco dà due consigli: «Portate avanti esperienze anche in altri settori professionali e non abbiate paura di andare all'estero, la mobilità non deve necessariamente trasformarsi in fuga: senza drammatizzazioni, fa parte del lavoro accademico e la arricchisce». La dura selezione dell'Erc ha permesso a Ca' Foscari di assumere il professore per chiamata diretta: il ministero dell’Istruzione ha autorizzato la chiamata e inoltre finanzierà il 50% del costo della posizione da professore.Nonostante le intenzioni iniziali, non ha potuto sfruttare invece l'opzione della chiamata diretta per tornare in Italia Barbara Osimani, 45enne marchigiana, assistant professor e vincitrice del prestigioso finanziamento con un progetto di filosofia della  scienza incentrato sulla sicurezza dei farmaci che è nato e che sarà sviluppato alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco. La ricercatrice è approdata in Germania dopo aver cominciato il suo percorso accademico in una università del centro Italia: «Mi sono laureata in Lingue a Macerata; poi ho fatto un master in Canada e il dottorato in Svizzera, e alcune consulenze in aziende private. Ho ottenuto una borsa da ricercatrice post doc all'università Cattolica di Milano con il progetto Gen-etica presso il Centro di Ateneo di Bioetica, poi sono stata a Camerino come research fellow. E ora lavoro in Germania come professore: grazie alla borsa Erc ho potuto assumere tre ricercatori per lavorare al mio progetto, che potrei portare ovunque. Da Camerino, dove ero ricercatrice, a qui, il mio stipendio è più che triplicato e questo centro di studi è davvero il massimo per il mio settore. Ma se mi offrissero il tempo indeterminato... forse tornerei in Italia». La starting grant prevede che una parte dei fondi ottenuti dal ricercatore, il 25%, venga messo a disposizione dell'ateneo ospitante (cosiddetto "overhead"). «Nel caso dei vincitori della starting grant la convenzione tacita è che la totalità o almeno la maggior parte di questa cifra sia messa comunque a disposizione del ricercatore che ha vinto il finanziamento» spiega la Osimani: «Il vantaggio di questo bando, che funziona in maniera davvero meritocratica, è la libertà di scegliere l'argomento di ricerca e la possibilità offerta al ricercatore di mettersi in mostra e proseguire il suo progetto nella migliore delle condizioni. Io per esempio ho progettato focus group che attireranno i  massimi esperti del settore a Monaco da tutto il mondo».Sul sistema accademico italiano, invece, molta amarezza: «Non c'è solo il problema della fuga dei cervelli: nonostante la ricchezza offerta dal patrimonio culturale, l'Italia non è per niente attrattiva per i ricercatori di altri paesi. La Germania per esempio punta molto a sostenere e promuovere le eccellenze universitarie». Lei per esempio racconta di essere stata molto assistita nella seconda fase di selezione del bando proprio dal KoWi, l'ente tedesco di riferimento per i finanziamenti europei della ricerca: «Invece l'Apre, a cui io stessa mi sono rivolta, si è rivelato totalmente inefficiente».«Il mio consiglio per i ragazzi, se ne hanno la possibilità, è quello di tentare già il dottorato all'estero». A dirlo è Emanuela Cristiani, 39enne eccellenza romana del campo dell'archeologia ormai trapiantata a Cambridge. Anche lei ha ottenuto il massimo del finanziamento, in questo caso per un singolare progetto sull'alimentazione: «M'interessa capire se gli uomini vissuti da 40 mila fino a 8mila anni fa utilizzassero piante e radici per nutrirsi. L'istituzione ospitante sarà Cambridge, ma per i prossimi cinque anni ci muoveremo in Italia e nei Balcani alla ricerca di resti su cui lavorare. Me ne sono andata da Roma perchè, volendo proseguire gli studi, non c'era altra scelta» dice con grande sincerità: «Fino al dottorato ho lavorato gratis in un clima di pessimismo e di subalternità. Poi per fortuna ho tentato la Marie Curie: mi si sono aperte tante prospettive e mi è tornato l'ottimismo». Dopo aver vinto la borsa Marie Curie la Cristiani ha fatto un semestre alla Colombia University di New York e poi è tornata a Cambridge: «Come borsita Marie Curie guadagnavo 3.700 pound al mese» [circa 5.150 euro, ndr] «Avendo iniziato il primo luglio, devo ancora percerpire il salario nella mia nuova posizione lavorativa ma certamente sarà altrettanto competitivo e molto più alto di quello di un mio collega italiano nella stessa situazione. Di sicuro aumenterà il carico di lavoro e di responsabilità: anch'io mi sto occupando delle assunzioni del mio team di ricerca, saranno tre ricercatori di formazione archeologica, ma specializzati in settori diversi». Dopo aver vinto il bando dell'Erc, in realtà la Cristiani ha tentato di tornare alla Sapienza - dove si è laureata, ha fatto scuola di specializzazione e dottorato - ma senza successo: «So che il rettore si era mostrato favorevole, ma la cosa non è andata in porto. La chiamata diretta è consentita dalla legge: ma, tranne che a Venezia, è rimasta inattuata». A Cambridge invece, il finanziamento dell'Erc le ha permesso l'assunzione  anche di una figura amministrativa per il suo progetto: «Sgravata dal peso della burocrazia e dall'insegnamento, mi sento davvero libera di dedicarmi alla mia ricerca». Silvia Colangeli

Mercato del lavoro, l'allarme dell'Ocse: l'Italia è ferma

L’Ocse ha appena pubblicato l’edizione 2015 dell’Employment Outlook. Andamento congiunturale del mercato del lavoro, relazione fra domanda e offerta delle competenze, impatto della loro distribuzione delle stesse sulla disuguaglianza: questi i principali focus del rapporto, che permettono fare luce sui problemi strutturali del mercato del lavoro italiano e sulle sue possibili cure. Ad esempio, che la disoccupazione nel nostro Paese sia aumentata sensibilmente dal 2007. Siamo il quarto paese peggiore fra quelli Ocse, in buona compagnia degli altri PIIGS. A differenza di Spagna, Irlanda e Portogallo, il nostro mercato del lavoro è, però, fermo. Cosa che è vera soprattutto per i giovani. La cosa più grave, tuttavia, è che - come fa notare l’Ocse, giustamente - gran parte dei lavori distrutti nella recessione, che come spesso capita è un laboratorio di “igiene economica” brutale, non ritornerà facilmente nei paesi avanzati. I posti di lavoro persi per esempio nella manifattura, checché vi diranno gli esperti del “back to manufacturing”, non riappariranno per magia...→ Continua a leggere l'articolo su Linkiesta

Stage in ambasciata, pubblicato il bando per 82 posti: e finalmente c'è un compenso

I tirocini Mae-Crui sono tornati: e la novità assoluta è che saranno pagati. Da ieri la notizia, anticipata dalla Repubblica degli Stagisti ad aprile, è ufficiale: è stato infatti pubblicato il «Bando di selezione per 82 tirocini curriculari trimestrali presso le Rappresentanze diplomatiche del Ministero degli affari esteri e della Cooperazione internazionale». Solo due settimane - il termine per la presentazione delle candidature scade lunedì 13 luglio - a disposizione per tutti coloro che aspirano a fare un periodo di stage presso le ambasciate italiane in giro per il mondo. «Sono molto contenta per la partenza in tempi strettissimi di questo bando, che ha richiesto un lavoro rapido ed efficace di Maeci e Crui» dice alla Repubblica degli Stagisti la giovane deputata dem Lia Quartapelle, che per molti mesi ha lavorato per la riattivazione di queste opportunità, in questo momento in missione a Detroit nell'ambito di un programma del Dipartimento di Stato.Il Mae-Crui cambia il suo nome in Maeci-Miur-Crui (noi qui, per semplicità, ci limiteremo a "Maeci-Crui") e, come si legge nella prima pagina del bando, «si basa su una convenzione sottoscritta da Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e Fondazione Crui per le università italiane, tesa ad integrare il percorso formativo universitario e a far acquisire allo studente una conoscenza diretta e concreta delle attività istituzionali svolte dal Maeci nel quadro della campagna a sostegno della candidatura italiana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Infatti una grande differenza rispetto ai Mae-Crui è che, mentre questi erano aperti sia a studenti sia a neolaureati entro i primi 18 mesi dalla laurea, al nuovo programma Maeci-Crui si possono candidare esclusivamente gli studenti universitari: i tirocini sono infatti «curriculari». E infatti nel bando vi è anche uno specifico riferimento al riconoscimento di crediti formativi universitari: «Al tirocinante spetta il riconoscimento di almeno 2 crediti formativi universitari (CFU) per mese di attività effettiva, sulla base di quanto inserito nel progetto formativo».I tirocini messi a bando si svolgeranno in 53 sedi in giro per il mondo, tutte ambasciate più sei Rappresentanze permanenti: quella presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo, quella presso l'Onu a Roma, quelle presso le organizzazioni internazionali a Vienna e a Ginevra, quella presso L'Unione Europea e infine quella presso le Nazioni Unite. Queste ultime sono quelle che metteranno a disposizione il maggior numero di opportunità: in Belgio verranno ospitati 8 stagisti Maeci-Crui, e 8 a New York. In tutto i posti sono solamente 82, lontani dai grandi numeri del vecchio Mae-Crui (che metteva a bando, negli ultimi anni, quasi 2mila posti all'anno, suddivisi in tre bandi che raggruppavano 600-700 posti l'uno) e a dir la verità anche lontani dalle previsioni, più contenute, di qualche mese fa. «Si tratta di un primo anno sperimentale, per questo le borse sono ancora non molte e anche le classi di accesso sono ridotte» ricorda però Lia Quartapelle. Bisogna qui tener conto di due fattori: innanzitutto, si tratta una prima ripartenza in un certo senso "sperimentale", dopo la chiusura del Mae-Crui nel 2012. In secondo luogo, per la prima volta questi tirocini hanno un costo, dato che prevedono che agli stagisti venga erogata una indennità. Un elemento fondamentale, sul quale la Repubblica degli Stagisti ha svolto in questi anni una battaglia, denunciando l'ingiustizia e l'iniquità di un programma che, non fornendo un sostegno economico, escludeva sistematicamente da queste esperienze tutti quei ragazzi sprovvisti di famiglie abbienti alle spalle. Famiglie che potessero sobbarcarsi la spesa per viaggio, vitto e alloggio dei giovani stagisti, per tre mesi, in Paesi stranieri.L'emolumento è, comunque, piccolo. 400 euro al mese. Pressoché simbolico, dirà certamente qualcuno: che ci fai con 400 euro al mese a New York? O a Ginevra? Senz'altro è vero. In effetti, la proposta che la Repubblica degli Stagisti aveva fatto al ministero degli Esteri già molti anni fa era di prevedere un emolumento di 500 euro al mese per gli stage svolti in Europa, e di 1000 euro al mese per stage in Paesi extraeuropei. I fondi però, in questo periodo di crisi e sopratutto di feroce spending-review negli enti pubblici, non erano facili da trovare. Questo è il massimo che si è riusciti a ottenere: e per dirla tutta, è sempre meglio 400 euro che zero.Arriviamo al bando, dunque. Riguarda 82 stage che si svolgeranno nell'ultimo trimestre del 2015, con avvio il  1° ottobre e fine il 31 dicembre 2015 («La durata dei tirocini offerti dal Maeci e pubblicati in questo avviso è di 3 mesi senza possibilità di proroga»). Chi si vuole candidare prima di tutto deve soddisfare i requisiti di avere la cittadinanza italiana, non avere ancora compiuto 29 anni («un’età non superiore a 28 anni» si legge, cioè «non aver compiuto il ventinovesimo anno di età al momento della scadenza del presente bando») ed essere iscritto presso una delle 43 università italiane che aderiscono al bando (in calce a questo articolo, l'elenco completo), alle facoltà di Giurisprudenza, Finanza, Relazioni internazionali, Scienze dell'economia, Scienze della politica, Scienze delle pubbliche amministrazioni, Scienze economiche per l'ambiente e la cultura, Scienze economico-aziendali, Scienze per la cooperazione allo sviluppo, Studi europei, Servizio sociale e politiche sociali, Sociologia e ricerca sociale. Gli aspiranti stagisti devono inoltre avere acquisito «almeno 60 CFU nel caso delle lauree specialistiche o magistrali e almeno 240 CFU nel caso delle lauree magistrali a ciclo unico» e superato «il 70% degli esami, se iscritti a corsi di studio del vecchio ordinamento» con «una media delle votazioni finali degli esami non inferiore a 27/30».Infine, i candidati non devono avere guai giudiziari («non essere stati condannati per delitti non colposi», non essere «imputati in procedimenti penali per delitti non colposi», e non essere «destinatari di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza o di misure di prevenzione») e sapere bene almeno l'inglese con «una conoscenza, certificata dall’Università o da organismo ufficiale di certificazione, della lingua inglese almeno a livello B2» più «una eventuale conoscenza della seconda lingua straniera, se richiesto dalla sede ospitante» - come per esempio accade per l'Ambasciata d'Italia ad Abidjan, in Costa D'Avorio, che indica il francese come seconda lingua facoltativa; o quella a Tbilisi, in Georgia, che apprezza candidati che sappiano il russo.Come ci si candida? Bisogna compilare entro le 17 di lunedì 13 luglio il form online inserendo i propri dati anagrafici, il curriculum vitae, il curriculum universitario («completo di tutti gli esami sostenuti nell’intero percorso di studi universitari con relativi voti, pena la nullità della domanda»), l'autocertificazione della veridicità delle informazioni fornite e del rispetto dei requisiti del bando («Il modulo di autocertificazione deve essere scaricato dalla sezione “Candidatura” dell’applicativo, compilato, firmato, scannerizzato insieme al documento di identità in un unico file pdf e caricato nella medesima sezione dell’applicativo»), più una lettera motivazionale.Al momento della compilazione, a ciascun aspirante stagista Maeci-Crui viene richiesto di indicare due sedi di destinazione preferite: devono essere obbligatoriamente scelte una destinazione all'interno del Gruppo 1 (che comprende i Paesi Ue, la Svizzera e gli Usa) e una nel Gruppo 2 (cioè il resto del mondo). Il bando precisa che «l’indicazione delle sedi all’interno della candidatura non è da intendersi come un ordine di preferenza».Cosa succede una volta inviata la propria domanda? «Tutte le candidature pervenute entro la data di scadenza del presente bando saranno preselezionate dalle rispettive università di afferenza che verificheranno il possesso dei requisiti indicati nel bando. Al termine della preselezione, le candidature ritenute idonee dagli atenei verranno esaminate da una Commissione congiunta Maeci-Miur-Fondazione Crui che effettuerà la selezione dei tirocinanti da destinare alle Rappresentanze diplomatiche inserite nel bando». Chi non verrà selezionato non riceverà alcuna comunicazione: la Fondazione Crui comunicherà «esclusivamente i nominativi dei candidati selezionati alle singole università tra l’ultima settimana di agosto e la prima di settembre 2015». A quel punto le università, a loro volta, «informeranno i vincitori che dovranno accettare o rifiutare l’offerta di tirocinio entro tre giorni lavorativi». Saremo dunque intorno al 10 settembre quando gli 82 selezionati verranno contattati: tempi strettissimi per consentire la partenza, come da tabella di marcia, entro il 1° ottobre. Meglio dunque che i candidati non prevedano di dare.E se qualcuno dovesse rifiutare la proposta, il posto resterebbe vacante? «A fronte di una rinuncia ad un posto di tirocinio, viene attivata una procedura di subentro attraverso cui il posto di tirocinio rimasto scoperto viene proposto al candidato nella posizione immediatamente successiva in graduatoria. Per le sedi di destinazione in cui non vi siano candidati si procede all’individuazione di curricula idonei tra quelli dei candidati non vincitori di altre sedi e si propone loro di effettuare il tirocinio in una sede non prescelta nella candidatura». E ancora, se dopo aver accettato qualcuno dei partecipanti cambiasse idea e volesse tirarsi indietro all'ultimissimo momento? «Qualora il vincitore decidesse di rinunciare dopo aver già accettato il posto di tirocinio, è tenuto a comunicare tempestivamente la decisione per evitare disordini nella programmazione delle attività all'interno delle sedi ospitanti». Dal punto di vista economico, come anticipato rispetto al passato questo nuovo programma di tirocini prevede un sostegno ai giovani partecipanti: «Trovo molto positivo che anche il ministero dell'Università abbia messo sul programma delle risorse proprie» aggiunge Lia Quartapelle «permettendo di raddoppiare quanto a disposizione per i rimborsi e di arrivare alla cifra finale di 400 euro al mese». Perché infatti, come puntualizza il bando, dei 400 euro mensili «200 euro sono pagati dalla Rappresentanza diplomatica presso la quale si svolge il tirocinio e 200 euro dall’università di appartenenza». C'è anche una seconda opzione: quella di percepire un emolumento dimezzato, e poter però usufruire di un alloggio gratuito: «La messa a disposizione di un alloggio sostituisce la corresponsione della quota a carico della Rappresentanza diplomatica, pertanto ai tirocinanti che sceglieranno una sede con alloggio spetta un rimborso forfettario di 200 euro mensili». Specialmente in sedi diplomatiche ubicate in città dove il costo della vita è molto alto, il baratto 200 euro vs alloggio risulterà certamente vantaggioso per i tirocinanti. In realtà però sono solo 16 su un totale di 53 le sedi che propongono la possibilità di alloggio: tra queste 16 ci sono per esempio l'Ambasciata d'Italia a Copenhagen, in Danimarca; quella di Riad in Arabia Saudita; quella di Teheran in Iran.Insomma, i tirocini in ambasciata son tornati, e stavolta a condizioni più eque: chi vuole candidarsi si affretti.Eleonora VoltolinaUniversità aderenti- Alma Mater Studiorum Università di Bologna- Libera Università "Maria SS. Assunta" - LUMSA- Libera Università di Lingue e Comunicazione - IULM- Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli" - LUISS- Sapienza Università di Roma- Università Ca' Foscari Venezia- Università Cattolica del Sacro Cuore- Università Commerciale "Luigi Bocconi"- Università degli Studi dell'Insubria- Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"- Università degli Studi di Bergamo- Università degli Studi di Brescia- Università degli Studi di Cagliari- Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale- Università degli Studi di Catania- Università degli Studi di Firenze- Università degli Studi di Genova- Università degli Studi di Milano- Università degli Studi di Milano Bicocca- Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia- Università degli Studi di Napoli "Federico II"- Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"- Università degli Studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"- Università degli Studi di Padova- Università degli Studi di Palermo- Università degli Studi di Parma- Università degli Studi di Pavia- Università degli Studi di Perugia- Università degli Studi di Roma Tor Vergata- Università degli Studi di Roma Tre- Università degli Studi di Salerno- Università degli Studi di Sassari- Università degli Studi di Siena- Università degli Studi di Teramo- Università degli Studi di Trento- Università degli Studi di Trieste- Università degli Studi di Udine- Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"- Università degli Studi di Verona- Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT- Università del Salento- Università per Stranieri di Perugia- Università Politecnica delle Marche

Cervelli in fuga, la legge Controesodo una "tachipirina di successo": ma ora la sfida è europea

Una «tachipirina» che ha riportato in Italia 7mila cervelli in fuga. Ma che non può bastare a riequilibrare il brain drain, ovvero il fenomeno delle menti italiane fuggite all'estero, con in tasca una o più lauree e in testa conoscenze e competenze per cui gli altri Stati, sentitamente, ringraziano. Questa è la legge Controesodo per Beppe Severgnini, firma del Corriere della Sera che nella legge ci ha creduto fin dall'inizio. Ma non è un giudizio pessimista: «É già stata un successo. Ha sgombrato il cammino. Ora c'è bisogno di un passo in più». Lo dice nel seminario "Circolazione dei talenti", a Bruxelles. Luogo e titolo significativi. Alessia Mosca, eurodeputata democratica, ha voluto rilanciare dal Parlamento europeo il dibattito, insieme a Guglielmo Vaccaro, deputato Pd: da loro nel 2008, quando erano entrambi parlamentari italiani, era partita la proposta di legge. Dopo il varo nel 2010 e il rinnovo nel 2013, la Controesodo ha strappato qualche mese fa una seconda estensione, e non senza fatica, dentro al decreto Milleproroghe. Due anni e mezzo ancora, fino alla fine del 2017: tanto è il tempo a disposizione degli under 40 che hanno studiato o lavorato all'estero per almeno due anni per beneficiare di uno scudo fiscale (tasse sul 20% dello stipendio o del reddito per le donne e 30% per gli uomini) se decidono  di rientrare. «Da qui passa unica possibilità dell'Italia di riprendersi. Nell'ultimo decennio sono 150mila i laureati under 40 che se ne sono andati. L'Italia non potrà modernizzarsi senza di loro»: il pensiero di Vaccaro è "tranchant". Per questo lui avrebbe voluto un'estensione per almeno altri cinque anni. La proroga è «importante, ma non sufficiente», aggiunge. «Il nostro sguardo era teso alla mobilità nel suo complesso più che al rientro. Ma è stata realizzata solo la legge sul Controesodo». Tanto che le altre proposte per agevolare gli investimenti degli italiani dall'estero e per attrarre talenti stranieri in Italia, non sono passate. Lo sguardo, insomma, andrebbe allargato ad una prospettiva più ampia. «Ad una politica per il bilanciamento del saldo migratorio dei talenti, per favorire la mobilità giovanile e gli investimenti da parte di chi è andato via», sottolinea il deputato. Una  politica dove le parole chiave siano circolazione, mobilità, restituzione. E Europa. La legge sul Controesodo dovrebbe essere il tassello di un puzzle molto più grande. Se non altro perché i numeri, in sé, raccontano - e nemmeno in modo troppo preciso - un fenomeno molto più massiccio.. «L'Anagrafe degli italiani residenti all'estero ha passato da poco i 5 milioni di iscritti» dice Matteo Lazzarini, segretario generale della Camera di commercio belgo-italiana, sfornando gli ultimi aggiornamenti presi dal consolato. Cifre ufficiali ma parziali: perché l'iscrizione per chi risiede all'estero da più di un anno è obbligatoria, ma non c'è nessuna sanzione per chi non lo fa. E così, tanto per dire, in Inghilterra l'anno scorso si sono registrati all'Aire in 14mila. Ma 51mila italiani, quasi quattro volte tanto, hanno chiesto l'iscrizione all'assistenza sanitaria inglese. Numeri certi e ufficiali su quanti siano davvero gli italiani all'estero non ce ne sono. Però «secondo l'Aire, le partenze nel 2014 hanno sforato quota 100mila, oltre 14mila solo verso la Germania» snocciola ancora Lazzarini, riferendosi ai 101.297 connazionali emigrati, soprattutto dalle Regioni del Centro-Nord Italia (la Lombardia da sola registra un quinto degli espatri, con oltre 18.400 partenze). L'anno prima erano stati 94mila. Nel 2010 "appena" 60.500. Se non è un esodo questo… La soluzione? «I talenti sono come il sangue, bisogna farli circolare, agevolarli», suggerisce Severgnini. Nel concreto: lavorare, ad esempio, ad un mercato del lavoro europeo. Un mercato unico, dove sia non solo possibile giocarsi ad armi pari la partita per un posto di lavoro, che sia o meno ad alta qualificazione professionale. Il futuro è una cornice comune armonizzata anche a livello normativo e burocratico, per consentire una mobilità veramente efficace. «E il momento per parlarne è questo, perché il pacchetto sulla mobilità del lavoro è allo studio del commissario Thyssen, in vista di dicembre», puntualizza Ilaria Maselli, ricercatrice, che con i colleghi del think tank europeo Ceps sta lavorando anche ad una proposta di schema europeo di disoccupazione. La mobilità però è «ancora troppo bassa, dal punto di vista di Bruxelles, e non è aumentata in modo sostanziale con la crisi», rimarca la ricercatrice mettendo in luce un flusso annuo di spostamenti pari a 1 milione e mezzo di persone. Lo 0,3% della popolazione Ue. La sfida quindi pare essere italiana ed europea allo stesso tempo. Questione di equilibri: il nocciolo è come creare un sistema efficace per evitare il brain drain, un sistema che consenta a lavoratori e talenti di partire e di tornare, anche di ripartire, o di contribuire comunque allo sviluppo del proprio Paese. «Sono convintissima che ritornare non sia l'unica strada per dare aiuto all'Italia. Essere fuori, e con convinzione, conta moltissimo, forse anche di più. L'importante è capire come rendere effettiva la restituzione», riflette Alessia Mosca. «Un modo concreto è agevolare il flusso di uscita e di ingresso, agendo sulle semplificazioni sociali e burocratiche. Questo è definire cos'è l'Europa. Questo è sentirsi europei». Lo "scivolo" fiscale della legge Controesodo è qualcosa, ma non abbastanza. «Degli incentivi fiscali non sono molto entusiasta. La decisione di rientrare dovrebbe essere guidata da altri motivi. Come, ad esempio, avere a disposizione dei centri di eccellenza», riflette ancora Ilaria Maselli. Come dire: il terreno fertile dovrebbe essere la qualità e la meritocrazia di un sistema Paese. Vaccaro però ci crede. «I cervelli di rientro sono come le cellule staminali, capaci di rigenerare il tessuto, cioè il Paese, senza aggredirlo. Se i 7mila rientrati in questi anni diventeranno 70mila, l'Italia cambierà. Mollare è impensabile», chiude. Consapevole però che la legge sul Controesodo resta «un risultato portato a casa, non una politica completa. La questione resta quella di una mobilità di qualità». Magari dentro una cornice pienamente europea, per risposte strutturali che vadano oltre i benefici di una "tachipirina". Maura Bertanzon@maura07 (la foto in alto è presa da Flickr)

Un welfare e una pensione dignitosa anche per i freelance, i tre punti della «Proposta decente» di Acta

Può capitare in Italia, se si lavora come freelance, di subire un intervento chirurgico – anche importante – e dover tornare al lavoro subito dopo. Perché non si hanno tutele e il rischio è di perdere clienti, e dunque fatturato. È successo ad esempio a Federica De Pasquale, vicepresidente di Confassociazioni, che ha raccontato la sua esperienza all'evento che Acta, associazione consulenti del terziario, ha organizzato pochi giorni fa a Roma per presentare un nuovo modello di welfare per lavoratori autonomi. Quello della De Pasquale non è un caso isolato: in Italia, come spiega Acta sul suo sito, un lavoratore su quattro non ha un contratto di lavoro dipendente, ed è quindi un professionista indipendente (negli Usa lo è uno su cinque). Acta, da anni attiva sul fronte della tutela dei freelance  ha dunque focalizzato i problemi principali del welfare dei "non dipendenti" e ha elaborato una sua 'proposta decente' su tre punti, illustrati all'incontro dalla presidente Anna Soru. Il primo è proprio la tutela della malattia. Per quelle «gravi e di lunga durata si chiede l'ampliamento del periodo di tutela oltre gli attuali 61 giorni; un'indennità pari all'80% del reddito per malattia ospedalizzata e al 30% per quella domiciliare e copertura di tali periodi con contributi figurativi; la possibilità di sospendere le quote Inps e Irpef che saranno poi dilazionati a partire dalla ripresa dell'attività lavorativa e l'esclusione degli studi di settore». Il secondo punto è una equa contribuzione pensionistica: il riferimento è all'aliquota che deve versare chi versa alla Gestione separata dell'Inps, la cassa destinata appunto ai freelance senza ordine professionale  – e quindi cassa di previdenza  – specifico. La soglia è oggi al 27% «ma è destinata a aumentare fino a arrivare al 33%», come ha confermato anche Stefano Fassina, viceministro dell'Economia all'epoca del governo Letta e nei giorni scorsi uscito polemicamente dal Pd, in contrasto con le scelte di Renzi sopratutto in materia di lavoro e di scuola. Al dibattito ha sottolineato che «se fino all'annno scorso si è riusciti a bloccarla, a fine anno tornerà a salire», facendo commettere al governo «l'errore culturale di giustapporre il lavoro dipendente a quello autonomo». L'aliquota di riferimento sarà infatti la stessa per le due categorie se l'aumento - come prospettato - ci sarà. Acta propone invece di sospenderlo e di «equiparare la contribuzione dei freelance a quella degli altri autonomi che è il 24%», con l'obiettivo di «prendere come riferimento la riforma delle pensioni del 2011 per artigiani e commercianti». Una proposta che raccoglie anche sostenitori inaspettati: Antonello Crudo, direttore centrale pensioni con funzioni vicarie del direttore generale presso l'Inps, intervenendo al dibattito ha ammesso che l'abbassamento dell'aliquota sarebbe sostenibile. Spingendosi ad affermare che l'innalzamento delle soglie contributive «fa diventare il contributo un tributo: oggi non è più un investimento sulla futura pensione, ma risponde all'esigenza delle coperture dei costi del momento». Ovvero: con i contributi dei lavoratori di oggi si pagano le pensioni di oggi, spesso generose ma altrettanto spesso non sorrette da una contribuzione proporzionata e sufficiente; e per le pensioni di domani, chissà. La terza proposta di Acta, strettamente legata alla seconda, si focalizza sulla necessità di prevedere un'equa pensione per tutti. «La riforma della previdenza italiana verso il sistema contributivo introdotta dalla legge 335 del 1995 ha cambiato drasticamente le prospettive pensionistiche: moltissimi non arriveranno a percepire una pensione decente, adeguata a garantire la sopravvivenza in vecchiaia». Con il paradosso, anzi, per cui con il sistema attuale per molti sarebbe addirittura più conveniente non lavorare, oggi, visto che un freelance che lavorasse tutta la vita con retribuzioni (e quindi contributi) non alti, alla fine  si ritroverebbe a «percepire una pensione intorno ai 600 euro al mese, pur avendo lavorato e versato contributi tutta la vita». La stessa cifra a cui ammonta la pensione sociale, che viene garantita a partire da una certa età anche a coloro che non hanno mai lavorato, come rileva una esponente di un'associazione di autonomi. La riforma ha infatti colpito soprattutto autonomi e parasubordinati, «i primi a essere catapultati nel sistema contributivo puro».L'attenzione della politica è invece tutta sui pensionati del sistema retributivo, come dimostrano i provvedimenti su «esodati, flessibilizzazione dell'età di pensionamento, recentissimo bonus pensioni a seguito della sentenza della Corte dei conti». Per gli altri solo rinvii a data da destinarsi. La proposta di Acta è quindi di intervenire su tre direzioni: «rivedere le modalità di valutazione del montante pensionistico, rendendolo premiante; in secondo luogo introdurre una pensione minima, equiparata all'assegno sociale, come in Svezia, con la copertura della fiscalità generale, per chi raggiunge un numero minimo di anni di versamento, con l'aggiunta di una parte variabile calcolata con il contributivo», a cui lo stesso Crudo ha alluso auspicando per il futuro un avvicinamento verso il sistema anglosassone, composto appunto da due tronconi. Terzo cardine, «una maggiore incentivazione alla previdenza complementare». Chiara Gribaudo del Partito Democratico e Tiziana Ciprini del Movimento Cinque Stelle, entrambe under 40 ed entrambe in Commissione lavoro alla Camera, erano presenti all'evento di Acta e su questi temi promettono battaglia in Parlamento. «Dopo i decreti delegati del Jobs Act sarà la volta dei lavoratori autonomi» assicura la Gribaudo. Primo passo, il «blocco delle aliquote e le tutele per la malattia». Del resto al Festival del Lavoro di Palermo, che si è chiuso ieri, il professor Maurizio Del Conte, consigliere di Renzi in materia di lavoro, ha annunciato che, a margine del JobsAct, il governo presenterà un decreto di riordino del lavoro autonomo ad agosto. I freelance restano in attesa, tenendo alta l'attenzione, affinché le promesse non restino solo parole.Ilaria Mariotti 

Concorso "Young Tax Professional of the Year" di EY: un'occasione per studenti di economia e giurisprudenza

EY è una società di consulenza che occupa 190mila persone nel mondo, con un fatturato di 27,4 miliardi di dollari. In Italia il gruppo EY, composto da sei società e con poco meno di 3mila dipendenti, attua un comportamento decisamente responsabile nei confronti dei giovani - il gruppo fa infatti parte, dallo scorso febbraio, anche dell'RdS network - offrendo per esempio un rimborso spese mensile di 850 euro al mese ai suoi stagisti (circa 450 ogni anno) e utilizzando molto bene il contratto di apprendistato: nel solo 2014, per dare un'idea, ha assunto oltre 400 giovani con questo tipo di contratto, aggiudicandosi per questo anche l'RdS award 2015 per il miglior utilizzo dell'apprendistato. EY ha avviato da qualche settimana lo YTPY 2015, che sta per "Young Tax Professional of the Year": un concorso - quest'anno alla sua terza edizione - rivolto a studenti iscritti al primo o secondo anno di un corso di laurea magistrale in Economia o al quarto e quinto anno di un corso a ciclo unico in Giurisprudenza, che abbiano almeno un esame di diritto tributario all’interno del proprio piano di studi e una  forte motivazione verso le tematiche Tax. Quella riservare la competition agli studenti, anziché aprirla anche ai neolaureati, è una scelta precisa: «Vogliamo far conoscere EY agli studenti oltre che a chi sia affaccia al mondo del lavoro» spiega alla Repubblica degli Stagisti Diana De Filippis, da due anni nell'ufficio HR di EY con il ruolo di recruiter: «Riteniamo che, ai fini della loro formazione, sia un’ottima opportunità per mettersi alla prova cimentandosi nella risoluzione di un case study, nell’esposizione delle loro idee davanti ad una giuria di esperti del settore e provare a partecipare alla competizione internazionale. I neolaureati hanno la possibilità di candidarsi e di avere direttamente delle opportunità lavorative presso la nostra realtà. L’idea della competizione nasce per dare l’opportunità anche agli studenti di fare un’esperienza eccezionale».In concreto, l'YTPY 2015 prevede due fasi: la prima comincerà dopo il 5 luglio, termine ultimo per le candidature. Per partecipare è sufficiente avere i requisiti e candidarsi sul sito, entro appunto il 5 luglio, allegando il curriculum e il piano di studi che attesti l’esame di diritto tributario nel percorso accademico.I ragazzi in linea con le caratteristiche necessarie per la competizione avranno la possibilità di mettersi in gioco subito entrando nel vivo della sfida: «Inizialmente riceveranno dei test logico attitudinali da compilare online e un test di inglese» anticipa Diana De Filippis: «Chi supererà questa prima fase di selezione parteciperà ad un assessment di gruppo presso le nostre sedi di Milano e Roma e a seguire, sosterrà un colloquio individuale motivazionale». Chi tra questi primi prescelti non dovesse non essere domiciliato in Lombardia o in Lazio, verrà rimborsato per le spese di viaggio. «Chi supererà questa fase riceverà un case study sul quale lavorare individualmente» continua De Filippis: «La giuria valuterà tutti i case study ricevuti e decreterà i finalisti che parteciperanno alla sfida finale il 30 ottobre a Milano». I finalisti saranno al massimo 6 e discuteranno il case study da loro elaborato davanti ad una giuria di professionisti: per farlo si ritroveranno a Milano (è sempre previsto il rimborso del viaggio per chi venisse da fuori Lombardia) e il vincitore della finale italiana parteciperà ad un corso di fiscalità internazionale ad Amsterdam, presso l'International Bureau of Fiscal Documentation, della durata 3 giorni, per il quale EY si farà carico di tutte le spese. Ma non è finita: ci sarà anche una finale internazionale, che si svolgerà tra il 29 novembre e il 3 dicembre 2015 ad Amsterdam. Al vincitore della competition dell'anno scorso, per fare un esempio, come premio è arrivato un giro del mondo di 30 giorni: un viaggio di lavoro con visite in centri chiave di EY per il settore tasse a Londra, Washington D.C. e Hong Kong.«Siamo alla terza edizione della YTPY, la partecipazione degli studenti italiani è stata sempre alta e siamo fieri di far confrontare i nostri studenti con quelli degli altri Paesi partecipanti» dice Diana De Filippis. Con un certo orgoglio "rosa": «Le vincitrici delle due scorse edizioni sono state due ragazze, Daiana Buono nel 2013 e Flavia Vespasiani nel 2014». E vincere la YTPY sembra essere anche un ottimo viatico per il proprio futuro professionale: sia Daiana sia Flavia attualmente lavorano in EY: «Entrambe hanno colpito la giuria per la loro tenacia e per il modo in cui hanno affrontato tutta la fase di selezione e, soprattutto, la presentazione».«Io mi sono laureata alla Federico II e attualmente lavoro in EY da un anno e mezzo. Ho deciso di partecipare alla competizione principalmente per avere l'opportunità di entrare in contatto con un'azienda come EY, e magari anche di avere poi un'offerta di lavoro» racconta in maniera molto diretta Daiana in una video-testimonianza pubblicata sulla pagina Facebook EY Italy Careers: «A parte l'ansia di dover risolvere e discutere un caso in inglese di fronte a persone così importanti, è stata comunque una esperienza per mettersi in gioco e per superare i propri limiti. E poi è stato divertente perché abbiamo fatto la caccia al tesoro nel centro storico di Copenhagen, abbiamo cenato sul battello lungo il fiume, ho potuto conoscere persone da tutto il mondo con background diversi e con esperienze culturali diverse. E non solo persone che come me avevano partecipato alla competizione ma anche persone che già lavorano in EY in tutto il mondo e che quindi ci hanno portato la propria esperienza». Daiana non ha vinto anche la competizione internazionale, ma non importa: un lauto bottino lo ha portato a casa lo stesso: «Lavoro in EY quindi ho avuto l'offerta di lavoro che desideravo. Il consiglio che vi posso dare è quello di provarci comunque. Anche se pensate che non conoscete abbastanza bene l'inglese, oppure avete paura perché non tutti all'università si confrontano con temi di fiscalità internazionale. Io ad esempio non lo avevo mai fatto, quindi ho risolto il caso senza sapere quasi nulla praticamente, studiando lì per lì: e vi assicuro che si può fare. Provateci comunque, non abbiate paura dei vostri limiti e credete nel vostro talento. EY vi sta cercando, non vi nascondete»«A breve dovrò laurearmi in economia all'università cattolica di Piacenza e ho deciso di prendere parte l'anno scorso al YT principalmente per mettermi alla prova, e poi ho pensato che sarebbe stato un'esperienza oltre che stimolante anche divertente» le fa eco Flavia, raccontando qualche dettaglio dell'iter della competizione: «La prima fase noi dovevamo sviluppare un case study che poi avremmo dovuto discutere di fronte ad una commissione composta dai principali tax manager di grandi società italiane, alcuni partner di EY, e professori delle maggiori università italiane. La seconda fase si è disputata l'anno scorso ad Amsterdam, ed è stata una piacevole sorpresa perché lì ho avuto modo di conoscere tanti altri ragazzi che avevano condiviso la mia stessa esperienza». Anche per Flavia la possibilità di conoscere tanti giovani di diverse nazionalità è stato un valore aggiunto, ma non solo: «Tutti i coach dell'EY e anche i partner stessi che erano presenti all'evento ad Amsterdam ci hanno messi a nostro agio e oltre alla parte prettamente tecnica ci hanno dato delle delucidazioni sulle soft skills, quindi è stato molto costruttivo anche da un punto di vista non tecnico». Fino ad arrivare al momento più emozionante: «discutere il case study davanti a una commissione di esperti della consulenza fiscale a livello internazionale».Insomma, finora nessun italiano ha vinto la finale internazionale: «Uno stimolo in più per partecipare» secondo Diana De Filippis, che chiude con un consiglio chiaro ai giovani potenziali partecipanti: «Provateci: non abbiate timori, credete in voi stessi e datevi una possibilità. Ci rendiamo conto che gli step di selezione sembrano tanti, duri e difficili ma vi assicuriamo che è una bellissima esperienza. Tutti i ragazzi che hanno partecipato alle precedenti edizioni ci hanno detto che, indipendentemente dal risultato, per loro è stata un’esperienza altamente formativa. Non capita sempre di riuscire a confrontarsi con professionisti di così alto spessore e quindi vi invitiamo a cogliere questa opportunità. Del resto… cosa avete da perdere? Un grandissimo in bocca al lupo e che vinca il migliore!».

Al via a Palermo il Festival del Lavoro 2015: tre giorni di incontri e dibattiti su crisi, riforme e nuove opportunità

Start up innovative, microcredito e fondi europei: quali sono le nuove opportunità per fare impresa? Come si "sfonda", oggi, su internet? E, ancora, quale sarà l'impatto della riforma dei contratti di lavoro approvata con il Jobs Act sui diversi settori? A queste (e molte altre) domande risponderà la VI edizione del “Festival del Lavoro”, in programma a Palermo da domani al 27 giugno fra il Teatro Massimo, il Teatro al Massimo e il cinema Rouge et Noir.L’iniziativa organizzata dalla Fondazione Studi e dall’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro, in collaborazione con il Comune di Palermo, si articolerà in più di trenta fra tavole rotonde, confronti, question time e tavoli di lavoro divisi in quattro sezioni: “L’ora del capitale umano”, “La riforma del lavoro live”, “La fabbrica delle idee” e “Lavoro 2.0”.Si parte domani pomeriggio al Teatro Massimo (ore 15.15 - 17), dall’“Emergenza occupazione”: secondo i dati Istat, in meno di 7 anni sono stati 1,7 milioni i posti di lavoro persi. Garanzia Giovani, gli sgravi contributivi previsti dall’ultima legge di Stabilità e il Jobs Act riusciranno a invertire questa tendenza? A discuterne saranno il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti [nella foto a sinistra], il responsabile della segreteria tecnica del ministero, Bruno Busacca, il vicepresidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro, Vincenzo Silvestri, il presidente della commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi, e i segretari confederali di Cgil e Cisl, Serena Sorrentino e Gianluigi Petteni. Ma il primo giorno si parlerà anche di quali contratti, dopo la riforma, siano più adatti nei vari settori, dei diritti dei contribuenti, del nuovo licenziamento per giustificato motivo e delle conseguenze di un licenziamento illegittimo fra “vecchi” e “nuovi” assunti, della pressione fiscale sulle imprese (in un colloquio con Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate), di “come sfondare su internet” e delle nuove frontiere del welfare con un intervento del presidente dell’Inps, Tito Boeri.Mentre venerdì si parlerà tra le altre cose di beni confiscati come risorsa per creare occupazione, di lavoro sommerso, delle nuove possibilità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, delle opportunità professionali per i consulenti del lavoro, di infrastrutture per il rilancio dell’economia. E, ancora, della riforma degli ammortizzatori sociali e di Garanzia Giovani. Anche il direttore della Repubblica degli Stagisti, Eleonora Voltolina, sarà presente venerdì pomeriggio e modererà il panel “La cassetta degli attrezzi” al Teatro al Massimo (ore 15 - 16.30), in cui sarà presentata dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone la guida “Ci vediamo al lavoro: 10 risposte per 10 domande”, pensata per aiutare i ragazzi – nel delicato passaggio fra la scuola e il mondo del lavoro – nella scelta del loro futuro professionale.Sabato, infine, al Teatro Massimo si affronteranno anche i temi della scuola e della riforma (con l’intervista al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini [nella foto a destra], “Una buona scuola per un buon lavoro”, alle 9.30), della giustizia, con il ministro Andrea Orlando (ore 11.15), e dell’immigrazione, nell’incontro “Europa e immigrazione: fra rigore e accoglienza”, a cui parteciperà anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano (ore 10).Più di 180 i relatori, fra cui i ministri citati, oltre al viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, ai sottosegretari Davide Faraone (Istruzione), Simona Vicari (Sviluppo), Luigi Bobba (Lavoro), ai vicepresidenti della Camera Simone Baldelli e Luigi Di Maio e al vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. Prevista anche la presenza delle eurodeputate Lara Comi e Michela Giuffrida, e di numerosi parlamentari, da Cesare Damiano (Pd, presidente commissione Lavoro alla Camera) a Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia-An). Mentre per il ministero del Lavoro parteciperanno anche il segretario generale, Paolo Pennesi, e i direttori generali Grazia Strano e Danilo Papa. Non mancheranno rappresentanti dei sindacati, ma anche i presidenti dell’Ance, Paolo Buzzetti, del Consiglio nazionale ingegneri, Armando Zambrano, della Fondazione nazionale commercialisti, Giorgio Sganga, della Cna professioni, Giorgio Berloffa. E ancora: il presidente di Equitalia Vincenzo Busa, gli amministratori delegati Mauro Moretti (Finmeccanica), Domenico Arcuri (Invitalia) e Luigi Calabria (Mediocredito centrale). E ancora i direttori dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, dell’Agenzia beni confiscati, Umberto Postiglione, dell’Inail, Giuseppe Lucibello. I presidenti della Regione Veneto, Luca Zaia, e della Regione Basilicata, Marcello Pittella, l’assessore al Lavoro della Regione Sicilia, Bruno Caruso. E i magistrati Nicola Gratteri, Bruno Giordano e Giuliana Sammartino.Per tutta la durata del festival a piazza Verdi sarà allestito il Job Village per fornire a chi è in cerca di occupazione assistenza, guide pratiche, servizi e informazioni. Ma non mancheranno nemmeno lo sport e l’intrattenimento, con spettacoli serali e la mini-maratona “FestivalRun”. Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno la partecipazione al festival è gratuita, ma con iscrizione obbligatoria (quelle online sul sito www.festivaldellavoro.it, dove è possibile scaricare anche il programma dettagliato delle tre giornate, sono chiuse, ma sarà possibile accreditarsi direttamente al festival). La partecipazione ad alcuni incontri permetterà, inoltre, di acquisire crediti per la formazione continua obbligatoria per gli iscritti agli Ordini dei Consulenti del lavoro, dei Commercialisti, dei Giornalisti, degli Ingegneri e degli Avvocati.Sara Grattoggi

La Banca Mondiale cerca i leader di domani: in scadenza il bando per lo Young Professionals Program

Retribuzioni nette annue oscillanti tra  i 70mila euro e i 99mila euro, cioè tra 5800 e poco più di 8mila euro al mese. Questo sarebbe già un motivo più che valido per definire «un’opportunità unica per i giovani appassionati di sviluppo internazionale per diventare leader del futuro», così come è presentata sul sito, il Programma per giovani professionisti (Young Professionals Program) della Banca Mondiale, per il quale sono aperte le candidature fino al prossimo 30 giugno.Non è stato stabilito ancora il numero preciso di partecipanti, che viene deciso a fine processo di selezione sulla base dell’esito dello stesso e delle opportunità aperte sulla base delle esigenze e risorse disponibili. Di solito sono mediamente 30 i partecipanti al programma, che darà la possibilità di effettuare un’esperienza professionale della durata di cinque anni rinnovabili all'interno dei quali i primi due sono da Young Professionals, prevedendo cioè un programma di lavoro ma anche un continuo training, con la possibilità di svolgere il lavoro a Washington, ma anche, da una delle sedi dell'organizzazione presenti nei paesi in via di sviluppo.Requisiti per partecipare alle selezioni età non superiore ai 32 anni (bisogna essere nati dopo il 1982), laurea magistrale o master in svariati corsi di studio. «C’è spazio per qualsiasi disciplina che possa offrire sbocchi nell’ambito dello sviluppo e dei paesi in via di sviluppo. Familiarizzare con le attività della Banca può aiutare a capire quali discipline possano offrire però maggiori opportunità», racconta alla Repubblica degli Stagisti Roberto Amorosino, senior recruiter della World Bank. Tra questi economia, finanza, istruzione, salute pubblica, scienze sociali, ingegneria, urbanistica e gestione delle risorse naturali e avere tre anni di esperienza professionale legata agli ambiti di attività della World Bank o a un percorso di dottorato. Criteri non certo ampi, più che altro perché, quantomeno in Italia, è difficile trovare persone che abbiano maturato già tre anni di esperienza professionale significativa o abbiano a curriculum un dottorato. Il programma però, ci spiega Amorosino, «ha l’obiettivo di identificare, fra l’altro, anche - almeno alcuni fra - i future leaders della Banca».  Necessaria la conoscenza fluente dell’inglese mentre è considerato un plus la padronanza di una delle lingue ufficiali della Banca, ossia arabo, cinese, francese, portoghese, russo, spagnolo. Fondamentale anche aver approfondito  tematiche vicine alle attività della World Bank.Il processo di candidatura prevede come step la registrazione al sito, l’accesso e la compilazione dell’application form online, cui vanno allegati cv, eventuali certificazioni e abstract della propria tesi di master o dottorato. Sono numerosissime, circa 10mila, le richieste che ogni anno arrivano alla World Bank; e in tutto 1700 quelli che ce l'hanno fatta: cioè che sono assunti dall’istituzione del programma, nel 1963, a oggi. Persone che hanno successivamente fatto carriera all’interno dell’istituzione a diversi livelli. Criteri privilegiati nel processo di selezione sono «formazione accademica e tecnica adeguata, field and policy work, writing and presentation skills, client engagement, team work», spiega Amorosino. Alla Repubblica degli Stagisti sarebbe piaciuto sapere, e poter raccontare ai suoi lettori, quanti italiani mediamente si candidano ogni anno al programma, quanti ce la fanno, e quanti di quei "fantastici 1.700" sono di nazionalità italiana: ma purtroppo, dopo settimane in paziente attesa di risposte, la Banca Mondiale ha fatto cadere nel vuoto le richieste.A che cosa avranno diritto i «vincitori» del Programma? Nella FAQ presenti sul sito si parla di un entry level commisurato alla propria formazione e precedente esperienza professionale: «In World Bank il salario è stabilito su tre fattori: livello della posizione, anni di esperienza rilevante e valutazione del candidato sulla base dell’esito delle qualificazioni, esito delle interviste, e così via. Il Programma YP è a livello GF  che prevede una forbice fra un minimo di 78.300 e un midpoint di 111.900 dollari netti annuali» chiarisce a RdS Amorosino. Stipendi di tutto rispetto, proprio perché il programma  non è rivolto a neolaureati "comuni", e prevede criteri di selezione abbastanza impegnativi. Ma, come si dice, tentar non nuoce: per cui perché non provare a cogliere questa opportunità?Chiara Del Priore 

Bandi Erasmus Plus, oltre 800 stage all'estero a bando: da Sassari a Roma tutte le scadenze

Parafrasando un famoso detto, «i bandi Erasmus Plus non finiscono mai». Chi cerca nuove opportunità di formazione all’estero può provare a candidarsi. «È possibile effettuare una mobilità per traineeship all’estero, dai 2 a 12 mesi, presso una impresa o altra organizzazione, in uno dei Paesi partecipanti al Programma» si legge nella pagina ufficiale del sito Erasmus+: oltre agli studenti, «anche gli assistenti di lingua, così come i neolaureati, possono fare domanda di traineeship. Questi ultimi dovranno rispondere al bando di Ateneo e risultare selezionati, prima di laurearsi; dal momento del conseguimento della laurea, ci sono 12 mesi di tempo per svolgere la mobilità di traineeship».Partiamo dalle scadenze più imminenti. Il prossimo 25 giugno è l’ultima data utile per fare domanda per il programma di mobilità promosso dall’università Tor Vergata di Roma. Destinatari studenti di corsi triennale, specialistica o a ciclo unico che non abbiano già beneficiato di mobilità Erasmus Plus o effettuato altri scambi internazionali, con una conoscenza della lingua del paese ospitante pari almeno al livello A1. L’ateneo offre 500 borse di mobilità con partenze previste a settembre 2015 e febbraio del prossimo anno di durata variabile tra i tre e i 12 mesi. Il periodo di mobilità deve necessariamente concludersi entro il 30 settembre 2016. Gli importi netti mensili oscillano tra i 230 euro di paesi come Bulgaria e Polonia e i 280 di Stati come Austria, Danimarca o Norvegia, a cui si aggiunge un contributo di 200 euro mensili. La domanda di partecipazione va effettuata esclusivamente online, collegandosi all’area dedicata agli studenti del portale dell’università.Sono 337 invece le borse di studio per tirocini all’estero di durata tra i due e i sei mesi messe a bando dall’università di Sassari. L’ultimo giorno per candidarsi è il 26 giugno 2015. I contributi stanziati per le borse di studio vanno dai 430 euro netti mensili di paesi di terza fascia con costo della vita basso, tra cui Malta e Ungheria, ai 480 ad esempio di Svezia e Regno Unito. A questi importi si aggiunge una borsa aggiuntiva fissata dal Miur di 270 euro o 220, variabile anch’essa in base al costo della vita dei paesi ospitanti. Destinatari gli studenti di qualsiasi corso di laurea dell’ateneo. La presentazione delle candidature è articolata in due fasi: compilazione del modulo di candidatura online sul sito dell’università, cui va allegato il proprio cv e invio della stampa cartacea del modulo in duplice copia all’ufficio Relazioni Internazionali dell’università (via Macao 32, Sassari) entro la data indicata.Il progetto Mobility Consortia, gestito dall’ente capofila Mine Vaganti NGO, comprende invece una serie di enti pubblici e privati e nove università italiane (università degli Studi di Padova, università Alma Mater Studiorum di Bologna, università Tor Vergata di Roma, università degli Studi di Sassari, università degli Studi della Basilicata, università della Calabria, Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, università “Kore” di Enna e università di Messina). Il bando del consorzio rende disponibili 100 borse di mobilità di tre mesi ciascuna, destinate a studenti di qualsiasi corso di laurea iscritti nelle università precedentemente elencate. Nel dettaglio sono state fissate 13 borse per gli studenti regolarmente iscritti all’Università degli studi di Padova, 10 per Bologna, 13 per Tor Vergata,  13 per Sassari, 10 per la Basilicata, 10 per la Calabria, 11 per l’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, 10 per  di Enna e 10 per Messina. Il 30 giugno la data di scadenza del bando. L’importo mensile cambia in base al costo della vita del paese di destinazione e può oscillare tra i 230 e i 480 euro netti mensili, validi come contributo forfettario per le spese di viaggio, vitto e alloggio. La cifra è erogata in due fasi, la prima, pari al 30% del totale, entro il primo mese di permanenza e la restante quota entro 120 giorni dalla fine del soggiorno. La candidatura va inviata esclusivamente online attraverso la compilazione del modulo disponibile sul sito www.heiconsortium.it, da inviare poi all’indirizzo di posta elettronica info [chiocciola] heiconsortium.com, allegando cv formato europeo in italiano e nella lingua del paese di destinazione.Può fare con più calma - la scadenza è fissata al 15 ottobre - chi intende concorrere per una delle 70 borse di mobilità della durata di un mese per paesi anglosassoni e Spagna messe a bando nell’ambito del progetto FORM-AZIONE II, promosso dalla cooperativa sociale Ferrante Aporti. Destinatari neodiplomati (il titolo deve essere stato conseguito da non più di un anno) provenienti da Puglia, Abruzzo, Molise, Lazio, Umbria, Marche, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, che desiderino fare un’esperienza formativa in realtà del settore turistico o sociale, con partenza fissata da maggio del prossimo anno. Per partecipare è necessario compilare il modulo (disponibile a questa pagina), cui vanno allegati cv formato europeo, certificato di diploma ed eventuali certificati linguistici. La domanda può essere inviata via email all’indirizzo laura.sgura [chiocciola] lavaligiadileonardo.it, consegnata a mano alla cooperativa o spedita mediante raccomandata all’indirizzo della cooperativa (viale Commenda 26, 72100 Brindisi). La borsa copre, tra i vari servizi, soggiorno in pensione completa presso famiglia o ostello e viaggio andata e ritorno per e da i paesi di destinazione. Il tirocinante non dovrà anticipare nulla, in quanto tutti le spese saranno pagate dalla cooperativa prima della partenza.Chiara Del Priore