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La vergogna degli stage gratis all'Onu, la battaglia per il diritto a ricevere un compenso si sposta a New York

«Quello che comincia oggi a New York sarà il momento più importante degli ultimi venti anni e probabilmente dei prossimi venti»: così Matteo De Simone di Fair Internship Initiative descrive alla Repubblica degli Stagisti quello che a partire da questa settimana succede nel palazzo dell’Onu nella Grande Mela. Oggi, infatti, nella Quinta Commissione della 73esima sessione comincia la discussione della Joint Inspection Unit  sugli stage all’interno delle agenzie facenti parte delle Nazioni Unite.«Accogliamo con favore la discussione, basata su una relazione e sulle raccomandazioni della Joint inspection unit, con il fine di migliorare i programmi di tirocinio in tutto il sistema delle Nazioni Unite» commenta Rhéal Le Blanc, viceportavoce delle Nazioni Unite a Ginevra, rispondendo per conto di Alessandra Vellucci, direttrice del servizio di informazione del Palazzo delle Nazioni, al momento impossibilitata a rispondere alle domande della Repubblica degli Stagisti. «Pensiamo sia importante fornire questa esperienza formativa ai giovani e molti dei nostri dipendenti dedicano molto tempo a istruirli e aiutarli per rendere questa esperienza meritevole». E cita una dichiarazione di Michael Moller, direttore generale dell'ufficio Nazioni Unite a Ginevra, «Dobbiamo assicurarci che giovani qualificati provenienti da tutte le parti del mondo possano unirsi alla nostra organizzazione come stagisti, indipendentemente dalla loro provenienza. Perciò accolgo con favore le discussioni in corso sull’equa remunerazione degli stage e spero che, insieme ai nostri Stati membri, troveremo una soluzione soddisfacente in breve tempo».Le Blanc però ci tiene a precisare che i candidati sono «pienamente informati sulle condizioni degli stage offerti» e che loro incoraggiano sempre i giovani a «sollecitare sponsorizzazioni o borse di studio dai loro governi, o da università o altri enti». Ribadendo ancora una volta che il pagamento dei tirocini al Segretariato delle Nazioni Unite «dipende dall’Assemblea generale  e dagli Stati membri, gli unici in grado di cambiare questa situazione»: insomma, al momento il budget del Segretariato non sarebbe sufficiente per offrire posizioni di stage con indennità, e dunque i tirocini continuano ad essere gratuiti, ma nonostante questo «continuiamo a ricevere moltissime domande per effettuare tirocini, e questo dimostra il valore che i giovani danno a questa opportunità di crescita professionale e personale».Per capire di cosa si stia parlando bisogna fare un passo indietro e ricordare cosa è successo negli ultimi due anni a proposito degli stage nelle organizzazioni internazionali: un tema che la Repubblica degli Stagisti ha seguito sempre con grande attenzione attraverso i suoi articoli e le sue campagne di opinione. La nostra prima denuncia di quella che avevamo definito la “lista dei tirchi”, cioè la "black list" degli organismi internazionali che non pagavano gli stagisti, risale addirittura al 2011! E già allora l'Onu era tristemente presente, con quasi tutte le sue agenzie.Nell’estate del 2017 le organizzazioni a difesa degli stagisti avevano lanciato l’allarme sulla possibile cancellazione del rimborso spese per i tirocinanti della Fao, una delle pochissime agenzie Onu che pagava i suoi stagisti (con 700 euro al mese). L’intento delle Nazioni Unite era quello, infatti, di uniformare le tante policy in vigore nelle 28 agenzie su questo tema, e giungere a una standardizzazione del sistema con possibili «implicazioni su come le agenzie Onu pagheranno i tirocinanti», aveva spiegato l’ufficio stampa del direttore generale Da Silva. Di fatto un’ammissione della intenzione di cancellare dappertutto – anziché introdurre dappertutto – la pratica di erogare una congrua indennità agli stagisti.Allarme poi confermato a febbraio 2018, quando i tirocini in Fao sono stati di fatto sospesi. Gli uffici del Fondo alimentare, interpellati dalla Repubblica degli stagisti, si erano limitati all'epoca a far sapere che il programma era ancora in fase di revisione.Da allora più nulla: per questo il dibattito che comincia oggi è fondamentale, perché affronterà globalmente il tema tirocini all’interno di tutte le organizzazioni Onu. E sopratutto non si potrà certamente tornare indietro rispetto a quanto già affermato nella Joint inspection unit del 2009, dove si raccomandava di prevedere almeno buoni pasto giornalieri, abbonamenti ai trasporti e un contributo economico per coprire i costi assicurativi per gli stagisti senza rimborso spese.Da questa cronostoria emerge chiaramente la portata dell’evento di oggi: dal prossimo anno le migliaia di giovani che fanno stage all'Onu e nelle sue agenzie potranno avere diritto a una congrua indennità? Due mesi fa, a settembre, una nota del Segretario generale dell’Onu ha portato all’attenzione dei membri dell’assemblea l’ultimo report della Jiu del 2018. Nel report si prendono in considerazione gli anni dal 2009 al 2017 «durante i quali il numero di tirocini alle Nazioni Unite è cresciuto sensibilmente». E si afferma che «un programma di tirocinio coerente in tutto il sistema delle Nazioni Unite, con un’insieme di buone pratiche basate su una struttura di riferimento, migliorerebbe l’efficacia dei programmi e la reputazione delle organizzazioni interessate». La scusa sempre addotta in questi anni dai vari dirigenti è, ovviamente, che non ci sarebbero fondi disponibili nei bilanci dell'Onu e delle sue agenzie per pagare una indennità agli stagisti. Ma è tutta una questione di volontà e di scala di priorità nella allocazione degli – ingenti – fondi esistenti, in realtà. Anche il report infatti specifica che all’interno delle organizzazioni andrebbero trovati meccanismi di finanziamento per «riassegnare le risorse esistenti o istituire meccanismi mirati di raccolta fondi per supportare i tirocinanti su base meritocratica», garantendo quindi varietà di contesto, origine etnica, geografica, genere.Il lato positivo del report è che finalmente viene messo nero su bianco che «la gran parte delle precedenti raccomandazioni non sono state applicate». E si arriva a farne sette nuove che dovrebbero rafforzare la coerenza, l’efficacia, la responsabilità nell’uso dei tirocini. Per ognuna di queste è arrivata a fine settembre la risposta del segretario generale. Che ha innanzitutto precisato come «varie organizzazioni abbiano già riformato i loro programmi di tirocinio» e puntualizzato che esprimono riserve sull’accettazione di tutti gli elementi proposti.Il segretario generale afferma, poi, che «le organizzazioni accolgono favorevolmente il suggerimento di introdurre un sistema di programmi di tirocinio più coerente che promuova l’armonizzazione delle buone prassi», ma non tutte sono d’accordo sull’attuazione di tutti i parametri suggeriti. E chiedono di valutare costi e benefici.Il vero nodo arriva più avanti. La raccomandazione 4 dice che l’assemblea generale dovrebbe chiedere di «aggiornare il quadro delle risorse umane per includere una categoria degli stagisti che non sia classificata sotto “personale gratuito”» anche per facilitare l’introduzione di qualche sistema di pagamento. Ma su questo punto specifico il segretario generale prende tempo, sottolineando come questo sia il cambiamento chiave, ma che necessiti di «ulteriori consultazioni» perché secondo le organizzazioni l’introduzione di una nuova categoria per gli stagisti avrà delle implicazioni sul bilancio. Perché logicamente più personale da pagare significa inevitabilmente una sua revisione.La Fair Internship Initiative è soddisfatta per le raccomandazioni della JIU e ha incoraggiato tutti gli Stati membri a dare attuazione ai punti evidenziati, sottolineando come l’uniformità nell’applicazione delle buone pratiche sui tirocini sia fondamentale per evitare che alcune organizzazioni non riescano a fare le riforme necessarie. E soprattutto ha chiesto negli ultimi giorni a tutti i delegati di affrontare con priorità di urgenza la tematica dei compensi per gli stagisti, visto che i tirocini nel sistema odierno delle Nazioni Unite aumentano solo le differenze e discriminazioni tra soggetti provenienti da realtà sociali e culturali diverse. Per questo è importante introdurre un rimborso spese e cambiare lo status da personale gratuito a una categoria dedicata, perché è proprio questa indicazione che «impedisce qualsiasi reale miglioramento della politica di tirocinio». La Fair Internship Initiative ha, quindi, incoraggiato tutti i delegati a presentare un progetto di risoluzione per sostenere questo cambiamento di status e «prevedere un sostegno finanziario pari al venti per cento dell’indennità di sussistenza giornaliera».Cosa succederà adesso? È presto per dirlo. La Fair Internship Initiative ha avuto incontri con alcuni rappresentanti di Paesi presenti alle Nazioni Unite e fissato proprio per il pomeriggio di domani, venerdì 16 – data in cui la discussione entrerà nel vivo – il suo International Interns’ Day a Ginevra, cui prenderà parte anche Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Speriamo sia un buon segno. Marianna Lepore Foto in alto a destra: da Flickr di UN Geneva in modalità Creative Commons Foto di apertura: di Antonio Bellotta  

Everis apre le porte ai giovani appassionati di innovazione, previste 200 assunzioni entro la fine dell'anno fiscale

Mercoledì 21 novembre Everis Italia, azienda che la Repubblica degli Stagisti ha più volte premiato con il riconoscimento “Best Stage” per il miglior tasso di assunzione post stage e per il più alto rimborso spese, inaugura la sua nuova sede di Milano. E sceglie di farlo con un evento, Hello Future! #everislabx1day, aperto a dipendenti, clienti, partner, start-up, giornalisti e giovani interessati al mondo dell’innovazione. «Vogliamo far sì che il nuovo ufficio prenda vita e si trasformi in un laboratorio di idee» spiega Patrizia Manganaro, Capo People di Everis Italia «e un modo per raccontare cosa fanno e vorrebbero fare i 500 giovani che ci lavorano per migliorare la vita di tutti attraverso l’information technology e la digital transformation». Il 21 novembre la nuova sede milanese ospiterà in contemporanea una serie di workshop dedicati a tematiche quali intelligenza artificiale, robotica, exponential digital evolution, machine learning, inclusion&diversity, nuove metodologie e nuove tecnologie. «Abbiamo colto l’occasione per invitare partner e clienti a raccontare cosa tutto l’ecosistema sta facendo per rendere più accessibili questi temi e calarli in un mondo fatto di persone», aggiunge Manganaro. Tra i vari momenti di riflessione, si parlerà dei trend del futuro con lo speech di Martin Wezowski, SAP chief designer & futurist, e ci saranno le testimonianze di alcune delle start-up innovative che hanno partecipato agli Everis Italia Awards e che faranno provare ai presenti le proprie tecnologie di realtà immersive, IoT, intelligenza artificiale, deep learning etc. Ma soprattutto, nell’ambito della giornata inaugurale, si terrà il primo Career Day aziendale di Everis Italia: il team HR durante tutta la giornata raccoglierà le candidature dei ragazzi e risponderà alle loro domande sul mondo Everis. E' previsto anche un confronto tra il general manager di Bic Italia Alessandro Renner, la People&Culture Director di OneDayGroup-ScuolaZoo Betty Pagnin e Patrizia Manganaro per invitare i ragazzi a raccontare cosa guardano in un’azienda in fase di ricerca di lavoro e di inserimento e, allo stesso tempo, per capire cosa cercano e valutano le aziende nei candidati e poi nei neoassunti. A portare la propria testimonianza ai ragazzi ci saranno anche giovani entrati da poco nel mondo Everis. «Credo che quando l’esperienza non è troppo lontana è più efficace» spiega Gabriele Garofalo, 28 anni, functional analyst: «Per questo faccio anche training e mentorship, mi piace dare un giveback di quanto ricevuto».Laureato in Management con indirizzo Sviluppo, impresa e innovazione, entrato in Everis un anno fa con uno stage per poi essere assunto a tempo indeterminato, Garofalo darà ai partecipanti qualche suggerimento su come colpire i selezionatori: «Quello che cerca l’azienda è un’apertura mentale diversa, io credo di averli convinti per la mia voglia di fare e imparare e per la mia forma mentis non standard. Ai ragazzi consiglierò di trovare e far emergere il tratto distintivo del proprio carattere, che può fare la differenza». L’invito è quello di partecipare numerosi al Career Day, in quanto la nuova sede – che si occuperà dei principali ambiti di interesse di Everis quali telecomunicazioni, energia, banche e industria – porterà all’ampliamento del personale e i profili ricercati saranno molteplici. «Da qui alla fine dell’anno fiscale abbiamo idea di fare 200 assunzioni, tra neolaureati e persone con esperienza» spiega Manganaro «in materie economiche, scientifiche e naturalmente informatiche. Non cerchiamo solo programmatori ma persone che hanno una passione per la sfida e l’innovazione e che sono interessate ad approfondire le tematiche legate alla digital transformation. Le competenze tecniche si possono acquisire dopo». Per questo il Career Day è aperto a tutti. «Ai ragazzi diciamo: “Se siete interessati a conoscere questo mondo, anche se non è la vostra prima materia di studio, veniteci a trovare!”». Ci si può iscrivere ai bootcamp su Eventbrite o attraverso l'evento Facebook.Rossella Nocca

Alternanza scuola lavoro, se usata bene dà buoni frutti

«Sono stato in Nestlé per due settimane in l’alternanza scuola lavoro, e ne sono rimasto molto soddisfatto. Da questa esperienza ho tratto anche delle idee su quale potrebbe essere il mio futuro universitario: per me dunque è stata fruttuosa al 100%!»La testimonianza di Michele Donato, 17enne studente dell’Istituto Moreschi di Milano, sembra arrivare in controtendenza rispetto ai tempi. Nella legge Finanziaria 2019 in discussione proprio in queste settimane c’è infatti un deciso passo indietro sull’alternanza scuola-lavoro: la bozza proposta dal Governo Lega-Cinquestelle prevede infatti che vengano drasticamente diminuite (leggi: più che dimezzate) le ore previste per questo tipo di attività, e di conseguenza anche i fondi a disposizione per le scuole.Che l’alternanza non sia stata attuata nel migliore dei modi dappertutto è un dato di fatto: alcuni casi sono anche finiti sui giornali. Ma che l’alternanza sia un elemento indispensabile per avvicinare i giovani al mondo del lavoro – questo è un altro dato di fatto, piaccia o no. Questo metodo didattico è praticato già da anni in molti Paesi che non a caso possono vantare mercati del lavoro più forti e tassi di disoccupazione giovanile infinitamente più bassi di quello italiano, come Svizzera e Germania. Insomma: se usata bene dà certamente buoni frutti. Da noi esiste da oltre dieci anni, ma solo con la riforma della Buona Scuola, nel 2016, è diventata obbligatoria - mentre prima era facoltativa, a discrezione della buona volontà e dell’efficienza dei singoli istituti scolastici.Ora è un diritto per un milione e mezzo di studenti ogni anno, iscritti agli ultimi tre anni di licei, istituti tecnici, scuole professionali. E se è vero che la qualità (e utilità) di questo tipo di attività cambia moltissimo da territorio a territorio, da singolo percorso a singolo percorso, è vero anche che ci sono dei casi di eccellenza.Per esempio Nestlé, che non a caso da un decennio fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, tra il 2016 e il 2018 ha coinvolto più di 1500 studenti di scuola superiore in attività di alternanza scuola-lavoro. In particolare, i ragazzi sono stati accolti nell’headquarter del gruppo ad Assago, alle porte di Milano, ma anche negli stabilimenti produttivi sparsi in giro per l’Italia: da quello di San Sisto, in provincia di Perugia, dove si producono cioccolato ed altri prodotti dolciari come i Baci Perugina, a quello di Benevento dove si confezionano i surgelati di Buitoni e Valle degli Orti, a quello di Portogruaro, in provincia di Venezia, la cui produzione è dedicata ai quattrozampe (un esempio su tutti: le crocchette Friskies), e poi ancora Cepina Valdisotto, in provincia di Sondrio, dove viene imbottigliata l’acqua minerale Levissima, o Sanpellegrino Terme dove si produce non solo l’omonima acqua ma anche l’aperitivo Sanbitter, e via via lungo lo Stivale negli stabilimenti di Madone (Bergamo), Castrocielo (Frosinone), San Giorgio in Bosco (Padova), Scarperia (Firenze), Santo Stefano di Quisquina (Agrigento). Tutte fabbriche che hanno aperto le proprie porte, negli ultimi due anni, a centinaia di studenti in alternanza.Nestlé ha raccontato il suo impegno nell’alternanza scuola-lavoro qualche giorno fa a Milano durante l’evento “A scuola di azienda in azienda - Quando l’orientamento tra scuola e impresa funziona”, organizzato in collaborazione con Gi Group e con altre tre aziende attente al tema della formazione e dei giovani (Eni, Enel e Allianz).«L’alternanza è importantissima» esordisce Giacomo Piantoni, direttore Risorse umane del gruppo Nestlé in Italia: «Lo dico come manager ma sopratutto come papà di Camilla, che ha diciotto anni, e di Alessandro che ne ha quindici». Perché in effetti quando la conclusione delle scuole superiori comincia a stagliarsi all’orizzonte le famiglie sperimentano la nuova inquietudine: cosa farà il proprio figlio? Continuerà a studiare, e se sì, cosa? Come si approccerà al mondo del lavoro? Chi lo guiderà? Con quali competenze arriverà al suo primo lavoro?L’alternanza esiste proprio per questo: per avvicinare il mondo della scuola e quello del lavoro, permettere ai giovani di “scoprire” mentre studiano, per brevi periodi, cosa vuol dire lavorare. Come si sta in un luogo di lavoro, come ci si relaziona con colleghi e superiori, come si organizza il tempo per svolgere le proprie mansioni. Un periodo così può anche servire, come conferma anche la testimonianza del giovane Michele, a scegliere con più cognizione di causa a quale facoltà universitaria iscriversi dopo la maturità: attraverso l’alternanza si può scoprire un proprio talento nascosto, un interesse magari addirittura improbabile; o, al contrario, aprire gli occhi scoprendo che il mestiere dei sogni poi, in concreto, tanto dei sogni non è.Perché l’alternanza possa esistere, però, ci vuole impegno e collaborazione. Le scuole si devono aprire al mondo produttivo sul proprio territorio, stringere alleanze. «In un primo tempo abbiamo realizzato progetti di alternanza negli istituti tecnici e nelle scuole professionali, e da un paio d’anni abbiamo sviluppato l’alternanza anche nei licei» prosegue Piantoni: «Ci siamo approcciati alle scuole stabilendo obiettivi comuni con i referenti scolastici – riscontrando, bisogna ammetterlo, grandi differenze tra istituto e istituto. Ci sono scuole molto preparate e aperte al dialogo con le aziende; altre fanno più fatica, a volte non è chiaro chi è il referente interno alla scuola per questi temi». Ma non bisogna demordere, e perseguire l’obiettivo di «lavorare a sei mani – scuola, azienda e ragazzi – per costruire percorsi di qualità». La qualità comincia già dall’avere un progetto formativo chiaro: «Noi abbiamo deciso di focalizzarci sulle competenze più soft» spiega l’HR manager: «Non temi tecnici dunque, ma competenze trasversali». Fare alternanza in Nestlé per i ragazzi vuol dire essere coinvolti in «attività pratiche e concrete», pensate per aiutarli «a orientarsi e a capire sé stessi». Un altro caso positivo è quello di Eni, che ha una ragione sociale (Eni Corporate University spa) espressamente dedicata alle attività di selezione e formazione del personale, a cui si affiancano anche la gestione, attraverso la Scuola Mattei, di un master in Management ed economia dell’energia e dell’ambiente e la promozione di accordi con università e, appunto, di progetti di alternanza scuola-lavoro. «Per l’alternanza noi proponiamo alle scuole un menù in cui loro scelgono le attività che privilegiano» racconta Massimo Culcasi, vicepresident Reperimento, Selezione, Rapporti con le università e le scuole di Eni Corporate University: «Nel triennio scolastico 2015-2018 hanno fatto alternanza con noi in presenza oltre 7mila studenti provenienti sia da istituti tecnici sia da licei, con ottimi riscontri in entrambi i casi». A volte però non tutto fila liscio: «Abbiamo avuto qualche problemino con alcune scuole di alcuni territori» ammette Culcasi: «Ci è capitato che ci mandassero gruppi di ragazzi senza verificare prima se quei ragazzi fossero effettivamente interessati alle attività che proponevamo». La disponibilità degli studenti, e in particolare l’apertura verso l’esperienza in azienda, è un fattore molto importante per la buona riuscita di questi percorsi: è essenziale dunque che i partecipanti siano i primi ad essere motivati ed entusiasti all’idea di mettere un piede, per qualche settimana, in una data realtà.Non a caso, anche i ragazzi quando vengono chiamati a dire la loro sottolineano quanto sia importante non essere mandati “a casaccio” in alternanza, senza avere voce in capitolo e senza sapere cosa si andrà a imparare, come e perché. «Nel nostro periodo di alternanza in Nestlé io e i miei compagni abbiamo avuto l’occasione di stilare un decalogo di regole, diritti e doveri che secondo noi le scuole e le aziende dovrebbero rispettare per farci avere la migliore esperienza possibile» racconta ancora il giovane Michele Donato. E infatti il primo punto del decalogo si intitola “Programma visibile” e sollecita «la possibilità di selezionare e proporre l’esperienza in base a nostre attitudini e indirizzo scolastico»; il secondo chiede una «maggior trasparenza riguardo le attività che andremo a svolgere». Dove andrà a finire l’alternanza scuola-lavoro, politicamente e concretamente, lo si capirà solo quando finalmente verrà approvata la Finanziaria 2019. La speranza è che non venga buttato il bambino con l’acqua sporca, e che le buone pratiche delle aziende che in questi anni si sono distinte per l’attenzione alla qualità dei percorsi di alternanza possano proseguire, coinvolgere sempre più studenti, “contagiare” altre aziende stimolandole a progettare percorsi di qualità in collaborazione con le scuole del proprio territorio. Perché l’alternanza, se fatta bene, è un formidabile strumento di orientamento.

A Bruxelles e Ginevra manifestazioni per i diritti degli stagisti: sono 4 milioni e mezzo solo in Europa

Tirocini gratis: non è una novità bensì purtroppo una costante che da anni, ormai, affligge i giovani in Italia e nel resto del mondo. Lo stage è un appuntamento pressoché obbligatorio nel percorso di accesso al lavoro; spesso si protrae per mesi se non anni. Chi li fa ha pochi diritti, nonostante la situazione in alcuni Paesi – Italia compresa – sia negli ultimi anni parzialmente migliorata. A loro, agli stagisti, è dedicata la quarta edizione dell’International Interns’ Day 2018.L’evento si svolge a Bruxelles e comincia proprio questo pomeriggio alle cinque e mezza in Place du Luxembourg, al ristorante The Grapevine, dove gli stagisti potranno “dare un voto” alle aziende ed enti che li ospitano, ascoltare le storie di altri tirocinanti e prendere informazioni sulla battaglia contro gli stage senza rimborso spese. Sarà possibile anche dare un’occhiata a Transparency at Work, la piattaforma che capovolge la realtà a cui siamo abituati e in cui sono i giovani stagisti a valutare i tirocini e le esperienze lavorative. Un appuntamento, quindi, per avere maggiore consapevolezza sulla situazione attuale di stagisti e giovani lavoratori. La vera manifestazione, però, è per domani, venerdì 9 novembre: dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio presso l’ufficio dello Spanish National Research Council, a Bruxelles, si discute il tema “Stage di qualità: primo passo verso un lavoro adeguato?”. Al dibattito, durante il quale studenti, universitari e responsabili politici avranno modo di esprimere il loro punto di vista sul ruolo che un tirocinio di qualità gioca nella società odierna, è prevista anche la partecipazione, in rappresentanza del Parlamento europeo, dell'eurodeputato spagnolo Javi López, membro della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Di nuovo, un'occasione anche per spiegare come utilizzare gli strumenti della campagna Transparency at work (Trasparenza al lavoro) per responsabilizzare i datori di lavoro e i giovani professionisti.Sempre venerdì c'è un secondo appuntamento in programma, dal titolo “Il quadro europeo di qualità per tirocini per gli studenti”, dalle nove e mezza fino all'ora di pranzo presso il Management Centre del CEN, il Comitato europeo di normazione, l’ente normativo che ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche in Europa in collaborazione con gli altri enti nazionali e sovranazionali. Durante questo appuntamento il progetto europeo Sprint (Standardizzare le migliori pratiche sui tirocini) e il Comitato europeo di normazione lanceranno una consultazione pubblica per creare una comune norma europea sui tirocini. Non solo, sarà presentata anche la mappatura delle normative sui tirocini in Europa e le migliori pratiche adottate fino ad oggi. Per quanto essenziali per colmare il gap tra istruzione e lavoro, gli stage molto spesso infatti non raggiungono il loro scopo. E nonostante siano sorte molte iniziative in tutta Europa, talvolta anche seguite da interventi normativi, per fornire un quadro di qualità e garantire lo sviluppo professionale degli stagisti, «la proliferazione di vari quadri di qualità comporta una mancanza di credibilità e ostacola la mobilità dei giovani professionisti in quanto norme diverse possono essere applicate in paesi diversi, rendendo più difficile identificare facilmente uno stage di qualità». Per questo motivo il Cen WS 95 svilupperà un quadro di qualità per gli stage confrontando le legislazioni dei vari Stati membri dell’Unione europea.Ma quanti sono i giovani oggi che fanno uno stage gratuito o svolgono un tirocinio senza alcun contenuto educativo? «Sfortunatamente non ci sono dati più recenti di quelli relativi al 2017 perché non sono state fatte nuove indagini», spiega alla Repubblica degli Stagisti Alexandre Beddock di InternsGoPro, una organizzazione che mira a migliorare le condizioni generali dei tirocini in Europa: «Per questo motivo l’anno scorso abbiamo lanciato Transparency at work,  per collezionare nuove statistiche. E un anno dopo più di 850 aziende sono state votate dagli ex stagisti: abbiamo collezionato 1500 votazioni». L’obiettivo di questo “Trip Advisor per gli stage in azienda” è di raggiungere un milione di persone – con lo scopo, appunto, di armonizzare gli standard di lavoro nell’Unione europea. Per valutare i datori di lavoro sono stati utilizzati una ventina di indicatori focalizzati su sei criteri: retribuzione, offerta e contratto, supervisione e gestione, contenuto dell’apprendimento, sviluppo della carriera e contratto, ambiente di lavoro. In base a questi criteri vengono lasciati i voti e si riesce a capire quali siano le migliori aziende secondo gli stagisti. Con l’obiettivo di riuscire a produrre degli incroci migliori tra datori di lavoro e giovani. Venerdì, durante l’International Interns Day, InternsGoPro pubblicherà l’elenco delle migliori aziende a Bruxelles, in base ai dati collezionati durante l’anno. Risultati che potranno tornare sicuramente utili agli oltre 4,5 milioni di giovani che fanno un tirocinio in Europa di cui, secondo i dati relativi al 2017, quasi il sessanta per cento senza un rimborso spese, quattro su dieci addirittura senza un contratto di stage e poco meno di un terzo senza alcun contenuto educativo.Oltre all’evento bruxellese di InternsGoPro ce ne sarà anche un altro organizzato dalla Fair Internship Initiative a Ginevra: una manifestazione fissata per lunedì 12 novembre, dedicata agli stagisti alle Nazioni Unite. Entrambi gli eventi hanno lo scopo di evidenziare all'opinione pubblica e ai decision maker come quasi la metà degli stagisti oggi, in Europa e non solo, debba contare necessariamente sul sostegno economico dei propri genitori durante lo stage – se esso non prevede un congruo rimborso spese. Con la conseguenza scontata che non tutti possano permettersi questa esperienza. E così lo stage, paradossalmente, diventa un odioso elemento di blocco dell'ascensore sociale.Marianna Lepore  

Cento stagisti al Comune di Napoli, un tirocinio formativo ma senza sbocchi lavorativi (in violazione di una certa circolare...)

È partito un mese fa presso il Comune di Napoli il nuovo ciclo di tirocini formativi per gli iscritti al programma Garanzia Giovani.  Centoundici napoletani con un’età media di 25 anni hanno così cominciato il loro stage che durerà sei mesi, alla presenza dell’assessore ai giovani, Alessandra Clemente, e del sindaco della città partenopea, Luigi De Magistris. Per molti una boccata di ossigeno, visto che questo tirocinio è finanziato con 384mila euro di fondi europei stanziati per la Garanzia Giovani e prevede un rimborso spese mensile di 500 euro. Una cifra importante per i partecipanti che appartengono tutti alla tanto bistrattata categoria dei neet, i giovani che non lavorano, non studiano, né sono alla ricerca attiva di un’occupazione.«Il tirocinio offerto ha uno scopo formativo», spiega l’assessore Clemente alla Repubblica degli Stagisti. «Ognuno ha il suo percorso individuale creato in base al proprio percorso di vita, di studi e di interesse. Ad esempio chi viene da studi tecnici è incardinato presso gli uffici della ragioneria del Comune, perché lì mette in campo un’attività formativa inerente ai propri studi. Mentre chi viene da un percorso linguistico è assegnato alla progettualità della direzione turismo e cultura del Comune che ha un percorso formativo nella sezione beni turistici della città di Napoli. Due esempi che potremmo moltiplicare per il numero di tirocini formativi partiti in questa terza edizione».I tirocini in questione rientrano nel decreto dirigenziale 566 del 2014 della Regione Campania che approvava l’avviso pubblico destinato a datori di lavoro, sia pubblici sia privati, disponibili a ospitare tirocinanti nell’ambito della Garanzia giovani regionale. Anche il Comune di Napoli, infatti, ha aderito al programma europeo e a partire dal dicembre 2015 ha accolto circa 350 tirocinanti, impegnati per sei mesi in percorsi di formazione all’interno degli uffici comunali e nelle strutture culturali e chiese della città. Utilizzando in totale un milione di euro di fondi europei, stanziati per queste politiche, evitando come spesso capita di doverli ridare a Bruxelles perché non spesi. L’obiettivo del tirocinio, spiega l’assessore Clemente, è quello di approfondire le competenze acquisite durante gli studi e capire meglio la strada lavorativa da intraprendere. Nessun inserimento finale, dunque, visto che si parla di “formazione”. Eppure il primissimo decreto dirigenziale della Regione Campania, il 566 del 2014, che prevedeva «l’approvazione dell’avviso ai datori di lavoro pubblici e privati per l’adesione al programma e per l’attivazione dei percorsi di inserimento dei giovani attraverso i tirocini» parlava in realtà anche di assunzioni incentivate ex articolo 1 del decreto legge 76 del 2013.Assunzioni che in un ente pubblico, dove si accede per concorso, non possono in questo caso avvenire. E se la precisazione del decreto regionale non bastasse, c’è un altro documento che mostra come tali tirocini presso il Comune di Napoli siano contro legge. Si tratta della nota ministeriale del 3 aprile 2015 del ministero del Lavoro in cui si chiariva che «gli enti pubblici nazionali, locali e trasnazionali sono esclusi dal novero dei soggetti ammessi a ospitare tirocini del programma Garanzia giovani» perché lo scopo del programma è l’inserimento lavorativo, impossibile in un ente di questo tipo senza un precedente concorso pubblico. Una posizione, quella espressa nella circolare, che il ministero aveva già detto non essere negoziabile, ma una prescrizione, quindi un principio che va rispettato. E di cui invece Comune e Regione in questo caso non si preoccupano. Anzi, per l’assessore Clemente l’inserimento non è obbligatorio perché lo stage è «prettamente formativo».Per i tirocini “comunali”, sarà però la Regione a erogare materialmente il contributo mensile agli stagisti; nell’ipotesi di ritardi nei pagamenti Clemente rivendica di essere stata già protagonista più volte di grandi battaglie verso il governo regionale per le indennità arrivate con molto ritardo. Come a dire, se dovesse ricapitare, non si tirerà indietro. Il comune da parte sua, però, mette in campo con proprie risorse l’organizzazione di alcuni job days per favorire l’incontro tra «i ragazzi con il mondo delle attività produttive e della città. E attraverso questi colloqui applicare quello che si è imparato». I centoundici giovani che hanno cominciato il loro percorso sono stati assegnati a due progetti: Napoli Città Giovane e Napoli Museo Aperto. Nel primo caso all’interno delle strutture del comune, nel secondo in strutture culturali o chiese della città di Napoli. Inizialmente sono stati i giovani a candidarsi per uno dei progetti, dopo di ché la Regione ha incrociato i candidati con i profili richiesti dal Comune garantendo coerenza tra il percorso di studio e il progetto. Dei 111 che hanno cominciato a settembre, 46 sono stati destinati a Napoli Museo Aperto, che prevede l’inserimento dei giovani all’interno delle strutture culturali e delle chiese del Comune di Napoli come “addetti all’accoglienza e all’informazione turistica”. Gli stagisti scelti sono in questo caso per lo più diplomati o laureati in lingue straniere o scienze del turismo con il compito di svolgere prima accoglienza turistica e di interagire con i turisti dando informazioni sulle strutture in cui sono inseriti. Nessun ruolo di unici custodi dei beni culturali, però – l’assessore ci tiene a precisarlo – perché per questo c’è già il personale comunale. In pratica, quindi, gli stagisti si occupano di fare prima accoglienza, di distribuire materiale informativo, ma anche di organizzare attività culturali. «L’assessorato li sprona ad essere parte attiva del progetto formativo attraverso l’elaborazione di idee progettuali che possano valorizzarne le competenze e rendere la formazione più stimolante».Ma una volta finito il progetto, che sbocco avranno questi giovani e che iniziative metterà in campo il Comune per risolvere il grave problema della disoccupazione giovanile in città? Certo, gli stagisti potranno mettere in pratica quanto imparato, magari sfruttando i contatti avuti anche durante l’incontro con le aziende del territorio. Un po’ poco, ma un inizio per chi ad oggi non sapeva da che parte cominciare. Quanto alle prossime iniziative, l’assessore Clemente è chiara: «Come Comune non abbiamo assi di spesa diretti per finanziare programmi destinati a questa fascia di popolazione. Possiamo usare solo i fondi europei e ci auguriamo che la Regione possa in modo sempre più attento mettere in campo una spesa pubblica intelligente che eviti questi finanziamenti tornino indietro a Bruxelles». Anche se spendere questi soldi non sempre significa dare subito una mano ai giovani, visto che proprio sulla misura Garazia Giovani l’assessore non manca di ricordare le tante criticità che in questi anni ha sempre evidenziato: «Come il ritardo nei pagamenti o il fatto che le aziende, sia pubbliche sia private, non ricevano fondi per dare una formazione reale ai ragazzi, magari per acquistare attrezzature. La formazione di qualità ha un costo e sarebbe importante che oltre al rimborso spese dato ai ragazzi si preveda per le aziende una dotazione finanziaria per organizzare una formazione di maggiore qualità». A febbraio 2019, quando i centoundici tirocini – che già si sa non daranno alcuno sbocco lavorativo – si concluderanno, si potranno trarre le somme dei reali benefici dello stage, al di là del fattore prettamente formativo: e vedere se questi ragazzi, con la formazione ricevuta dal Comune aggiunta al curriculum, riusciranno ad essere assunti da qualche parte.  Marianna Lepore

Se il manager aiuta i giovani, ecco perché è così speciale il bando Cambiamente

Sono solo sei tirocini. È un numero molto piccolo, uno di quei bandi che potrebbero passare inosservati. Ma ha qualcosa di speciale - qualcosa per cui vale la pena di raccontarlo.Questo bando si chiama Cambiamente e non è finanziato attraverso soldi pubblici: non ci sono fondi europei, o statali, o regionali a coprire le somme necessarie per l’indennità a favore degli stagisti. Non è nemmeno finanziato da grosse imprese private, né Fondazioni bancarie; i soldi non arrivano da un’associazione, una ong, un qualche ente.I soldi (quantomeno, la maggior parte) arrivano da un privato cittadino. Un signore piemontese che un giorno, cinque anni fa, ha deciso che voleva “restituire” un po’ di quello che aveva avuto dalla vita: ha aperto una associazione – “Mestieri in corso” – per “schermare” un po’ la sua visibilità, perché da buon sabaudo non ama i riflettori. Poi ha attinto direttamente al suo conto corrente, tirato fuori più o meno 40mila euro all'anno, e ha costruito un progetto a favore dell’occupazione giovanile.Correva l’anno 2013. Da quella prima volta il bando si è ripetuto ogni anno, sempre finanziato dalle tasche di questo privato cittadino, coinvolgendo imprese ed enti piemontesi e aiutando un certo numero – sicuramente piccolo, ma davvero conta il numero in casi come questo? – di giovani a uscire dalla disoccupazione. Oggi questo signore schivo e poco abituato alle luci mediatiche fa un passo ed esce allo scoperto. Si chiama Martino Grindatto e per la prima volta racconta alla Repubblica degli Stagisti la sua storia. Oggi ha sessantotto anni; dopo una carriera quasi trentennale nel colosso della consulenza Accenture (iniziata quando ancora si chiamava Andersen Consulting), arrivato ad essere partner, nel 2003 ha avuto uno scivolo per la pensione. E si è ritrovato a soli 53 anni ad avere tempo per riflettere, un po’ di soldi da parte, e un bagaglio culturale e professionale che lo spingeva a guardare in direzione dei giovani. E i giovani italiani, lo sappiamo, non è che se la passino benissimo in quanto a indicatori sull’occupazione.Così Grindatto, oggi socio del Club degli investitori – associazione composta da imprenditori che investono direttamente in quote di partecipazione di startup e di piccole imprese innovative ad elevato potenziale di crescita – e fino all’anno scorso presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, il paesino del cuneese dove vive, ha deciso di fare qualcosa. Si è guardato intorno, valutando se ci fosse qualche progetto già esistente che valesse la pena sostenere, ma non ne ha trovato nemmeno uno che contenesse quegli elementi di innovazione e attenzione alla qualità che lui riteneva essenziali. E così il suo progetto se l’è creato da solo. «La prima è stata  un’edizione prototipale», racconta: «Conoscevo degli imprenditori dell’area del Cuneese, ne ho parlato», e da cosa è nata cosa.Cambiamente è un progetto ambizioso. Mira allo «sviluppo di competenze finalizzate a sostenere l’impiego e l’integrazione lavorativa di giovani che si affacciano sul mercato del lavoro» e a «favorire lo sviluppo e la valorizzazione di competenze specifiche in contesti aziendali innovativi». E per fare questo, oltre al “normale” tirocinio – che dura sei mesi con una indennità mensile pari a 750 euro, 150 in più rispetto al minimo previsto dalla legge regionale del Piemonte – Cambiamente prevede un percorso formativo denominato Trust: 96 ore focalizzate su tematiche soft-comportamentali per «valorizzare la condivisione dell’esperienza e il lavoro in team e lo sviluppo delle soft skills», che vengono realizzate attraverso un campus di 3 giorni. «Il tratto distintivo che abbiamo cercato di mantenere è che i tirocini abbiano un contenuto di innovazione» spiega Grindatto: «Per esempio un anno i percorsi hanno avuto come oggetto i processi di internazionalizzazione delle aziende, un altro anno la sostenibilità ambientale, un altro anno la innovazione e digitalizzazione».L'investimento economico varia leggermente di anno in anno: talvolta 45mila euro, talvolta 40mila. Nei primi bandi, per esempio, era previsto che l'intero importo dei 750 euro al mese a favore degli stagisti (dunque 4.500 complessivi per ogni percorso formativo di sei mesi) fosse coperto dall' associazione “Mestieri in corso” – cioè da Grindatto. Poi è stata introdotta una spartizione, per cui le aziende erano chiamate a metterci 250 euro al mese e i restanti 500 rimaneva a carico di “Mestieri in corso”; ora la proporzione si è invertita, le aziende mettono 500 e  “Mestieri in corso” copre solo i 250 residuali. Ma certo l'impegno economico resta comunque impressionante (anche perché un grande costo è rappresentato, logisticamente e contenutisticamente, dal percorso di Trust).Il nuovo bando è stato pubblicato qualche giorno fa e resterà aperto fino a sabato 10 novembre. I requisiti per presentare domanda di ammissione sono solo due (più uno): avere tra i 20 e i 29 anni; non aver riportato condanne penali; per i cittadini stranieri, avere un regolare permesso di soggiorno o carta di soggiorno. I sei giovani selezionati cominceranno poi il loro stage a gennaio 2019.Il bando contiene anche nell’allegato A la specifica descrizione di tutte le sei opportunità di tirocinio, che verranno realizzate presso il CCM (Comitato Collaborazione Medica), organizzazione non governativa fondata nel 1968 da un gruppo di medici torinesi e operante in sei paesi africani. Presso Environment Park, un acceleratore di innovazione per imprese che puntano ad allargare il proprio mercato con soluzioni eco-efficienti e offre consulenza tecnica e soluzioni di mercato su tematiche ambientali e di innovazione. Poi un tirocinio sarà realizzato in Mollo, una srl che opera nel ramo del noleggio di mezzi da cantiere, e un altro in New Service Development, società specializzata nella commercializzazione di servizi innovati nell'ambito medico-sanitario. Infine due aziende del ramo beverage: Orsa Drinks, realtà in crescita nella commercializzazione di prodotti dedicati al mondo dei cocktail e dei drink; e Diageo, azienda di matrice britannica che vende bevande alcoliche premium (come la vodka Smirnoff, il whisky Johnnie Walker, la birra Guinness), la cui sede italiana occupa 430 dipendenti rendendola una delle aziende con più dipendenti nella provincia di Cuneo.Una delle particolarità di Cambiamente è “la regola di non coinvolgere mai le stesse aziende, e cambiare ogni anno” dice Grindatto: «Perché noi diamo un beneficio non solo ai ragazzi, ma anche a loro». Per poter entrare nel progetto ciascuna azienda (o ente, o associazione) deve entrare in una procedura di “screening”, in cui lo staff di Mestieri in corso va a fare delle visite, parla con i responsabili e concorda nel minimo dettaglio i contenuti formativi di ciascun tirocinio. I partner di Cambiamente sono Il MetodoLara S.a.s, l’impresa sociale Cultura dal Basso, la società cooperativa Madiba e la SAA – Scuola di Amministrazione Aziendale dell’università di Torino. Una squadra di prim’ordine, per offrire ai sei fortunati selezionati una opportunità di alta qualità per entrare, o rientrare, nel mondo del lavoro.

Corte dei Conti europea, tirocini a 1.120 euro al mese e programma speciale per neolaureati di talento

I tirocini presso le istituzioni europee, si sa, sono molti ambiti per i giovani italiani. Ma alla Corte dei Conti europea di Lussemburgo ancora un po' di più del solito: addirittura più di un candidato su due è di provenienza italiana! «Nel 2016 abbiamo ricevuto 4.778 candidature, di cui 2.983, ovvero oltre il 62%, provenivano dall'Italia» conferma alla Repubblica degli Stagisti Aleksandra Chmielewska, Administrative Officer presso gli Human Resources Services della Corte: «Quell'anno dalla Spagna ne erano arrivate 565  e dalla Grecia 199. Stesso trend nel 2017, con 3.859 candidature complessive di cui 1.816 dall'Italia, pari al 47%. Poi 487 dalla Spagna e 376 dalla Grecia».  I tre Paesi – l'Italia largamente sopra agli altri due – rappresentano complessivamente i tre quarti dei candidati di tutta Europa al programma di internship presso la Corte – sono dunque “leader” nel numero di candidature agli stage, come accade anche in quasi tutti gli altri organismi europei, complice probabilmente l'elevato tasso di disoccupazione giovanile. E dunque sicuramente anche per il bando aperto in questo momento le candidature dall'Italia fioccheranno. Per inoltrare la propria application c'è tempo fino a mercoledì 31 ottobre; la prossima sessione dei tirocini presso la Corte dei Conti, cui il bando fa riferimento, è prevista in partenza il 1° febbraio 2019. I posti a disposizione ammontano a una cinquantina all’anno, quindi mediamente 16 per ciascuna delle tre sessioni. Così come per le altre istituzioni europee, non sono pre distribuiti per nazionalità. I tirocini sono tutti remunerati, salvo rare eccezioni, con un rimborso spese pari a 1.120 euro al mese  e la durata è variabile fra i tre e i cinque mesi. La domanda va compilata online attraverso l’apposito application form, in lingua inglese oppure in lingua francese. Per presentare la propria candidatura occorre possedere la cittadinanza di uno degli Stati membri dell’Ue e untitolo universitario riconosciuto; non aver beneficiato di un tirocinio (con o senza compenso) presso una istituzione o un organismo dell’Ue; avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di almeno un’altra di esse. Inoltre i candidati selezionati sono tenuti a presentare un estratto recente del casellario giudiziario e dimostrare di non essere mai stati condannati per illeciti penali, e un certificato medico che attesti la propria idoneità fisica. La Corte dei Conti europea è un’istituzione avente il compito di vigilare sugli aspetti finanziari ed economici dell’Unione europea ed è rappresentata da un membro per ciascun paese. Vi sono impiegati circa 900 dipendenti. Chi non riuscirà a rientrare nella selezione in corso potrà candidarsi per le successive, che si terranno tra il 1° dicembre 2018 e il 31 gennaio 2019 (con inizio tirocini a maggio 2019) e dal 1° aprile al 31 maggio 2019 (con inizio a settembre 2019).Attenzione: il tirocinio non offre sbocchi occupazionali diretti. Per aspirare a un posto presso la Corte è necessario partecipare ai concorsi banditi all’Ufficio europeo di selezione del personale (Epso). Tuttavia la Corte dei Conti ha recentemente avviato un programma per favorire l'occupazione giovanile e attrarre neolaureati di talento: l'Auditors Junior Professionals Programme. «La Corte intende costituire un elenco di riserva di auditor ai quali, in base alle disponibilità di bilancio e alle esigenze operative – si legge nel bando – potrebbero essere offerti impieghi a titolo temporaneo. Gli auditor verranno assunti per un periodo di quattro anni, prorogabile una volta per un massimo di altri due anni. Il contratto iniziale comprenderà un periodo di prova di nove mesi». Gli assunti partiranno da uno stipendio base di 4.707,34 euro al mese (no, non è un errore di battitura. Quattromilasettecento euro al mese). La Corte potrà attingere all'elenco, il cui numero di componenti non è ancora stato reso noto, fino al 31 dicembre 2019, salvo proroghe. L'inclusione nella lista non è tuttavia garanzia di assunzione. Per partecipare è richiesta una laurea di secondo livello o un dottorato in un ambito di interesse per la Corte (audit, economia, scienze bancarie, contabilità, statistica, scienza dei dati, diritto europeo, amministrazione d’impresa) o, in alternativa, una qualifica professionale riconosciuta in materia contabile (es. ACCA), conseguite non più di cinque anni prima della data di scadenza della domanda. Si richiede inoltre una conoscenza approfondita (C1) di una delle lingue dell'Unione europea e una conoscenza soddisfacente (B2) di una seconda. Le candidature resteranno aperte fino alle ore 12.00 (ora di Lussemburgo) del 15 ottobre 2018. Insomma, il panorama di opportunità presso gli organismi europei si fa sempre più ricco, anche al di là dell'esperienza formativa del tirocinio. Rossella Nocca

Digital Academy di Dedagroup, ancora pochi giorni per candidarsi

Siete laureati in informatica, ingegneria, matematica, fisica ed economia (o anche umanistica!), avete meno di 28 anni, una buona conoscenza della lingua inglese, siete alla ricerca di un lavoro e interessati alle nuove tecnologie?Se la risposta è sì, allora forse vi può interessare la Digital Academy di Dedagroup. Si tratta di un progetto che ha preso forma a inizio 2017, quando l’azienda ha deciso di approfondire le competenze necessarie per supportare la propria strategia di sviluppo. L’Academy è nata con lo scopo di alimentare costantemente l’ingresso in azienda di figure junior, formandole internamente per avere un modello di reclutamento e sviluppo del capitale umano. In pratica un tirocinio che investe sulle potenzialità dei singoli e sulla formazione per riuscire a formare e poi trattenere le risorse migliori al momento sul mercato.Se, quindi, avete tutti questi requisiti, ci sono ancora pochi giorni per candidarsi alla prossima Academy – si tratta della terza edizione – che partirà il 29 ottobre. E qualora non veniste selezionati per l’imminente percorso, il curriculum potrebbe essere preso in considerazione per le prossime edizioni. «La Digital Academy rappresenta non solo un’occasione unica per trasmettere il know how di Dedagroup, ma permette ai partecipanti di affinare le conoscenze teoriche acquisite nei loro percorsi accademici e di metterle in pratica», spiega Valentina Gilli, Hr Director Dedagroup: «È un percorso che offre la possibilità di mettersi alla prova, rispondendo alle richieste dei giovani che chiedono sempre più non solo di imparare un mestiere, ma soprattutto di allenarsi al come svolgerlo al meglio».Tutto parte dalle sei aziende del gruppo Dedagroup che segnalano alla direzione Hr le nuove richieste di personale in termini di numero e profilo. E in base a queste richieste vengono selezionate le candidature dei giovani. A questo punto parte l’Academy: una quindicina di giorni – quest'anno a partire dal 29 ottobre fino al 20 novembre – di lezioni nella sede base a Trento. Quindici giorni con un impegno full day dal lunedì al venerdì in cui, complice per molti la lontananza da casa e le tante ore di condivisione in azienda, si finisce per creare sempre gruppi molto affiatati e legati. Un percorso di formazione comune a tutti i tirocinanti, indipendentemente dalla sede di destinazione finale, che consente di trasmettere competenze trasversali, necessarie per tutti i ruoli; in questo periodo di permanenza a Trento l'azienda offre la possibilità di usufruire di scontistiche per il pernottamento in un ostello della città ed, eventualmente, anticipi a copertura dei costi.Per capire in cosa consista il lavoro per Dedagroup, si può dare un'occhiata a uno dei video pubblicati sul sito aziendale in cui tre ex partecipanti alla prima edizione della Digital Academy raccontano il loro percorso. Stefano Crepaldi, Andrea Finazzi e Giovanni Marcolla – oggi rispettivamente commerciale nell'unità di business technology & data sales, software developer, e addetto marketing e comunicazione – spiegano tutto quello che hanno avuto modo di imparare grazie a Dedagroup e i risultati che oggi, dal di dentro, hanno raggiunto.Per questa nuova Digital Academy si cercano in particolare ingegneri e laureati in economia da avviare al mondo della consulenza tecnico funzionale per il mercato bancario, e per quello della pubblica amminsitrazione. E poi c’è la richiesta di alcuni profili molto specifici: per esempio di un digital strategist con competenze seo, sem e social media marketing per la sede di Napoli, di un data scientist con competenze statistiche per le sedi di Milano e di Tortona, un software developer per il mondo public services per la sede di Trento e un analista funzionale per il mondo banche per la sede di Milano.Finita quindi la Academy a Trento, gli stagisti vengono mandati nelle sedi di destinazione dei tirocini e cominciano a ricevere un rimborso spese mensile di 550 euro a cui si aggiungono i buoni pasto. Ma, soprattutto, quella che si staglia all'orizzonte è la concreta possibilità di inserimento in azienda. In partenza non c’è già un numero prefissato di quanti saranno assunti, ma in potenza se i partecipanti mostreranno interesse, passione e volontà potrebbero essere tutti confermati. «Siamo sicuri che il continuo confronto con professionalità esperte, quali quelle presenti in Dedagroup, e con le richieste in costante evoluzione derivanti dal mondo della digital economy, offrirà agli stagisti gli strumenti per giungere a una crescita professionale», spiega Gilli. I tirocinanti vengono inseriti nelle varie sedi del gruppo sparse sul territorio nazionale anche sulla base della residenza del partecipante e sulle sue aspirazioni professionali. Solo una tantum, nel corso dei sei mesi, gli sarà chiesto di tornare nel capoluogo trentino per completare una parte della formazione.Dedagroup è oggi uno dei più importanti attori dell’Information technology: con un fatturato di 230 milioni di euro e oltre 1.600 collaboratori, conta più di 3.600 clienti. Azienda italiana con la sede principale a Trento ma filiali in tutta Italia e all’estero, supporta aziende, enti pubblici e istituti finanziari nelle loro strategie It e digitali. Nata nel 2008, ha sviluppato una crescita costante, internazionalizzando le operazioni in Messico, Stati Uniti e Medio Oriente, e nell'autunno 2018 è entrata a far parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti.Per le precedenti edizioni della Digital Academy, Dedagroup ha ricevuto circa 300 candidature e selezionato 26 ragazzi che hanno partecipato al programma. Di questi solo uno ha preferito seguire poi un altro percorso professionale, mentre gli altri sono stati tutti inseriti nelle diverse sedi sul territorio nazionale. «Credo che i risultati raggiunti siano la testimonianza tangibile del successo dell’iniziativa», commenta Gilli.La mission, quindi, è quella di formare figure per il reparto digital e, soprattutto, portare il digital in tutte le attività aziendali. Perché la Digital Academy vuole proprio colmare il gap che ad oggi ancora esiste tra le competenze strategiche richieste dalle aziende e le conoscenze dei candidati. Se, quindi, avete le caratteristiche elencate, bisogna fare in fretta e candidarsi. In palio non c’è solo uno stage, ma probabilmente anche un posto di lavoro. Marianna Lepore

Nuove assunzioni in Rai, finisce la validità della graduatoria 2015: ci sarà un'altra selezione l'anno prossimo?

La validità della graduatoria cesserà domani, lunedì 15 ottobre; e allora oggi è tempo di analisi. La selezione coinvolse in prima battuta circa 2.600 candidati. Eccoli, allora, i numeri: duecento persone a cui è stato proposto un contratto, da alcuni rifiutato, e oltre 150 persone ad oggi assunte con contratti a tempo determinato: è questo il primo bilancio della selezione pubblica per giornalisti in Rai, bandito nel 2014 e svoltosi nell’estate 2015.«Ci fu tanta polemica su quella selezione. Dissero: non chiameranno nessuno. I profeti di sventura, però, hanno avuto torto perché non solo la Rai ha chiamato, ma abbiamo avuto bisogno di più persone di quelle inizialmente immaginate. Chi aprì tutte le polemiche, anche su quella che definirono la “deportazione” a Bastia Umbra per il multiple choice, ha avuto torto su tutta la linea. E oggi in Rai abbiamo più di 150 persone che devono dire grazie solo alla loro capacità di aver vinto una selezione pubblica». Con queste parole Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai, sintetizza il percorso che dal 2014 portò prima alla pubblicazione del bando, poi alla prova preselettiva a cui parteciparono circa 2.600 persone con un'età media tra i 30 e i 40 anni, fino alle ulteriori prove per stilare una graduatoria di 100 professionisti che nell’arco di tre anni sarebbero stati chiamati dalla Rai per contratti a tempo determinato.Il bilancio sembra positivo: «Sono stati offerti contratti a termine per la gran parte in redazioni regionali, ma anche nelle altre testate come tg1, tg2, tg3, raisport» spiega Di Trapani alla Repubblica degli Stagisti. Contratti a termine proposti non da un’azienda qualsiasi, ma dalla Rai: il che significa iniziare sì un percorso di precariato ma all’interno degli accordi Rai – Usigrai, quindi di durata molto ristretta, massimo 36 mesi. Che, in aggiunta, potrebbero anche diminuire visto che «in queste settimane dovremmo discutere ulteriori modifiche derivanti dal cosidetto decreto dignità».Le polemiche all’epoca ci furono anche per la sede di destinazione, che poteva essere qualsiasi regione. Ma anche in questo caso non c’erano tempi minimi necessari per richiedere un eventuale trasferimento. Tanto che ad oggi «abbiamo oltre un centinaio di richieste di trasferimento, che non riguardano solo concorsisti, per essere assegnati a una sede per loro più adeguata. Una richiesta legittima». Rifiutare una proposta di contratto voleva dire perdere la chance di entrare in Rai, ma questo non è successo per tutte le proposte perché alla fine si è fatta una ragionevole distinzione grazie a un accordo tra sindacati e azienda. C’erano, infatti, due grandi fattispecie: i così detti contratti nei fatti di organico, della durata di 12 mesi, e quelli brevi legati a esigenze temporanee e contingenti. «Rifiutare un contratto di 12 mesi comportava inevitabilmente l’esclusione, come previsto da bando. Mentre le offerte per le sostituzioni ferie, di due o tre mesi, o le sostituzioni maternità, di cinque mesi, essendo contratti più brevi e spesso in sedi diverse dai luoghi di residenza, non comportavano un’esclusione». Il ragionamento dietro a questa scelta è semplice: «se devi cambiare vita lasciando un lavoro precedente e una città per un contratto nei fatti di organico di dodici mesi che ti fa entrare nei bacini previsti dagli accordi Rai-usigrai, allora quella è un’offerta solida. Se invece devi lasciare tutto e dare anche una risposta in tempi brevi per un contratto dai 2 ai 5 mesi, oggettivamente era una scelta troppo pesante per il professionista». Per questo motivo la rinuncia non comportava l’esclusione. Nessuna precedenza, però, a chi aveva figli. Perché in ogni caso si è dovuto seguire l’ordine della graduatoria. Che, come da accordi sindacali e come ribadito dal contratto di servizio, scade il 15 ottobre.Contro questa scadenza, però, si è posto il Comitato per l’informazione pubblica, fondato da oltre 100 professionisti risultati idonei alla selezione del 2015, ma classificatisi in graduatoria tra la 201esima e la 392esima posizione. Il Comitato ha chiesto il 27 settembre al neo presidente Foa di “prorogare la graduatoria attualmente in vigore fino al suo esaurimento”. E qualche giorno dopo ha presentato un ricorso al Tar per l’accesso agli atti della selezione. «Come Usigrai abbiamo firmato un accordo che prevedeva una validità triennale della graduatoria» ripete Di Trapani. «Chi ha fondato questo comitato rivendica dei diritti ed è giusto che possano farlo. Noi siamo chiamati a fare accordi. Quello stipulato aveva una validità triennale e su quel solco ci muoveremo».Il 15 ottobre, quindi, la graduatoria cessa di avere valore. A quel punto tutti quelli che hanno inziato a lavorare in Rai attraverso la selezione pubblica si troveranno già in un percorso di organico o in uno di precariato che li porterà all’assunzione. Saranno loro quindi a coprire le eventuali sostituzioni future e a questi si aggiungeranno anche un’altra dozzina di colleghi che avevano partecipato a una selezione interna nel 2014 tra assistenti ai programmi, programmi registi e partite iva che avano però contratti di natura non giornalistica con la Rai. «Per il resto noi auspichiamo che si faccia con urgenza una nuova selezione pubblica. Lo stiamo chiedendo da mesi» sottolinea Di Trapani, «quando ormai era chiaro il percorso e i ritmi di assunzione. Lo abbiamo sottoscritto anche nel contratto di lavoro tra Rai e Usigrai in Primavera, dove c’è un impegno a discutere una nuova selezione pubblica su richiesta del sindacato». Necessaria anche per dare l’opportunità di partecipare ai tanti nuovi professionisti che dal 2014 ad oggi hanno superato l’esame di abilitazione. Questa volta, però, l’Usigrai si augura che nel nuovo bando ci sia un maggiore aggancio territoriale, per dare a chi si candida una maggiore certezza rispetto alle ipotesi e alle opportunità eventuali di collocazione, ma anche per dare alle redazioni, specie regionali, una maggiore sicurezza di continuità di presenza in organico.Se il sindacato, quindi, chiede una nuova selezione pubblica, ritenendo che sia questa l’unica strada irriversibile per accedere, la Rai dal canto suo non si è ancora espressa ma non sembra avere al momento preclusioni sull’argomento. Certo adesso è arrivato un nuovo gruppo dirigente e bisognerà quindi vedere qual è la loro posizione. Ma la speranza Usigrai è che si possa continuare su quella strada. E a chi fosse scettico sulla necessità di reclutare altro personale giornalistico in un’azienda che nell’ultimo bilancio disponibile, quello del 2017, al 31 dicembre contava 1.816 giornalisti, di cui 189 a tempo determinato e 1.627 a tempo indeterminato, ci pensano i dati a dimostrare che non è così. «Quasi tutte le redazioni ci richiedono di adeguare l’organico perché manca personale. Non solo a causa dei pensionamenti, ma anche perché l’aumento della produzione richiede un adeguamento». È il caso delle redazioni regionali dove è partita la sperimentazione sul web e sui social, con la conseguenza di un importante incremento dal punto di vista della produzione «che non può essere fatto a costo zero e a parità di organico». Perché le redazioni regionali già lavorano al limite e un ulteriore produzione rischierebbe solo un abbassamento della qualità. Una nuova selezione, quindi, per ampliare gli organici ma anche per esigenze estemporanee come le sostituzioni maternità. Senza un bacino di reperimento, infatti, «non si possono sostituire le mamme in maternità, cosa eticamente riprovevole», perciò è obbligatorio averne uno da cui attingere. «E per formarlo ho bisogno di una selezione pubblica», dice Di Trapani.Alla vigilia dello scadere di una graduatoria che quattro anni fa sembrava un progetto impossibile e che invece ha dato la possibilità a molti di iniziare una carriera in Rai, si rende sempre più evidente la necessità di una nuova selezione che superi le criticità che all’epoca fecero discutere e che continui la buona pratica recentemente iniziata. Marianna Lepore

Congedo di paternità, il presidente della Camera riceve i promotori della petizione per salvarlo (e ampliarlo)

A fine anno termina la sperimentazione relativa al congedo di paternità obbligatorio, che stabilisce la possibilità per i neo-papà di beneficiare di quattro giorni di congedo retribuiti al 100% entro i primi cinque mesi dalla nascita del figlio. La disposizione era entrata in vigore lo scorso anno a seguito della legge di Bilancio, ampliando i due giorni obbligatori introdotti nel 2012. Fino a quel momento per i padri c’era solo la possibilità di usufruire del congedo parentale, ossia l'astensione facoltativa dal lavoro fino all'ottavo anno di età del bambino per un periodo di tempo continuativo o frazionato e una retribuzione al 30% dello stipendio (che esiste tuttora e può essere richiesta da entrambi i genitori).Nella mattinata di ieri il presidente della Camera Roberto Fico ha ricevuto una delegazione dei promotori e firmatari - nello specifico Titti Di Salvo, ex sindacalista e presidente di LED (Libertà e Diritti), Alessandro Rosina, docente dell'università di Cattolica di Milano e l’imprenditrice Riccarda Zezza - della petizione, online dagli inizi di settembre, che chiede di rendere strutturale il congedo di paternità obbligatorio, estendendone la durata da quattro a dieci giorni. La petizione – che ha finora raccolto oltre 6.300 firme; non ha una scadenza, se non quella temporale legata alla prossima legge di Bilancio – è stata consegnata al presidente della Camera.«La petizione punta a far stanziare le risorse nella legge di bilancio per rendere obbligatorio il congedo di paternità» spiega alla Repubblica degli Stagisti Titti Di Salvo:  «C’è un obiettivo che ha quindi una scadenza temporale legato appunto alla legge». Rendere strutturale questa misura ha ovviamente un costo, stimato in 10 milioni per ogni giorno di congedo obbligatorio di paternità: «Per coprire i 10 giorni servono 100 milioni l’anno su una stima di nascita di 400mila nuovi nati ogni anno». I dati parlano intanto di un crescente utilizzo del congedo obbligatorio: se nel 2015 il numero di beneficiari era di circa 72mila, nel 2017 si è passati a oltre 107mila, mentre i primi dati di quest’anno parlano solo per i primi sei mesi di oltre 56mila beneficiari.La questione però non è meramente numerica, o meglio non solo: «L’architrave di tutto è la condivisione delle responsabilità genitoriali, cambiando un approccio che vede nella madre la persona su cui caricare la cura dei figli» continua Di Salvo: «Tutto questo faciliterebbe al tempo stesso l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e la conciliazione vita-lavoro. Inoltre c’è anche un fondamentale aspetto motivazionale ed emotivo, legato al desiderio dei padri verso la cura dei figli. Non pensiamo che basti questa misura, ma bisogna partire da qui per fare una rivoluzione culturale». «Io non credo, purtroppo, che attualmente il congedo di paternità sia un tema prioritario» le fa eco Riccarda Zezza: «C’è un tema di costi – e quando si tratta di metterci dei soldi bisogna essere molto motivati – e c’è un problema culturale. Oggi non esiste nessuna parità in termini di occupazione tra uomo e donna: lavorano tre uomini su quattro e due donne su quattro, senza considerare che molte non cercano lavorano o non hanno un’occupazione. La donna che lavora fuori casa vive la dimensione familiare mediamente tre ore al giorno contro una degli uomini».L'incontro con Roberto Fico è stato importante per la sensibilizzazione sul tema: «Il presidente della Camera ha compreso il valore trasversale del congedo di paternità, anche se credo si senta disarmato rispetto al carattere di urgenza e al poco tempo disponibile. Tuttavia ha annuito e concordato sulla necessità di portare il nostro Paese nel terzo millennio: i padri ci sono già, lo Stato ne è consapevole e non può ignorarli».«Il problema è che oggi non ci sono norme che agevolino questa condizione di parità» continua Zezza: «Ci sono meccanismi che invogliano le donne a stare a casa, e non gli uomini. Ad esempio, il nostro congedo di maternità è uno dei più protettivi se rapportato al resto d’Europa, per durata, garanzie, rigidità. Relativamente al congedo parentale, invece, considerando che è retribuito al 30% di solito lo prende chi guadagna meno, che nella maggior parte dei casi è la donna».Confronto con il resto d’Europa che risulta impietoso anche quando si parla dello stesso congedo di paternità: «Nella maggior parte dei paesi europei si parla di settimane, in Italia di giorni. Trovo allucinante che in Italia dopo il matrimonio l'uomo abbia diritto a 15 giorni di congedo, dopo la nascita di un figlio no. Il tema della paternità è ancora tutto da costruire» si rammarica Zezza. Anche per questo il programma Maam è stato esteso da quest’anno anche ai padri, ottenendo una buona risposta, con circa mille partecipanti a oggi.È necessario quindi continuare a promuovere la petizione, per ampliare la conoscenza del congedo di paternità obbligatorio e la mobilitazione: «quelli della petizione sono numeri buoni, ma bisogna fare ancora tanto. Trovo assurdo che ci si attivi di fronte al pericolo, al rischio di perdere dei diritti, ma non quando è necessario difenderli», conclude la Zezza.Il prossimo step è la convocazione di un incontro sul tema anche con il presidente del Senato e i gruppi parlamentari: «Aspettiamo riscontro da loro» conferma Di Salvo.È opportuno anche, tuttavia, che quella del congedo di paternità non sia considerata una misura isolata, ma venga compresa nell’ambito di un insieme più ampio di iniziative legate alla genitorialità, a oggi da costruire o quantomeno ampliare.Chiara Del Priore