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Comprare casa con la garanzia dello Stato, ecco tutte le informazioni

Il decreto Sostegni bis entrato in vigore il 26 maggio 2021 (e convertito poi in legge a fine luglio) ha introdotto la possibilità di un mutuo agevolato per i giovani che non abbiano ancora compiuto i 36 anni. Nella guida che segue – realizzata con la consulenza del notaio Giovanni Rizzi [nella foto sotto], componente della commissione consumatori del Consiglio Nazionale del Notariato – la Repubblica degli Stagisti offre ai suoi lettori un vademecum ai principali dubbi di chi si appresta a richiedere questo beneficio.Una nota preventiva. Pur essendo la Repubblica degli Stagisti scettica rispetto al reale bisogno dei giovani italiani di comprare casa, la misura destinata agli under 36 può in effetti interessare qualcuno tra i nostri lettori. Quindi abbiamo deciso di realizzare questo vademecum a giugno 2021, poco dopo la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale. Allora perché questo articolo vede la luce solo oggi, a inizio novembre? Perché in questi quattro mesi siamo rimasti in stand by, attendendo le risposte prima le risposte del Consiglio Notarile di Milano e poi quelle del Consiglio nazionale del notariato, che a sua volta era in stand by perché in attesa della circolare esplicativa dell'Agenzia delle entrate. Dunque, di fatto, in questi mesi chi ha cercato di accedere alla misura lo ha fatto in un quadro in cui gli stessi “esperti” (le banche e i notai) brancolavano nel buio, in attesa di risposte rispetto ai punti meno chiari della normativa.Quali sono i requisiti per richiedere il bonus prima casa per under 36?  I benefici spettano alle persone (gli “acquirenti”) che non abbiano ancora compiuto i 36 anni nell’anno in cui è stipulato l’atto di compravendita. Di conseguenza per gli atti stipulati nel corso dell’anno 2021 il beneficio riguarda i nati dal primo gennaio 1986 in poi, mentre per gli atti stipulati dal primo gennaio al 30 giugno 2022 il beneficio riguarda i nati dal primo gennaio 1987 in poi.C'è un limite di reddito?L’acquirente deve avere un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non superiore a 40mila euro annui.Chi è escluso?Chi non soddisfa tutti i requisiti richiesti per accedere alle cosìdette “agevolazioni prima casa” ossia:a) l’immobile deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza, ovvero – se diverso – in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività.b) l’acquirente nell’atto di acquisto deve dichiarare di non essere titolare esclusivo (né in comunione col proprio coniuge) dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è ubicato l’immobile acquistato;c) l’acquirente nell’atto di acquisto deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote (e neppure in regime di comunione legale dei beni col proprio coniuge) su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa ovvero si impegni ad alienare, entro un anno, l’immobile a suo tempo acquistato con le agevolazioni prima casa.E per quanto riguarda i cittadini italiani che lavorano e/o risiedono all'estero?Le agevolazioni sono estese anche ai cittadini italiani che risiedono all'estero e che acquistano l'immobile come prima casa sul territorio italiano nonché ai cittadini italiani che lavorano all'estero per immobili siti nel luogo dove ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipendonoPossono accedere alla misura anche cittadini stranieri?Gli stranieri extracomunitari dotati di permesso di soggiorno in corso di validità (a prescindere dalla data di suo rilascio) e gli stranieri appartenenti a Stato dell’Unione Europea hanno i medesimi diritti dei cittadini italiani e quindi possono acquistare un immobile fruendo dei benefici in oggetto.Qual è la data ultima per usufruirne?Le agevolazioni si applicano agli atti stipulati entro il 30 giugno 2022.È uno sconto fiscale o un bonus monetario?Il beneficio consiste nella esenzione dall’imposta di registro (altrimenti dovuta nella misura del 2% e comunque in misura non inferiore ad mille euro se atti soggetti ad imposta di registro ovvero dovuta in misura fissa di 200 euro se atti soggetti ad IVA), nell’esenzione dalle imposte di trascrizione e catastale (altrimenti dovute nella misura fissa di 50 euro se atti soggetti ad imposta di registro ovvero dovuta in misura fissa di 200 euro se atti soggetti ad IVA). In caso di atti soggetti ad IVA viene inoltre riconosciuto un credito di imposta pari al valore dell’IVA versata per l’acquisto, che potrà o essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito o potrà essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto o potrà essere utilizzato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.In caso di mutui finalizzati all'acquisto/costruzione/ristrutturazione di case di abitazione e relative pertinenze il beneficio consiste nell’esenzione dall’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (altrimenti dovuta nella misura dello 0,25%).Il beneficio è valido per qualsiasi tipo di abitazione?No: sono escluse dai benefici in oggetto le abitazioni catastalmente classificate nelle categorie A/1, A/8 e A/9. Quindi abitazioni di tipo signorile con caratteristiche di pregio, ville con parchi o giardini e castelli e palazzi eminenti.L’esclusione delle abitazioni di tipo signorile o di eminenti pregi artistici o storici non rischia di precludere la possibilità di comprare nei centri storici, dove molto spesso anche edifici normali sono posti sotto vincolo della sovrintendenza?Non tutte le abitazioni soggette a vincolo culturale o comunque di pregio storico ed artistico sono accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9. Per cui vi possono ben essere beni soggetti a vincolo acquistabili con i benefici del decreto Sostegni.Dove/a chi va presentata la domanda? Come è possibile sapere se la propria banca aderisce al fondo?Bisogna compilare il modulo di richiesta accesso al Fondo prima casa nelle banche aderenti all'iniziativa. Conviene quindi recarsi nella propria banca per chiedere informazioni o verificare sul sito Consap l’elenco aggiornato che oggi conta circa 215 banche aderenti. Se si è proprietari o comproprietari di un altro immobile è possibile usufruire del bonus? Anche se l’altro immobile è in usufrutto gratuito a un familiare?L’importante è non essere proprietari esclusivi (o in comunione con il proprio coniuge) di altre abitazioni situate nello stesso Comune ove è ubicato l’immobile da acquistare con le agevolazioni in oggetto, oppure a suo tempo acquistate fruendo delle agevolazioni prima casa.Se si è residenti in un comune diverso dall’immobile da acquistare si può usufruire lo stesso del bonus?Sì se l’acquirente trasferirà la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile da acquistare entro 18 mesi ovvero se l’acquirente svolge la propria attività in detto Comune: l’articolo 24 del Decreto Legge 8 aprile 2020 n. 23 e s.m.i. per contrastare le conseguenze negative derivanti dall’epidemia da Covid-19, ha previsto la sospensione del termine suddetto di 18 mesi nel periodo tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2021.I 36 anni devono essere compiuti non prima del giugno 2022 o non prima della stipula del contratto di compravendita?I 36 anni non devono essere compiuti nell’anno in cui viene stipulato l’atto di acquisto.  Se si compiono dopo aver fatto la richiesta ma prima di finire la compravendita, si può comunque conservare il bonus?Nella Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 12/E del 14 ottobre 2021 viene riportato il seguente esempio:- Tizio, che stipulerà un atto di acquisto di un immobile ad uso abitativo nell’ottobre 2021 e compirà 36 anni di età nel dicembre 2021, non beneficerà dell’agevolazione;- Caio, che stipulerà un atto di acquisto di un immobile ad uso abitativo nell’ottobre 2021 e compirà 36 anni di età nel gennaio 2022, al ricorrere degli altri requisiti normativamente previsti, beneficerà dell’agevolazione.Se la casa si compra insieme a un'altra persona, ciascuna con un Isee inferiore a 40mila euro ma insieme di importo superiore, possono entrambe richiederlo e ottenerlo?Quello dell’Isee è un requisito di carattere strettamente personale: pertanto in caso di co-acquisto l’importante è che ciascun acquirente abbia un Isee di valore inferiore a 40mila euro essendo del tutto irrilevante la circostanza che la sommatoria degli Isee di tutti i co-acquirenti superi i 40mila euro.E se in una situazione di co-acquisto uno dei due acquirenti è privo dei requisiti, l'altro può richiederlo?Nel caso di co-acquisto con solo alcuni acquirenti in possesso dei requisiti Under 36, le agevolazioni in oggetto si applicheranno solo alla quota dagli stessi acquistata, mentre alla quota acquistata dagli altri acquirenti (privi dei requisiti) si applicheranno le imposte nella misura ordinaria.Sempre in una situazione di co-acquisto, se entrambe le persone che acquistano sono under 36 eleggibili per questa misura, possono acquistare un immobile del valore doppio rispetto al massimale previsto? O il massimale resta il medesimo?Non esiste un “massimale”. L’esenzione dalle imposte di registro, di trascrizione e catastale è totale, mentre il credito di imposta per gli atti IVA è pari all’intero importo dell’IVA dovuta.Le banche potranno ancora chiedere la firma di un genitore come “ulteriore” garante?No. I mutui garantiti dal fondo non possono prevedere la presenza di un garante.Lo sconto concerne tutta la fase di acquisto, dal contratto preliminare all'atto di compravendita e al mutuo bancario?Se per l’acquisto si chiede il mutuo si fruisce dell’esenzione dall’imposta sostitutiva dello 0,25% a prescindere dalla circostanza che il bene ipotecato sia stato acquistato da un privato o da una ditta. Per godere delle agevolazioni under 36 sui mutui debbono ricorrere tutte le condizioni per poter accedere alle agevolaizoni prima casa nel caso di acquisto, quindi residenza nel comune, impegno a trasferirsi nei 18 mesi, non possesso di altra casa nel comune, non fruizione delle agevolazioni per altri acquisti etc. C'è differenza se si compra da un privato o da una ditta?Se si acquista da un privato (o da una ditta in caso di cessione esente da IVA) si fruisce dell’esenzione dalle imposte di registro, di trascrizione catastale. Se si compra da una ditta (con atto soggetto ad IVA) oltre che dell’esenzione dalle imposte di registro, di trascrizione catastale, si fruisce di un credito di imposta pari all’IVA pagata.Può accedere alla misura una persona con qualsiasi tipo di contratto, sempre con un Isee inferiore ai 40mila euro? Anche un lavoratore autonomo può richiederlo?Il decreto sostegni bis estende l'accesso al Fondo Consap a chi non ha compiuto ancora 36 anni con un Isee fino a 40mila euro. In una prima stesura l’accesso al fondo era concesso ai giovani di età inferiore ai 35 anni e titolari di un rapporto di lavoro atipico. Il decreto Sostegni bis ha però eliminato entrambi i vincoli. L'accesso è consentito anche ai lavoratori autonomi fino a fine anno.Per quanto riguarda le agevolazioni sugli acquisti si applicano a qualsiasi acquirente in possesso dei requisiti.Se un under 36 è già proprietario di una casa, il bonus può essere richiesto ai fini della ristrutturazione?La norma dispone l’esenzione dall’imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative anche per i mutui erogati per la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo relativi alle abitazioni prima casa.Se a richiedere l'aiuto è qualcuno che non ne ha diritto, a quali sanzioni va incontro?In caso di insussistenza delle condizioni e dei requisiti per beneficiare delle agevolazioni o di decadenza da dette agevolazioni, sono dovute le imposte nella misura ordinaria a cui si applica una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. La stessa sovratassa è prevista espressamente quale sanzione per il caso di acquisto della casa, soggetto a registro o Iva, nel caso in cui non ricorrano le condizioni per avvalersi delle agevolazioni prima casa che siano state invece richieste o in caso di decadenza delle sstese, per esempio nel caso di alienazione dell’immobile prima dei cinque anni. Questa sanzione è stata estesa anche per le agevolazioni under 36 applicate ai mutui. Marianna LeporeFoto di apertura: di cocoparisienne da Pixabay

Comprare casa, quanti giovani stanno utilizzando la garanzia statale per il mutuo? Ancora non si sa

Una delle prime misure annunciate dal governo Draghi “a favore dei giovani” è stata il sostegno per l'acquisto della casa. Pubblicato a fine maggio sulla Gazzetta ufficiale, il decreto è entrato in vigore il 26 maggio ed è previsto che duri un anno, fino al 30 giugno del 2022.Ma ad oggi, quattro mesi dopo, quanto è stato usato dai giovani? Non è dato saperlo. Innanzitutto, le richieste di informazioni ai rappresentanti della categoria dei notai sono finite nel nulla. A lungo la Repubblica degli Stagisti, durante i mesi di agosto e settembre, ha chiesto informazioni al Notariato, ma per tutto quel periodo la risposta è stata che i notai brancolavano nel buio in attesa di una “circolare esplicativa” che sarebbe dovuta arrivare dall'Agenzia delle Entrate, e che tardava. Arrivata, infine, solo il 14 ottobre.La Repubblica degli Stagisti si è rivolta allora alla Consap, la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici che esamina le richieste, chiedendo di conoscere il numero preciso di under 36 che hanno, negli ultimi quattro mesi, acceso un mutuo in banca richiedendo la famosa garanzia statale. Ma la risposta non è arrivata. La Consap non ha voluto fornire il dato rispetto al numero di richieste attualmente pervenute, limitandosi, dopo una lunga attesa, a fornire una percentuale. Dunque, senza purtroppo numeri a supporto, si può dire solo che i giovani stanno approfittando della nuova garanzia: «il novantadue per cento dei soggetti tra i venti e i trentasei anni» che accendono un mutuo per comprare casa «fa richiesta di questo tipo di garanzia», spiega Fiorella Carpinelli dell’ufficio stampa Consap.Rispetto al passato la percentuale di richiedenti in quella fascia di età è quasi raddoppiata: precedentemente era solo il cinquantotto per cento ad approfittare della garanzia pubblica Consap, che si fermava però al cinquanta per cento (quella attuale legata al provvedimento voluto da Draghi arriva all'ottanta) e che è tuttora valida per le categorie non prioritarie. «Purtroppo è ancora troppo presto per avere un quadro preciso della situazione», precisa Carpinelli, perché «Il provvedimento è entrato in vigore il 26 maggio e i mesi di giugno, luglio e agosto sono andati via con le pratiche della banca quindi le richieste sono arrivate a Consap solo nel mese di settembre». In pratica è solo un mese che l'osservatorio Consap riesce a raccogliere dati al riguardo: una statistica con dati numerici (e non solo percentuali) è promessa per la fine dell’anno.Ma sembra proprio che effettivamente gli under 36 abbiano aumentato la propria propensione all’acquisto della prima casa. Lo dimostrano i dati (non ufficiali) raccolti dall’Osservatorio MutuiSupermarket.it  motore di ricerca e comparazione mutui attivo da dieci anni.Innanzitutto bisogna premettere che il 2021 si è aperto con una forte crescita all’acquisto, dovuta anche alla stasi pressoché totale, nel 2020, a causa della pandemia Covid. Secondo l’Osservatorio la domanda totale di mutui per acquisto di una prima casa è cresciuta fortemente proprio nella fascia di età fino a 36 anni, passando dal 34 per cento di inizio anno fino ad arrivare al 42 nel mese di luglio.La novità introdotta dal fondo, è bene ricordare, è la possibilità per i giovani fino a 36 anni e un Isee fino a 40mila euro di avere una garanzia statale fino all’ottanta per cento se il rapporto tra la somma finanziata dal mutuo e i costi di acquisto comprensivi degli oneri accessori – il cosiddetto loan to value – supera questa soglia. Ed è proprio su questo tipo di finanziamento che negli ultimi mesi c’è stata un’impennata di richieste, raddoppiate rispetto a inizio anno e arrivate proprio per la fascia di età sotto i 36 anni al sessantadue per cento nel mese di settembre, ultimi dati disponibili in mano a MutuiSupermarket.Nonostante i giovani, quindi, siano propensi ad approfittare di questa possibilità c’è un altro aspetto che va sottolineato ed è la scarsa offerta fatta dalle banche per mutui di questo tipo. In teoria, infatti, aderiscono all’iniziativa tutte le banche che devono trasmettere comunque la richiesta alla Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici. Ma attenzione: poi non sono obbligate ad erogare il mutuo. E nemmeno a prevedere un prodotto di questo tipo. Spiega bene il concetto Guido Bertolino, business manager development di Mutuisupermarket: «Hanno aderito al fondo Consap 215 banche, ma l’adesione al fondo non implica che la banca sia tenuta a offrire i prodotti previsti per i beneficiari prioritari, quindi che sfruttano il tasso agevolato, come appunto gli under 36», racconta alla Repubblica degli Stagisti.  La garanzia Consap, infatti, «è prevista sia per i beneficiari “prioritari”, i giovani, sia per i “non prioritari” e in questo caso le condizioni sono scelte dalla banca in maniera libera. Quindi le banche aderenti possono non avere l’offerta prodotto, averla e non pubblicizzarla o averla solo per i beneficiari che non sfruttano il tasso agevolato».I numeri delle richieste ora potrebbero aumentare anche perché proprio a metà ottobre l’Agenzia delle entrate ha finalmente pubblicato una circolare, la numero 12, tanto attesa dal mondo notarile per dare chiarimenti sull’agevolazione introdotta dal decreto Sostegni bis. Il primo chiarimento riguarda proprio l’età: nel testo si specifica che possono beneficiare dell’agevolazione solo i giovani che nell’anno solare in cui viene stipulato l’atto translativo non abbiano ancora compiuto i 36 anni. Quindi bisogna controllare la data del compleanno e quella del rogito: se si compiono i 36 anni nel 2021 e il rogito è nello stesso anno non si ha diritto all’agevolazione. Diverso, invece, se il rogito è quest’anno e solo nel 2022 si compiranno 36 anni. Altro chiarimento atteso dato dall’Agenzia entrate è quello relativo all’ipotesi di co-acquisto. Nel caso in cui due soggetti decidano di comprare casa insieme, precisa l’Agenzia delle entrate, l’agevolazione deve essere calcolata pro quota e quindi spetta solo al soggetto che può beneficiarne.Ma come fare a districarsi in tutte le regole e capire bene cosa fare? La Repubblica degli Stagisti ha predisposto un Vademecum con tutte le domande e risposte inerenti all’agevolazione prima casa under 36 con l’ausilio del notaio Giovanni Rizzi, componente della commissione consumatori del Consiglio Nazionale del Notariato. In questo articolo tutte le domande e risposte.Marianna Lepore

Banca PSA entra a far parte del network della Repubblica degli Stagisti

Da qualche settimana c'è una nuova azienda nel network della Repubblica degli Stagisti: si tratta di Banca PSA, che si occupa delle attività di finanziamento e di leasing sulle vetture Peugeot, Citroën e DS. Composta dalle due ragioni sociali Banca PSA Italia spa e PSA Renting Italia spa (quest'ultima tecnicamente una controllata di Banca PSA, e conosciuta con il marchio commerciale Free2Move Lease), l'azienda ha sede a Milano e dà lavoro a oltre duecento persone. Nel 2020, nonostante la pandemia, ha aperto le porte a una ventina di giovani, tra stage poi trasformati in contratti e assunzioni direttamente con contratto di lavoro. «Condividiamo con Repubblica degli Stagisti la stessa mission: dare valore e visibilità a giovani di grande potenziale» dice l'HR director Stefano Mattuglia per annunciare l'adesione al network: «Siamo consapevoli delle problematiche spesso correlate alla ricerca di una prima esperienza lavorativa e aderire al portale “RdS” ci è sembrato fin da subito un ottimo modo per avvicinarci ai giovani». Banca PSA opera in ambito bancario, anche se la sua posizione è particolare perché a cavallo con il settore automobilistico: «Banca PSA è una consumer bank del gruppo Stellantis impegnata nel supportare i risultati dell’automotive» spiega Mattuglia [nella foto a destra], 46 anni, che da cinque dirige l'ufficio HR: «Ci occupiamo anche di altri business tra cui renting, operazioni di cartolarizzazioni e di credito alle concessionarie. Nel nostro gruppo sono anche presenti trenta figure itineranti con il compito principale di promuovere il nostro business presso i dealer dei brand Peugeot, Citroën e DS».Mattuglia non è tra coloro che credono che i giovani debbano mettersi in fila e attendere il proprio turno, o che il merito sia legato indissolubilmente all'anzianità. Lo ha sperimentato sulla propria pelle quando, dopo una laurea in scienze politiche e un master in HR e comunicazione, a 29 anni è diventato il più giovane HR manager di Citroën Italia. Oggi si spende per un ambiente di lavoro inclusivo e paritario («Un aspetto verso il quale siamo particolarmente attenti è la tematica gender: ad oggi infatti, possiamo vantare un’equa distribuzione di figure maschili e femminili nell’azienda») in cui il potenziale dei giovani possa esprimersi e in cui il work-life balance non sia un miraggio ma un obiettivo a portata di mano.«Cerchiamo giovani che abbiano principalmente la passione per il mondo bancario» dice Mattuglia: «L’interesse verso la realtà automotive rappresenta un’altra caratteristica importante poiché non escludiamo che, da un percorso di stage partito nel settore bancario, l’esperienza professionale possa proseguire all’interno dei brand automobilistici del gruppo Stellantis», del quale Banca PSA fa parte da qualche anno: «Ragazze e ragazzi proattivi, aperti e ricettivi, con un’adeguata conoscenza delle lingue necessaria per inserirsi in un contesto internazionale come il nostro». In cambio, a dipendenti e stagisti vengono offerti «corsi di lingua, corsi comportamentali e di formazione professionale grazie alla nostra Corporate University e ai migliori formatori scelti sul mercato». Mattuglia sottolinea con fierezza il «contesto dinamico, moderno e all’avanguardia» di Banca PSA e il «modo di lavorare» caratterizzato da «una comunicazione aperta, basata sullo scambio ed un confronto aperto tra colleghi: la condivisione del proprio bagaglio conoscitivo tra persone con background differenti costituisce un arricchimento del capitale umano».«Crediamo fortemente nei giovani e investiamo nel loro percorso», ribadisce, «offrendo la possibilità di accedere ai percorsi di training e di crescita, aderire ad un processo di induction personalizzato, a job rotation e job posting in Italia e all’estero e beneficiare di un buon rimborso spese. I ragazzi apprezzano queste misure e che ci permettono di distinguerci nel sempre più competitivo mercato del lavoro».«Condividiamo con Repubblica degli Stagisti l’obiettivo di dare concrete opportunità di sviluppo e crescita alle nuove generazioni» conclude Mattuglia. Benvenuta, dunque, Banca PSA nell'RdS network!

Archeologi sottopagati sempre più in crisi, dal Lazio un grido d’allarme

Retribuzioni e contratti di lavoro inadeguati, richieste illecite da parte dei committenti, pressioni indebite sul professionista, mancata applicazione delle normative nazionali in materia di tutela e di archeologia preventiva, fraintendimento del ruolo del professionista in sede di progettazione: è solo parte dell’elenco delle tante denunce che l’Associazione Nazionale Archeologi del Lazio ha raccolto negli ultimi 18 mesi. Comportamenti scorretti e spesso anche contro legge che hanno fatto lanciare l’allarme e portare l’ANA a richiamare l’attenzione di tutti gli attori coinvolti.«Sono anni che l’Associazione riceve segnalazioni, ma negli ultimi mesi abbiamo deciso di iniziare una raccolta più dettagliata anche in funzione della ripresa lavorativa post pandemica», spiega alla Repubblica degli Stagisti Alessandro Garrisi, 45 anni, archeologo, direttore generale della Fondazione Nino Lamboglia Onlus e direttore archeologo degli scavi di Capo Don presso Riva Ligure nonché presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Archeologi dal 2019. «In totale», continua a spiegare, «solo nella regione Lazio abbiamo raccolto alcune decine di segnalazioni».L’allarme che ANA lancia è in particolare sull’inadeguata retribuzione dei professionisti coinvolti. «Purtroppo gli archeologi escono dall’università senza essere pronti per confrontarsi sul mercato del lavoro. Non hanno neppure una vaga idea di quali siano i costi a cui andranno incontro per la semplice gestione della propria attività, per cui specie all’inizio arrivano ad accettare qualsiasi offerta», racconta Garrisi. Situazione che è andata peggiorando anche a causa della pandemia e del lungo blocco che c’è stato in questo settore lavorativo. «Negli ultimi tempi ci sono colleghi che anche dopo anni di esperienze e titoli maturati si piegano a tariffe inammissibili che diventano lesive per tutta la categoria professionale. Parliamo di soggetti che lavorano anche a 60 euro lordi al giorno. Ma quando si fa lavorare un professionista qualificato con queste cifre o gli si commissiona una valutazione di impatto archeologico per 150 euro, la qualità del lavoro sarà commisurata a quello che viene pagato. Questo significa che il pagamento di una tariffa irrisoria non solo squalifica il lavoro di chi la accetta, ma mette anche a repentaglio la qualità del processo di tutela».Eppure la figura del professionista dei beni culturali è diventata sempre più centrale negli ultimi anni, «con una richiesta sempre più evidente delle nostre competenze nelle fasi di progettazione ed esecuzione delle opere di interesse pubblico», spiega Aglaia Piergentili Màrgani, presidente di ANA Lazio, e questo «dimostra la centralità del nostro ruolo a tutela del patrimonio archeologico».Centralità che nei fatti non trova, però, riscontro quando si tratta di pagare. Perché in questo caso non solo le cifre sono inadeguate ma anche i tempi di pagamento sono mortificanti. «Quando faccio un lavoro e anziché essere pagato all’emissione della fattura, o entro 30 giorni che sarebbe ancora un termine accettabile, vengo pagato dopo mesi a volte addirittura dopo anni, di fatto non si consente al professionista di fare affidamento sull’introito del proprio lavoro che non sa quando arriverà». Non solo, si lasciano tanti soggetti impossibilitati nel pianificare la propria vita.Il presidente nazionale ANA evidenzia anche un altro aspetto troppo spesso non raccontato. «L’impresa che paga in ritardo sta usufruendo di una sorta di prestito a tasso zero: se deve pagare al dottor Rossi mille euro e non lo fa per sei mesi, di fatto il dottor Rossi sta facendo un prestito per sei mesi visto che in quel lasso di tempo l’impresa potrà investire quei soldi altrove».Come spesso capita ad essere maggiormente colpiti dallo sfruttamento sono i neo-archeologi, quindi professionisti giovani, under 35. La pandemia, però, ha messo sempre più in luce il problema delle sottoretribuzioni. «In questa fase c’è stata la riscoperta della professione da parte di tante colleghe e colleghi che negli anni avevano indirizzato la propria attività professionale altrove rispetto al lavoro da campo, per esempio lavorando in tutte quelle attività legate alla fruizione dei beni culturali che si sono completamente fermate con la chiusura dei luoghi della cultura. Ed ecco quindi che il fenomeno delle retribuzioni inadeguate è diventato ancora più evidente», conclude Garrisi. Coinvolgendo a questo punto anche tanti ultra quarantenni.Ma dove, nel grande mondo dei beni culturali, si viene più spesso sottopagati? «In particolare nella cantieristica legata ai servizi, quindi scavi per condutture acqua, luce, gas o fibra. Qui il sistema dell’appalto e del sub-appalto genera i danni più importanti». Non bisogna però generalizzare in negativo, perché, ci tiene a ricordarlo il presidente ANA, esistono anche imprese che si comportano con correttezza nei confronti del professionista. Comportamenti in regola che dimostrano a suo avviso come «i margini di profitto siano sufficienti a garantire floridezza all’impresa e un’equa retribuzione al professionista. Quando questo non avviene, il motivo è evidente».I dati raccolti ad oggi riguardano solo la regione Lazio, «perché questa sezione regionale ha lanciato l’iniziativa e ha avuto la capacità di concretizzarla per prima». L’intento, però, è quello di replicarla anche in altre regioni nei prossimi mesi ed arrivare a consolidare il rispetto delle normative per esempio sulle figure autorizzate ad operare nei beni culturali e quello della legge sull’equo compenso per il professionista.In un settore come quello dei beni culturali in cui si moltiplicano gli annunci, anche ministeriali di offerte di lavoro gratis o sottocosto – come il bando per la selezione di un’associazione di volontariato senza scopo di lucro per attività di collaborazione della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio in cui si pagava ogni volontario 27,50 euro al giorno, o quello per uno stage di sei mesi della Direzione generale beni culturali in cui si cercavano tra gli altri 10 stagisti archeologi che fin dall'inizio sapevano non sarebbero stati mai assunti o quello dei 500 giovani per la cultura, stagisti per mesi non pagati dal ministero a cui non seguì mai alcun inserimento  – in cui da sempre mancano investimenti e dove, a causa degli ultimi due anni di chiusure forzate in tutto il comparto, i guadagni sono stati minimi, il grido d’allarme dell’Associazione Nazionale Archeologi contro una prassi di sfruttamento consolidata della categoria suona ancora più forte e dovrebbe essere subito accolto da chi di dovere per porre un freno al fenomeno. E dare una svolta che tuteli i lavoratori del settore privato impegnati nella tutela del patrimonio archeologico, vitale per l’economia italiana.Marianna Lepore

Mismatch tra domanda e offerta di lavoro, 235mila posti vacanti. Confcooperative: «Riaffermare gli istituti tecnici»

Mancano all'appello 235mila lavoratori. Se trovati, «farebbero aumentare il Pil di oltre 21 miliardi, pari all'1,2 per cento del totale» afferma Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commmentando i dati dell'indagine condotta insieme al Censis 'Mismatch, il grande gap da sanare'. Una stortura di vecchia data nel mercato del lavoro italiano, che persiste senza miglioramenti. La conseguenza è, continua Gardini, «una limitazione alla crescita e all'occupazione nel momento in cui registriamo due milioni e 300mila disoccupati e 3 milioni di Neet, di cui oltre il 53 per cento di donne». Una perdita «incomprensibile» che «richiede misure urgenti di politiche attive per riconnettere domanda e offerta lavoro»: serve un «patto sociale tra imprese e rappresentanze dei lavoratori», secondo Gardini, per convergere su obiettivi «che facciano ripartire il paese». La storia si ripete, perché a mancare non sono tanto i posti di lavoro o la voglia di lavorare, come talvolta si dice. Bensì l'incrocio tra domanda e offerta di lavoro, il famoso mismatch, ovvero imprese che offrono lavoro ma non trovano personale con i giusti requisiti, o candidati che non corrispondono a nessuno dei profili ricercati. Si prendano i Neet, «zoccolo inscalfibile» come li definisce lo studio, che testimonia come vi rientri un giovane su quattro nella fascia 15-29 anni, per un totale di 2 milioni e 100mila soggetti, su 9 milioni totali appartenenti a questa fascia di età, e di cui più della metà è costituito da donne (52,7 per cento). Di questo folto gruppo sono in 258mila a essere laureati, il 12,3 per cento del totale, senza – nonostante il titolo di studio – riuscire a trovare una collocazione lavorativa. Un dato che si ripete anche tra i disoccupati generali, (2 milioni e 300mila), di cui 309mila risultano in possesso di una laurea, mettendo in evidenza come, si legge nello studio, «il titolo di studio non garantisca l'occupazione».Fra i Neet chi possiede un basso titolo di studio rappresenta solo il 36 per cento. Dunque i giovani che non studiano e non lavorano restano fuori dal mercato del lavoro benché spesso preparati, solo perché le aziende non cercano soggetti con quel tipo di percorso formativo, oppure sono loro stessi a non sapere a chi proporsi. Si crea così un distacco che può essere «spia – al di là di situazioni individuali e sociali, scelte personali e motivazioni delle più diverse – di un mancato raccordo fra i processi di formazione e l’avvio di un percorso lavorativo» scrivono ancora gli analisti. Una condizione che rischia poi di «alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa». Fondamentale per coprire le mancanza di personale adeguato è il rilancio di «competenze che supportino i processi di cambiamento» e, secondo il mantra che si ripete da anni, riaffermare «il protagonismo degli istituti tecnici». Dallo studio arriva anche una stoccata al reddito di cittadinanza, considerata una «soluzione sacrosanta per tamponare l’insorgenza della povertà anche di chi è occupato». Ma resta il nodo di «affrontare alla radice il tema dell’occupabilità». Non si può sfuggire quindi «al miglioramento degli strumenti di collocamento pubblici con l’aiuto dei privati».Le difficoltà registrate nell'incrocio tra domanda e offerta di lavoro si evincono anche da LinkedIn. Non è facile per le aziende trovare i profili che cercano, e la riprova è che gli annunci restano attivi per molto tempo, oltre un mese, senza trovare il candidato adatto. «Basandoci su dati estratti dalla piattaforma LinkedIn» è scritto nell'indagine, «emerge come su un totale di 153mila annunci pubblicati dalle aziende che risultano ancora attivi, il 57 per cento, quindi oltre la metà, è stato pubblicato nell’ultimo mese, il 16,1 per cento nell’ultima settimana e l’1 per cento nell'ultimo giorno». Ne deriva che «uno su due è attivo in piattaforma da oltre un mese», senza però trovare riscontro. Giace quindi inascoltato, proprio nel social specializzato nell'incrocio tra domanda e offerta di lavoro, che in media raccoglie circa 25mila annunci a settimana e 1.600 giornalmente. Si tratta insomma della riprova, anche sul web, che i candidati risultano spesso «di difficile reperimento», dando «la misura delle frizioni che caratterizzano il rapporto fra domanda e offerta di lavoro». L’outlook sull’occupazione di Manpower Group, fa sapere ancora lo studio, anticipa che nel quarto trimestre il 43 per cento delle imprese intervistate prevede di aumentare il proprio organico e i settori più richiesti secondo le previsioni risultano essere ristoranti e alberghi, fra i più colpiti dalle restrizioni dovute alla pandemia, e poi finanza e servizi alle imprese, e attività manifatturiere. Rispetto all'annus horribilis 2020, se venisse confermata la stima di crescita certificata dall'Ocsse, avremo un un prodotto interno lordo pari a 1.751 miliardi di euro, pari a 97,6 miliardi in più rispetto all'anno precedente. Ebbene, chiarisce il rapporto, con la forza lavoro necessaria, «il Pil del 2021 avrebbe raggiunto una cifra di poco superiore ai 1.770 miliardi, senza contare gli effetti positivi sui livelli di occupazione e reddito disponibile». Ilaria Mariotti

I giovani possono cambiare il mondo: Ashoka e Ang selezionano nuovi changemaker, call aperta fino al 15 ottobre

Una call per changemaker – 'Gen C, generazione changemaker' – a caccia di «giovani protagonisti del cambiamento». A chiamare a raccolta visionari con idee per cambiare il mondo due organizzazioni, l'Agenzia nazionale giovani, diretta dalla 33enne Lucia Abbinante, e Ashoka, associazione fondata in India nel 1980 da Bill Drayton con lo scopo di «identificare e sostenere gli imprenditori sociali che presentino idee per una profonda trasformazione sociale» si legge nel sito. Con Gen C «insieme ad Ashoka Italia vogliamo dare voce a chi realizza progetti positivi, che mettono energie, idee, visioni e competenze a servizio dei territori» commenta Abbinante con la Repubblica degli Stagisti. L'attenzione è rivolta in particolare a una tipologia di lavoro «che deve avere la capacità di generare un cambiamento talmente potente da modificare il sistema» spiega alla RdS Federico Mento, 45enne antropologo, direttore di Ashoka Italia e in passato Ceo per sette anni della Human Foundation. Nello specifico, è scritto nel bando, si cercano «changemaker dai 15 ai 25 anni e mentor dai 25 ai 35 anni che, attraverso le innovazioni, si stiano impegnando per migliorare la società». Per i primi ci sarà la possibilità di essere inseriti in automatico nelle piattaforme di crowdfunding di uno dei partner dell'iniziativa, Produzioni dal basso. I mentor saranno invece «volontari a sostegno dei più giovani» specifica Mento. La ricerca è rivolta a giovani «empatici, coraggiosi, motivati e determinati a cambiare le cose per il bene di tutti». Nel mondo attuale ci sono sfide «sempre più complesse, dalle transizioni ecologiche e digitali, alle nuove forme di lavoro, alla sostenibilità sociale e i piani di ripresa economica dall’emergenza sanitaria». I candidati possono, ad esempio, «aver fondato in questi campi un movimento o un’associazione, creato un’attività imprenditoriale, costituito un gruppo informale per realizzare attività di sensibilizzazione, aver costruito percorsi formativi». Il punto cardine è «l'aver generato impatto, ottenuto risultati». E ancora, che si tratti di soggetti che non operano soli, ma la cui attività si basi «sulla co-leadership, quindi sul coinvolgimento di più persone». La gamma dei temi è ampia e quelli indicati «sono solo alcuni di quelli sui quali sarà necessario confrontarsi per permettere ai giovani di godere di un’Italia e un’Europa all’altezza delle loro aspirazioni» continua il bando. I campi possono essere i più vari, spiega Mento, perché l'importante non è tanto il settore quanto l'incisività del progetto. Questo è il tipo di focus: «Ci deve essere una storia che lascia un segno». E poi, «una volta individuata l'esperienza che possiede queste caratteristiche, ci sono una serie di altri criteri per capire il profilo della persona». Più in particolare si cerca «di comprendere se nella biografia del candidato a changemaker ricorrono iniziative collegate all'intraprendenza, se questa capacità ha attraversato la storia di quella persona». Per partecipare c'è tempo fino al 15 ottobre, mentre le selezioni si terranno fino al 19 novembre. Le premiazioni saranno infine a dicembre, in occasione dell'Ashoka changemaker summit. Per correre nella selezione occorre compilare un questionario. A sostenere la call un partenariato di 40 organizzazioni (tra cui Fondazione Unipolis, L'Oreal, Associazione nazionale giovani innovatori, Randstad, Croce Rossa e altri), che conferiscono al progetto «ulteriori strumenti e risorse per arrivare alla costruzione di una comunità» aggiunge il comunicato. Saranno questi a tenere i corsi di formazione online offerti ai partecipanti della call. Sono inoltre fissati appuntamenti, 'weekend trasformativi' in diverse città italiane che saranno occasione di ispirazione, dibattito, ascolto, connessione e confronto, organizzati sempre dai partner dell’iniziativa. Il prossimo, tra l'8 e il 10 ottobre, sarà in Puglia. «Si potrà così acquisire maggiore consapevolezza rispetto al proprio ruolo da protagonista del cambiamento» è scritto ancora. L'obiettivo, prosegue Mento, «è che i changemaker non siano eroi solitari ma in grado di mobilitare i loro pari». Si aspira a «creare una comunità di giovani appassionati innovatori, che partecipino alla vita della comunità e – insieme ai fellow – lancino iniziative per trasformare la società». Ai giovani si è soliti attribuire inerzia. E invece, nella Generazione Z e i Millennials, spesso rappresentate in termini negativi, «in realtà sono tanti i giovani attivi nel cambiare l’Italia con idee e soluzioni innovative» afferma il comunicato. Per questo, rilancia Mento, «vorremmo che quello della call diventasse un appuntamento ricorrente, con una selezione continua che aiuti a crescere nuove generazioni di changemaker». Per Abbinante 'Generazione changemakers' creerà «una grande rete e una comunità di promotori di cambiamento sociale». Ilaria Mariotti 

Probabilità di assunzione post stage, il grande approfondimento della Repubblica degli Stagisti

Lo stage serve davvero per trovare lavoro? I dati a disposizione sono pochi, imprecisi, spesso vecchi. Noi pensiamo invece che questa informazione sia fondamentale per poter valutare l'efficacia dello strumento del tirocinio anche dal punto di vista occupazionale. Dunque abbiamo avviato una ricognizione, cercando di ordinare i dati esistenti e di chiederne di inediti al ministero del Lavoro, per poter tracciare un quadro più preciso di quante probabilità ci siano, effettivamente, che lo stage sia una anticamera del lavoro.Abbiamo suddiviso le informazioni in una dozzina di articoli, dedicando a ciascuno l'approfondimento e il confronto di alcuni dati. Eccoli:- Conteggiare gli assunti post stage, le difficoltà non diventino scuse per tenere i cittadini al buio- Efficacia degli stage, serve trasparenza: ecco i dati che vanno resi pubblici- Assunzioni post stage, che contratti vengono fatti agli stagisti?- Fare un tirocinio a cinquant’anni serve per trovare lavoro?- Stage per persone adulte, solo con dati chiari si può dire se servono o no - e fare policy di conseguenza- Quanti vengono assunti dopo uno stage curricolare? Non si sa - Quanto vengono pagati gli stagisti? E quelli che ricevono indennità più alte vengono assunti più spesso?- Il Covid diminuisce di 3 punti e mezzo la probabilità di essere assunti post stage: i dati inediti- Stage e contratto di lavoro subito nello stesso anno, i dati inediti 2019 e 2020- Assunzioni post stage entro un mese, i dati inediti (ma senza tasso)- Tasso di assunzione post stage a sei mesi, dati a confronto- Quante probabilità ho di essere assunto dopo uno stage? La verità è che non si sa (ma si potrebbe)

Green pass sui luoghi di lavoro dal 15 ottobre: le regole valgono anche per gli stagisti

È entrata in vigore oggi la legge 126 che introduce misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 tra cui sicuramente la più importante è l’utilizzo della certificazione verde, in particolare l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi di lavoro.A partire dal 15 ottobre e fino al 31 dicembre 2021, data ultima dello stato di emergenza, si stabilisce l’obbligo per i lavoratori nel pubblico e nel privato, di possedere ed esibire, su richiesta, la certificazione verde covid per accedere ai luoghi di lavoro. Il green pass, in sostanza, è reso obbligatorio per tutti coloro che svolgono un lavoro, tanto come dipendenti quanto come collaboratori, volontari e stagisti.Il nuovo decreto legge introduce degli articoli aggiuntivi alla legge 87 del 17 giugno 2021 focalizzando in particolare l’attenzione sui nuovi obblighi per i lavoratori. Per quanto riguarda il settore pubblico, introduce per tutto il personale delle amministrazioni pubbliche per l’accesso al luogo di lavoro «l’obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19».La domanda è: stagisti compresi? Erano quasi 31mila nel solo 2020 le persone impegnate in tirocini nel settore “pubblica amministrazione, istruzione e sanità”: e senza dimenticare che questo numero riguarda solamente i tirocini extracurricolari, lasciando fuori le migliaia e migliaia di tirocini curricolari svolti negli uffici pubblici da studenti universitari, di master e così via. Insomma, anche per gli stagisti è obbligatorio il green pass? Al comma 2 è precisato che questa disposizione «si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni». Questo passaggio, “attività di formazione”, significa che anche i tirocinanti negli uffici pubblici sono obbligati ad avere il green pass altrimenti, secondo quanto previsto dal comma 8, incorrono come tutti i dipendenti nella sanzione amministrativa che va da 600 a 1.500 euro. Lo conferma anche Roberto Camera, esperto di diritto del lavoro, funzionario dell'Ispettorato nazionale del lavoro di Modena e ideatore del sito dottrinalavoro.it: in un articolo a domande e risposte con le casistiche da applicare post green pass, alla domanda «Ho un tirocinante in azienda, va chiesto il green pass anche a lui?» risponde «Sì, l'accesso ai locali aziendali è subordinato al possesso del green pass per lo svolgimento di attività lavorativa o formativa, a qualsiasi titolo». Qualora in fase di accesso nel luogo di lavoro qualcuno comunichi di (o risulti) non essere in possesso della certificazione verde allora, secondo il nuovo provvedimento, è considerato «assente ingiustificato fino alla presentazione della certificazione». Non ci sono, però, conseguenze disciplinari e si ha diritto alla conservazione del rapporto di lavoro anche se è precisato che per i giorni di assenza ingiustificata «non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento». Questo significa che anche lo stagista privo di certificazione vedrà il proprio contratto di stage sospeso e si vedrà decurtato il rimborso spese mensile fino a quando non presenterà il proprio green pass. Mentre se “beccato” in ufficio senza il green pass potrà ricevere una multa dai 600 ai 1.500 euro.La norma non si occupa, però, solo del comparto pubblico, ma anche del privato. Anche in questo caso c’è l’obbligo per accedere al luogo di lavoro di possedere ed esibire su richiesta la certificazione verde. Disposizione valida anche per chi svolge attività di formazione e quindi, anche per gli stagisti. Che sono un numero ragguardevole: oltre 40mila nel solo settore dell'industria, quasi 57mila nel commercio, oltre 58mila nei trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese, 14mila e passa nelle costruzioni... solo per fare alcuni esempi con i dati più recenti, quelli relativi agli extracurricolari attivati nel 2020.Come per il settore pubblico, gli unici esclusi sono i soggetti esenti dalla campagna vaccinale per motivi medici con idonea certificazione. Anche in questo caso saranno i datori di lavoro a verificare il possesso del green pass. In caso la persona ne sia sprovvista, sarà considerata assente ingiustificata fino alla presentazione della certificazione, con il diritto di conservazione del rapporto di lavoro e senza conseguenze disciplinari, ma in questo periodo non avrà diritto alla retribuzione né ad altro compenso o emolumento. Nel testo iniziale era prevista una differenza tra il settore pubblico e quello privato che avrebbe riguardato anche gli stagisti, ovvero un periodo di cinque giorni prima della sospensione del rapporto di lavoro nel settore pubblico che avrebbe consentito di vaccinarsi e ottenere subito il green pass. La legge, infatti, all’articolo 5 rende disponibile subito dopo la prima dose di vaccino il certificato verde e non più dopo 15 giorni. Con quest’ultima modifica, quindi, non ci sarà differenza di comportamento tra il comparto pubblico e quello privato e soprattutto non ci sarà più “sospensione”. Restano poi valide le sanzioni amministrative dai 600 ai 1.500 euro in caso di violazione della disposizione.Il decreto legge all’articolo 2 introduce anche l’articolo 9 sexies per quanto riguarda l’impiego delle certificazioni verdi negli uffici giudiziari. In questo caso è necessario sottolineare che nell’elenco dei soggetti che non possono accedere agli uffici giudiziari se non possiedono la certificazione verde Covid non è esplicitamente inserito il tirocinante che, però, non è nemmeno nell’elenco dei soggetti per cui non si applicano queste disposizioni, come avvocati, consulenti e periti, non si capisce se per una svista del legislatore o perché in questo caso la categoria debba comportarsi come in tutti gli uffici pubblici. Sarebbe stato, quindi, più opportuno esplicitare anche in questo caso la situazione dello stagista visti i tanti tirocinanti presenti negli uffici giudiziari. Nel testo non si fa nemmeno riferimento esplicito alla figura del praticante avvocato. Anche se l’articolo 3 introduce il 9 septies in cui si disciplina l’impiego delle certificazioni verdi nel settore privato e si stabilisce che «a chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui l’attività è svolta, di possedere e esibire su richiesta la certificazione verde Covid-19» e al comma 2 si precisa che la disposizione si applica «a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato» nel settore privato anche sulla base di contratti esterni. Giovanni Antonino Cannetti, presidente del Coordinamento giovani giuristi italiani, spiega alla Repubblica degli Stagisti che vista «la qualifica in capo al titolare dello studio legale di datore di lavoro ai sensi della normativa giuslavoristica, potrebbe ritenersi che dal 15 ottobre lo stesso titolare di studio professionale sia legittimato a richiedere ai soggetti che svolgono il tirocinio forense, cosìdetto praticantato, di esibire la certificazione verde per l’accesso ai locali», ma sottolinea che in materia di green pass vi sono molti dubbi interpretativi non risolti.    Ricapitolando, quindi, dal 15 ottobre uno stagista sia che svolga il suo tirocinio in un ufficio pubblico sia che lo svolga in una impresa privata non potrà accedere agli uffici se non sarà in possesso del green pass. Per ottenerlo la via più semplice è quella di vaccinarsi contro il Covid, avere con sé il risultato negativo a un test molecolare o antigenico, o essere guariti – ed avere quindi qualcosa che lo documenti – dal Coronavirus. Il green pass ha un qr code che si può esibire direttamente dall’app Immuni o dall’app Io o è scaricabile dal sito dgc.gov.it.Nel frattempo cominciano ad esserci le prime proteste nei confronti dell’applicazione del green pass anche ai tirocinanti, ed è quindi bene ricordare che chi non volesse per i più svariati motivi sottoporsi alla vaccinazione può sempre sottoporsi a tampone per ottenerlo. In un emendamento approvato il 15 settembre in commissione Affari costituzionali della Camera è stata prorogata a 72 ore la validità del risultato del tampone molecolare.    L’ultimo punto da sottolineare è il riferimento continuo nel testo al “luogo” di lavoro. Per quanto sul tema ci siano interpretazioni diverse, se uno stagista stesse svolgendo il suo tirocinio in smart internshipping avrebbe l’obbligo di avere il green pass solo per i giorni in cui fisicamente accederà all’ufficio. Questo, però, come ha evidenziato l'ex ministro del lavoro Tiziano Treu, oggi presidente del Cnel, non significa che il datore di lavoro sia obbligato a offrire a un non vaccinato il lavoro (o tirocinio) da casa,  visto che non tutti sono in grado di offrire mansioni da remoto. Ora quindi c’è tempo per tutti gli stagisti o aspiranti tali di mettersi in regola con la vaccinazione entro il 15 ottobre per evitare di avere sorprese all’ultimo momento.Marianna Lepore [Foto a sinistra di ThisisEngineering RAEng, tratta da Unsplash]

Stage di 6 mesi per 130 giovani nei beni culturali: ma poi tutti a casa, non c'è possibilità di assunzione

Ci risiamo. Centotrenta nuove opportunità di tirocinio nel settore dei beni culturali con un rimborso spese mensile di mille euro per sei mesi: il ministero dei beni culturali ci ricasca e pubblica un nuovo bando  per  stage «formativi e di orientamento» che in realtà richiedono figure iper specializzate, le migliori sul mercato, per tirocini a tempo senza alcuno sbocco professionale.«Puntuale come un orologio. Carenza di personale negli archivi, nelle biblioteche, nei musei, nella catalogazione? Ecco oggi pubblicato un bando per 130 tirocinanti specializzati freschi freschi, pagati con i fondi per l'occupazione giovanile, da distribuire in tutta Italia», è l’allarme lanciato immediatamente dall’associazione Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali, che dal 2015 porta avanti una battaglia per la valorizzazione dei lavoratori dei beni culturali.Sul sito della Direzione generale dei beni culturali si precisa che i nuovi tirocinanti «saranno impiegati per la realizzazione di specifici progetti inerenti al sostegno delle attività di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale presso gli uffici centrali e periferici del Ministero e degli istituti e luoghi della cultura». Il ministero intende promuovere «l’attività formativa di alto livello» nel settore del patrimonio culturale «già avviata con successo in anni precedenti, disciplinando le modalità di accesso al Fondo giovani per la cultura per lo svolgimento di tirocini formativi e di orientamento destinati a giovani particolarmente qualificati per l’anno 2021».Nulla di nuovo, comunque. La Repubblica degli Stagisti aveva già previsto questo scenario quando a fine gennaio aveva raccontato del primo bando per tirocini formativi per 40 giovani fino a 29 anni previsto con il «Fondo giovani per la cultura» finanziato con ben 1 milione di euro per l’anno in corso. «In pratica nel 2021 potrebbe essere pubblicato un nuovo bando, che a questo punto potrebbe arrivare a coprire lo svolgimento di oltre 100 stage sempre nel settore dei beni culturali», era stata la nostra previsione. Viene fuori che avevamo sbagliato solo sui numeri, e per difetto – visto che i tirocini ora a bando sono 130.La premessa è che offrire degli stage per giunta ben pagati non è sbagliato. Ma farlo nel settore pubblico dove non potranno mai sfociare in un contratto vero e proprio, farlo in un campo come quello dei beni culturali dove la crisi post pandemia è altissima e le offerte di lavoro sono poche, farlo ricalcando programmi o progetti di tirocinio che non hanno portato a nulla se non allo sconforto ulteriore di una larga platea di laureati brillanti, e farlo in pubbliche amministrazioni che spesso sono sotto organico e che quindi tendono a usare gli stagisti per rimpiazzare i dipendenti mancanti – un modo per rimandare, di anno in anno, un vero concorso e vere assunzioni – questo sì, è sbagliato.«Ci sarà la fila per questi tirocini, che sono pagati 1000 euro lordi al mese. E per certi versi si tratta di un (misero) miglioramento, rispetto ai 400 euro di servizio civile offerti per posizioni simili fino a pochi anni fa. Ma è il sistema a non avere senso: questi giovani professionisti, dopo sei mesi, saranno sbattuti fuori dal ministero, con un enorme spreco di tempo e soldi, e nessuna possibilità di trasmettere le competenze acquisite», sintetizzano bene gli attivisti di Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali  sulla loro pagina Facebook.E infatti all’articolo 3 del bando in esame a chiare lettere è scritto che alla conclusione del programma formativo «è rilasciato un apposito attestato di partecipazione, valutabile ai fini di eventuali successive procedure selettive nella pubblica amministrazione». Ma questo «non comporta alcun obbligo di assunzione da parte del ministero della Cultura». Quindi il Mic, esattamente come ha fatto con l’altro bando, mette fin dall’inizio le mani avanti: è solo uno stage, non illudetevi di rimanere.Eppure, come accennato, il ministero è in una cronica mancanza di personale da tempo. Nell’atto di programmazione del fabbisogno di personale per il triennio 2019-2021, pubblicato ad aprile dello scorso anno, si legge della «carenza di personale di questa amministrazione, rilevata al 25 marzo 2020 e quantificata in complessive 5.295» unità distribuite tra area I, II e III e personale dirigenziale. È vero, il ministero negli ultimi anni ha bandito dei concorsi pubblici, ma evidentemente il personale continua a non essere sufficiente e si preferisce creare dei programmi ad hoc per reclutare brillanti laureati da lasciare poi in mezzo ad una strada dopo sei mesi di stage.Le premesse, insomma, non sono positive. Ma per quanti in questo momento siano alla ricerca di uno stage, potrebbe convenire tentare anche questa carta. La domanda di partecipazione va compilata e inviata soltanto in modalità telematica entro le ore 14 del 13 ottobre al link procedimenti.beniculturali.it/giovani È necessario aver conseguito una laurea magistrale tra quelle indicate nel bando con una votazione pari o superiore a 105/110 entro 12 mesi antecedenti la data di pubblicazione dell’avviso pubblico.Come già nel bando precedente, più si è brillanti e qualificati, più chance si hanno di essere selezionati. Per il voto di laurea si va dagli zero punti per la votazione di 105 ai quattordici per il 110 e lode, a cui si sommano i punteggi per gli eventuali titoli ottenuti in seguito: come ad esempio 20 punti per un titolo di studio post universitario o per precedenti tirocini in ambito culturale o 30 per un dottorato. A quel punto sono ammessi alla fase selettiva i candidati con il punteggio più elevato in un numero pari al triplo dei posti a disposizione, quindi 390, che sono ammessi a sostenere un colloquio per accertare le competenze. I 130 posti di stage sono così suddivisi: 40 presso la Direzione generale archivi; 30 presso la Direzione generale Biblioteche e diritto d’autore; 10 presso la Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio; 10 presso l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale; 10 presso la Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali; 30 presso la Direzione generale Musei. I candidati possono far domanda per ognuna delle varie categorie, senza limiti.  I colloqui, si specifica nel bando, «si svolgeranno unicamente in modalità telematica, nel rigoroso rispetto delle norme anti Covid-19». A quel punto, al termine della selezione i candidati con il punteggio più alto sono ammessi al tirocinio e a parità di punteggio prevale il candidato più giovane. Che comincerà il suo stage di sei mesi, per 25 ore settimanali, e al termine, tornerà a casa senza che quel tirocinio possa portare a un vero inserimento lavorativo.Il ministero, quindi, ancora una volta tamponerà la mancanza di personale con degli stagisti. Ripetendo un progetto già sviluppato nel 2013 e nel 2015 su cui intervenne anche la Corte dei Conti nell’ottobre del 2016 con la relazione «I tirocini formativi nel settore dei beni culturali (2013-2015)»  in cui certificò il fallimento di quel programma, sottolinenando il limite comune a tutti i tirocini fatti negli enti pubblici, «la loro non prevista valorizzazione all’interno di un progetto finalizzato all’assunzione, come ovvia conseguenza del divieto di reclutamento al di fuori delle procedure concorsuali di accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione».     A chi, nonostante tutto, è interessato al bando conviene affrettarsi a far domanda di partecipazione. Sullo sfondo resta il settore dei beni culturali fortemente vittima della crisi economica e pandemica, un ministero che non impara dai propri errori e tanti giovani che hanno deciso di specializzarsi nel settore dei beni artistici e culturali, forse attratti dalla ricchezza che in questo campo l’Italia offre. Del resto, abbiamo pur sempre il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco, ben 55 sui 1154 totali. Peccato non saper valorizzare le professionalità che dovrebbero prendersene cura e valorizzarli – e saper offrire, anno dopo anno, solo stage senza sbocchi lavorativi.Marianna Lepore

Servizio civile all'estero, salta la partenza di 350 giovani. Diciannove paesi nella black list

Trecentocinquanta volontari del servizio civile universale in partenza per progetti di volontariato all'estero sono rimasti bloccati in Italia. La doccia fredda è arrivata con una nota del Dipartimento per le politiche giovanili che a metà agosto ha pubblicato sul sito un avviso in cui invitava gli enti per il Servizio civile a sospendere i progetti già avviati tra maggio e giugno e quelli in avvio a settembre. Una decisione presa sulla scorta del parere negativo espresso dal Maeci sull'invio di operatori in alcuni paesi esteri «in ragione dell’emergenza sanitaria globale e delle conseguenti misure restrittive, del contesto securitario o di entrambi i fattori». Non solo motivi legati al Covid dunque. Con un comunicato congiunto è arrivata la risposta delle organizzazioni attive nella gestione del serivizio civile, il Forum nazionale servizio civile, la Cnesc, Conferenza nazionale enti servizio civile, l’Aoi, associazione ong italiane, e la Rappresentanza dei Volontari, con la richiesta di trovare al più presto una soluzione. Molti dei trecentocinquanta volontari coinvolti dal blocco non erano ancora espatriati «perché per queste esperienze è prevista una precedente formazione in Italia» fa sapere Laura Milan, vicepresidente Cnesc. Quelli in loco sono al momento settanta: «Solo due persone della nostra associazione, la Papa Giovanni, si trovavano in Kenya già da luglio, ma per il momento non è stato predisposto nessun rientro». La direttiva del dipartimento per gli enti interessati all'invio di operatori è infatti quella di «sospendere le partenze» oppure, «nei casi in cui l’invio in tali territori fosse già avvenuto, a portare a conoscenza il dipartimento del nominativo dei giovani che già si trovano nei territori, indicando la data di arrivo dei giovani». Non esiste insomma un vero e proprio divieto, ma un invito a enti e volontari a prendere coscienza della situazione rispetto ai rischi presenti in quei Paesi, considerate zone rosse. Nella black list Bielorussia, Camerun, Etiopia, Kenya, Madagascar, Mozambico, Congo, Sudan, Uganda, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guatemala, Perù, Cina, Filippine e India. Paesi per cui però non sono sconsigliati i viaggi di studio e di lavoro. «Non mi sento di dire che non ne capisco il motivo» afferma Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile. I ragazzi del servizio civile «sono contrattualizzati dallo Stato, che di conseguenza assume delle responsabilità». Ci sono contesti, «come per esempio quello dell'India, in cui è complicatissimo assicurare la protezione necessaria di fronte all'emergenza sanitaria» prosegue Borrelli: «Lì sono addirittura presenti zone franche dove la sanità proprio non arriva». In aggiunta la crisi afghana «ha creato uno sconquassamento in tutta l'Eurasia e aperto a potenziali conflitti». Comprensibile dunque la preoccupazione del ministero. Il problema è però il futuro dei ragazzi coinvolti. La soluzioni alternative proposte dal Dipartimento sono due: «il ricollocamento degli operatori presso altra sede all’estero situata in paesi considerati sicuri o presso altra sede in Italia» oppure «la prosecuzione del progetto in Italia con attività da remoto per l’estero in attesa che si ripristino condizioni favorevoli alla partenza». Nessuna delle due convince però gli enti interessati. «I progetti del servizio civile all'estero non sono realizzabili da remoto» spiega Borrelli. Sarebbe possibile in Italia, dove si fanno «attività informative o di promozione culturale». Ma i ragazzi che partono per l'estero sono assegnati a «progetti in cui si gestisce la mediazione di un conflitto: come si possono ricollocare?». Dello stesso avviso Milani: «I ragazzi vengono inseriti in realtà che già operano, con personale pronto a accoglierli». Le attività riguardano «lo sviluppo dei diritti umani, la promozione della pace, il supporto alla popolazione». Compiti precisi insomma, impossibili da spostare altrove. Domani, giovedì 16 settembre, è previsto un nuovo tavolo di confronto con il Dipartimento per le politiche giovanili. Nella precedente riunione, avvenuta a fine agosto ci sono state delle aperture su alcuni paesi, considerati 'arancioni': Mozambico, Kenya, Etiopia, Ecuador, Perù, Colombia. «Un centinaio di volontari potrebbero ricevere l'ok per le partenze in questi Paesi» fa sapere Milani, «ma ancora non possiamo dirlo finché il dipartimento non si esprimerà». Anche perché le indicazioni del Maeci riguardano solo alcune zone del Paese, «dunque restiamo in attesa di sapere quali». Da parte degli enti la richiesta è di «chiarire lo status di sospensione laddove dovesse adottare questo strumento» e in più di riconoscere il diritto «a chi non sia potuto partire o abbia deciso di interrompere il servizio di ricandidarsi ai prossimi bandi anche dopo il superamento del 29esimo anno di età» si legge nel comunicato. In più che per i volontari sia fissata «una data di avvio straordinaria ad ottobre solo se c’è la certezza di poter partire per i relativi paesi esteri compresi nella lista, evitando di lasciare così i giovani in un limbo di incertezza». Infine «che il ministero delle Politiche giovanili, di concerto con il Maeci, chieda al ministero della Salute di inserire i giovani in servizio civile tra le categorie che possono recarsi nei Paesi del cosiddetto elenco E del dpcm 2 marzo 2021, per i quali gli spostamenti dall’Italia sono consentiti solo in presenza di precise motivazioni quali, tra gli altri, il lavoro». Già nel marzo 2020, in pieno lockdown, «il governo equiparò il servizio civile ai lavori socialmente importanti per la comunità» si legge ancora nel comunicato. Nel frattempo anche la politica si è mossa con una interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, promossa dalla parlamentare Pd Francesca Bonomo. La richiesta è nuovamente di «rivedere il blocco». In attesa di capire quale sarà la soluzione proposta dal governo, «per i progetti da avviare negli scenari di rischio l'unica soluzione è quella di rimandare al 2022 nella speranza che le condizioni mutino» chiarisce Borrelli. «Altrimenti salteranno». Ilaria Mariotti