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Il Parlamento europeo condanna i tirocini gratuiti, risoluzione storica per gli stagisti

574 voti a favore, 77 contrari, 43 astenuti (di cui, tra gli italiani, tutti gli eurodeputati della Lega): con questi numeri è passata ieri pomeriggio al Parlamento europeo la proposta di “Risoluzione del Parlamento europeo sulla garanzia per i giovani”. Un testo attraverso cui l'organo legislativo dell'UE finalmente condanna esplicitamente «la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti», specificando che la gratuità «costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti».«Mai prima d'ora il Parlamento europeo aveva espresso ufficialmente come propria posizione la messa al bando dei tirocini non remunerati», dice alla Repubblica degli Stagisti Brando Benifei, 34enne capodelegazione degli europarlamentari del Partito Democratico, «perché è un tema che non è così condiviso da tutti»; ma ieri «si è costruita invece una maggioranza politica – e quindi una posizione del Parlamento – che dice cose molto chiare», esortando anche gli Stati membri «a garantire che i giovani che si registrano nei programmi della garanzia per i giovani ricevano offerte qualitativamente valide, diversificate e personalizzate, con un'equa remunerazione». Certo, la risoluzione è un atto “non vincolante”, ma ha una grande rilevanza. Il lavoro per arrivare a questo risultato è durato mesi, coinvolgendo tutte le forze politiche: «Ovviamente ci sono state divergenze su alcuni punti, tra cui quello “più caldo” sulla presa di posizione per la messa al bando dei tirocini non remunerati e senza contenuto formativo, con uno strumento giuridico nuovo da far proporre alla Commissione europea con una nuova iniziativa legislativa» racconta Benifei. C’è stata nei mesi scorsi «una forte mobilitazione dei movimenti giovanili, per esempio dello European Youth Forum che segue da vicino la legislazione europea», per convincere uno per uno gli europarlamentari a votare a favore: «Il PPE, i liberali e i conservatori europei – il partito dove sta Fratelli d’Italia – si sono divisi al loro interno. Quelli che sono stati più compatti nel lavorare su questo punto sono stati i Socialisti e democratici, i Verdi e la sinistra».In particolare fino a ieri il fiato è rimasto in sospeso a causa di uno dei sette emendamenti proposti, che se fosse stato approvato avrebbe sostanzialmente «annacquato» la risoluzione: «Bisogna dirlo sinceramente: non tutti sono d’accordo – ed è legittimo, ci mancherebbe – che i tirocini extracurricolari debbano essere remunerati e che anche quelli curricolari debbano avere un minimo di rimborso spese, per essere economicamente sostenibili» dice Benifei: «C'è stato un tentativo di escludere i curricolari da questa considerazione». L'emendamento, proposto da Monica Semedo – 36enne eurodeputata del Lussemburgo – a nome del gruppo Renew, voleva che la frase «condanna la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti, che costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti» venisse sostituita con la ben più morbida formulazione «esorta gli Stati membri a garantire una remunerazione adeguata per gli stage, i tirocini e gli apprendistati al di fuori dei programmi di studio ufficiali, in modo da evitare ostacoli fattuali per i giovani provenienti da gruppi vulnerabili e da contesti socioeconomici modesti». Se l'emendamento fosse stato approvato ieri durante le votazioni, sarebbe scomparso dalla risoluzione il termine “condanna”, che invece è una delle parole-chiave di tutto il testo; e in più, come sottolinea Benifei, avrebbe circoscritto la presa di posizione del Parlamento europeo ai soli tirocini extracurricolari, cioè quelli “al di fuori dei programmi di studio ufficiali”, anziché a tutti i tirocini. Fortunatamente gli eurodeputati che hanno votato a favore della proposta di cambiamento si sono fermati a 303 (tra cui tutti gli eletti di Forza Italia, a cominciare da Silvio Berlusconi), e 375 hanno invece contro: dunque il testo è potuto rimanere com'era. «La formulazione che è stata mantenuta parla di tirocini in generale. Chiaramente non possono essere messi sullo stesso piano gli extracurricolari e i curricolari – questo lo dico io, al di là del testo ma a fronte delle discussioni fatte. Ma il tentativo di escludere i curricolari non è stato approvato» e dunque si può affermare che il testo tocchi «tutti i tirocini, ribadendo la necessità di una tutela, di un percorso di dignità».Andando a spulciare il testo della risoluzione si legge, al paragrafo 11, che il Parlamento chiede che «siano delineati criteri e norme di qualità chiari e vincolanti per le offerte» all’interno di un «quadro di qualità». Questo vorrebbe dire uno stop ai tirocini di basso profilo, come magazzinieri in negozi e supermercati, pagati coi soldi di Garanzia Giovani? In Italia sono stati quasi 20mila, dall’avvio di GG a fine aprile di quest’anno secondo i dati dell’Anpal, i tirocini attivati in questa categoria, che tecnicamente si chiama “Professioni non qualificate nel commercio e nei servizi” e che comprende, tra gli altri, i mestieri di addetti allo spostamento e alla consegna merci, addetti ai servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli, e  addetti ai servizi di custodia di edifici, attrezzature e beni. «Quando parliamo di questo punto ci riferiamo esattamente a questo genere di situazioni, dove palesemente si tratta di lavoro a basso costo, con poco percorso formativo per i tirocinanti» conferma Benifei: «Secondo il Parlamento europeo, Garanzia Giovani non dovrebbe finanziare questo tipo di esperienze. E quindi noi chiediamo che oggi i Governi, che hanno l’ultima responsabilità anche sul monitoraggio dell’utilizzo di queste risorse, adeguino il funzionamento interno del programma nei propri Paesi in modo che le risorse non possano essere utilizzate per esperienze di tirocinio che non abbiano un contenuto utile». Garanzia Giovani dev'essere usata insomma per aiutare i giovani partecipanti a «trovare una strada», e non come «un aiuto per le imprese che vogliono avere un lavoratore a basso costo» ribadisce l'eurodeputato: «Non si possono usare i fondi europei per forme di “cheap labor”: questo è il messaggio». Ora tutto sta a vedere come si comporterà la Commissione europea, che «dopo tante nostre insistenze raccoglie finalmente questo tema», dopo sei anni dalla partenza di Garanzia Giovani. L'auspicio di Benifei è che la risoluzione approvata ieri non resti «solo una affermazione di principio», ma che la Commissione la usi come base per prendere la decisione di «impedire, rendendolo non conforme alle regole del programma, l’utilizzo di Garanzia Giovani per esperienze che non hanno contenuto formativo».Del resto Ursula von der Leyen, alla guida della Commissione dal dicembre dello scorso anno, sembra essere più sensibile rispetto ai suoi predecessori rispetto al tema della qualità del lavoro giovanile. Non solo aveva risposto positivamente alla domanda che Benifei già aveva posto qualche mese fa sulla possibilità di immaginare un aiuto finanziario ai tirocinanti rimasti senza tirocinio a causa del Covid attraverso il fondo Sure. «In passato,  a fronte di domande puntuali su questo tipo di questioni, avevo ricevuto risposte fumose dalla Commissione europea» dice l'eurodeputato, ma ora sembra che la musica sia cambiata: «Von Der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione ha anche voluto ricordare il lavoro per uno schema europeo di salario minimo. Quindi mi sembra più sensibile al tema della buona remunerazione del lavoro rispetto alla precedente Commissione europea».Ora tutti i Paesi dovranno tenere conto – e dare conto anche alle proprie opinioni pubbliche – del fatto che il Parlamento europeo si è espresso con una raccomandazione molto netta «contro pratiche abusive» nell'utilizzo degli stage gratuiti e/o privi di contenuto formativo «dentro e fuori Garanzia Giovani», riassume Benifei, che si augura «ci sia una spinta a una mobilitazione dell’opinione pubblica» per portare i governi di ogni singolo Paese membro a migliorare l'uso dello strumento dello stage al proprio interno: «Lanciamo la palla anche alle organizzazioni giovanili, ai sindacati, alle realtà del lavoro» affinché facciano la loro parte nel fare pressione.E rispetto in particolare a Garanzia Giovani, dove «c’è un potere diretto più incisivo, perché comunque si tratta di fondi europei», questa risoluzione indica «alla Commissione di impedire alle autorità di gestione di finanziare attività di utilizzo di Garanzia Giovani che non rispondano a criteri di qualità. Serve non una indicazione generica, ma una norma cogente». Il parlamento ieri ha preso «una posizione netta» e ora, dice Brando Benifei, «vogliamo delle risposte».Eleonora Voltolina

Emilia Romagna, quasi 300 indennizzi Covid mai arrivati agli stagisti: decine di enti promotori “non collaborano”

Sono quasi trecento gli stagisti dell'Emilia Romagna a cui sono state negate – almeno per il momento – le indennità Covid stanziate per gli stage extracurriculari sospesi a causa della pandemia. Piccole somme, dai 450 ai 900 euro, ma comunque una boccata d'ossigeno per quanti si sono visti di punto in bianco sospendere l'attività, perdendo qualunque tipo di entrata economica. La doccia fredda dei mancati bonifici è arrivata con il rifiuto da parte di alcuni enti promotori di seguire il protocollo indicato dalla Regione per i rimborsi. La procedura prevedeva che fossero appunto tali enti non solo a contattare i tirocinanti impegnati negli stage da loro attivati, ma anche – in sintesi – a anticipare gli importi dei sussidi. C'è una buona notizia però: la Regione ha incaricato l'Agenzia regionale per il Lavoro di fare da tramite per erogare le indennità finora non pervenute. Per capire nel dettaglio la vicenda occorre fare qualche passo indietro e ripercorrere i diversi passaggi. È aprile 2020, in piena emergenza sanitaria, quando l'Emilia Romagna per prima, poi seguita da diverse altre Regioni italiane, prende la virtuosa decisione di sostenere economicamente una delle categorie più colpite dalla crisi, quella degli stagisti rimasti a casa a causa del Covid. Firmata la delibera a fine mese, scatta la procedura che consente di attingere a fondi regionali pari a 9 milioni e 384mila euro di cui andranno a beneficiare circa 15mila tirocinanti. Ma nella provvedimento si stabilisce un passaggio chiave: a provvedere all'esecuzione della misura devono essere gli stessi soggetti promotori, gli enti cioè incaricati di sbrigare tutte quelle pratiche necessarie all'attivazione degli stage: devono contattare gli stagisti e a fare i bonifici pagando di tasca propria i bonus, per poi essere rimborsati in un secondo momento dalla Regione. In alternativa possono chiedere una garanzia fideiussoria con un'azienda terza che faccia da garante (ma di fatto sempre anticipando i soldi). A convincere i soggetti promotori a partecipare non bastano i 100 euro previsti dalla Regione come “incentivo” per ogni stagista preso in carico a cui far arrivare l'indennizzo: alcuni declinano l'invito. Alla Repubblica degli Stagisti arrivano diverse segnalazioni che qualcosa non va. Una è della lettrice Marilù Conte: «Sono una stagista dell'Emilia Romagna e ho accolto con gioia la notizia che prevedeva l'erogazione di un bonus di 450 euro dalla Regione» scrive. Peccato che «pur avendo tutti i requisiti elencati nel decreto regionale, l'ente promotore del mio stage ha comunicato di non avere intenzione di aderire al progetto regionale». L'ente in questione è Actl, il primo della lista per numero di tirocini assegnati e risorse da distribuire per un totale di circa 52mila euro: «Il nostro ente non ha partecipato al bando» conferma alla Repubblica degli Stagisti la segreteria: «Non siamo in grado, a causa anche delle limitazioni delle attività in emergenza Covid 19, di gestire attività di erogazione in anticipazione di sussidi di competenza dell'amministrazione regionale». Actl non è il solo. A fine giugno «su un totale di 224 soggetti promotori, risultano aver aderito in 168 per un totale di circa 14mila tirocinanti», come conferma alla Repubblica degli Stagisti l'addetto stampa della Regione Emilia Romagna Giovanni Masala. Un 25%, cioè 56 di questi, non accetta, lasciando a bocca asciutta circa trecento tirocinanti. Nel frattempo, con il passare delle settimane e la proroga delle scadenze nelle delibere che si succedono per la presentazione delle candidature (l'ultima viene fissata per il 15 luglio), qualche ente si convince e arrivato fine settembre il fronte del no risulta sceso a quota 40, «per un totale di 265 tirocinanti» precisa Claudia Gusmani, responsabile alla Direzione generale Economia della conoscenza, del lavoro e dell’impresa della Regione.Fortunatamente la Regione Emilia Romagna ha deciso di correre ai ripari. Con delibera della Giunta del 3 agosto (la dgr numero 1033) «sono state trasferite risorse all’Agenzia regionale per il lavoro per garantire ai tirocinanti i cui promotori non hanno aderito alla procedura, l’erogazione del bonus». Tradotto: i 154mila euro ancora inevasi sono finiti nelle casse di tale agenzia per procedere con la verifica dei requisiti dei potenziali beneficiari e l'esecuzione dei bonifici. Nel documento sono indicati tutti i quaranta che che si sono rifiutati di collaborare. I nomi sono tanti, solo per citarne alcuni compaiono ad esempio gli atenei Federico II di Napoli, le università di Padova e di Palermo. Ma anche cooperative e agenzie per il lavoro come Generazione vincente spa. L'elenco completo è nell'allegato della delibera, scaricabile qui. Si riaprono quindi le speranze per i 265 esclusi dai bonus. Ma non mancano gli intoppi: «Attualmente l’agenzia sta verificando i requisiti dei tirocini e cercando di contattare i tirocinanti» spiega alla RdS Paola Cicognani, direttore dell’agenzia. «Trattandosi di tirocinanti per noi sconosciuti, il reperimento dei riferimenti e degli elementi di svolgimento del tirocinio presenta delle difficoltà» riconosce. Tanto che in alcuni casi «è necessario contattare anche i soggetti ospitanti». C'è però una scadenza a rassicurare, ed è il 31 novembre prossimo. Le operazioni saranno eseguite «entro quella data, come richiesto dalla dgr, almeno ai tirocinanti che saremo riusciti a raggiungere per ricevere i riferimenti bancari su cui accreditare l’importo».Ilaria Mariotti  

Lavoro e stage in contemporanea, sorpresa: la Did non sempre è necessaria

Una persona manda un cv, sostiene un colloquio, e arriva l'esito positivo: una proposta di stage. Evviva, si comincia – fermi un attimo. Questa persona ha già un lavoro, che non vuole, o non può, lasciare. È un lavoro part-time, che permetterebbe tranquillamente a livello di orari di svolgere anche lo stage. Ma per attivare uno stage non è obbligatorio fare la DID, la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, al centro per l'impiego? E questa DID non equivale a dichiarare di essere disoccupati? C'è un decreto legislativo del 2015 che dice che «sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano in forma telematica al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro […] la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego». La DID, appunto.E come è possibile dichiararsi “disoccupati” se si ha un lavoro, anche se solo part-time? In casi come questo bisogna rinunciare allo stage? O al lavoro?Non necessariamente. La DID non è indispensabile per poter procedere con l'attivazione di un tirocinio extracurricolare: lo conferma senza indugi Luca Riva, esperto di politiche del lavoro, che la Repubblica degli Stagisti ha chiamato in causa per far luce su questo aspetto.Il tirocinio extra curricolare, infatti, può essere attivato o promosso per una serie di soggetti: disoccupati ma anche lavoratori a rischio disoccupazione, beneficiari di sostegno al reddito o anche occupati in cerca di altra occupazione. E la Dichiarazione di Disponibilità (DID) è il primo passo da fare per una persona che non ha un lavoro, o l’ha perso e/o non supera alcune soglie di reddito, per ottenere lo stato di disoccupazione e avere alcune agevolazioni economiche, come la Naspi o il Reddito di cittadinanza. «DID che da sola non basta perché la persona deve attivare successivamente il Patto di servizio personalizzato con l’ente accreditato che ha scelto e con cui concorderà la politica attiva/formativa che andrà a svolgere» spiega Riva, come appunto un tirocinio extra curricolare. Se, però, il soggetto è occupato e vuol cambiare lavoro non è necessario averla. Anche perché «non potrà mai rilasciare una Dichiarazione di Disponibilità presso il centro per l’impiego perché non ha i requisiti per essere considerato disoccupato. Ma può comunque attivare un tirocinio extracurricolare, a meno che non si tratti di uno stage promosso utilizzando finanziamenti riservati alle persone disoccupate, come Garanzia giovani o Dote unica lavoro, per cui questo status è espressamente richiesto». Quindi, se si lavora in un call center e poi si fa un tirocinio in contemporanea per imparare a fare il pizzariolo non c’è alcun divieto. «Se a livello orario le due cose sono compatibili perché no?» chiede Riva. «Con una politica attiva ci si riqualifica», in linea con l’obiettivo dello stage. Una situazione che capita sempre più spesso: si comincia da giovani a fare un lavoretto, magari per contribuire alle spese universitarie o essere economicamente indipendenti. Col tempo quel lavoro diventa più importante ed impegnativo e talvolta porta anche a un contratto subordinato. Strada facendo arriva l’opportunità di fare uno stage in un’azienda in un settore per cui si è studiato. Il dilemma, quindi, diventa: sarà compatibile, a cosa devo rinunciare? La Repubblica degli Stagisti ha deciso di vederci chiaro, partendo da un quesito arrivato proprio sul nostro Forum, in cui il nostro lettore giug ha chiesto: «Posso svolgere contemporaneamente un lavoro a tempo indeterminato part time e uno stage in un’azienda operante in un settore completamente diverso?». Nel caso in questione quindi il giovane è già occupato, anche se solo part time. Per questo motivo Riva chiarisce: «Si può fare uno stage anche se si è già occupati, questo problema non sussiste. Un part time lavorativo», con contratto di tipologia subordinata a tempo determinato o anche indeterminato, «è assolutamente compatibile con un’esperienza di tirocinio di mezza giornata». La questione è leggermente diversa se il giovane in questione ha lo status di disoccupazione. Per fare un tirocinio con la qualifica di disoccupato, infatti, oltre alla questione delle ore precedentemente illustrata è necessario mantenere anche lo status di disoccupato. E «per mantenere lo stato di disoccupazione è necessario non superare le soglie economiche di reddito che sono di 8mila 145 euro se si è lavoratori subordinati o di 4.800 euro se si è lavoratori autonomi». Ma di solito, spiega Riva, «lo status non è obbligatorio per attivare uno stage a meno che non si entri in percorsi finanziati, come Garanzia giovani o Doti lavoro che richiedono la disoccupazione per attivare i tirocini».Dello stesso avviso anche Enrico Limardo, direttore di Fondazione Lavoro: «L’importante è conoscere il monte ore totale della propria posizione lavorativa ed è chiaro che questo non può essere superato. Vale per un lavoro a tempo parziale, determinato o indeterminato: le ore in aggiunta a quelle dello stage non possono superare il monte ore previsto per la contrattazione collettiva. Quindi le 40, massimo 48, ore della disciplina dell’orario di lavoro a meno che i singoli contratti collettivi non stabiliscano un monte ore diverso e in quel caso bisognerà prendere in considerazione quello».Ci sono, però, delle differenze a livello regionale, vista la possibilità per le regioni di normare sull’argomento. Ad esempio, «in Puglia non è possibile fare i tirocini per i soggetti già occupati, visto che non hanno aggiornato la nuova disciplina», precisa Limardo, «in tutte le altre regioni, sì». Anche Molise, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia non specificano nulla né nella normativa né nelle faq interpretative alla normativa «quindi qui i limiti sono l’orario di lavoro e la contrattazione collettiva». Diverso il caso della Liguria, «che è intervenuta sia sulla norma sia sulle faq». Altro caso particolare è l’Abruzzo che con una faq precisa che una persona occupata può essere avviata a tirocinio per assecondare la ricerca di un’altra occupazione e che «sono considerati soggetti occupati le persone che abbiano in corso un rapporto di lavoro dipendente o svolgano un’attività di lavoro autonomo, il cui reddito di lavoro corrisponde a un’imposta lorda superiore alle detrazioni spettanti».Stessa situazione se un giovane ha già in corso un contratto a tempo indeterminato ma con un part time particolare: per esempio fa il cassiere in un cinema o in un negozio ma lavora solo in orari serali durante la settimana e nei pomeriggi del weekend non superando le 15-20 ore settimanali. «Anche questo tipo di contratto è compatibile. Se è richiesto lo stato di disoccupazione c’è sempre la questione del reddito altrimenti, lavorando di sera o nel fine settimana, certamente non supera le 40 ore previste da tutti i contratti ed è dunque compatibile», spiega Riva. «Bisogna vedere la compatibilità di orario e se c’è da parte dell’azienda la possibilità di fare una formazione vera e propria, ma si può fare con tutte le attenzioni del caso», aggiunge Limardo.Altro contratto, altra casistica. Se in corso c’è un apprendistato part time, poniamo con un monte ore di 20 ore settimanali, è possibile contemporaneamente attivare anche uno stage. «Però dovrà essere di massimo altre 20 ore. Dal punto di vista logico, però», continua Riva, «è un po’ strano che una persona che già è in un percorso formativo come l’apprendistato faccia poi un tirocinio che appunto è formazione per giunta in un ambito diverso». Certo può capitare che in quel momento il contratto di apprendistato sia l’unico che è stato proposto ad un giovane anche se magari senza una vera valenza formativa e per questo voglia poi fare un tirocinio per imparare un’altra cosa. A rigor di logica, quindi, è un caso un po’ al limite, «ma da un punto di vista pratico può accadere». Essendo entrambi dei contratti che prevedono una formazione, Limardo pone un altro problema su questa compatibilità: «bisognerebbe capire quali sono le due esigenze formative, capire quindi il contratto di apprendistato a cosa si riferisce e per quale figura è finalizzato il tirocinio».Regole uguali secondo Riva anche se il ragazzo ha in corso un contratto cococo: essendo una collaborazione «non dovrà superare i 4.800 euro di reddito come disoccupato». In questo caso, aggiunge Limardo, «non sarà possibile vedere il limite orario massimo da non superare, perché il contratto di collaborazione continuativa non ha obbligo di orari da rispettare. Bisognerà, quindi, guardare solo al limite di reddito». C’è però un’altra domanda che il giovane in questione dovrebbe farsi, ovvero se riesce a gestire entrambe le cose. «Se la collaborazione rientra tra quelle che una volta erano a progetto, allora bisogna capire se riesce a portare avanti il progetto e allo stesso tempo imparare qualcosa di nuovo con uno stage» riflette Riva. Se, invece, non ha bisogno dell’indicazione dello stato di disoccupazione ma vuole fare uno stage da occupato allora anche in questo caso può farlo, non superando le ore settimanali massime previste nella somma dei due contratti subordinati. Nessuna limitazione invece per quanto riguarda il settore: questo significa che si può tranquillamente attivare un tirocinio in un ambito diverso da quello in cui si ha già un contratto di lavoro di tipo subordinato. Non ci sono divieti nemmeno nell’attivare uno stage nello stesso settore in cui si ha già un contratto di lavoro, anche se non ha senso, sottolinea Riva, visto che con un tirocinio lo scopo è imparare un lavoro.Sulla possibilità di attivare il tirocinio nello stesso settore in cui si ha già un contratto, Limardo avanza però qualche dubbio: «È da escludere che si possa attivare uno stage nella stessa azienda in cui si ha un contratto di lavoro. A volte ce lo hanno chiesto ma abbiamo sempre rifiutato di farlo. Quanto allo stesso settore, potrebbe esserci il caso di un contratto di lavoro part time in corso e la volontà di migliorare la posizione lavorativa, immaginando un contratto di tirocinio nel tempo rimanente con un’altra azienda per migliorare le competenze trasversali. Questo è possibile. Ma il progetto formativo non può essere assolutamente indentico a quello che si sta svolgendo come rapporto di lavoro altrimenti non avrebbe senso».Marianna Lepore

Tirocini: crollano in alberghi e ristoranti, reggono negli uffici pubblici e nella sanità

Nei primi sei mesi del 2020 i tirocini si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2019: 185.152 sono quelli partiti tra gennaio e giugno dell'anno scorso, solo 96.376 quest'anno. La botta più forte, dal punto di vista economico, il Covid l’ha data al settore dei trasporti e del turismo. Non sorprende quindi che anche i dati inediti sul crollo degli stage, che la Repubblica degli Stagisti ha potuto raccogliere dal ministero del Lavoro, lo confermino: il settore di attività dove si è registrato il maggior calo percentuale del numero di tirocini nei primi sei mesi del 2020 è stato proprio quello ricettivo, e cioè alberghi e ristoranti. Un settore che ovviamente va inteso in senso esteso, e che dunque comprende anche ostelli, campeggi, villaggi turistici, bar, gelaterie, mense. Qui tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati attivati solo poco più di 8mila stage extracurricolari (gli unici che vengono conteggiati), il 62% in meno rispetto agli oltre 21mila dell’anno scorso.A poca distanza l’agricoltura: in questo settore, che include anche gli allevamenti di animali e le attività legate a boschi e foreste, i tirocini sono stati 1.450 contro i 3.377 dello stesso periodo dell’anno scorso: dunque meno 57%.All’estremo opposto c’è il settore Pubblica amministrazione, istruzione e sanità: qui la diminuzione è stata molto più contenuta, solo del 38%, che in cifre significa poco meno di 14mila tirocini avviati contro gli oltre 22mila del 2019. Forse anche perché in questo settore ci sono ospedali e i laboratori di analisi cliniche: luoghi di lavoro che con il Coronavirus si sono trovati più che mai in prima linea.Un po’ a sorpresa, anche il settore delle Costruzioni non sembra aver risentito più di tanto della situazione: il calo registrato è soltanto del 39%, con 4.078 tirocini attivati tra gennaio e giugno 20210 a fronte dei 6.704 del 2019.Per tutti gli altri settori la diminuzione è all’incirca della metà, in linea con la media (che è 48% in meno): in particolare il comparto Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese ha visto attivati 24.287 tirocini contro poco più di 44mila nel 2019, dunque un calo del 45%.Stessa percentuale anche per le Attività svolte da famiglie e convivenze, ma qui i numeri sono davvero irrilevanti: solo 33 erano stati i tirocini attivati in questo settore nei primi sei mesi del 2019, ridotti a 18 nel primo semestre 2020.Meno 48% sia per il settore Commercio e riparazioni sia per il settore Altri servizi pubblici, sociali e personali. In particolare, in negozi e officine sono partiti un po’ meno di 22mila tirocini, contro i quasi 42mila dell’anno scorso.Il settore “altri servizi pubblici, sociali e personali” è quello invece che comprende le proiezioni cinematografiche, la gestione di sale di spettacolo, le attività riguardanti i parchi di divertimento, le discoteche e sale da ballo; e poi ancora gli stadi, le piscine, i campi sportivi, i parrucchieri, i saloni di bellezza. Tutte attività che sono state chiuse ermeticamente durante il periodo di lockdown e che sono state sottoposte, al momento della riapertura, a pesanti limitazioni per prevenire il contagio. Non sorprende quindi che, a fronte degli oltre 12mila tirocini avviati in questo settore nel primo semestre dell’anno scorso, nel 2020 questo numero sia piombato a 6.402.Infine, il dato sul settore dell’ “Industria in senso stretto”, cioè tutte le attività industriali escluse le costruzioni: il numero di tirocini è esattamente dimezzato, 16.481 nel 2020 contro 33.004 nel 2019.L’ordine non cambia di molto considerando solo il secondo trimestre, dunque i tirocini attivati tra il 1° aprile – in pieno lockdown – e il 30 giugno di quest’anno: in tutto le esperienze formative “on the job” partite in questo periodo sono state solamente poco più di 27mila, il 73% in meno rispetto alle oltre 100mila dello stesso lasso di tempo dell'anno scorso.Crollo totale per Alberghi e ristoranti (1.925 su 13.706, con un calo di ben tredici punti percentuali superiore alla già altissima media nazionale: meno 86%), per l’Industria in senso stretto, sopratutto a causa delle chiusure obbligatorie di gran parte delle attività (3.988 tirocini attivati contro i 17.096 del 2019, meno 77%), e per l’Agricoltura (495 su 2.025, meno 76%).Pesanti cali nel numero dei tirocini anche per il settore Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese (5.891 tirocini contro i 22.255 dello stesso periodo del 2019, meno 74%) e per quello del Commercio e riparazioni (6.144 contro 23.143, meno 73%).Al di sotto della media nazionale, con un meno 68%, vi è invece il settore Altri servizi pubblici, sociali e personali, con 2.249 avviamenti di tirocini a fronte dei 7.053 del secondo trimestre 2019; meno 66% per le Attività svolte da famiglie e convivenze (ma qui i numeri sono come detto microscopici, 6 tirocini contro 18).Esattamente come nel caso dei dati riguardanti l’intero primo semestre, i due settori che hanno “patito” di meno dal punto di vista del numero di tirocini attivati, anche considerando solo il secondo trimestre 2020, sono quello delle Costruzioni, dove sono partiti 1.463 stage extracurricolari (solo il 60% in meno dei 3.641 del 2019) e poi quello della Pubblica amministrazione, istruzione e sanità – dove i tirocini sono stati 4.863 a fronte degli 11.496 dello stesso periodo del 2019, il che significa una diminuzione del 58%.Questi dati sono significativi ma comunque ancora molto generici, perché le “macroaree” sono troppo estese: nello stesso raggruppamento possono in effetti esserci attività che si sono quasi fermate a causa del Covid, e altre attività che invece sono addirittura aumentate.Le foto che corredano questo articolo sono tratte da Flickr in modalità Creative Commons, in particolare:“Medical Laboratory”, foto di Ben Dracup“Street Food”, foto di Tom Mrazek“Serving Drinks”, foto di calltheambulance

Nuove date per gli stage alla Corte dei Conti dell’UE e tirocinio in partenza in smart internshipping

Ogni anno offre un minimo di cinquanta stage a giovani laureati con un rimborso spese oltre i mille euro e ha sempre un alto numero di richieste italiane: è la Corte dei Conti europea, con sede a Lussemburgo. Da oggi, primo ottobre, e fino al 30 novembre, è possibile fare domanda per i tirocini che prenderanno il via il primo marzo 2021. La novità sta proprio nei mesi di stage e di candidatura che cambiano in questa chiusura d’anno. A partire dal prossimo, infatti, le tre sessioni annuali di tirocinio presso la European Court of Auditors prenderanno il via rispettivamente il primo marzo, primo maggio e primo ottobre, per chiudersi tre o cinque mesi dopo. A cambiare, quindi, sono le date delle sessioni autunnale e invernale. Fino a tutta l’estate 2020, infatti, gli stage iniziavano il primo febbraio, primo maggio e primo settembre. Con lo slittamento dei mesi si modificano anche le date per le candidature. «Per i primi tirocini del 2021 ci si potrà candidare a partire dal mese di ottobre», spiega Claudia Spiti, addetto stampa della Corte, che aggiunge «Stiamo aggiornando il sito e le informazioni saranno diffuse anche attraverso i nostri canali social su twitter, facebook e linkedin».Si cambia, quindi, sia per mese di candidatura sia per mese di inizio tirocinio. E il cambiamento più sostanziale lo avranno gli stagisti che prenderanno il via a inizio ottobre. Per la prima volta, infatti, uno stage prenderà il via direttamente in smart internshipping, quindi dalla propria abitazione del Paese di origine. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di far domanda per i tirocini che prenderanno il via nel marzo 2021, al momento non si sa ancora quanti posti saranno disponibili, che non sono pre distribuiti per nazionalità, perché molto dipende dalle richieste che vengono fatte dai singoli uffici. Nelle ultime due sessioni di stage svolte, settembre 2019 e febbraio 2020, il numero di stagisti totali è stato rispettivamente di 24 e 27. «Possono essere concessi tirocini da un minimo di tre a un massimo di cinque mesi: la durata dipende dai compiti assegnati o dalla disponibilità dei candidati», spiega Vincent Bourgeais, addetto stampa della European Court of Auditors. I tirocinanti selezionati ricevono un rimborso mensile di 1.350 euro oltre al rimborso delle spese di viaggio sostenute a inizio e fine stage. E «per gli stagisti che abbiano una disabilità certificata la somma sale a 1.850 euro al mese». Anche la Corte dei Conti dell’Unione europea si è trovata alle prese con la diffusione della pandemia Covid questo tardo inverno e primavera. E logicamente questo ha avuto ripercussioni anche sulla gestione degli stage. Se la sessione di maggio è stata cancellata, diversamente è stato per quella di febbraio che era in corso. «Come misura precauzionale, e vista anche la possibilità molto limitata per i tirocinanti di partecipare ai lavori dei loro dipartimenti e di realizzare gli obiettivi del tirocinio, è stato proposto agli stagisti di interrompere immediatamente lo stage», spiega Bourgeais. C’erano, però, due opzioni a scelta del tirocinante: «La prima prevedeva l’interruzione dello stage e il pagamento della borsa di studio mensile fino alla fine del periodo inizialmente previsto per compensare gli effetti negativi che la cessazione del contratto di tirocinio può avere sullo sviluppo sia professionale sia personale dei tirocinanti. La seconda opzione, invece, prevedeva il pagamento delle spese di viaggio di ritorno e il mantenimento della possibilità di riprendere lo stage o nella terza sessione 2020 o nella prima del 2021, a seconda dell’evoluzione della crisi sanitaria e della situazione personale dello stagista». L’opzione dell’interruzione comportava anche per il tirocinante di non poter più fare domanda per uno stage presso la Corte visto che il suo stage si considera concluso a tutti gli effetti. Certo non deve essere stato facile, ma alla fine «dodici stagisti hanno scelto l’opzione della definitiva interruzione», con il rimborso mensile regolarmente versato per i mesi mancanti. In più gli è stato consegnato anche un attestato per i mesi effettivamente svolti. Hanno, invece, preferito la seconda opzione 13 tirocinanti. «La durata dei nuovi tirocini per questi giovani è stata decisa con un accordo comune con il tirocinante, da un minimo di tre a un massimo di cinque mesi. I compiti del tirocinante e gli obiettivi del suo stage saranno gli stessi fissati precedentemente». Ai 12 stagisti che hanno interrotto il percorso e ai 13 che sono in attesa di ripetere lo stage questo autunno, si aggiungono anche due tirocinanti che hanno continuato lo stage in smartinternshipping, «una deroga a loro consentita in quanto già residenti in Lussemburgo». Modalità di stage da casa che continuerà, visto che per i tirocinanti di Ottobre, fa sapere Bourgeais alla Repubblica degli Stagisti, «la Corte ha deciso che lavoreranno tutti dai loro Paesi di origine», quindi appunto in smart internshipping. Eppure, nonostante i minori posti a disposizione per lo stage che prenderà il via a Ottobre, nonostante i problemi avuti con l’emergenza Coronavirus e l’incertezza di quello che accadrà nei prossimi mesi, gli italiani continuano a non lasciarsi scoraggiare, nemmeno dal rapporto tra numero di domande inviate e posti a disposizione e, anche per la Corte dei Conti, istituzione europea decisamente meno conosciuta rispetto al Parlamento, al Consiglio o alla Corte di giustizia, sono sempre nei vertici per application. Per la sessione che prenderà il via a Ottobre, invece che a Settembre, la Corte ha ricevuto 1963 domande, di cui ben 1011 italiane, ben distanziate dalle 339 della Spagna e dalle 96 del Portogallo. Vuol dire che gli italiani hanno quasi triplicato le domande dei cugini spagnoli, raggiungeno da soli il cinquantuno per cento delle domande totali. Questa volta i tirocinanti selezionati sono stati solo 15, visto che a questi si affiancheranno gli stagisti “sospesi” del periodo Coronavirus. E della nuova selezione i primi tre paesi per numero di stagisti selezionati sono Italia, Francia e Spagna, ognuno con due stagisti. Seguiti da Svezia, Bulgaria, Irlanda, Belgio, Austria, Portogallo, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Grecia, tutti con uno stagista ciascuno. Per la precedente sessione 2020, quella di Febbraio, la Corte, invece, ha ricevuto 1.743 domande, di cui ben 665 italiane. Il nostro Paese, nemmeno a dirlo, è stato il primo per numero di application, seguito dalla Grecia con meno della metà delle domande italiane, solo 290, e dalla Spagna a 208. Sono state, però, Francia e Svezia ad avere più tirocinanti selezionati, tre a testa, e l’Italia si è accontentata di due stagisti, al pari di Austria, Belgio, Bulgaria, Spagna, Irlanda e Lussemburgo. I numeri non cambiano molto per la sessione di Settembre 2019: in quel caso sono arrivate un totale di 1.561 domande, di cui 665 italiane, 228 spagnole e 112 greche. Dei 24 stagisti selezionati, però, sono Germania e Irlanda ad aggiudicarsi tre tirocinanti a testa, seguite da Austria, Italia, Paesi bassi e Portogallo, tutti con due tirocinanti. Numeri che non si discostano molto dal passato. Se si va un po’ indietro nel tempo si scopre che nel 2016 delle 4.778 candidature ricevute, 2.983, oltre il 62%, provenivano dall’Italia, seguita dalle 565 della Spagna e dalle 199 della Grecia. Stesso trend anche nel 2017, con 3.859 candidature complessive di cui 1.816 italiane, pari al 47%, poi 487 dalla Spagna e 376 dalla Grecia. Per fare domanda per uno stage, cosa possibile dai primi di ottobre, è necessario essere cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione europea, avere almeno una laurea triennale o aver superato quattro semestri di studi universitari in uno dei campi di interesse per la Corte, avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’UE e una buona di un’altra lingua, non aver avuto condanne o sentenze di colpevolezza di nessun tipo, non aver beneficiato di un altro tirocinio presso una qualsiasi istituzione o organo dell’Unione Europea. I candidati selezionati devono poi presentare un estratto recente del casellario giudiziario e un certificato medico attestante l’idoneità fisica all’impiego. Come spesso capita, la Corte contatterà solo i candidati selezionati, quindi non tutti riceveranno una risposta. Se poi si vuole avere qualche notizia in più direttamente da chi ci è passato, si può dare un’occhiata alle testimonianze degli ex stagisti presenti anche sulla pagina facebook della Corte.Se selezionati si entrerà a far parte dell’organo di controllo delle finanze dell’Unione europea, il cui lavoro è utilizzato da Commissione, Parlamento e Consiglio per sorvegliare la gestione del bilancio dell’Unione. Istituita nel 1977, la Corte conta un organico di circa 900 persone di tutte le nazionalità, con tre quarti del personale in servizio che a fine 2019 aveva un’età compresa tra i 40 e i 59 anni e una proporzione uguale di donne e uomini. Da tenere a mente, però, che il tirocinio non offre sbocchi occupazionali visto che per riuscire ad avere un posto presso la Corte è necessario partecipare ai concorsi banditi dall’Ufficio europeo di selezione del personale (Epso).  Marianna Lepore

Nasce la Città dei Talenti per i ragazzini tra i 7 e i 13 anni, a Cuneo l'orientamento si fa precoce

Scegliere quale percorso di istruzione superiore affrontare, se iscriversi o meno all’università, quale ateneo preferire e una volta fuori che lavoro fare: decisioni che tutti prima o poi affrontano nella vita e che sembrano molto lontane per gli under 13. Invece allenarsi alle scelte potrebbe essere determinante per la propria realizzazione futura. A questo scopo tende la Città dei Talenti, uno spazio fisico inaugurato mercoledì 29 a Cuneo presso l’edificio di Rondò Garibaldi, ex sede UBI Banca e realizzato dalla Fondazione CrC, ente non profit privato e autonomo nonché una delle prime dieci Fondazioni in Italia per “patrimonio netto”.Questa apertura era il terzo obiettivo del progetto Città dei Talenti, dopo l’avvio partito nel 2019 di attività di orientamento precoce nelle scuole del territorio della provincia di Cuneo e la realizzazione di un corso di Alta Formazione sulle tecniche di orientamento precoce. L’obiettivo è far diventare questo spazio totalmente ristrutturato in un luogo per ospitare bambini e ragazzi nella fascia di età 7-13 anni e offrire loro un punto di riferimento per ampliare l’esplorazione di sé. L’idea progettuale è di Fondazione CrC nell’ambito delle iniziative in cofinanziamento sostenute dall’impresa sociale Con i Bambini. Ente capofila è la Cooperativa Sociale O.R.So, con il coinvolgimento di numerosi partner attivi proprio nell’ambito educativo. In totale sono stati investiti 950mila euro, 700mila erogati dalla Fondazione CrC e 250mila dall’impresa sociale Con i Bambini. Il progetto servirà le famiglie del Cuneese – una provincia che ha una popolazione di poco meno di 600mila abitanti, di cui circa 38mila nella fascia “chiave” per il progetto, quella appunto tra i 7 e i 13 anni.La visita alla Città dei Talenti sarà aperta a scuole, famiglie e gruppi e all’interno i bambini potranno esplorare i loro interessi attraverso giochi digitali e analogici. Senza dimenticare il punto centrale, ovvero l’orientamento: ogni visita può essere preceduta o seguita da percorsi orientativi sul territorio, rivolti ai bambini e ai ragazzi ma anche ai loro genitori e insegnanti. Due i percorsi che possono essere affrontati in un susseguirsi di varie tappe: la Bottega delle professioni, in cui ogni giovane visitatore potrà scoprire informazioni sulle tante e diverse professioni, partendo dagli strumenti utilizzati fino al lavoro svolto e alle sue particolarità, e il Centro Città dove bambini e ragazzi metteranno alla prova le proprie abilità grazie a giochi informatici e pratici. Linee guida, quindi, che offriranno un metodo che potrà poi essere riutilizzato nel corso della vita continuando a confrontarsi con gli adulti nelle prossime tappe cruciali di sviluppo della propria personalità.Si può accedere al Centro partecipando ai seminari di approfondimento realizzati o prenotando un appuntamento che è differenziato a seconda si tratti di scuole, famiglie, insegnanti. Per i mesi da ottobre a dicembre le scuole possono prenotare dal 6 ottobre al 18 dicembre per visite il martedì o il giovedì la mattina; per le famiglie o per un adulto che accompagna più ragazzi dai 9 ai 12 anni è possibile fare il percorso esperenziale nelle ore pomeridiane; per insegnanti e operatori è possibile prenotare una visita sempre in orario pomeridiano. I dettagli su date disponibili, numeri massimo dei gruppi e orari sono disponibili sul sito.«Con questa inaugurazione trova compimento il grande investimento realizzato negli ultimi anni dalla Fondazione CrC sull’orientamento e sulla lotta alla dispersione scolastica», spiega alla Repubblica degli Stagisti Giandomenico Genta [nella foto a sinistra], presidente della Fondazione: «Un progetto che mette al centro bambini e ragazzi e ha trovato casa in un posto significativo, un edificio acquistato l’anno scorso e sul quale c’è in corso un ampio lavoro di ristrutturazione e recupero per cui abbiamo dato spazio ai talenti delle giovani generazioni di professionisti». Per riqualificare l’edificio, infatti, nel 2019 la Fondazione ha promosso in collaborazione con l’Ordine degli Architetti un concorso di idee rivolto agli architetti under 40, che ha ricevuto una grande partecipazione – ben settanta progetti presentati da tutta Italia. L’incarico finale è stato assegnato agli architetti Giuseppe Tagliabue e Marco Oriani. Quest'ultimo in particolare si è detto colpito dalla volontà della Fondazione di raccogliere idee progettuali attraverso un concorso pubblico, per di più «aperto solo a giovani progettisti: un’opportunità unica per confrontarci con un progetto e una tipologia di intervento solitamente appannaggio di studi grandi e già avviati». Proprio durante la presentazione del progetto Andrea Genova, presidente della Cooperativa Sociale ORSo, aveva dichiarato lo spirito con cui i vari partner coinvolti prendevano parte a questo piano: «Attivare una comunità che crede e investe nelle potenzialità e nei talenti delle nuove generazioni, offrendo la possibilità di intravedere e costruire traiettorie di futuro». Il restyling completato riguarda i due piani che ospiteranno la Città dei Talenti, il secondo e il terzo, ed è durato 246 giorni con 85 persone al lavoro, su una superficie di 500 metri quadri con la realizzazione finale di sei aree da esplorare e una divisione anche fisica delle attività: dal piano terra dedicato alle presentazioni pubbliche ed eventi, passando per il primo piano per laboratori didattici per scuole, famiglie e associazioni. Il progetto andrà avanti fino ad agosto 2023 proponendo sul territorio cuneese attività orientative per studenti della scuola primaria e della secondaria di primo grado. Ad oggi i percorsi proposti hanno visto l’esplorazione del mondo delle professioni e del talento per i bambini delle scuole primarie, visite aziendali e interviste a professionisti, percorsi di accompagnamento per gli studenti della scuola secondaria di primo grado, seminari per genitori e insegnanti oltre a formazione per i docenti.La Città dei Talenti entrerà subito in servizio già da oggi, 30 settembre: è pronta ad accogliere gratuitamente i giovanissimi, con l’obiettivo di dar loro tutte quelle conoscenze necessarie per fare da adulti delle scelte di vita e professionali consapevoli, senza vincoli di genere o appartenenza sociale. Poi più avanti ci sarà un periodo di sospensione delle attività in sede perché a inizio 2021 partirà la ristrutturazione complessiva dell’edificio e per qualche mese non sarà quindi più possibile accedere ai piani ora disponibili.Marianna Lepore

Calo dei tirocini Regione per Regione: il Friuli ne perde due terzi, le meno colpite a sorpresa sono Sicilia e Calabria

Il crollo dei tirocini nei primi sei mesi del 2020 è stato del 48%, considerando la media nazionale. A fronte degli oltre 185mila tirocini che erano stati attivati nel primo semestre 2019, a causa del Covid questo numero nel 2020 si è fermato a poco più di 96mila, creando appunto una riduzione di quasi la metà. Ma non è dappertutto proprio così. La media somma insieme i tirocini attivati in tutte le Regioni italiane: ma in realtà a ben guardare vi sono grandi differenze tra territorio e territorio.Grazie ai dati inediti del Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro la Repubblica degli Stagisti è in grado di tracciare una mappa, una sorta di “termometro” della “intensità” del crollo delle opportunità di stage extracurricolari Regione per Regione. Questo crollo, se scorporato, varia da una riduzione minima del 28%, poco più di un quarto, a una riduzione massima del 66%, che equivale a due terzi in meno.Le Regioni che in assoluto hanno risentito di più della situazione sono il Friuli Venezia Giulia, la Val D’Aosta e l’Umbria, con un calo certificato di molti punti percentuali superiore alla media nazionale.In particolare in Friuli la contrazione delle opportunità è stata la più alta d'Italia, vale a dire meno 66%: 969 tirocini attivati nel primo semestre 2020 a fronte di 2.223 che erano stati attivati nello stesso periodo dell’anno scorso. In Val d’Aosta si è registrato un meno 61%, con 97 tirocini attivati a fronte di 249. In Umbria i tirocini sono stati 1.438 nei primi sei mesi del 2020, il 56% in meno rispetto ai 3.241 dell’anno precedente.All’estremo opposto vi sono la Sicilia, la Calabria, la Provincia di Bolzano, il Molise, l'Abruzzo e la Campania: sei territori che hanno registrato cali molto meno importanti rispetto alla media.Mettendo i numeri sotto la lente di ingrandimento si vede che la Sicilia con 4.458 tirocini attivati nel primo semestre 2020 è stata la Regione che ha risentito meno della pandemia, registrando un calo di solo il 28% rispetto al dato dell’anno precedente (6.162). La Calabria e la Provincia di Bolzano entrambe con una riduzione del 33% (5.599 attivati in Calabria tra gennaio e giugno 2020 a fronte degli 8.352 dello stesso periodo del 2019; 808 a fronte di 1.201 per Bolzano); e il Molise che, pur con numeri molto piccoli (429 nel 2020, 657 nel 2019) statisticamente ferma la sua riduzione di tirocini a un meno 35%. E ancora l’Abruzzo, dove nei primi sei mesi del 2020 sono stati attivati 2.044 a fronte dei 3.436 del 2019, con una diminuzione del 41%; e la Campania che si attesta a meno 43% (6.896 a fronte di 12.148)Nel mezzo ci sono tutte le altre. Liguria e Sardegna a meno 47% (Liguria 3.117 a fronte di 5.933, Sardegna 1.951 a fronte di 3.655), poi Lombardia a meno 48%  (19.482 a fronte di 37.740), Puglia a meno 49% (6.291 a fronte di 12.294). Veneto, Lazio e Basilicata, pur con proporzioni diverse, statisticamente raggiungono tutte e tre esattamente un dimezzamento: un meno 50% che in Veneto consiste in 9.931 tirocini extracurricolari attivati nei primi sei mesi del 2020 a fronte dei 19.789 che erano partiti nello stesso periodo del 2019, in Lazio in 8.870 a fronte di 17.728, in Basilicata in 759 a fronte di 1.522.Meno 51% nelle Marche, dove tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati avviati 2.575 tirocini rispetto ai 5.303 dello stesso lasso di tempo dell’anno scorso.Piemonte, Toscana e Provincia di Trento si attestano tutte e tre su un meno 52%: in particolare in Piemonte i tirocini sono stati 7.971 nel primo semestre 2020 quando erano stati 16.745 nel 2019; in Toscana 3.867 a fronte di 8.126; a Trento 547 a fronte di 1.139. E infine l’Emilia Romagna, dove ne sono stati attivati 8.276 a fronte dei 17.504 del 2019: qui dunque il calo è del 53%.Considerando poi esclusivamente i numeri del secondo trimestre del 2020, il calo rispetto all'anno scorso a livello nazionale è del 73%: 27mila attivati tra aprile e giugno di quest'anno contro gli oltre 100mila attivati negli stessi tre mesi del 2019.Qui i dati regionali indicano che le Regioni in cui la diminuzione nel secondo trimestre è stata più marcata sono la Sardegna (meno 85%), il Piemonte (meno 82%), e poi Lazio, Emilia Romagna e Toscana (tutte e tre a meno 80%).Invece i territori dove nel secondo trimestre i dati dei tirocini non sono calati così tanto sono la Regione Calabria (meno 29%), la Provincia autonoma di Bolzano (meno 39%), e – molto distaccate – le Regioni Campania e Sicilia entrambe con un risultato di meno 63%.Le differenze possono dipendere da varie ragioni. La prima e più importante è la policy che ciascuna Regione ha deciso di adottare, all’indomani del lockdown e poi nelle fasi successive, rispetto alla possibilità di attivare nuovi tirocini. Le Regioni che l’hanno vietato prima, o più a lungo, sono verosimilmente anche quelle che hanno poi risentito di cali maggiori. Un altro fattore significativo è quello della situazione economica: là dove la crisi economica “morde” di più le aziende sono restie ad attivare nuovi stage, quando vi è una tale incertezza rispetto a che ne sarà dei dipendenti.Ma attenzione. In situazioni come questa si profilano due worst-case scenario: il primo è appunto un crollo delle opportunità di stage per i giovani, dunque una drastica riduzione delle posizioni di stage aperte e contendibili. Il secondo, diametralmente opposto, è una “tenuta” del numero delle posizioni di stage sul mercato del lavoro, ma dovuta al tentativo di utilizzare gli stagisti, in un momento di crisi, come dipendenti a basso costo, distorcendo la finalità formativa dello strumento con l'obiettivo di ridurre i costi del personale. In questo senso le buone performance di Regioni storicamente “deboli” dal punto di vista economico, con mercati del lavoro fragili e solitamente non zeppi di opportunità, fanno sorgere più di un dubbio. Come mai proprio in Sicilia e in Calabria il numero dei tirocini attivati ha subito un calo così mite?In Sicilia, osservando i dati, si nota che vi è stato nel primo trimestre 2020 un numero di attivazioni molto alto, 3.049, il 28% in più rispetto all’anno precedente. Dunque si può presumere che la maggior parte dei tirocini “in più” sia stata attivata in maniera “innocente” prima che scoppiasse la bomba Covid. E infatti poi nel secondo trimestre i numeri delle attivazioni in Sicilia sono scesi molto, fermandosi a  1.409.Ma in Calabria invece a fronte di  2.184 attivazioni di stage extracurricolari nel primo trimestre 2020, tra gennaio e marzo, saltano all’occhio le 3.415 attivazioni nel secondo trimestre – come anticipato, solo il 29% in meno che l’anno precedente. Come si giustificano così tanti stage in partenza quest’anno proprio nei mesi di aprile, maggio e giugno, quando ad aprile e per gran parte di maggio si era in piena fase 1?Questi numeri sono di estremo interesse per chiunque voglia analizzare il “mercato degli stage” in epoca Covid nelle varie Regioni italiane. Non parlano da soli, ma pongono le basi per approfondimenti che sono tanto più necessari quanto più si considera importante, per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, un sano utilizzo dello strumento dello stage.

Crollo degli stage causa Covid: meno opportunità per tutte le età, in particolare per le donne

Nei primi sei mesi di quest’anno il numero degli stage è crollato: si è passati dai  185.152 del 2019 ai 96.376 dello stesso periodo del 2020. Naturalmente la drastica diminuzione è dovuta al Covid: prima il lockdown che ha costretto molte imprese, enti pubblici e associazioni non profit a sospendere le attività, e/o riorganizzarsi per far lavorare dipendenti e collaboratori (e in alcuni casi anche stagisti) da casa; poi il contraccolpo economico, con cali di fatturato anche importanti, e preoccupazione rispetto a come fare per non dover licenziare il personale che ha avuto come conseguenza, in molti casi, la decisione di “congelare” gli ingressi di nuovi stagisti; infine le disposizioni della maggior parte delle Regioni che hanno bloccato tout-court, tra fine marzo e fine maggio, le attivazioni di nuovi tirocini.Ma chi è stato maggiormente impattato da questo crollo? A livello anagrafico non ci sono “vincitori e vinti”. Il calo di opportunità riguarda omogeneamente tutte le classi di età, e dunque le proporzioni restano le stesse, in epoca Covid, rispetto al passato. Come è ormai tipico in Italia gli stage riguardano solo in due casi su cinque persone veramente giovani, cioè al di sotto dei 25 anni. Una parte altrettanto larga di stagisti proviene dalla classe di età successiva, e cioè in altri due casi su cinque le persone avviate in stage hanno tra i 25 e i 34 anni: sono quelli che noi della Repubblica degli Stagisti chiamiamo gli stagisti “anzianotti”. Il restante quinto è rappresentato da persone over 35, con una ulteriore differenziazione tra chi sta sotto i 55 anni e chi invece ha superato anche quella soglia.Il Covid ha ridotto le opportunità per tutte le classi di età in maniera “democratica”. Dei circa 96mila tirocini attivati nel primo semestre 2020, poco pù di 38mila hanno riguardato persone molto giovani: gli stagisti al di sotto dei 25 anni hanno rappresentato, per la precisione, il 39,7%. Un numero pressoché identico alla classe anagrafica successiva: gli stagisti tra i 25 e i 34 anni sono stati 38.539, pari a poco meno del 40% del totale. 15.542 stage hanno poi riguardato, nei primi sei mesi del 2020, persone tra i 35 e i 54 anni, vale a dire il 16% del totale. Gli stagisti over 55, poco più di 4mila, hanno “pesato” per il 4% del totale.Il confronto con i dati dello stesso periodo del 2019 racconta una situazione pressoché identica, con un’unica differenza – tre punti percentuali in più – per la classe degli stagisti giovanissimi. Dei circa 185mila tirocini attivati nei primi sei mesi del 2019, un po' più di 79mila avevano infatti riguardato soggetti under 25: quasi il 43%. La quota di 25-34enni si era fermata al 39%, e gli stagisti tra i 35 e i 54 anni erano stati poco meno del 15% del totale. Gli stagisti over 55, poco meno di 6mila, avevano superato di poco il 3% del totale.Per quanto riguarda il genere non vi sono al momento “allarmi”, ma la situazione va monitorata, nei prossimi mesi, con grande attenzione. Il fenomeno dello stage non ha mai patito, in questi anni, delle discriminazioni di genere che troppo spesso affliggono invece il mercato del lavoro italiano: non sono state rilevate, negli anni, più o meno probabilità di ottenere uno stage in base al fatto di essere maschi oppure femmine.Ma in epoca Covid questa verità sembra cominciare a vacillare. Potrebbe essere un caso, una incongruenza momentanea. Ma va comunque segnalata: scorporando i  96.376 tirocini attivati nei primi sei mesi del 2020 nelle due tranche, grazie ai dati del Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro, si scopre che dei 69.352 attivati nel primo trimestre il 50,9% aveva riguardato donne, e il 49,1% uomini. Dunque fino a quel momento – il primo trimestre è largamente “pulito” dalle conseguenze del Covid, comprendendo i mesi di gennaio e febbraio in cui la pandemia non era ancora scoppiata – la situazione era ancora “standard” e vigeva una situazione di gender equality.Ma prendendo in considerazione invece i numeri del secondo trimestre, le attivazioni in favore di stagiste si fermano al 46,4%, e quelle in favore di stagisti salgono a 53,6%:  dei poco più di 27mila stage attivati tra aprile e giugno del 2020, 14.479 hanno infatti riguardato stagisti maschi e solo 12.545 stagiste femmine.Un confronto con l’anno scorso conferma che è la prima volta che si verifica una differenziazione così marcata – anche se sostanzialmente piccola – tra opportunità per i maschi e opportunità per le femmine: dei tirocini attivati nel primo trimestre 2019, poco meno di 85mila, esattamente il 51% aveva riguardato donne e il 49% uomini; per quanto riguarda i 100.433 del secondo trimestre 2019 la percentuale era praticamente perfetta a 50–50.In particolare, nel secondo trimestre 2020 le opportunità di stage sono aumentate in favore dei maschi per quanto riguarda i tirocini per persone under 25: qui il 56,7% delle attivazioni ha riguardato stagisti maschi. Anche nei primi due trimestri del 2019, nonché nel primo trimestre del 2020, i giovani maschi avevano avuto un leggero “vantaggio”, che si era però fermato a sempre poco sopra il 53%.Un altro calo, per le donne, sta nella fascia di età successiva, quella degli stagisti tra i 25 e i 34 anni. Qui le donne sono sempre state un po’ più numerose degli uomini. Basti pensare che nel primo trimestre del 2019 esse rappresentavano ben il 54,9% degli stage avviati, relegando i coetanei maschi al 45,1%. Idem per il secondo trimestre di quell’anno: il 54,3% dei 25-34enni erano donne, il 45,7% uomini. E ancora idem per il primo trimestre di quest’anno: stessa fascia di età, 45% maschi e 55% femmine. Eppure all’improvviso questo trend si inverte, proprio nel secondo trimestre del 2020: i 25-34enni avviati in stage balzano ad essere il 48% del totale di quella fascia di età, le 25-34enni scendono al 52%.Stesso discorso per la fascia di età 34-55 anni: donne “storicamente” più numerose, e uomini che si attestano sul 45,6% nel primo trimestre del 2019, sul 47,2% nel secondo trimestre 2019, sul 45,6% nel primo trimestre del 2020… Poi arriva il Covid e gli uomini improvvisamente diventano più numerosi: le attivazioni di stage nel secondo trimestre 2020 in quella fascia di età riguardano per un 51,7% uomini e solo per un 48,3% donne.Abbandonando le differenziazioni per classe di età, e considerando solo la variabile del genere, il trend della diminuzione degli stage di donne nel secondo trimestre è particolarmente evidente in Lombardia dove si passa, confrontando i trimestri, da una media di 52-53% a un 47% di stagiste donne, e in Veneto – da un 48-51% a un 45%.La differenza – “l’incongruenza” – del secondo trimestre 2020 complessivamente, a livello nazionale, è solo di quattro punti percentuali, dirà qualcuno. Quattro per cento in più di opportunità di stage per gli uomini, quattro per cento in meno per le donne. Che sarà mai. Forse è vero, che sarà mai. Ma meglio vegliare con attenzione e tenere a fuoco questi dati. Perché nei periodi di crisi economica, come quello che stiamo vivendo e che è cominciato, guardacaso, proprio nel secondo trimestre di quest’anno, il lavoro delle donne “inspiegabilmente” comincia a contare, in alcuni contesti, per alcuni datori di lavoro, meno di quello degli uomini. Mentre è importante che le donne possano continuare a disporre anche in epoca Covid delle stesse opportunità degli uomini. A cominciare dallo stage.

Tirocini in Lombardia prima del Covid, l'assessora regionale ha dato numeri sbagliati

Nei primi tre mesi del 2020 sono stati attivati sul territorio lombardo 14.904 tirocini extracurricolari. Nel secondo trimestre, a causa del Covid e anche del blocco imposto dalla Regione a partire dal 30 marzo e revocato solo il 18 maggio, le attivazioni sono state solamente 4.578. Dunque complessivamente nei primi sei mesi del 2020 in Lombardia, secondo i dati del ministero del Lavoro basati sulle Comunicazioni obbligatorie ottenuti dalla Repubblica degli Stagisti, sono stati attivati 19.482 tirocini extracurricolari. Considerando che nel primo trimestre del 2019 le attivazioni erano state 18.810 e nel secondo trimestre 18.930, ne risulta che la riduzione delle opportunità di tirocinio in Lombardia è perfettamente in linea con il dato nazionale: per la precisione meno 48,4%. Si apre però un “caso”. Il 9 giugno scorso Melania Rizzoli, assessora all'Istruzione, formazione e lavoro della Giunta Fontana, si è presentata nell’aula del consiglio regionale della Lombardia per rispondere alle interrogazioni formulate da alcuni consiglieri regionali. Una in particolare – avanzata da Pietro Bussolati, Paola Bocci, Raffaele Straniero, Maria Rozza e Matteo Piloni, tutti consiglieri regionali del PD – era focalizzata sui tirocini. Nel suo intervento Rizzoli aveva testualmente affermato: «I tirocini extracurricolari attivi in Lombardia alla data del 25 febbraio erano 15.576» aggiungendo che «solo una parte, circa un terzo, sono proseguiti con modalità a distanza».Ora, mediamente i tirocini durano diversi mesi. In particolare secondo i dati del Rapporto annuale sulle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro tre quarti dei tirocini durano più di tre mesi: secondo le rilevazioni dei tirocini del 2019, per esempio, il 74% dura tra i 91 e i 365 giorni (cioè tra i tre e i dodici mesi), e un 2,7% dura oltre 365 giorni (sperabilmente solo i tirocini che riguardano persone disabili o soggetti svantaggiati, dato che per tutti gli altri il termine massimo di dodici mesi dovrebbe essere invalicabile).Come si diceva, solo nel primo trimestre di quest’anno sono stati attivati in Lombardia 14.904 stage extracurricolari; certo, alcuni saranno stati attivati dopo la data del 25 febbraio citata dall’assessora, ma non molti di meno tutto considerato. Poniamo anche, prudenzialmente, che i tirocini attivati tra il 1° gennaio e il 25 febbraio in Lombardia siano solo un numero intorno ai 10mila. Com’è possibile, oggettivamente, che il dato fornito dall’assessora Rizzoli sia corretto?Perché è impossibile che a questo numero non si debbano  aggiungere migliaia e migliaia di altri tirocini attivati negli ultimi mesi del 2019 e ancora in atto a febbraio. E non si tratta di soli 5mila e rotti che servirebbero per arrivare ai 15.576 di Rizzoli.La Repubblica degli Stagisti ha raccolto dalle Direzioni e Agenzie regionali competenti in materia di Lavoro i dati relativi a quanti tirocini fossero in essere nelle varie regioni al momento del lockdown, ed è dunque in grado di proporre dei dati oggettivi a partire dai quali fare un confronto. In particolare ecco quattro numeri significativi: in Emilia Romagna quando è cominciata la fase 1 erano in corso 17.087 tirocini extracurricolari, di cui – grazie all'incrocio con i dati del Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro – siamo in grado di specificare che meno di 7mila erano stati attivati nel 2020, e i restanti 10mila erano stati attivati in precedenza; in Piemonte  12.597, in Lazio 13.988, e anche in questi due casi la quota di questi tirocini attivata nel 2020 sta sotto i 7mila; infine in Campania quando è scattato il lockdown risultavano attivi 12.101 tirocini, di cui meno di 5mila attivati nel 2020, e tutti gli altri “residuo” di attivazioni risalenti all'anno scorso.Alla data del 25 febbraio in Lombardia bisogna considerare che fossero in corso tutti i tirocini appena iniziati, attivati cioè nelle settimane immediatamente precedenti (dal 1° gennaio al 25 febbraio, appunto – quelli che noi stimiamo, per difetto, essere 10mila), ma anche tutte le migliaia di tirocini avviati nei mesi precedenti e non ancora conclusi.A livello statistico in Lombardia avviene un quinto degli stage di tutta Italia: si tratta in assoluto della Regione più importante per questo tipo di attività a cavallo tra la formazione e il lavoro.  In particolare, l'anno scorso si sono svolti in Lombardia 74.137 tirocini extracurricolari, oltre il doppio che in Lazio e in Piemonte (34.480 e 33.415 tirocini nel 2019, rispettivamente),  quasi due e volte e mezzo l'Emilia Romagna (30.551 nel 2019), e più del triplo che in Campania (che nel 2019 ne ha registrati 23.672).Ma se in Piemonte al momento del lockdown erano in corso un po' meno di 13mila tirocini extracurricolari, in Lazio quasi 14mila, in Campania oltre 12mila, in Emilia Romagna addirittura più di 17mila, risulta arduo credere che in Lombardia – Regione “regina” degli stage – potessero essercene in corso meno di 16mila!Se di solito la Lombardia “doppia” abbondantemente queste Regioni come numero di tirocini, com’è possibile che proprio in quel momento i suoi numeri fossero così bassi da essere solamente il 20% in più del Piemonte e della Campania? Solo il 10% in più del Lazio? Addirittura meno (!) che in Emilia Romagna?I pochi giorni di scarto (25 febbraio a fronte di 8 marzo) tra i periodi rilevati – per la circostanza che il lockdown della Lombardia è cominciato un paio di settimane prima di quello di Piemonte, Lazio e Campania – non bastano a giustificare una differenza così macroscopica.E però, d’altro canto, può l’assessora al Lavoro della Regione più popolosa ed economicamente più importante d’Italia sbagliarsi su un numero tanto importante come quello degli stage che si svolgono nella sua Regione? E per giunta farlo in una circostanza ufficiale, cioè rispondendo a una interrogazione in Consiglio Regionale? Chi ha fornito quei dati all’assessora? E quali sono i numeri corretti?La Repubblica degli Stagisti nelle scorse settimane ha provato a chiedere i dati all’Osservatorio regionale del mercato del lavoro e della formazione, che ha un progetto di Open data del mercato del lavoro in Lombardia. Ma, sorpresa, questo osservatorio – come confermato dal Crisp, il Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica utilità dell’università Milano Bicocca che lo gestisce – inspiegabilmente non registra i dati relativi al numero di tirocini formativi extracurricolari attivati sul territorio lombardo. Ma allora, chi ha questi numeri? E  quando li renderà pubblici?Eleonora Voltolina

Covid, crollano gli stage in Italia: quasi la metà di opportunità in meno nel primo semestre 2020

Il Covid ha determinato un crollo degli stage in Italia nel primo semestre del 2020. È l’incontrovertibile, anche se non certo inaspettata, verità che emerge dai dati inediti che il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha fornito alla Repubblica degli Stagisti, riguardanti le attivazioni di tirocini extracurricolari nel primo e nel secondo trimestre 2020, con un confronto diretto con gli stessi dati del 2019.I dati permettono di analizzare la flessione dei tirocini rispetto alle quattro principali variabili: quella geografica, Regione per Regione; quella di genere, confrontando i dati degli stagisti con quelli delle stagiste; quella anagrafica, suddividendo gli stagisti per classi di età; e infine il settore di attività dei “soggetti ospitanti”.Il crollo è quantificabile in circa un meno 50%: cioè nel primo semestre del 2020 vi è stata la metà delle opportunità di stage rispetto al 2019. Tale enorme calo si è realizzato, ovviamente, sopratutto nel secondo trimestre. Il primo trimestre ha avuto due mesi su tre di “normalità”, dato che solo a fine febbraio il problema del Coronavirus ha iniziato a prendere forma, dapprima solamente in Veneto e Lombardia; poi, a partire dal’8 marzo, è diventato un problema di rilevanza nazionale, con l’inizio del lockdown e della fase 1.I dati che oggi la Repubblica degli Stagisti è in grado di condividere con i suoi lettori, mettendoli a disposizione dell’opinione pubblica, sono riferiti ai tirocini extracurricolari attivati nel primo semestre del 2020. Non riguardano dunque la sorte dei tirocini che erano stati attivati a fine 2019, e che si sono ritrovati nella “morsa” del Covid quando erano già in corso da tempo, o magari addirittura in dirittura d’arrivo. E non riguardano i tirocini curricolari, quelli che coinvolgono persone impegnate in corsi di formazione formalmente riconosciuti (come per esempio studenti universitari o di master).Riguardano tutti i tirocini svolti al di fuori dei periodi di studio e attivati dal 1° gennaio al 30 giugno del 2020, suddivisi in due grandi insiemi: il primo trimestre, da inizio gennaio a fine marzo, e poi il secondo trimestre, da inizio aprile a fine giugno.Nel primo trimestre del 2020 risultano essere stati attivati in Italia 69.352 tirocini extracurricolari. La differenza con il 2019 non è enorme: l’anno scorso nello stesso periodo erano partiti 84.719 stage, dunque il primo trimestre si è chiuso “solo” con un meno 18%. Ma il motivo, come accennato, è che per larga parte di questo trimestre (due mesi su tre) il Covid ancora non c’era. O se c’era, non era ancora scoppiato l’allarme e dunque non erano ancora state prese le drastiche misure che, a partire dal 22 febbraio in Lombardia e Veneto e a partire dall’8 marzo nel resto d’Italia, hanno portato tantissime aziende a chiudere i battenti, e/o a convertire il lavoro dei dipendenti in attività da remoto.È nei dati del secondo trimestre del 2020 che si trova il vero e proprio crollo. A fronte degli oltre 100mila tirocini extracurricolari attivati nel 2019, per la precisione 100.433, nel 2020 ve ne sono stati solamente  27.024. La variazione in questo caso è pari a meno 73%. Un dato enorme – quasi tre quarti di occasioni di stage in meno – derivante anche dal fatto che nel gestire l'emergenza quasi tutte le Regioni, con una scelta decisamente opinabile, tra marzo e maggio hanno formalmente bloccato l'attivazione di nuovi tirocini. E per la prima volta in questo dato si intravede purtroppo anche una leggera discriminazione di genere. Solitamente negli stage non vi sono differenze di questo tipo. I dati dimostrano, da anni, che la percentuale di genere è stabile sul 50-50 sia rispetto alle opportunità di tirocinio, sia rispetto alle probabilità di assunzione post stage. Non vi sono dunque più o meno chance di ottenere un tirocinio se si è maschi o se si è femmine, o più o meno chance di essere assunti dopo lo stage in base al proprio genere.Ma in questo caso salta all’occhio – sempre che l'occhio sia allenato a rilevare le disparità tra i generi, beninteso –  che nel secondo trimestre del 2020 le attivazioni di stage hanno riguardato più i maschi che le femmine. Ciò vuol dire che, se per i maschi c’è stato un meno 71% di attivazioni, per le femmine c’è stato un meno 75%. Non è una differenza abissale, solo quattro punti percentuali. Ma è una differenza che va rimarcata, proprio perché di solito non si verifica. Solitamente quindi nel mondo degli stage c’è una – alquanto insolita nel mercato del lavoro italiano – gender equality. Questo primo dato potrebbe inaugurare l’inizio di un problema di pari opportunità anche nel campo dei tirocini? Speriamo proprio di no.In generale, sommando il primo e il secondo trimestre del 2020, abbiamo avuto in Italia 96.376 attivazioni di stage. Nello stesso semestre del 2019 le attivazioni erano state 185.152. Il crollo delle opportunità di stage si attesta dunque, per il primo semestre del 2020, su un meno 48%. Nei prossimi articoli sulla Repubblica degli Stagisti, grazie ai dati del Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro, approfondiremo i dati con lo spaccato anagrafico, con quello geografico e con quello dei settori di attività dei soggetti ospitanti.