Lavorare nelle istituzioni UE: mille assunzioni all'anno, ma diminuiscono i candidati under 35

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 30 Ott 2020 in Notizie

candidature Corte dei conti Ue istituzioni europee lavoro all'estero selezione del personale Stage in istituzioni europee

Come si ottiene un posto di lavoro nelle istituzioni europee? Molti lo sognano, pochi lo ottengono. Ora c'è un report speciale per capire se il processo di selezione del personale in questo tipo di strutture è davvero efficace oppure no. È questo l’obiettivo della relazione speciale dal titolo “Ufficio europeo di selezione del personale: è tempo di adattare il processo di selezione all’evolversi delle esigenze in termini di assunzioni” diffusa ieri alla stampa dalla Corte dei Conti europea, che formula delle raccomandazioni pertinenti ai fini del piano strategico dell’Epso, l’Ufficio europeo per la selezione del personale, per il prossimo quadriennio 2020-2024.

La Repubblica degli Stagisti ha avuto modo di intervistare in esclusiva Annemie Turtelboom, la 53enne politica fiamminga, già più volte ministra in Belgio, responsabile del report  e componente della Corte dei Conti europea dal maggio 2018, incarico che conserverà fino al 30 aprile 2024. Il documento – che arriva a dieci anni dal precedente – riguarda la selezione per posizioni lavorative e quindi non prende in analisi gli stagisti all’interno delle istituzioni europee; ma anche in questo caso l’Italia è tra i paesi con più candidature. Nel 2016, ultimi dati disponibili, la percentuale più alta di domande arrivava proprio dal nostro Paese con un venti per cento di richieste – una percentuale decisamente sovradimensionata se si considera che, a livello di popolazione, l'Italia rappresenta solamente il 14% dei cittadini dell'UE.

C’è un primo punto che Annemie Turtelboom tiene a sottolineare accoratamente alla Repubblica degli Stagisti: «L’Epso è stato istituito per assumere le persone migliori per le istituzioni europee. Ma ora è evidente che è troppo lento e troppo costoso. In Europa abbiamo bisogno di queste competenze, di avere personale giovane – nuovi talenti
di garantire la diversità: requisiti che vanno applicati in modo rapido ed adeguato alle esigenze delle istituzioni. Perciò sono molto contenta che questo report sia stato fatto: è importante per tutte le persone che sognano o realmente vogliono lavorare nelle istituzioni europee». E prosegue con una frase che potrebbe sembrare ovvia, ma non lo è: «Dovrebbe essere normale avere le stesse opportunità sia che si viva nel sud Italia, per esempio in Puglia, o nel nord della Finlandia, o si abbia già un lavoro per un’organizzazione no profit o non governativa nella città di Bruxelles. Le opportunità dovrebbero essere le stesse e le raccomandazioni contenute nel documento possono aiutare a raggiungere questo obiettivo».

Ogni anno le istituzioni europee assumono su «oltre 50mila candidati, circa mille nuovi membri del personale permanente per carriere a lungo termine», si legge nel report, con un rapporto quindi tra candidature e posizioni disponibili di uno a 50. Non tutte le candidature arrivano però alla selezione vera e propria: nel caso specifico i campioni di concorsi esaminati dal 2012 al 2017 hanno riguardato oltre 52mila candidati totali, di cui solo meno di 38mila sono arrivati a sostenere i test; tra questi, alla fine sono stati selezionati 1.085 vincitori. Personale permanente che è selezionato tra i vincitori di concorsi organizzati dall’Epso.

«Abbiamo fatto questo report speciale perché erano passati ormai dieci anni dal precedente ed era necessario aggiornarlo», spiega Annemie Turtelboom, anche perché «il contesto odierno è diverso: non assumiamo più grandi numeri come una volta. Oggi abbiamo selezioni sempre molto mirate in alcune aree specifiche e abbiamo verificato come Epso non sia più in grado di fare questa selezione, perciò abbiamo deciso di pubblicare un nuovo report. Lavorare nelle istituzioni europee per tanti che vivono negli stati membri è una grande aspirazione, c’è quindi molto interesse su questo tema da parte dei giovani che si sentono europei e vogliono veramente lavorare in queste istituzioni, anche se a volte hanno la sensazione di non avere tutti le stesse opportunità». Un problema che «è connesso al processo di selezione».

L’Ufficio europeo per la selezione del personale nasce nel 2003, quando le istituzioni avevano necessità di assumere nuova forza lavoro in vista degli allargamenti dell’Europa del 2004 e del 2007 verso i paesi dell’est. Si è andati avanti così fino al 2012 quando c’è stato un cambio di paradigma. Da allora, infatti, le istituzioni europee ricercano profili specialistici e, come si legge dal report, il quarantadue per cento dei vincitori di concorso da quella data fino al 2018 ha prodotto elenchi di riserva ridotti, con meno di trenta candidati vincitori.

«Questa è l’evoluzione di Epso, passato dal reclutamento di grandi quantità di personale a piccoli gruppi di persone con profili molto specifici». Un cambiamento che ha ovviamente delle ripercussioni anche proprio sull’Ufficio europeo per la selezione del personale che, continua a spiegare Turtelboom, «non è più in grado di adattarsi all’attuale ambiente di reclutamento e ha, invece, bisogno di migliorare in cinque aree: profili specialistici, giovani, persone al di fuori dell’area di Bruxelles, costo e durata». Questo perché al momento è difficile verificare i profili specialistici, tanto che spesso alcune figure sono eliminate nel processo di selezione prima ancora che la conoscenza venga testata.

C’è un altro problema, fortemente sentito da Turtelboom, ed è quello dell’età: «in proporzione sul totale è diminuito il numero dei candidati sotto i 35 anni e per noi questo è un vero peccato». Così come i processi di selezione al momento adottati da Epso si rivolgono principalmente a candidati che già vivono o lavorano a Bruxelles o in qualche modo hanno dei collegamenti con le istituzioni europee. Anche questo, quindi, incide sulla pratica della diversità.

Ma quanto costano queste selezioni specialistiche di personale? Il costo arriva ad essere anche il doppio rispetto a quelle fatte dalle singole istituzioni, e la durata è decisamente troppo lunga: oggi dal momento dell’avviso alla reale assunzione ci vuole in media oltre un anno, mentre secondo il report 10 mesi dovrebbe essere il tempo massimo consentito. «Epso deve essere più veloce, più flessibile, adattarsi alle richieste delle istituzioni e all’ambiente in rapida evoluzione, lavorare su piccoli gruppi. Mentre oggi non è flessibile, non è adattivo e non è veloce», osserva Turtelboom.

Concetti chiaramente espressi nel report in cui, se da una parte si legge che «nel complesso, i concorsi generali organizzati dall’Epso consentono di assumere la persona giusta per il posto giusto a costi ragionevoli» e che «la pianificazione dei concorsi è adeguata per le selezioni su larga scala», dall’altra è evidenziato che «per quanto concerne i profili specialistici, il processo di selezione dell’Epso non è adatto alle attuali esigenze delle istituzioni Ue in materia di assunzioni».

A supporto di quest’ultima tesi si nota come, a giudizio della Corte, l’Epso non pubblicizzi in maniera adeguata i concorsi rivolti al personale specializzato, selezioni che seguono il formato standard con la conseguenza che le conoscenze di natura specialistica sono verificate nel corso di una prova intermedia o addirittura dopo, nella fase di valutazione delle competenze tramite colloquio. E tutto questo comporta che «candidati con un profilo adeguato rischiano di essere eliminati nella fase di preselezione».

L’auspicio di Turtelboom è che l’Epso prenda in considerazione le raccomandazioni illustrate nel report. «Devono considerare il processo di selezione un sistema ampio, nuovo, più veloce, più flessibile ed economico per scegliere figure specialistiche in grado di adattarsi all’ambiente in rapida evoluzione. Perciò è consigliabile che misurino il grado di soddisfazione delle istituzioni, cosa che attualmente non fanno e questo è un problema. Dovremmo anche monitorare il costo della selezione e abbreviare la sua durata a dieci mesi, mentre oggi arriva a tredici. Questo punto è molto importante perché abbiamo verificato che tutti i processi di selezione specialistici fatti proprio dalle istituzioni sono fino al cinquanta per cento più economiche e il quaranta per cento più veloci di quelle fatte direttamente da Epso. Perciò consigliamo di introdurre una nuova selezione per figure specialistiche che consenta più velocità e flessibilità». Quest’ultima è la seconda raccomandazione formulata insieme a quella di ovviare alle debolezze individuate nel processo di selezione e di migliorare la capacità dell’Epso di adattarsi a un contesto in materia di assunzioni in rapida evoluzione.


Marianna Lepore

Photo copyright: ECA

Community