Categoria: Interviste

Vito Bruschini, direttore di Globalpress e amministratore di Kronoplanet: «Nessuna promessa di assunzione. I 300 euro che chiediamo ai ragazzi? Soltanto un rimborso spese»

«Quella che offriamo è un’esperienza che serve a istradare i giovani: stiamo cercando ragazzi che vogliano entrare nel mondo del giornalismo, per metterli alla prova e dargli un’opportunità». Vito Bruschini è il direttore responsabile e amministratore unico di Kronoplanet srl, oltre che presidente del consiglio di amministrazione di Globalpress Italia - come risulta dalle visure ufficiali delle due società. Regista e autore televisivo e cinematografico, Bruschini è stato direttore dei periodici Quark Magazine e Geos e ha scritto per Audrey, Il Globo e Kronos. Ha recentemente pubblicato il romanzo The father - Il padrino dei padrini (edito da Newton&Compton). Il giornalista risponde così alle domande della Repubblica degli Stagisti in merito alla natura dello “stage” presso Globalpress Italia. A cosa sono dovuti i numerosi cambiamenti di programma rispetto a quanto pubblicizzato negli annunci? Come state informando i candidati? Con la risposta che abbiamo avuto, gli aspetti del corso descritti nel primo annuncio risultano superati e sono stati eliminati. Pensavamo che i candidati sarebbero stati di meno e che avremmo potuto aiutarli con un contatto faccia a faccia. Con cento partecipanti ovviamente è impossibile, sarà soltanto un rapporto via web, esclusivamente informatico. Stiamo avvisando direttamente i ragazzi. Gli articoli dei partecipanti saranno pubblicati? È chiaro che durante il corso iniziale assolutamente non saranno pubblicati, altrimenti non parleremmo più di un corso. Poi dipenderà da articolo ad articolo: dopo un periodo iniziale, che noi abbiamo fissato a tre mesi, effettueremo una scrematura. Si capisce bene che su cento ragazzi quelli realmente in grado di scrivere saranno 15 o 20. Vedremo in seguito come proseguire, chi sarà selezionato potrà poi collaborare con noi o magari verrà segnalato ad amici. Sia chiaro che il nostro non è un ufficio di collocamento, è un’agenzia, di certo non promettiamo posti di lavoro a nessuno perché non siamo in grado. Eppure nell’annuncio si parla chiaramente di un certo numero di assunzioni. Assunzione è una parola grossa, diciamo più che altro collaborazione, probabilmente con contratti a progetto. Cosa giustifica la richiesta di 300 euro? Il taglio delle lezioni in redazione non dovrebbe comportare una riduzione dei costi per i partecipanti? Ma si tratta praticamente di un rimborso spese, di certo non ci guadagnamo. Ci impegnamo a lavorare con i ragazzi per cinque giorni la settimana; 100 euro al mese sono 25 euro a settimana, praticamente 5 euro a ragazzo al giorno [il rimborso spese che andrebbero a percepire calcolando 100 ragazzi sarebbe però pari a 30mila euro, ndr]. Neanche la mia donna di servizio. Secondo voi quanto vale un’ora di lavoro di un professionista? E tenga presente che i corsi completi di giornalismo costano anche 4-5mila euro. Le visure ufficiali della Globalpress Italia la riportano come società inattiva. No, Globalpress è un nome che abbiamo dato a questo corso, non è una società. Globalpress e Servicepress non sono srl? No no no, assolutamente no. Qual è allora la società di riferimento, la sua ragione sociale? Non vedo perché dovrei rispondere, io non la conosco. Esiste la casa editrice, poi non c’è nulla di nascosto. A questo punto, sfortunatamente, Vito Bruschini ha esaurito tempo e pazienza e ha deciso di interrompere l'intervista. Restano quindi ancora senza risposta alcune domande: qual è l'identità della società dietro lo stage-corso che incasserà i 30mila euro? Quale la reale utilità di un corso svolto interamente da casa? Dov'è la redazione di Globalpress e qual è l'esatto e attuale assetto societario della galassia Kronoplanet / Globalpress / Servicepress? Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Aspiranti giornalisti, attenzione agli annunci di stage a pagamento in Rete: la richiesta di help di tre lettori- Globalpress, Kronoplanet, Servicepress: radiografia delle società e cronologia degli annunci in Rete- La richiesta di aiuto di Alessandro: «Da Globalpress vaghe promesse e la certezza di dover pagare per un lavoro»E anche:- Stage a pagamento: un lettore chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti- Stage al museo con volantinaggio, la richiesta di help di un lettore arrabbiato

Torna stasera su Fox la serie cult Boris. L'attore Alessandro Tiberi, stagista protagonista: «La realtà supera la fiction. Ragazzi, ribellatevi!»

«Quando mi hanno proposto di fare lo stagista in Boris ho fatto qualche ricerca per capire meglio il personaggio, chiedendo in giro a chi avesse avuto esperienze di stage su un set televisivo o del mondo dello spettacolo. E ho scoperto che a tutti senza eccezione erano successe cose terribili, che non augurerei a nessuno!». Alessandro Tiberi [nella foto] fa l'attore ed è il protagonista della serie tv Boris, prodotta da Wilder per Fox Italia e in onda su Sky dal 2007. Ormai un cult: nel cast oltre agli inossidabili Caterina Guzzanti e Pietro Sermonti sono passati anche Carolina Crescentini e Corrado Guzzanti. Tutto ruota intorno alla produzione della fantomatica e imbarazzante fiction “Gli occhi del cuore”, tra attori vanitosi e sociopatici, registi fanfaroni, direttori della fotografia cocainomani e starlette raccomandate. Un ritratto esasperato e grottesco del fantastico mondo della televisione («molto italiana!», direbbe il divo Stanis), visto attraverso gli occhi non troppo ingenui dello stagista Alessandro - interpretato, appunto, da Alessandro Tiberi. Dopo aver doppiato a inizio carriera Leonardo Di Caprio e Tobey Maguire, Tiberi ha partecipato alle fiction “Ho sposato un calciatore” e “Quo Vadis Baby”. Adesso ha 32 anni, ma con quel viso pulito e l’espressione cauta di chi si aspetta sempre qualche nuova angheria ha dato vita a un personaggio che sembra il ritratto della gioventù precaria e ingiustamente bistrattata. La terza stagione di Boris inizia proprio questa sera alle 22,45 su FX Tv (canale Sky); per l’occasione, la Repubblica degli Stagisti ha intervistato Alessandro Tiberi.     Come sono andate le tue ricerche sugli stagisti “reali”? Ho capito che se sei uno stagista devi diventare duro, anche maleducato, per sopravvivere. Ed è un'esperienza terribile. Ci sono questi ragazzi senza nessuna esperienza che vengono buttati in pasto alle comparse nelle scene di massa: con un megafono in mano devono dare indicazioni a decine e decine di persone, spesso all’aperto e al freddo. E magari sono ragazzi sensibili, che cercano di essere educati con gli altri, ma gli altri… beh, se sei gentile ti si mangiano! E cosa hai imparato sul set? Sul set di Boris c’erano davvero degli stagisti. Mi bastava girare lo sguardo attorno per cercare di individuarli e capire cosa facessero. C’era un ragazzo che preparava venti caffè ogni due ore, entro la fine della serie sapeva esattamente cosa portare a tutti gli altri sul set: con latte, senza zucchero, in vetro... impressionante. Cosa fanno gli stagisti? Beh, per cominciare portano il caffè! Era un po’ un nostro scherzo, perché poi questo elemento compare spesso anche in Boris. Ovviamente stimo molto chi viene sul set con passione e impegno, non puoi non volergli bene. Ho legato con molti degli stagisti di Boris e qualcuno è rimasto fino alla terza serie. Sei mai stato stagista? No: diciamo che ho avuto fortuna. Ho cominciato la mia carriera quando ero molto giovane, quando non c’erano gli stage e la mentalità era un po’ diversa: se tu vieni a lavorare e dai una tua prestazione, in qualche modo ti paghiamo. Inoltre non capita spesso di fare lo stagista volendo diventare un attore. Però sono stato spesso in posizioni in cui, pur pagato, ero considerato meno di niente. Può sembrare difficile – e lo è stato – ma sono anche i ruoli in cui si può imparare di più, perché non ti si fila nessuno e hai modo di osservare da dietro le quinte come stanno davvero le cose. La fiction supera la realtà? Spesso ci capita di girare delle scene pensando di forzare un po’ la mano, di inserire aspetti caricaturali. Invece ci sono ragazzi che mi dicono: “Non sai cosa mi è successo... In confronto Boris è uno scherzo!”. Alla fine l’impressione è che la realtà sia anche peggiore di quella che vorrebbe essere una satira. C’è una puntata in cui il tuo personaggio si ribella ed esige di essere pagato. Agli spettatori consiglieresti di seguire l'esempio, o piuttosto "ragazzi, non provateci a casa"? Per il mio personaggio ha funzionato. Quella dello stagista è ormai una vera e propria condizione cronica; penso che ognuno dovrebbe imporsi un limite per non farla durare in eterno. Non è giusto essere ancora stagisti sopra i trent’anni, ma c’è qualcuno che ci resta incastrato. A un certo punto bisogna fare una scelta, anche drastica, anche senza sapere bene cosa succederà il giorno seguente. Quindi sì, è utile cercare di uscire dalla condizione di stagista. C’è anche un altro stagista sul set di Boris, che è ancora più “schiavo” e sottomesso. Eppure è bravissimo nel suo lavoro… Sebbene dimostri di avere doti e capacità superiori a quelli che lavorano realmente e vengono pagati, non riesce mai a dire la sua. Anzi, non ha proprio la facoltà di parlare: deve stare muto. Eppure, i ragazzi sono quelli con le idee migliori e l’energia per applicarle, forse proprio per la loro incoscienza di base. È un discorso che vale anche per la nostra classe dirigente, tutta over 60: magari avevano idee davvero avanti sui tempi quando erano giovani, ma credo che ormai abbiano perso lo spirito necessario per trovare strade nuove. Cosa ci dobbiamo aspettare dalla terza stagione di Boris? Dalla seconda serie molti spettatori si aspettavano alcune svolte… ma poi è andata in tutt’altra direzione: gli sceneggiatori si divertono a spiazzare le aspettative. Anche quest’anno ci saranno parecchie sorprese.   Andrea Curiat   Per saperne di più, leggi anche: - Generazione 1000 euro, il regista: «Ragazzi, ricominciate a indignarvi e a lottare per i vostri diritti» - Trentenni italiani, la sottile linea rossa tra umili e umiliati nel libro «Giovani e belli» - Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

Marketing al gusto di nutella: c'è anche Ferrero nel bando Master dei Talenti 2010

La sinergia tra la Repubblica degli Stagisti e la Fondazione CRT ha portato quest’anno due aziende del Bollino OK Stage dentro il bando 2010 del Master dei Talenti, iniziativa che la Fondazione promuove annualmente dal 2004 per dare ai migliori neolaureati degli atenei piemontesi e valdostani l’opportunità di un tirocinio all’estero. Una delle aziende è Ferrero, che ha dato la sua disponibilità per ospitare uno stagista nel suo quartier generale in Lussemburgo. Nel bando la posizione di tirocinio è la numero 25 (per tutte le informazioni dettagliate clicca qui). Lo stage durerà 6 mesi e verrà svolto nella divisione Marketing. La Fondazione erogherà un rimborso spese di 1700 euro lordi al mese (più o meno 1400 netti); in più Ferrero come «cofinanziamento» fornirà al tirocinante un alloggio e i buoni pasto e rimborserà il volo dall'Italia al Lussemburgo. La Repubblica degli Stagisti ha fatto il punto con Giorgia Natale, hr manager di Ferrero in Lussemburgo per la parte commerciale, per scoprire cosa andrà a fare e a imparare il fortunato prescelto. Cosa farete fare al tirocinante?Lo inseriremo in Ferrero International, headquarter commerciale di Ferrero [nella foto, la nuova sede]: la struttura di coordinamento commerciale e di marketing del mondo commerciale Ferrero.Com’è organizzato l’headquarter?È costituito da una serie di dipartimenti. Ci sono quattro global category department: Kinder, Praline, Alimentana e sterili (insomma, Nutella!) e infine Pastigliaggi: un presidio centrale con visione global delle strategie di marketing. Poi ci sono due team area marketing manager che si occupano di sviluppo dei brand; si chiamano "area" perché hanno il loro focus su aree geografiche specifiche, quella angloamericana e quella dei paesi emergenti. Complessivamente qui ci sono 450 dipendenti, contando sia le funzioni di staff sia quelle commerciali e finance. Nei dipartimenti di marketing i dipendenti sono una quarantina.Quindi lo stagista verrà inserito in un department oppure in un team.Esatto. Ancora non sappiamo con precisione dove, perchè abbiamo aderito in corsa e con piacere al Master dei Talenti, alla fine di dicembre, ma per la fretta non siamo riusciti a pianificare dove lo inseriremo. Però sappiamo già con precisione cosa farà. Verrà assegnato a uno dei nostri manager e lo supporterà in diverse attività: concezione dei piani di marketing, promozioni, investimenti pubblicitari, pianificazione del marketing nel medio termine. Potrà anche occuparsi di lanci di nuovi prodotti, oppure di progetti di ricerche di mercati, test, analisi quali-quantitative, sulla concorrenza. O ancora del management del portfolio di prodotti in un determinato Paese. Insomma, per una persona appassionata di marketing, questo stage è una specie di sogno! Un’ultima precisazione:  qui non si parla di marketing operativo, quindi non c'è una responsabilità diretta sui risultati di un determinato prodotto: è tutto strategia e coordinamento.Com’è la vita lì a Findel?Findel [nell'immagine a destra] è un paesino alle porte della città di Lussemburgo, la capitale del Granducato. Una realtà molto internazionale, dove hanno sede gli headquarter di tantissime aziende, banche, istituzioni europee. Il Lussemburgo confina con Belgio, Germania e Francia, tutti paesi che si possono raggiungere nel raggio di 40 km: una posizione strategica! Qui da noi si lavora prevalentemente in italiano, ma l'inglese è un must e anche la conoscenza di francese e tedesco può essere utile per comunicare all’esterno.Dove sistemerete a dormire il tirocinante?Abbiamo degli appartamenti messi a disposizione dall'azienda, in genere per due persone – anche per incentivare la socializzazione. Anche grazie alla convivenza, per le persone in stage l'esperienza è intensa e molto divertente.Quanti stagisti ospitate?Nei dipartimenti di marketing in media due o tre. Di solito sono italiani, ma abbiamo avuto anche qualche straniero, a condizione sempre che sapesse parlare bene la nostra lingua. Però lo stage è più una tradizione italiana che di altri Paesi, i giovani neolaureati stranieri sono meno disponibili ad accettare l'incertezza del tirocinio rispetto alla certezza di un vero contratto.Al di là della laurea in economia o marketing, quali sono marce in più che potranno aiutare un candidato a vincere la vostra posizione di tirocinio del bando MdT?Noi cerchiamo una persona che abbia davvero un forte desiderio di fare un'esperienza all'estero, quindi guarderemo con interesse sopratutto chi già ha passato qualche periodo in altri Paesi, perché pensiamo che possa essere più allenato ad adattarsi a contesti internazionali. E poi cerchiamo qualcuno che abbia proattività e capacità di integrazione nel team working, e… una scintilla di passione per Ferrero.intervista di Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRTE anche:- Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa- Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata- Due parole con Andrea Martina, ideatore della campagna di comunicazione Master dei Talenti 2009

«Con due tutor e un mentor, seguiremo i tirocinanti CRT passo per passo nella loro avventura spagnola»: quest'anno anche Everis è nel bando del Master dei Talenti

La sinergia tra la Repubblica degli Stagisti e la Fondazione CRT ha portato quest’anno due aziende del Bollino OK Stage dentro il bando 2010 del Master dei Talenti, destinato ai migliori neolaureati degli atenei piemontesi e valdostani. Una delle aziende è Everis, che ha dato la sua disponibilità per ospitare due stagisti in Spagna per 12 mesi, dal maggio del 2010 al maggio del 2011 – uno nella sede centrale di Madrid e uno in quella di Siviglia. Nel bando le posizioni di tirocinio sono la numero 22 e la numero 23 (per tutte le informazioni dettagliate clicca qui). La Fondazione erogherà un rimborso spese di 1800 euro lordi al mese (più o meno 1500 netti); in più Everis come «cofinanziamento» fornirà ai tirocinanti i buoni pasto. La Repubblica degli Stagisti ha fatto il punto con Victor Lopez-Barrantes, che si occuperà di selezionare i candidati e di accompagnare i prescelti nel percorso. Lopez-Barrantes, 32 anni, ingegnere delle telecomunicazioni con master in finanza, lavora in Everis da sette anni e da due vive a Roma.Cosa andranno  a fare i due tirocinanti?Li tratteremo in tutto e per tutto come se fossero dipendenti "praticanti", anche se naturalmente li coccoleremo perché non hanno esperienza. Avranno l'opportunità di seguire progetti di system integration e imparare la metodologia di lavoro: quali sono le diverse fasi del progetto, documentazione, analisi, disegno, sviluppo e test. Oltre a queste competenze hard, poi, ci saranno quelle soft: lavorare in squadra, stabilire relazioni con i team di supporto, interloquire con i clienti. Ognuno di loro farà riferimento a un capoprogetto che lo guiderà nel corso del tirocinio; di solito si lavora in squadre di 5-6 persone, formate in maggioranza da ingegneri ma anche da matematici e fisici. Uno dei tirocinanti andrà a Madrid, dove dal 1996 c'è la sede centrale di Everis [nell'immagine a sinistra]. Lì lavorano oltre 2500 dipendenti; il palazzo è al nord della città, in una zona di recente costruzione, molto ben collegata con autobus e metropolitana. A Madrid lavoriamo con Telefónica, Banco Santander, BBVA - Banco Bilbao Vizcaya Argentaria… Invece il tirocinante che verrà selezionato per Siviglia avrà l'opportunità di fare esperienza sopratutto con clienti della pubblica amministrazione: infatti quella sede, che esiste dal 2001 e conta circa 300 dipendenti, svolge progetti principalmente per la junta, cioè il governo regionale dell'Andalusia. Chi sarà il tutor degli stagisti?Non ne avranno uno, ma tre!  Il primo, come accennavo, sarà il capoprogetto, che ha in carico la crescita di tutte le persone che stanno lavorando a un determinato progetto, stagisti compresi. Per ogni tirocinio che attiviamo in Everis sono sempre previste due valutazioni formali, una a metà percorso e una alla fine: si tratta di due documenti scritti che naturalmente vengono consegnati anche al tirocinante e che contengono le valutazioni sui punti di forza e debolezza. A livello informale, poi, circa una volta al mese e comunque ogni volta che si presenta un problema il capoprogetto fa il punto della situazione con il tirocinante sul suo lavoro. A questa prima fase di tutoraggio se ne affianca un'altra: il mentor. Questa è una particolarità di Everis: ciascuno di noi dipendenti ne ha uno – tranne il presidente e fondatore, Fernando Francés, che è… il mentor di stesso! Il tirocinante conoscerà il suo mentor il primo giorno, quando gli verranno spiegati la sua collocazione, le sue mansioni, i suoi punti di riferimento; e lo incontrerà poi di nuovo alla fine del percorso. Il terzo livello di tutoraggio sarò io: per questi stagisti internazionali sarò la figura di coordinamento speciale. Ci è sembrato importante dare un punto di riferimento anche perché è il primo anno che partecipiamo all'iniziativa del Master dei Talenti.Siete coinvolti in progetti simili a questo?Ne abbiamo uno simile con il Brasile e con la Polonia, ma è interno all'azienda: i neoassunti di quelle sedi "nuove" vengono a Madrid per periodi tra i 6 e i 12 mesi per imparare la metodologia di lavoro. Però non sono tirocinanti: sono a tutti gli effetti dipendenti di Everis.Ospitate abitualmente stagisti nelle vostre sedi spagnole?Sì: sempre studenti universitari o laureandi. Diamo un rimborso simile a quello che eroghiamo in Italia, con alcuni correttivi perché ce ne sono alcuni che fanno stage part-time. In Spagna il sistema è diverso: gli stagisti, poiché non sono ancora laureati, non possono lavorare su progetti che coinvolgano clienti, e quindi vengono inseriti su progetti interni. Invece i tirocinanti CRT, essendo già laureati, potranno fare un'esperienza a 360 gradi, seguendo progetti "reali" con clienti veri!Ci fa un quadro della vita a Siviglia e a Madrid?Beh, il tirocinante che verrà destinato a Siviglia si divertirà molto di più: c'è una grande vita sociale e le ragazze sono molto più belle – lo dico perché mia moglie viene da lì... A parte gli scherzi: la vita è bellissima in entrambe le città, si vive benissimo, e non lo dico perché sono spagnolo! Come costo della vita Madrid è leggermente più cara di Siviglia, comunque entrambe non sono lontane da Roma. A Siviglia un monolocale in affitto costa 600-700 euro al mese, nella capitale 800. Ma di solito i ragazzi prendono un grande appartamento in condivisione: in questi casi, affittare una stanza costa sui 300-350 euro. A Siviglia in estate fa un caldo da morire, il prescelto del tirocinio 23 deve essere pronto a temperature torride: in Everis a luglio e agosto si lavora dalle 8 alle 15 per evitare la calura [nell'immagine a destra, la sede andalusa]! Madrid invece è una città enorme, ambientarsi forse potrà essere un po' più difficile: ma noi in Spagna siamo socievoli, e poi in Everis ci sono tantissimi dipendenti sotto i trent'anni – l'età media sta intorno ai 28. Quindi i ragazzi non avranno sicuramente problemi ad ambientarsi e a farsi nuovi amici.Al di là della laurea in informatica o ingegneria, quali sono le caratteristiche che Everis cerca in questi due giovani?Sarò proprio io, insieme ai responsabili People – così noi chiamiamo le nostre risorse umane – di Madrid e di Siviglia, a fare i colloqui per scegliere i tirocinanti CRT. Noi in Everis diciamo "attitude makes the difference": ecco, in ogni persona che lavora da noi cerchiamo questo principio. Da Francés allo stagista, a tutti chiediamo ottimismo, orientamento al cliente, motivazione, entusiasmo.Intervista di Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT- Due parole con Andrea Martina, ideatore della campagna di comunicazione Master dei Talenti 2009E anche le storie degli ex tirocinanti:- Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata- Antongiuseppe Stissi, un ingegnere piemontese sul treno per Pechino- Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa

«E’ vero, abbiamo mandato i nostri stagisti a volantinare: ma eravamo in buona fede. E non lo faremo più». La replica del direttore del Macro di Roma

Luca Massimo Barbero, 46 anni, torinese, dal marzo del 2009 ha preso la direzione del museo d'arte contemporanea di Roma – il Macro – che dopo un paio d'anni di chiusura per ristrutturazione ha riaperto i battenti il 16 maggio 2009. Il museo ha uno staff a tempo indeterminato di una sessantina di dipendenti e ospita abitualmente stagisti, tra cui anche quello che ha contattato la Repubblica degli Stagisti lamentandosi di essere stato messo a fare volantinaggio e a svolgere altre mansioni poco adatte a un laureato. Direttore, come gestite i vostri stage?Gli stagisti vengono inseriti in vari settori, solitamente per tre mesi. In media uno stage su tre viene prorogato per tre mesi aggiuntivi. Questo strumento è molto importante per i musei; io vengo tra l'altro da un'esperienza, presso la Guggenheim di Venezia, dove veniva utilizzato molto.Quali sono i requisiti per fare uno stage al Macro? Al momento prendiamo quasi solo laureati, specialmente in Conservazione dei beni culturali, Architettura, Comunicazione e relazioni esterne – ma non abbiamo preclusioni rispetto alla tipologia di laurea. Purtroppo riscontriamo alcune difficoltà nell'ospitare studenti delle Accademie d'arte, un po' per problemi organizzativi, un po' perché c'è una certa conflittualità tra il connotarsi come artisti e il fare esperienza in una struttura espositiva. La realtà italiana è in questo molto diversa, per esempio, da quella americana, in cui l'artista è disponibile ad imparare anche come si allestisce e si promuove una mostra.In generale, quali sono le attività che fate svolgere agli stagisti?A partire dal primo colloquio cerchiamo di andare incontro alle esigenze del giovane e ai suoi desiderata. Alcuni vengono e chiedono specificamente di lavorare nella didattica, oppure nella mediateca. Oggi poi vorrebbero tutti fare i curatori! Però l'allestimento di una mostra non si ferma a quello, c'è tanto lavoro altrettanto interessante dietro le quinte, e lo stage permette di scoprirlo. Ho avuto molti stagisti che alla fine dello stage sono venuti a ringraziarmi per aver avuto la possibilità di conoscere questo ambiente.Un lettore della Repubblica degli Stagisti si è però rivolto al nostro servizio "Help" segnalandoci di aver fatto uno stage molto deludente presso il Macro, ed essere stato mandato in giro per Roma ad attaccare manifesti e a distribuire volantini per le strade. Posso sapere chi è?No, direttore. Questo lettore ci ha chiesto la massima riservatezza. Tornando alla domanda: lei pensa che queste mansioni siano adatte a uno stagista laureato?Questo che posso dirle è che io stesso sono andato in giro per la città a portare manifesti, lo faccio abbastanza spesso e sono anche laureato. Forse anche questo "signor non so" avrà portato manifesti…In effetti questa persona non è un "signor non so": la Repubblica degli Stagisti conosce il suo nome e cognome, è una persona che esiste davvero, non è un anonimo.Non lo è per lei: per me lo è.Sì, è vero, ma non vuole venire allo scoperto perché ha timore di subire poi qualche ritorsione nell'ambito dei musei.Ma si figuri, qui nessuno fa ritorsioni su nessuno!Allora, lei diceva: anch'io, da direttore, vado in giro a portare manifesti.Sì: lo facciamo tutti. Generalmente chiediamo se possiamo mandare dei ragazzi a portare volantini, locandine, cartoline. Non è che gli stagisti vengano spediti d'ufficio a fare questo: chi lo vuole fare volontariamente può farlo. Qui alla persona è stato detto "Stamattina le tue mansioni di stage sono di andare ad attaccare manifesti in questa strada". La Repubblica degli Stagisti ha visionato la documentazione fotografica di questa attività e anche una mail in cui un vostro dipendente impartiva allo stagista indicazioni in merito.Sì, ma non le definiamo mansioni, lo chiediamo e i ragazzi che vogliono lo fanno. Le ripeto, l'ho fatto anch'io.Sì, però lei è stipendiato dal museo. Secondo lei è una mansione che può essere adatta a uno stagista laureato?Non è una mansione: però può essere accaduto, sempre a chi ha voglia di farlo. E non penso che sia svilente.Ci sono stati casi in cui il lettore-stagista è rimasto fino a tarda sera al museo, per presenziare a eventi notturni con mansioni di accoglienza del pubblico, guardiania di sala e supporto al servizio bar - catering. Secondo lei anche queste mansioni sono adatte?No, supporto bar - catering proprio no. Se ci sono degli eventi speciali si chiede ai ragazzi se vogliono restare, ma noi abbiamo tutto il nostro personale Zetema per la guardiania e non possiamo chiedere a esterni. Se vogliono i ragazzi possono dare una mano nella hall o negli spazi che sono aperti al pubblico, ma al bar proprio no. Nella convenzione di stage c'era scritto che l'orario era dalle 9 alle 23, lasciando sottintendere che gli stagisti fossero tenuti a presenziare fino a tarda ora qualora ci fossero eventi.Il nostro museo è aperto fino a quell'ora ma ciò non vuole affatto dire che gli stagisti debbano stare dalle 9 alle 23. E a volte di sera ci sono delle attività che riguardano direttamente il percorso formativo degli stagisti. Quando c'è una inaugurazione lo diciamo ai ragazzi e facciamo una lista con i nomi di quelli che si vogliono fermare: per loro è un momento per incontrare il pubblico. In luglio abbiamo organizzato delle serate presso la videoteca della mediateca, ogni martedì  dalle 8 alle 11 di sera, per mostrare i cento video che avevamo ritrovato. Quelli sono stati i momenti più pubblici per alcuni degli stagisti, quelli che lavoravano su quel progetto, e quindi i ragazzi si sono fermati con gran piacere.Una cosa è stare perché si vuole stare, un'altra è stare per dover fare guardiania di sala, o supportare i baristi.No baristi proprio no, non mi risulta.Direttore, una terza lamentela dello stagista riguarda espressamente la sua persona: indicato nella convenzione di stage siglata tra il museo e l'università come il "tutor", lei però non avrebbe interagito praticamente mai con lui e con gli altri stagisti, delegando le funzioni di tutor in tutto e per tutto a un suo collaboratore. Quante ore dedica in media ogni mese alla formazione degli stagisti?Le ore non lo so, però posso dirle che proprio ora ho finito un giro di due ore e mezza con gli stagisti del cantiere, e che ogni lunedì facciamo gli incontri con gli stagisti. Specialmente per quanto riguarda quelli inseriti nelle sezioni curatoriale, mediateca e pubbliche relazioni io ci passo ore ogni settimana: c'è chi dice che sono quasi ossessionato dalla presenza in museo. Con alcuni stagisti mi incontro quasi ogni giorno; poi dipende anche molto da chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi mezzo vuoto. Sono sorpreso di essere stato contattato da lei, perché dagli stagisti ricevo più che altro sorrisi.Un'altra nota dolente – questa però assolutamente comune alla maggior parte degli uffici pubblici – è che voi non prevedete nessun rimborso spese per i vostri stagisti. Invece alcuni enti lo prevedono. Lei ci ha mai pensato?Ci ho pensato, e anche fortemente. Il problema è che i fondi della Sovrintendenza per questo genere di gettoni non sono stati neanche lontanamente preventivati. Io mi sto attivando per riuscire ad ottenere qualche fondo privato per questo: non sarà così facile attivarlo, ma ci voglio provare. Quindi lei nel 2010 si ripromette di lavorare sull'obiettivo del rimborso spese per gli stagisti.Sì, anche perché secondo me darebbe un senso di appartenenza, e renderebbe possibile anche una mobilità maggiore: se ci fosse un piccolo gettone, magari qualcuno potrebbe potersi spostare qui a Roma da altre città.  E poi perché per noi il programma di stage è in fieri: cerchiamo continuamente di migliorarlo.Un altro aspetto solitamente importante è la possibilità di ottenere un lavoro al termine dello stage, che negli enti pubblici è sempre molto esigua. Il lettore ci ha parlato di una promessa implicita legata al progetto che il Macro si trasformi in fondazione che possa quindi diventare più semplice fare assunzioni anche al di fuori delle procedure concorsuali tipiche degli enti pubblici. Lei ne era a conoscenza?Ma lei pensa che un direttore o un responsabile stage di un museo possano fare una promessa implicita?Questa cosa è stata contestualizzata con molta precisione dal lettore: l’argomentazione sarebbe servita in varie occasioni a convincere gli stagisti ad "allungare" il periodo di stage, accettando la proposta di proroga.In effetti al mio arrivo l'assessorato aveva ventilato l'ipotesi di trasformare il museo in una fondazione. Ma da qui a quando, chi lo sa… Quanto tempo servirebbe per costituire una fondazione a partecipazione e gestione mista, anche solo dal punto di vista burocratico? E poi, chissà, forse si trattava solo di una sirena politica, a cui non prestare troppa attenzione. Con una fatica abbastanza inumana, malgrado non possiamo assumere, noi qualche piccolissimo contratto di collaborazione cerchiamo di farlo. Tra l'altro non mi sembra che gli stessi stagisti manifestino questo desiderio così forte di essere assunti: alcuni sono ancora all'università, altri sono già laureati ma non hanno mai espresso questa necessità dell'impiego.Però in qualche raro caso lei dice che il contratto salta fuori per qualche ex stagista.Forse in un caso, sì. Anche questo è uno dei miei obiettivi, anche se non è facile perché siamo sempre legati alla Sovrintendenza.Vorrei chiudere tornando all'argomento più spinoso, e cioè quello della distribuzione di locandine in giro per la città. La scorsa estate, in concomitanza con la riapertura del museo, abbiamo cercato di avvicinare i giovani e in quest'ottica vanno iscritte le operazioni come la distribuzione di volantini in giro per la città. Per questo avevo chiesto ad alcuni di andare a poggiare un po' di volantini nei luoghi delle loro università, per raggiungere i giovani e farli partecipare ai nostri eventi. Forse da parte mia ingenuamente.Se la sente di promettere alla Repubblica degli Stagisti che non manderà più i suoi stagisti a far volantinaggio?Sì, me la sento molto volentieri di prometterlo.Intervista di Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage al museo con volantinaggio, la richiesta di help di un lettore arrabbiato- «Non abbiamo ispettori da mandare nelle aziende»: parla il responsabile dell'ufficio stage dell'università CattolicaE anche:- La Repubblica degli Stagisti al servizio dei lettori: al via la nuova rubrica «Help»

«Non abbiamo ispettori da mandare nelle aziende»: parla il responsabile dell'ufficio stage dell'università Cattolica

Quando al museo gli hanno messo in mano le locandine, chiedendogli di andare a distribuirle per la città, Denis [nome di fantasia] ha subito contattato l’ente promotore dello stage – la sua università, la Cattolica di Milano. Che ha però deciso di non intervenire, limitandosi a ricordare al neolaureato che poteva interrompere lo stage in qualsiasi momento se lo riteneva opportuno. E anche quando lui, dopo aver seguito il consiglio, ha inviato un dettagliato fax in cui elencava le mansioni "improprie" che gli erano state affidate, l’ufficio stage ha scelto di non mettersi in contatto con il museo per chiarire la situazione. Come mai questo comportamento? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto a Roberto Reggiani, da oltre dieci anni responsabile dei servizi Stage e placement e Orientamento e tutorato della Cattolica. Come mai non siete intervenuti, magari anche semplicemente facendo una telefonata esplorativa al museo?Noi preferiamo evitare di fare maternage ai nostri stagisti. Una persona maggiorenne ha il diritto e il dovere di gestire i rapporti con l’ente ospitante in completa autonomia.E non controllate che gli stagisti ricevano una formazione adeguata e che gli enti ospitanti rispettino la normativa?No. Nell’attivare uno stage abbiamo alcuni vincoli: dobbiamo occuparci della posizione Inail e dell’assicurazione rc, assolvere l’obbligo di comunicazione a sindacati e ispettorati del lavoro. Ma non abbiamo poteri ispettivi nei confronti dell’ente ospitante. Cosa fate allora quando i vostri studenti vi segnalano che qualche azienda si comporta male?Possiamo arrivare a sospendere la convenzione, ma solo dopo reiterate segnalazioni, almeno tre. In questi casi, spediamo una lettera all’ente ospitante invitandolo ad attivare tirocini con altre università e non più con la nostra. A volte l’ente si difende facendo testimoniare gli ex  stagisti felici, magari anche assunti. Insomma, se qualcuno non si trova bene in un posto a volte è per un problema suo: magari non è in grado di lavorare, di gestire una certa situazione. Io non ho ispettori da inviare per fare verifiche e scoprire se davvero c’è qualcosa che non va. Talvolta c'è anche il dubbio che i tirocinanti si possano mettere d’accordo per fare segnalazioni false. Ma penso che questo, tranne qualche mitomane, succeda raramente. Rispetto al museo Macro quindi voi non avevate mai ricevuto segnalazioni.No, non avevamo mai avuto segnalazioni. Ma il problema, comunque, è un altro. E cioè?Il decreto che regolamenta i tirocini, il dm 142/1998, ormai ha più di dieci anni ed ha una lacuna enorme: non ha dato la possibilità di verifiche incrociate sui dati anagrafici e finanziari delle aziende. Capita che aziende con trenta dipendenti prendano addirittura 6-7 stagisti, quando il massimo sarebbe tre. E come fanno? Ne prendono uno di qua e uno di là, da ogni università, e nessuna può sapere delle altre. Qui sarebbe il tirocinante a dover segnalare la situazione, ma non tutti lo fanno, e quindi le verifiche scattano raramente. Ogni università, Inail, Regione, sindacato ha il suo database, e gestisce i suoi dati a livello locale anziché nazionale. Il controllo ne risulta inevitabilmente parcellizzato; l’ispettorato del lavoro riceve tutte le informazioni e dovrebbe andare a fare qualche controllo, anche solo sul livello numerico del rispetto della norma, ma lo fa di rado. Si potrebbe risolvere il problema con un database comune con un flusso di dati costantemente aggiornato.Il ragazzo si è lamentato anche del progetto formativo, molto generico.In nessun contratto vengono scritte tutte le mansioni con precisione. Insomma, qui non stiamo parlando di bambini a cui tenere la manina, stiamo parlando di laureati! Andando avanti di questo passo, a cinquant’anni anni ancora penseranno che ci debba essere qualcuno che li deve tutelare. È evidente che siamo tutti d’accordo che non è il massimo che un neolaureato faccia volantinaggio. Ma il controllo non deve passare attraverso l’università. Coordino una struttura in cui siamo in sette, di cui due part-time, e dobbiamo gestire 6mila tirocini all'anno. Siete troppo pochi, dunque.E sul nostro portale solo l’anno scorso sono stati pubblicati 12mila annunci. Abbiamo migliaia di inserzionisti, non possiamo controllarli tutti. Sta a ciascun giovane verificare se le condizioni sono rispettate. Ai ragazzi possiamo dare la canna da pesca, non il pesce: cioè gli strumenti, non il risultato. Invece loro spesso non solo consapevoli, non partecipano agli incontri propedeutici che organizziamo qui in ateneo, vengono dicendo semplicemente «ho un foglio da far firmare». Sono annoiati dalle nostre raccomandazioni e indicazioni: attivano un tirocinio quasi con meno attenzione di quella che prestano a dove andare in vacanza.E poi quando si trovano in difficoltà non sanno come comportarsi. Il neolaureato che non si trovava bene al Macro ha fatto bene ad andarsene?Certo: ci sono costi psicologici nel trascinare avanti un’esperienza di tirocinio che non dà costrutto, bisogna avere coraggio. Se stai facendo delle cose che non ti fanno crescere, meglio interrompere. Non val la pena di perdere tempo: un po’ come lasciare una fidanzata a cui non si vuole più bene. Il ragazzo quindi ha fatto benissimo a interrompere lo stage, una mansione come il volantinaggio non era certo finalizzata all’acquisizione di ulteriori competenze. La cosa che mi dispiace di più è anzi quando ci mettono troppo a reagire, e perdono tempo. Ultimamente ho ricevuto una segnalazione da un ex studente che per nove mesi ha continuato uno stage che non lo convinceva. Avrebbe dovuto interromperlo molto prima! Anche un’esperienza negativa può risultare utile?Sì, perchè almeno il giovane imparerà la lezione e starà ben attento, in futuro, a non fare altre esperienze frustranti: sarà più preparato per fronteggiare le situazioni. Il tirocinante che trova l’ombrello che lo protegge, invece, probabilmente non svilupperà queste capacità di difesa.Intervista di Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage al museo con volantinaggio, la richiesta di help di un lettore arrabbiato- «E’ vero, abbiamo mandato i nostri stagisti a volantinare: ma eravamo in buona fede. E non lo faremo più». La replica del direttore del Macro di RomaE anche:- La Repubblica degli Stagisti al servizio dei lettori: al via la nuova rubrica «Help»- Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»- I controlli degli ispettori del lavoro sull’utilizzo dello stage nelle imprese – la grande inchiesta della Repubblica degli Stagisti

Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro della Bocconi: «L'emendamento ai superstage avrà ricadute negative sulla Calabria»

Non c’è alcun dubbio che nel caso della Calabria ci sia un vizio iniziale di forma e sostanza, che si sta trascinando nel tempo a prescindere dalla forma che verrà adottata per stabilizzare i  cosiddetti "voucheristi". Lo strumento dello stage è stato impiegato al di fuori della sua finalità e c’è tutta una serie di elementi che ne snaturano l’essenza». Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro presso l’università Bocconi di Milano, commenta così per i lettori della Repubblica degli Stagisti gli ultimi sviluppi della vicenda dei superstage calabresi: un emendamento alla legge di bilancio pensato per favorire la prosecuzione del rapporto lavorativo tra i partecipanti al progetto e gli enti pubblici locali. In pratica gli enti riceverebbero 10mila euro l’anno per ogni ragazzo inserito con contratti a tempo determinato o di altro genere; nel frattempo avrebbero modo di riorganizzare le mappe dell’organico e indire i concorsi per l’assunzione definitiva, aperti a tutti ma pensati per ricalcare perfettamente i profili dei futuri ex stagisti. Costo complessivo dell’operazione, oltre 9 milioni di euro.Professore, in cosa consiste questo "vizio di forma e di sostanza"?Anzitutto nella platea di stagisti, gente che in molti casi ha già una sua professionalità e che non va presso l’ente ad acquisire competenze nuove o specifiche, ma semplicemente nella prospettiva di ottenere un posto di lavoro fisso. I tirocini formativi dovrebbero dare una specializzazione ulteriore a giovani laureandi o neolaureati: il Programma voucher, invece, segue un processo opposto di “appiattimento” dei talenti all’interno della pubblica amministrazione, e per di più ha davvero una durata abnorme. In linea di massima, poi, gli stage sono solitamente retribuiti con indennità di importo contenuto: qui parliamo di mille euro, che in Calabria sono ben più che un rimborso spese. Chi difende il Programma Stages - poi ribattezzato Programma Voucher - e il successivo emendamento sostiene che serva a creare occupazione in un contesto sociale difficile.Il programma, alla fine, porterà pure in Calabria occupazione per 300 persone, ma parte da presupposti sbagliati e avrà un effetto negativo per il territorio. Si andranno a sottrarre dei giovani con curriculum di eccellenza al tessuto produttivo della regione, inserendoli negli enti locali grazie a un intervento dalla logica assistenzialista. Se si arrivasse a delle assunzioni a pioggia, per assorbire gli ex-tirocinanti le pubbliche amministrazioni bloccheranno per chissà quanto tempo la creazione di altri posti di lavoro. Al tempo stesso, il mercato locale del lavoro sarà prosciugato delle sue migliori risorse, che dovrebbero invece competere sulla scena locale e nazionale. Ritiene che le forme specifiche adottate dall'emendamento possano sanare questa situazione?Faccio fatica a immaginare un qualsiasi disegno che non sia portatore di questo vizio iniziale, anche attraverso un concorso pubblico. Gli enti locali dovranno creare criteri di selezione che guarda caso vadano a includere proprio queste 300 persone e non altre. Certo, è evidente che si può sempre creare una corsia privilegiata per attribuire un punteggio più alto in graduatoria ai “voucheristi”, e poi costruire un percorso ad hoc che faccia di questo punteggio proprio la base per arrivare all’assunzione. Chi ne resta fuori, però, potrebbe fare ricorso e chiedere alla Regione: “Perché non apri anche a me un percorso di stage di 24 mesi?”.Andrea Curiat Per saperne di più, leggi anche: - Superstage calabresi, in arrivo un emendamento-traghetto verso l'assunzione- Superstagisti calabresi assunti? Una bella notizia solo in apparenza - l'editoriale di Eleonora Voltolina- I consiglieri Giamborino e Borrello: «Niente proroghe ai superstage, i ragazzi vanno assunti: ci riduciamo lo stipendio per incentivare gli inserimenti»

I consiglieri Giamborino e Borrello: «Niente proroghe ai superstage, i ragazzi vanno assunti: ci riduciamo lo stipendio per incentivare gli inserimenti»

«I fondi per far assumere i ragazzi? Vengono da tagli alle indennità dei consiglieri e alla struttura del consiglio regionale». Così il consigliere regionale della Calabria Pietro Giamborino [nell'immagine], fra i promotori dell’emendamento che propone di finanziare la prosecuzione del rapporto lavorativo tra “superstagisti” ed enti locali, spiega la provenienza del maxi-fondo da 9 milioni di euro che sarebbe stanziato in caso di approvazione. «Abbiamo ridotto i nostri stipendi e quelli dei vari dipendenti e collaboratori sino anche al 25%, con un risparmio pari a circa 3,5 milioni di euro l'anno». I 10mila euro l’anno, previsti dall’emendamento come incentivo, costituiranno la base per lo stipendio di ciascun ex stagista: «Gli enti potranno aggiungere idealmente altri 2-3mila euro l’anno per garantire ai ragazzi uno stipendio dignitoso», aggiunge il consigliere. «Certo, la stabilizzazione diretta è impossibile per legge. L’importante è che gli enti si impegnino concretamente a fare delle assunzioni a tempo indeterminato, indicendo concorsi che vadano a selezionare proprio le figure ricoperte dai ragazzi in fase di stage. Dopo aver lavorato per tanto tempo presso le pubbliche amministrazioni, i ragazzi del “Programma voucher”, già dotati di curriculum di eccellenza, avranno acquisito un’esperienza e un punteggio tali da essere praticamente inarrivabili in sede di concorso», afferma Giamborino. Dello stesso avviso il consigliere del PD Antonio Borrello [qui a sinistra], che insieme a Giamborino ha firmato una nota congiunta per rispondere a chi ancora propone una proroga ufficiale dei superstage. «I tirocini devono avere un inizio e una fine», afferma. «La nostra proposta vuole incentivare gli enti locali ad assumere dei ragazzi che altrimenti potrebbero essere rimandati a casa allo scadere dei due anni di voucher. Ogni accusa di clientelismo in vista delle elezioni è ridicola e infondata, perché di fatto nessuno del consiglio conosce personalmente alcuno stagista. Il merito del progetto è anche di potenziare la burocrazia locale, andando a coprire dei posti vuoti e sostituendo il criterio dell'appartenenza politica con quello della meritocrazia». Entrambi i consiglieri preferiscono liquidare le polemiche del passato. «La legge prevede una durata massima dei tirocini pari a 12 mesi, è vero. Ma anche la possibilità di chiedere una proroga. Quando è stato approvato un progetto formativo della durata di 24 mesi, avevamo già messo in conto questa dilazione», affermano concordi Borrello e Giamborino. Peccato che il decreto ministeriale 142 del 1998 preveda espressamente che «le eventuali proroghe dei tirocinio sono ammesse entro i limiti massimi di durata» già indicati, senza sommarsi ad essi. «è vero», ammette Giamborino, «i tirocini formativi dovrebbero avere dei limiti temporali precisi. Ragion di più per non ammettere alcuna proroga ulteriore». E il cambio di nome da “Programma stage” a “Programma voucher”? «Insignificante», secondo Giamborino. Andrea Curiat Per saperne di più, leggi anche: - Superstage calabresi, in arrivo un emendamento-traghetto verso l'assunzione - Superstagisti calabresi assunti? Una bella notizia solo in apparenzaE anche:- Consiglio regionale calabrese, la lettera aperta di una superstagista al presidente Bova: non siamo altro che manovalanza per enti assetati di personale- Superstage calabresi, ancora nessuna risposta all'interrogazione parlamentare. Pietro Ichino: il governo non sa che pesci pigliare- Superstage calabresi, l'interrogazione parlamentare di Ichino- Serena Carbone: una proposta al consiglio regionale per valorizzare davvero noi superstagisti- Francesco Luppino, l'ingegnere stagista- Francesco Bonsinetto, dalla cattedra allo stage- Michele Tiraboschi e Michel Martone sui superstage calabresi: «Per i giovani sono un boomerang»- In Calabria il consiglio regionale attiva i «superstage»

Giornalisti praticanti, intervista a Roberto Natale della Fnsi: «L'accesso alla professione va riformato al più presto»

Roberto Natale, 48 anni [nella foto], dal dicembre del 2007 è alla guida della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), il sindacato unitario dei giornalisti. La Repubblica degli Stagisti gli ha chiesto di commentare i risultati dell'approfondimento sulla situazione dei praticanti giornalisti italiani.Presidente, ogni anno circa mille persone sostengono l’esame per diventare giornalisti professionisti: ma soltanto il 10% dei candidati proviene da un contratto di praticantato, e un 20% dalle scuole di giornalismo. La maggior parte dei praticanti sono “d’ufficio”: è accettabile?No. Con tutto il rispetto per chi arriva dal praticantato d'ufficio, lo squilibrio di questi dati dimostra quanto sia urgente una profonda riforma dell'accesso alla professione. C'è una proposta approvata all'unanimità dal consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti nell'autunno del 2008 che ha avuto la piena condivisione della Fnsi, che mira a introdurre in Italia una sola modalità di accesso alla professione attraverso i percorsi universitari. In questo modo, salvo piccole eccezioni, si andrebbero a cancellare il praticantato in redazione e quello d'ufficio.In quanti anni dovrebbe diventare operativa questa riforma, se partisse? Cinque anni per arrivare a regime: un tempo che permetterebbe di sistemare le situazioni pendenti, in modo che tutti coloro che hanno svolto o stanno svolgendo lavoro di fatto giornalistico ottengano, com'è giusto, il riconoscimento del loro diritto ad essere chiamati giornalisti professionisti. Ma bisogna mettere un punto a questa situazione. Quindi questo conto alla rovescia è partito nell'autunno del 2008?No. Nel 2008 la proposta è stata varata dall'Ordine, e nei mesi successivi condivisa dalla Fnsi. Ma per ora rimane sulla carta: per diventare operante dev'essere trasformata in legge, quindi c'è bisogno che il Parlamento si pronunci. Dato che le modalità per accedere alla professione giornalistica sono regolate da una legge, la 69/1963, per modificarle c'è bisogno di una norma di pari livello. Però la buona notizia è che la proposta è già diventata la base di una proposta di legge, primo firmatario Pino Pisicchio, che ha appena cominciato il suo iter. Dato che è sostenuta da tanti deputati – perlopiù giornalisti – di tutti gli schieramenti, l'ambizione per poter accelerare i tempi sarebbe quella che il Parlamento potesse dare la sede legislativa alla Commissione Cultura della Camera, senza bisogno di andare in aula.Dal futuro torniamo al presente. Che oltre il 70% dei neogiornalisti professionisti arrivi da un praticantato d'ufficio e quindi improprio, "di serie C" come l'ha ribattezzato la Repubblica degli Stagisti, è quantomeno preoccupante. Che fine ha fatto il contratto di praticantato art. 35? Le aziende editoriali hanno fatto la scelta, economicamente vantaggiosa ma editorialmente e professionalmente devastante, di puntare su una precarizzazione spinta della categoria, di non far entrare quasi più nessuno in redazione, e di estendere a dismisura l'area dei collaboratori cocopro, autori testi, contratti a progetto –  le mille forme che ha assunto lo sfruttamento. Preferiscono avere una manovalanza giornalistica molto numerosa e pochissimo pagata, piuttosto che pagare percorsi di accesso regolare. Noi continuiamo a incalzare gli editori, anche durante la discussione contrattuale abbiamo cercato di coinvolgerli in un tavolo triangolare con noi del sindacato e con l'Ordine, per riformare l'accesso alla professione. Per fare in modo che gli editori si convincano che è anche loro interesse ridurre l'area delle collaborazioni così polverizzate e sfruttate, e investire di più in un accesso regolare alla professione. In cambio siamo disponibili a dare agli editori voce in capitolo sull'organizzazione delle scuole. Il che chiaramente non significa che ciascuno si debba fare la scuola sua: ma ragionare sulle quantità di giornalisti di cui l'editoria italiana ha bisogno.Ogni anno all'albo "professionisti" dell’Ordine si aggiungono 800-1000 nuovi iscritti: a fronte di questi ingressi vi sono in media 300 professionisti vanno in pensione o sospendono l’attività. Insomma, per ogni posto che (teoricamente) si libera ci sono due o tre new entry che ambiscono a occuparlo. E l'ondata di prepensionamenti non sta migliorando la situazione, perché molte testate hanno bloccato le assunzioni e quindi chi va in pensione non viene rimpiazzato. Si prospetta una progressiva riduzione del numero dei giornalisti in Italia?Una progressiva riduzione sarebbe più che sensata: il progetto di riforma che punta al canale unico di accesso alla professione dovrebbe essere anche un modo per ridurre il numero di chi diventa giornalista ogni anno. Non ha senso continuare a sfornare una quantità così smisurata di giornalisti in presenza di un mercato del lavoro che ha i problemi che ha: anche da questo punto di vista sarebbe utile fare un ragionamento comune sulle necessità del settore e sulla base di questo tarare i nuovi accessi. Una testata che non fa un contratto di praticantato, preferendo altri tipi di collaborazione, risparmia molto e agisce in maniera scorretta.  Per ogni praticante d'ufficio in un certo senso c'è una testata che lo ha sfruttato.E' vero, però non è facile agire, perché in questi casi lo sfruttato ha interesse – almeno temporaneamente – ad essere sfruttato. Non possiamo quindi intervenire in itinere: se il praticante sta accumulando con tenacia i suoi 18 mesi, con l'obiettivo di arrivare all'esame, non è popolarissimo l'intervento del sindacato che voglia stroncare la sua pratica, andando a interrompere il praticantato. E se invece che in itinere, si agisse ex post? Non basterebbe che per ogni praticantato d'ufficio venisse data una multa alla testata – o alle testate – che si sono comportate in maniera scorretta?Nella realtà la situazione è molto vischiosa, perché anche dopo l'esame il giornalista può essere interessato a mantenere un buon rapporto con quella testata, e quindi è il primo a non volere che venga sanzionata. Abbiamo toccato con mano la difficoltà ad intervenire in maniera troppo rigida in situazioni nelle quali spesso sono gli stessi interessati a dire «Perfavore non intervenite», perché hanno la speranza di continuare a lavorare lì. Il sindacato non può agire a prescindere dal volere delle persone che tutela. Per questo il taglio netto che vogliamo dare a questo sistema ha bisogno di una legge. Una legge che riporti l'accesso al canale unico delle scuole di giornalismo – che però oggi come oggi costano care: da 5mila a 9mila euro all'anno. Per questo che alcuni le criticano, dicendo che così «ci si compra il praticantato». Come si risolve questa situazione?Incrementando il numero delle borse di studio. I finanziamenti potrebbero essere reperiti negli istituti di categoria, per esempio parte dei fondi dell'Ordine potrebbero essere dirottati lì. Per una scuola di giornalismo si dovrebbe pagare quel che si paga in media nelle università italiane: bisogna riallineare i costi delle scuole di giornalismo a quelli di una normale facoltà universitaria. Uno non può dover essere ricco di famiglia per poter studiare da giornalista!Delle mille e più persone che ogni anno sostengono l’esame, ne passano più o meno sette su dieci: una percentuale molto alta rispetto a quella dell'esame per diventare commercialista, quattro su dieci, o avvocato, dove solo un candidato su quattro ce la fa. Per non parlare del concorso notarile, superato soltanto da un aspirante su 15. L'esame per diventare giornalista professionista è troppo facile?Non so fare valutazioni di raffronto con le altre categorie. Negli anni l'attenzione dell'Ordine dei giornalisti verso la formazione dei giovani è cresciuta, e questo è un segnale positivo. Per fortuna si fa sempre meno il riferimento romantico a quando si diventava giornalisti «sulla strada», ed è stata incrementata l'attenzione al multimediale. Insomma, i giornalisti oggi studiano di più. Non so ancora se studino abbastanza, ma la riforma dell'accesso alla quale pensiamo dovrebbe incidere anche su questo versante, e la direzione di marcia della categoria è quella buona.In media i giornalisti guadagnano 40mila euro l’anno lordi, cioè 2500 euro netti al mese. Però ci sono quasi 5mila giornalisti che ne guadagnano meno di 14mila, cioè neanche mille euro netti al mese. Con una retribuzione così bassa, il giornalista può riuscire a mantenere la sua indipendenza?Prima che la sua indipendenza, non riesce a mantenere né la sua famiglia né se stesso! C'è un problema grandissimo di autonomia minacciata, ma è soprattutto minacciata l'ordinaria possibilità di avere una vita economicamente dignitosa. E' ancora troppo presente nel discorso pubblico l'idea sottintesa che il giornalismo sia una professione anche economicamente prestigiosa. Quest'idea non corrisponde più alla realtà, da tanto tempo e per un numero sempre maggiore di persone. Assieme alle ristrettezze economiche, l'altra conseguenza è quella di un'informazione più facilmente ricattabile. L'altro giorno un freelance in un'assemblea qui in Fnsi raccontava: «Mi danno 3 euro a pezzo: guadagnando così poco, cerco di stare lontano dalle grane». La tentazione può essere quella di mettere da parte i temi giornalisticamente più sensibili, temi delicati, magari legati alla criminalità organizzata o alle inchieste della magistratura, per scansare polemiche politiche e contestazioni. Uno si dice: per tre euro, chi me lo fa fare?Per svolgere alcune professioni essere iscritti all'albo è obbligatorio. Nessuno, per dire, può andare in udienza se non è avvocato, o operare se non è un medico. I confini per il giornalismo sono più labili: di fatto, sui giornali può scrivere chiunque. Questo è una libertà da difendere o un rischio per la qualità dell'informazione? E' una libertà da difendere. A noi l'articolo 21 della costituzione piace molto. Garantisce non solo il nostro diritto-dovere di informare, ma più in generale il diritto di ogni cittadino a esprimersi. E non abbiamo un'idea così grettamente corporativa da pensare che possa esprimersi solo chi ha il tesserino da pubblicista o da professionista. Questo non significa che chiunque scrive possa essere equiparato a un giornalista: è importante distinguere tra lo fa occasionalmente, per esprimere il suo punto di vista, e chi scrive perché come professione deve informare gli altri. Ma questo i lettori già lo sanno. C'è infatti un dato confortante: gli studi su come l'informazione viene cercata su Internet, realizzati da Enrico Finzi per l'Ordine dei giornalisti della Lombardia, confermano che la gente cerca informazione sulla Rete andando sui siti riconosciuti e riconoscibili, come quelli dei grandi quotidiani della carta stampata. Internet non è quell'oceano indistinto in cui i navigatori si aggirano smarriti tra miliardi di dati. Certo, però, si può rendere ancora più chiara la distinzione: noi da anni parliamo di una sorta di «bollino blu» da applicare ai siti di informazione che si registrano come testata giornalistica online, e che sottoscrivono con i propri lettori un patto di correttezza e trasparenza.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quarta puntata- Il Fortino, una riflessione di Roberto Bonzio sui giornalisti di domani: «Oggi chi è dentro le redazioni è tutelato, ma fuori ci sono troppi sottopagati»E tre storie di praticantato vissuto- Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»- Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista- Praticantato in redazione: l'esperienza di Caterina Allegro in un service editoriale

Benevento, i commenti della Cgil: «Mesi terribili che sono costati molto a chi sperava in un futuro assicurato». Dalla Regione: «Impossibile un controllo preventivo»

Dopo il sequestro amministrativo dei beni per 2,5 milioni delle aziende Eurocalzature e Tranceria Tomaificio, la Repubblica degli Stagisti ha interpellato Regione e sindacati per capire le ragioni di un fallimento che ha lasciato a casa quasi 300 tirocinanti che già versavano in condizioni di disoccupazione. Le tappe della vicenda e il provvedimento della Procura sembrano infatti raccontare una storia di malversazione, di cui i primi a fare le spese sono stati proprio i giovani coinvolti nei tirocini formativi. Le aziende coinvolte avevano messo in piedi un'attività "fantasma", con strutture, capannoni e macchinari affittati e non di proprietà, un piano industriale evanescente e un capitale sociale ridotto all'osso, almeno stando ai risultati delle ispezioni regionali. Le attività formative, e le successive assunzioni, non sarebbero state altro che una facciata di cartapesta costruita alla bell'e meglio dalle aziende coinvolte, interessate in primo luogo ai fondi pubblici. La fiducia dei 290 giovani tirocinanti è stata carpita dal miraggio di un impiego sicuro, con tanto di sostegno della Regione Campania e inaugurazione in pompa magna da parte delle autorità locali. I ragazzi di allora non hanno perso soltanto gli arretrati non ancora retribuiti, ma due anni di vita, due anni di potenziali attività lavorative in altre realtà ben più sane, e senza bisogno di sperperi pubblici.«Sono stati mesi durissimi», racconta Luciano Valle [nella foto], segretario generale della Flai-Cgil di Benevento. «Sin dal principio, non ci convinceva l'idea che due aziende con un capitale sociale nell'ordine dei 10mila euro ciascuna fossero in grado di insediare una realtà produttiva da 300 dipendenti in una zona difficile come Benevento e in un settore già in crisi come quello manifatturiero. Quando il progetto è partito e si sono presentati i primi problemi, abbiamo provato la strada del dialogo, abbiamo organizzato scioperi, io stesso ho denunciato alla Asl di competenza le condizioni di lavoro in cui versavano i dipendenti. Alla fine abbiamo chiesto di visionare un progetto industriale: le aziende ci hanno risposto con un documento scarno, di poche pagine appena. Allora abbiamo avuto la certezza che i dirigenti erano interessati soltanto ai 4 milioni di euro di finanziamenti pubblici, non certo allo sviluppo di un'attività imprenditoriale solida né tantomeno al benessere economico della provincia. Quando la regione ha ritirato i finanziamenti e ha chiesto l'intervento della Guardia di Finanza, era già troppo tardi: 290 lavoratori, perlopiù giovani, avevano visto svanire il proprio impiego. Qualcuno si era trasferito a Benevento dalla provincia di Napoli, molti avevano lasciato un impiego precedente per il miraggio di un posto migliore assicurato».Francesco Girardi, coordinatore d’area della Regione Campania per l’istruzione, educazione e formazione professionale, rileva: «Ricordo la riunione in prefettura con i sindacati e le maestranze per arrivare allo sblocco della seconda tranche di finanziamenti, a ottobre del 2006. Il fatto è che spesso i lavoratori tendono a difendere il posto di lavoro, anche quando i pagamenti non arrivano, nella speranza che un domani le cose migliorino. Noi stessi ricorriamo alla revoca completa dei finanziamenti soltanto come extrema ratio; ove possibile, preferiamo ricontrattare i termini degli accordi in modo da garantire almeno la creazione di una certa percentuale dei posti di lavoro promessi inizialmente». Alla fine, però, ogni speranza di compromesso si è dimostrata vana. «Fermo restando che le indagini della procura sono ancora in corso e ogni responsabilità legale è tutta da appurare», aggiunge Girardi, «a livello puramente amministrativo le nostre attività ispettive hanno stabilito che, nel caso delle due aziende Eurocalzature e Tranceria Tomaificio, non c’era assolutamente la possibilità di impiantare con successo un’attività produttiva che portasse anche un minimo di occupazione. Per questo abbiamo ritirato i fondi e chiesto l’intervento della Guardia di finanza».Una strategia di intervento ex-post che, però, ha illuso e danneggiato gli stessi lavoratori che l’Accordo Aifa si proponeva di aiutare. Anche alla luce di queste considerazioni, il dubbio sulla valutazione iniziale della Regione Campania circa l’opportunità di concedere circa 4 milioni di euro a due aziende con un capitale sociale di 20mila euro appare legittimo. «Il nostro territorio è soggetto a pratiche predatorie di soggetti malintenzionati», ammette Girardi, «ma se concedessimo fondi soltanto ai grandi gruppi consolidati paralizzeremmo di fatto le operazioni, perché questi ultimi hanno sede in realtà ben differenti e se devono delocalizzare preferiscono farlo all’estero. Noi siamo responsabili per i piani di formazione, non siamo tenuti alla verifica specifica del piano d’impresa. In fase di start-up, non possiamo che approvare i progetti su carta limitandoci a verificarne il rispetto formale dei requisiti. In seguito, però, è nostro dovere vigilare sull’attuazione dei piani formativi e di assunzione, e credo che in questo caso abbiamo fatto del nostro meglio. I finanziamenti, inoltre, sono garantiti da polizze fideiussorie, così da escludere ogni perdita da parte della Regione proprio quando si verificano casi del genere».Andrea CuriatPer saperne di più, leggi anche:- Benevento, così 300 giovani hanno perso il lavoro. Le indagini della procura su una (presunta) truffa da 2,5 milioni di euro- Benevento, progetto Aifa e calzaturifici fantasma: tutte le tappe di un fallimento annunciato E anche:- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce- Le (poche ma buone) DPL che si occupano (anche) di stage