Categoria: Approfondimenti

Servizio civile, tempo di selezioni: al sud si sgomita, al nord posti vuoti. E anche il volontariato diventa un ammortizzatore sociale

Venerdì scorso, il 21 ottobre, si è chiuso il bando per oltre 20mila posti di Servizio civile e adesso migliaia di giovani incrociano le dita per gli esisti delle prime graduatorie. Cosa è lecito aspettarsi? Quante possibilità ci sono di farcela? La risposta si evince dalle righe di due documenti ufficiali, il bando stesso e la relazione che l'Unsc per legge presenta ogni anno al Parlamento: se in generale è sempre più difficile accedere ad un progetto di Servizio civile, al Sud la competizione è agguerrita, mentre al nord non tutti i posti disponibili vengono assegnati. La risposta quindi è: «dipende». Dal luogo per cui ci si candida.  Nel documento presentato dal sottosegretario Carlo Giovanardi a giugno dell'anno scorso si legge che a livello nazionale è aumentato il rapporto tra domande pervenute e posti a bando: se nel 2007 a fronte di 107mila ragazzi avviati al servizio sono arrivate circa il doppio delle candidature, nel 2010 questo rapporto è salito a 3,70. Per ogni posto cioè arrivano ormai mediamente quasi quattro domande: 54mila per 14700 giovani in servizio [provenienti solo in parte dal bando ordinario, in scadenza in autunno, e per il resto dai bandi autofinanziati, straordinari e da quello ordinario dell'anno precedente; la relazione fa riferimento all'anno solare, ndr]. Nell'avviso 2011 c'è inoltre da mettere in conto una grossa novità, passata piuttosto in sordina: si allarga la platea degli elegibili, pur restando invariato il numero di posti a disposizione. L'età massima è stata alzata da 28 a 29 non compiuti (nel 2005 era passata da 26 a 28) mettendo potenzialmente in gioco altri 700mila ragazzi e ragazze, che si aggiungono ai 6 milioni e mezzo già idonei per età. Verosimilmente quindi quest'anno sarà ancora più difficile passare le selezioni. L'ultimo dato a disposizione, si diceva, è di 3-4 candidati per ogni posto. Mediamente. Perché tra nord e sud c'è un abisso: il 60% delle domande per il 2010 riguardava progetti da realizzare nel meridione e nelle isole - e di qui quasi sempre sono partite le candidature; solo il 16% è per progetti in avvio dall'Emilia Romagna in su (prima volta in tre anni che il settentrione "fa peggio" del centro). La disparità si inasprisce considerando appunto i posti disponibili nelle diverse aree geografiche, tutt'altro che proporzionali - il 45% al sud, circa il 25% al nord e il 30% al centro: uno «squilibrio strutturale tra domanda e offerta» che lascia vacanti alcuni posti al nord e alza il livello della competizione al sud, dove le chances di successo si aggirano intorno al 20%. Le regioni più propense al Servizio civile? Campania e Sicilia, ciascuna con il 16% dei volontari totali.  Sul perché la relazione parla chiaro: «La ragione di questo fenomeno è probabilmente da ricercare nel contesto sociale ed economico di questa parte del Paese costretta a confrontarsi quotidianamente con i problemi di disoccupazione e della mancanza di lavoro. A fronte di motivazioni altruistiche non sono da sottovalutare motivazioni più strumentali come il compenso economico e l’ingresso nel mondo del lavoro» - nonostante dai questionari di fine servizio emerga che più della metà dei ragazzi sceglie il volontariato innanzitutto per ragioni di solidarietà. L'analisi del resto è avvallata da un altro dato, il minor tasso di abbandono nelle regioni del sud: Calabria e Campania quelle dove si lascia di meno, con un'incidenza del 9% contro il 18% del centro - il dato più alto. «Nelle zone ove esistono più occasioni di lavoro» si legge ancora «il numero dei giovani che lasciano il servizio civile è più numeroso». È ormai innegabile che al Servizio civile siano state appioppate funzioni di ammortizzatore sociale. Difficilmente sostenibili in futuro: la crisi infatti - «non solo finanziaria» - ha letteralmente prosciugato le risorse economiche. Nel 2007 la legge finanziaria aveva riservato al fondo una dotazione di quasi 300 milioni di euro, che sono diventati circa 265 l'anno successivo, 210 nel 2009 e 170 nel 2010. Nuovo minimo storico quest'anno: 110 milioni di euro, un terzo rispetto a solo quattro anni prima, e oltre la metà di posti in meno. A quanto pare però il peggio deve ancora venire: è di questi giorni la notizia secondo cui nel 2012 il taglio potrebbe essere, ancora una volta, impietoso: 40% di fondi in meno, che porterebbe la dotazione a 69 milioni di euro e dimezzerebbe i posti a disposizione, riducendoli a 10mila - su un bacino potenziale di destinatari che supera i 7 milioni di unità. Una scure. Annalisa Di Palo Per saperne di più, leggi anche: - Leonzio Borea, direttore dell' Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi»- «Il Servizio civile non è un modo per ammazzare un anno di tempo o guadagnare qualche soldo», parla l'ex volontario Luca Crispi- Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero - Istat, pubblicato il nuovo rapporto sull'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro: situazione preoccupante sopratutto al Sud

Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro

Mercoledì 5 ottobre, Milano, università Statale: il cortile della sede principale in via Festa del Perdono si riempie di stand di aziende ed enti di formazione. È il giorno del career day: studenti e neolaureati sono invitati dal Cosp, il centro universitario di orientamento allo studio e alle professioni, a raccogliere informazioni sulle opportunità di lavoro e lasciare il proprio cv. Nello spazio della Repubblica degli Stagisti, invitata alla manifestazione, parecchi giovani arrivano per chiedere informazioni sui paletti della nuova legge sugli stage e in particolare su quello dei 12 mesi: «È vero che non possono prendermi in stage se mi sono laureato da più di un anno?». I ragazzi dicono che agli stand gli addetti alle risorse umane sembrano saperne meno di loro: alcuni non conoscono nemmeno l'esistenza della circolare ministeriale che il 12 settembre ha riaperto l'accesso ai tirocini anche per persone disoccupate o inoccupate, istituendo ex novo la categoria dei «tirocini di cosiddetto reinserimento - inserimento lavorativo» (e differenziandola da quella dei «tirocini di formazione e orientamento»).Mercoledì 12 ottobre, sempre Milano, stavolta università Cattolica. Mercoledì 19 ottobre, Roma, facoltà di economia di Torvergata. Anche qui vanno in scena i career day, anche in queste due occasioni la Repubblica degli Stagisti è presente con uno stand. Qualcosa però è cambiato. I giovani denunciano: «In gran parte degli stand sono stato scartato a priori, solo perché sono laureato da oltre 12 mesi. Hanno detto che è per la legge nuova». I più svegli raccontano di aver provato a obiettare, a far presente che essendo disoccupati o inoccupati sarebbero potuti essere inquadrati con i tirocini di inserimento. Ma senza sortire effetti: «Qualcuno nemmeno conosce la nuova categoria. Ma la maggior parte dice che gli uffici legali pongono il veto a che si utilizzi questa fattispecie». E allora cosa offrono le aziende ai giovani che hanno superato, magari di pochissimo, il confine dei 12 mesi? La circolare parla chiaro: il divieto di attivare stage formativi dovrebbe incentivare le imprese a offrire contratti di apprendistato. Maddeché, direbbero a Roma. Le aziende non ci pensano neppure, e a questi candidati troppo vecchi per il «formativo» chiudono la porta in faccia. Non prendono nemmeno il cv.Così  si sfoga una neopsicologa che vorrebbe lavorare nelle risorse umane: «Mi sono laureata a ottobre 2010, ho fatto subito il tirocinio obbligatorio di un anno per potermi iscrivere all'albo. E ora che sono psicologa professionista, nessuna azienda  è disposta a prendermi perché sono fuori tempo massimo per fare lo stage formativo». E quello di inserimento? «A uno stand mi hanno spiegato a chiare lettere che i loro legali hanno paura della parola inserimento: temono che venga fuori in un secondo tempo qualche vincolo di assunzione, che ovviamente nei formativi non sussiste. Vogliono stare tranquilli al 101% che nessuno potrà mai chiedergli niente: e per questo sono anche disposti a scartare d'ora in poi tutte le candidature di gente laureata da più di 12 mesi».Altra giovane donna, stesso problema. «L'anno scorso a maggio, dopo la laurea, sono partita per l'estero. Ero tranquilla rispetto alla possibilità di fare qualche stage per inserirmi nel mercato al mio ritorno: la normativa precedente non poneva limiti». Così la ragazza parte, fa una preziosa esperienza all'estero, di quelle che i direttori HR amano tanto. Al ritorno in Italia, la doccia fredda: «Tutti gli stand mi stanno rimbalzando, il coro è unanime: vista la nuova legge,vogliono solo laureati entro i 12 mesi. Altri contratti? Ma non scherziamo, tutti dicono che si parte invariabilmente dallo stage».Il problema non è solo personale per questi giovani "rigettati". È un dramma sociale perché qui si rischia di cancellare dal mercato del lavoro una intera generazione, quella che si è laureata tra il 2008 e il 2010 e non è ancora riuscita a collocarsi.In effetti gli addetti ai lavori confermano: «Il legal ci ha imposto di limitarci agli studenti e ai neolaureati entro un anno». Cosa può aver spingere gli uffici legali ad assumere una posizione tanto rigida? Le ipotesi sono tre. Uno: hanno paura di quella parola, «inserimento», e temono che eventuali leggi regionali possano stressare il concetto introducendo vincoli, come per esempio la trasformazione di una data percentuale minima di tirocini di inserimento in - appunto - inserimenti in organico.Due: gli avvocati, diffidando della circolare e considerando valida solamente la legge - che parla solo di «tirocini di orientamento» e non prevede che possano essere attivati a favore di disoccupati - attendono eventuali provvedimenti regionali ad hoc in grado di dare «diritto di cittadinanza» a questi nuovi tirocini.Terza ipotesi, la più cupa. In un momento di crisi economica, limitare lo screening delle candidature ai primi 12 mesi dalla laurea permette di avere candidati forse un po' meno «esperti», ma sicuramente meno pretenziosi: a un 23enne si possono offrire condizioni che un 26-27enne magari rifiuterebbe, o accetterebbe obtorto collo pressando poi per una stabilizzazione. Seguendo questo ragionamento, il rischio è che l’applicazione della nuova legge vada a danneggiare proprio la penultima generazione – quella tartassata prima dai tagli a scuola e università, poi dalla crisi – facendo sì che venga scartata a priori e condannandola alla disoccupazione.Appare chiaro che, se il ministero del Lavoro intende davvero sostenere l'occupazione giovanile e incentivare l'utilizzo dei contratti di apprendistato, alle parole deve far seguire i fatti.  Alle aziende che stanno rifiutando i giovani che hanno terminato di studiare da oltre 12 mesi vanno date indicazioni chiare. Anche loro meritano un'opportunità, che si chiami (alla peggio) tirocinio di inserimento o che si chiami (auspicabilmente) contratto di apprendistato. Una cosa è certa: non possono essere lasciati per strada. Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

Lo scandalo dei giornalisti pagati cinquanta centesimi a pezzo. Il presidente degli editori a Firenze: «La Fieg non dà sanzioni. E poi, cos’è un pezzo?»

La settimana scorsa a Firenze si sono dati appuntamento oltre trecento giornalisti precari, chiamati a raccolta dall'Ordine dei giornalisti e dalla Fnsi per discutere dei problemi della professione. Appuntamento clou dei due giorni la tavola rotonda «Cinquanta centesimi a pezzo: è dignità?», molto attesa anche per la presenza di Carlo Malinconico, presidente della Fieg - la Federazione italiana editori giornali - a confronto con il segretario della Fnsi Franco Siddi ed Enzo Carra, relatore della proposta di legge sull'equo compenso giornalistico. Moderatore Giancarlo Ghirra, segretario dell'Odg.Più di duecentocinquant'anni anni in quattro: non propriamente i protagonisti del dramma della sottoretribuzione, dato che l’età media dei discussant era 63 anni. Ma tant’è.Malinconico ammette subito in apertura che «il problema degli articoli pagati troppo poco sussiste: non tutti possono essere assunti all'interno di una redazione, quindi l'apporto dei collaboratori è fondamentale». E assicura che la Fieg «pensa che il compenso debba essere correttamente proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto». Sulla definizione di «proporzionato» Malinconico però non si sbilancia: «Non tutti i pezzi sono uguali, noi chiediamo di differenziare. Questo comunque non vuol dire tollerare gli abusi».Franco Siddi registra con soddisfazione la dichiarazione di intenti aggiungendo però che «il tempo corre e c'è esasperazione». La cosa più difficile per il sindacato, riflette, è quella di «cessare di dare l'illusione che ci sia posto per tutti». Bisogna «parlare crudo» e dire che si dovrà «ridurre il numero dei collaboratori per permettere che quelli che rimangono vengano pagati meglio. Qualcuno resterà fuori». «I pezzi pagati 2,5 euro sono uno scandalo» affonda «non permettono nemmeno di rientrarci della telefonata o del biglietto dell'autobus».Sull'equo compenso interviene il deputato Enzo Carra, dichiarandosi ottimista rispetto all'iter del disegno di legge: «Penso che possa essere approvato rapidamente alla Camera. In un paio di passaggi potrei chiedere l'approvazione per via legislativa in commissione Cultura. A dicembre potrebbe già passare al Senato ed essere approvato prima della fine della legislatura, anche in caso si andasse, auspicabilmente, ad elezioni anticipate». Carra definisce la proposta «tacitiana» per la sua brevità: «È basata sull'articolo 36 della Costituzione e rimanda a una corrispondenza nella retribuzione tra freelance e giornalisti con contratto di lavoro subordinato». Proprio quello, per inciso, che non va giù agli editori.Il moderatore ricorda che «soltanto in Italia il lavoro autonomo è pagato meno di quello subordinato». E aggiunge «Ho sentito editori che dicono "ma io ti faccio scrivere, la visibilità è la tua retribuzione"», riportando poi a Malinconico  [nella foto a sinistra, durante la tavola rotonda] una domanda che gli arriva dal pubblico: «Lei accetterebbe che suo figlio prendesse due euro per un pezzo?». Lui preferisce svicolare: «Il mio figlio più giovane è laureato in giurisprudenza e sta facendo la pratica legale in uno studio a Milano: credetemi, neanche lì si scherza». Il messaggio: non mettiamo la croce solo sugli editori, i giovani sono sottopagati in tutti i settori. Ghirra obietta: «Nella nostra professione però questo assume un risvolto ancor più grave perché un giornalista sottopagato è un giornalista meno libero». Siddi annuisce: «Bisogna mettere in moto un progetto e cambiare le cose. Ci vorrà del tempo. Ma non si può tollerare che vi siano casi in cui vengono tagliati i compensi ai collaboratori ma aumentati i bonus e le gratifiche ai manager».Il tempo della tavola rotonda stringe, il pubblico rumoreggia. Sono tutti giornalisti e da bravi giornalisti vogliono fare domande, il moderatore è in difficoltà, poi accetta di dare spazio a tre interventi. Il primo è un rappresentante del Coordinamento giornalisti precari della Campania che in un minuto riassume i temi-chiave. «Da un nostro monitoraggio emerge che il 60% degli articoli è scritto dai collaboratori e che mediamente questi collaboratori portano a casa 300 euro al mese. Due domande a Malinconico: i 50 centesimi a pezzo del titolo di questo convegno sono dignitosi? E che sanzioni applicherà la Fieg a quei suoi iscritti che pagano così poco?».Malinconico risponde arroccato: «Non credo proprio che la Fieg debba dare sanzioni, noi obiettivamente non ne diamo. Dobbiamo avere un ruolo illuminato di guida». E sulla congruità del compenso si attira fischi e schiamazzi: «Cinquanta centesimi a pezzo: ma se mi parlate di "pezzo" non so di cosa stiamo parlando». La sala rumoreggia. Il tempo è finito e tutte le domande sono ancora aperte. Intanto trecento giornalisti hanno scoperto che il presidente degli editori non sa cosa sia un pezzo: e questa è una notizia.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Giornalisti precari alla riscossa: a Firenze due giorni di dibattito per approvare una Carta deontologica che protegga dallo sfruttamento- Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioniE anche:- Disposti a tutto pur di diventare giornalisti pubblicisti: anche a fingere di essere pagati. Ma gli Ordini non vigilano?- Un'aspirante giornalista: «Una testata non voleva pagare i miei articoli: ma grazie alla Repubblica degli Stagisti e a un avvocato ho ottenuto i 165 euro che mi spettavano»

Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto»

Massimo Ottolenghi è un ex partigiano di 95 anni con lo spirito di un ventenne. Lo si percepisce dall’appello alle nuove generazioni lanciato nel suo libro Ribellarsi è giusto (Chiarelettere 2011, 12 euro), che ricorda molto il recente caso editoriale francese Indignatevi! del 93enne partigiano Stéphane Hessel, un opuscolo di una trentina di pagine che Oltralpe ha venduto ben 650mila copie. Ottolenghi, come Hessel, sfoga tutta la sua disapprovazione nei confronti della attuale situazione socio-politica del proprio Paese, chiamando i giovani a una rivolta per cambiare le cose. Un po’ come nella prima metà del secolo scorso fecero lui e i ragazzi della sua epoca con la Resistenza, quando Ottolenghi [nella foto in basso], ebreo di origini torinesi, fu prima militante nel Partito d’Azione e poi  magistrato e avvocato civilista. «Noi non ce l’abbiamo fatta» è l’ammissione dell’autore «adesso tocca a voi». Tocca insomma ai giovani di oggi, quelli che possono organizzarsi tramite Internet come dimostrano le rivolte nei Paesi arabi, prendere in mano le redini della situazione e agire per epurare le colpe dei padri. Ottolenghi infatti non solo vuole incoraggiare alla ribellione, ma fa anche un inconsueto mea culpa riconoscendo gli errori delle generazioni precedenti che «non hanno saputo scindere fino in fondo il bene dal male» e  «preparare la generazione» successiva. Suggerisce quindi ai lettori di inventare il futuro a propria immagine, «non secondo quella dei padri che sono incapaci di andare oltre questo fango». E di farlo senza andare dietro un simbolo o una bandiera: basta ispirarsi alla troppo spesso dimenticata Costituzione del 1948, frutto proprio delle lotte iniziate con la generazione di Ottolenghi.Come ebreo ed ex resistente, lui ne sa qualcosa di cosa significhi vivere sotto una dittatura: nel libro si succedono i ricordi delle umiliazioni subite a seguito dell’emanazione delle leggi razziali sotto il regime fascista. Per questo, per evitare una nuova Shoah - stavolta dei diritti - reputa sia necessario creare una «frattura», una discontinuità con il passato attraverso l'epurazione del presente. Secondo l’autore si tratta di un passo «irrinunciabile per una rilegittimazione storico-politica e morale». Il rischio è altrimenti quello di andare incontro a una deriva antidemocratica. Ottolenghi si scaglia anche contro i tagli alla scuola pubblica, causa di un lento logorio che sta distruggendo il nostro sistema culturale, e che per l'ex magistrato sono l'odiosa conseguenza dell'esercizio del potere, favorito invece dall’ignoranza. Mentre l'istruzione e la capacità di giudicare rappresentano un pericolo per chi è al comando. E un altro ostacolo da combattere è la cultura dell’illegalità, estesa ovunque nel nostro Paese, e che ormai «non fa più notizia», dice Ottolenghi. Per questo va sostenuta la bistrattata magistratura e il capo dello Stato, unici baluardi contro l’inosservanza delle leggi.Insomma, l’appello di questo quasi centenario è netto e vigoroso: mai rassegnarsi e mai essere indifferenti. L’indignazione deve farci essere «partigiani» e procedere verso un nuovo risorgimento e una nuova liberazione. I giovani di una volta l’hanno già fatto. Se lo dice un uomo che ha vissuto da protagonista i principali eventi storici che ci hanno portato ai nostri giorni, c’è da credergli.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)- Oggi in tutta Italia manifestazioni a difesa della Costituzione. Senza dimenticare l'articolo 36, che sancisce il diritto a retribuzioni dignitose

Normativa sugli stage, salvi anche in Toscana i disoccupati: la Regione non riconosce la circolare ma con una delibera ad hoc istituisce i «tirocini di inserimento»

Le modifiche della normativa sui tirocini, contenute nel decreto legge anticrisi di Ferragosto e poi trasformate in legge insieme a tutta la manovra a metà settembre, hanno scatenato un notevole putiferio in tutta Italia. Stando al dettato letterale della legge, infatti, i tirocini da quel momento in poi sarebbero dovuti essere riservati solo a una ristretta platea: i neodiplomati e neolaureati solo per i primi 12 mesi dal conseguimento del titolo, più una piccola serie di categorie svantaggiate (disabili, alcolisti, condannati con misure alternative alla detenzione, tossicodipendenti). Tutti gli altri, esclusi. Poi il 12 settembre è arrivata dal ministero del Lavoro una circolare che ha riaperto la possibilità di utilizzare i tirocini anche per una enorme platea di altri soggetti, a cominciare dagli inoccupati e disoccupati - cioè praticamente tutti i giovani italiani - introducendo ex novo una differenziazione tra «tirocini formativi e di orientamento» e «tirocini di cosiddetto inserimento / reinserimento lavorativo».La circolare ha fatto tirare un sospiro di sollievo a decine di migliaia di giovani, oltre che agli enti promotori, sopratutto i centri per l'impiego, che temevano di non poter più utilizzare questo strumento. A partire dalla pubblicazione della circolare, dunque, tutto è ripartito più o meno come prima, con l'accortezza da parte dei giovani diplomati o laureati da oltre 12 mesi di fare un passaggio al centro per l'impiego per farsi iscrivere (naturalmente, a patto di averne i requisiti - ma chi non li ha?) nelle famose liste.Problema dunque risolto? Non proprio. In ogni Paese infatti il sistema giuridico è costruito attraverso una gerarchia delle fonti: il che significa che gli atti normativi sono distribuiti secondo un sistema piramidale, dal basso verso l'alto, e quelli più in alto valgono di più di quelli più in basso. In caso siano in contraddizione, il più forte ha la meglio e rende nullo il più debole. Sopra a tutto vi è la Costituzione, ovviamente, insieme alle leggi costituzionali. Poi i trattati internazionali e gli atti normativi comunitari (regolamenti o direttive); ancora un po' più in basso le leggi ordinarie promulgate dal Parlamento italiano, gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi), le leggi regionali e delle province autonome. Al di sotto di queste leggi, che gli esperti definiscono "fonti primarie", si collocano i regolamenti governativi, poi i regolamenti ministeriali e di altri enti pubblici.Nel caso dell'art. 11 del decreto 138 ci si trova di fronte a un caso complesso: una semplice circolare, con l'intento dichiarato di spiegare il senso e l'applicazione della legge appena approvata, finisce per andare molto oltre, e di fatto contraddirla.La Regione Toscana ha fin da subito protestato contro l'azione a sorpresa del governo in materia di tirocini, annunciando un ricorso di fronte alla Corte costituzionale per «invasione di campo» - dato che la formazione è materia di competenza regionale. E successivamente ha ricusato la circolare, negandone la validità. Così facendo però si è messa in una situazione spinosa: stando al dettato letterale dell'art. 11 della legge, l'unico riconosciuto come valido - benché osteggiato - dall'assessore Simoncini, e considerando i tempi lunghi del ricorso, in Toscana nessun inoccupato o disoccupato che avesse conseguito il titolo di studio da più di un anno avrebbe più potuto fare stage. Un problema, sopratutto nella regione del progetto «Giovani sì» appena partito e già preso d'assalto da centinaia di aspiranti stagisti (l'iniziativa, unica nel suo genere, prevede infatti un obbligo di corrispondere al tirocinante almeno 400 euro al mese, di cui 200 poi rimborsate dalla Regione a ciascuna azienda attingendo a un fondo di 30 milioni di euro del Fondo sociale europeo).I centri per l'impiego toscani, il sito Giovani sì e il Forum della Repubblica degli Stagisti sono quindi stati presi d'assalto, nelle ultime due settimane di settembre, da moltissimi giovani preoccupati per la loro prospettiva. Questo ha indotto l'assessore al Lavoro Gianfranco Simoncini a presentare e approvare una delibera di giunta (la n. 835 del 3 ottobre 2011) per l'«Approvazione delle modifiche alla "Carta dei tirocini e stage di qualità in Regione Toscana" approvata con DGR 339/2011, modificata con DGR 710/2011».Nella delibera la Giunta regionale richiama innanzitutto «i commi 3 e 4 dell’art. 117 della Costituzione che attribuiscono alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di formazione professionale» e «la sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 28 gennaio 2005» che conferma «la competenza esclusiva regionale in materia di tirocini». Prende poi atto dell'articolo 11 del decreto legge 138/2011 «convertito in legge 14 settembre 2011 n. 148, che stabilisce che i tirocini formativi e di orientamento non curriculari “non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo- diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio”» e annuncia che «intende promuovere ricorso alla Corte Costituzionale avverso l’art. 11 del citato D.L. 138/2011 in quanto in contrasto con la competenza legislativa esclusiva regionale in materia».E finalmente si arriva al punto: «Ritenuto che la disposizione dell’art. 11 sia limitata alla tipologia dei tirocini di formazione e orientamento», in attesa dell’approvazione della legge regionale in materia, attraverso la delibera la giunta regionale toscana decide di individuare «in via sperimentale» altre tipologie di tirocinio, specialmente destinate «ai soggetti inoccupati e disoccupati nonché a soggetti svantaggiati, per offrire loro un’esperienza formativa e l’opportunità di un inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro». Cioè quello che aveva fatto la circolare ministeriale.Insomma la Regione Toscana attraverso questa delibera si dota di uno strumento in tutto e per tutto simile alla circolare, ma più idoneo dal punto di vista formale, e sopratutto "suo". Nel dettaglio, le tipologie di tirocinio delineate da Simoncini sono quattro. La prima è quella classica: «tirocini formativi e di orientamento» per neodiplomati, neolaureati e in generale chi abbia conseguito una qualifica professionale «entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio o qualifica» (si riprende qui il limite temporale introdotto dall'art. 11 della legge nazionale). Poi vi sono i «tirocini di inserimento» per inoccupati. E ancora i «tirocini di reinserimento», stavolta destinati ai disoccupati, «compresi i lavoratori in mobilità». La quarta categoria riunisce queste ultime due, definendoli «tirocini di inserimento o reinserimento», e destinandoli ai disabili. E infine stesso nome ma destinatari differenziati, per i «tirocini di inserimento o reinserimento» per soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti e condannati ammessi a misure alternative di detenzione.La delibera agisce poi sui limiti di durata, diversificandoli in base alla tipologia dei destinatari. Per le prime tre categorie «la durata minima è di un mese e la durata massima non deve superare i sei mesi, proroghe comprese», prevedendo tuttavia la possibilità di una deroga che arrivi a raddoppiare la durata massima, facendola dunque tornare a dodici mesi, «per i profili più elevati» (ma solo in caso di tirocini di inserimento e reinserimento). Per le altre due categorie «la durata può essere elevata fino ad un massimo di 24 mesi, proroghe comprese».Una ulteriore novità della delibera è il limite al numero di stage che ciascuna persona (eccetto i soggetti afferenti alle ultime due categorie) potrà svolgere: «una sola volta per ciascun profilo professionale». La delibera è firmata dal direttore generale della segreteria della giunta Antonio Davide Barretta, dal dirigente responsabile Gianni Biasi e dal direttore generale Alessandro Cavalieri.La situazione dunque anche in Toscana torna alla normalità: stage aperti quasi a tutti. Almeno però in questa regione si lavora a una legge regionale che per la prima volta in Italia, secondo l'esplicita promessa del presidente Rossi, introdurrà l'obbligo di corrispondere ai tirocinanti un rimborso spese "alla francese", pari ad almeno 400 euro al mese.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- L'assessore al lavoro della Regione Toscana: «La Corte costituzionale confermerà che i tirocini sono competenza nostra». E sulla circolare del ministero: «Non vale quanto la legge»- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli StagistiE anche: - Mai più stage gratis: parte in Toscana il progetto per pagare gli stagisti almeno 400 euro al mese

Emergenza contributi silenti: le idee in campo per risolvere il problema delle pensioni di domani dei precari di oggi

Sono più di tre milioni e mezzo gli italiani iscritti oggi alla Gestione separata dell’Inps. Ogni anno versano otto miliardi di euro di contributi, ma ricevono appena 300 milioni sotto forma di prestazioni previdenziali, secondo stime del partito dei Radicali italiani. Il gap è dovuto in parte alla bassa età media dei lavoratori precari e dei liberi professionisti iscritti all’Inps: circa 40 anni, con un’enorme platea di giovani ancora in attesa di un contratto a tempo indeterminato. Insomma, i precari giunti in età da pensione sono ancora pochi. Ma c’è una parte di quegli otto miliardi di euro, difficilmente quantificabile, che resta nelle casse dell’Inps senza tornare direttamente nelle tasche di chi l’ha versata. Sono i cosiddetti “contributi silenti”: i contributi versati dai lavoratori autonomi, precari o parasubordinati ma che non sono sufficienti ai fini della maturazione di una pensione minima. Che fine fanno? Sono di fatto “fondi perduti” usati dall’Inps per pagare le pensioni a chi ne ha maturato pieno diritto. Non vengono restituiti a chi li versa né sotto forma di prestazione previdenziale, né tantomeno come rimborso in un’unica soluzione.Il problema riguarda più spesso i giovani precari, che difficilmente riescono a cumulare 35 anni di anzianità in un mercato del lavoro che avanza a singhiozzo, iscritti alle gestioni separate dell’Inps o delle casse previdenziali degli ordini professionali. Anche ricongiungere i contributi versati a casse diverse è tutt’altro che semplice: dal primo luglio 2010, infatti, la riunificazione è a titolo oneroso per tutti i lavoratori, mentre la totalizzazione (che permette di tenere conto della somma dei contributi ai fini della maturazione della pensione minima, senza però far confluire la posizione accumulata presso un unico gestore), pur essendo gratuita, prevede un’anzianità contributiva par ad almeno tre anni presso ciascuna cassa.Nel corso degli ultimi anni, da più parti sono state avanzate proposte di legge per rimediare a quella che è stata definita a buon diritto come una vera e propria emergenza sociale. L'altroieri i Radicali italiani hanno indetto e realizzato la seconda “giornata nazionale” dedicata al tema dei contributi silenti. La prima giornata si era tenuta a maggio, con manifestazioni dinanzi a 50 sedi dell’Inps presso altrettanti capoluoghi di provincia. L’obiettivo del partito è portare l’argomento all’ordine del giorno, suscitare un dibattito politico e chiedere la calendarizzazione e discussione entro fine anno di una proposta di legge avanzata già nel 2008 per iniziativa dei deputati Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Coscioni, Farina Mecacci e Zamparutti.«Ci rivolgiamo a una platea composta da milioni di contribuenti potenzialmente interessati», afferma Michele De Lucia, tesoriere dei Radicali e tra gli organizzatori della giornata nazionale. «La nostra proposta è semplice: permettere a tutti il trasferimento dei contributi nella cassa in cui se ne hanno di più, e calcolarli tutti ai fini della pensione senza perdere un solo euro. In alternativa, se questa riforma non dovesse passare, chiediamo che al raggiungimento dell’età della pensione obbligatoria i contributi silenti vengano restituiti interamente con rivalutazione del capitale versato». Gli stessi Radicali hanno cercato di ottenere dal governo e dall’Inps informazioni sulle dimensioni del fenomeno, scontrandosi però, a detta di De Lucia, contro un vero e proprio muro di gomma: «I deputati Radicali hanno presentato due interrogazioni e decine di solleciti al governo per acquisire dall’Inps stime più precise circa l’ammontare dei contributi silenti, senza però ottenere alcuna risposta. Anche il sistema di casse previdenziali separate, più di 40 in Italia che non comunicano tra loro, sembra essere pensato apposta per creare una giungla in cui sia facile perdere di vista i contributi silenti, o troppo oneroso cercare di recuperarli».Tra le altre proposte di legge una, bipartisan, è stata presentata da Maria Luisa Gnecchi del Pd e da Giuliano Cazzola del Pdl. Prevede che gli anni di contributi presso le diverse gestioni vengano automaticamente sommati tra loro, e che ogni gestore provveda ad erogare una parte della pensione proporzionale ai versamenti ricevuti. «È un’ottima proposta per la quale noi radicali voteremmo anche domattina», commenta De LuciaTra le più recenti ci sono anche la proposta di Damiano-Lulli, integrata nel disegno per promuovere l’imprenditorialità giovanile: in questo caso viene affrontata la questione totalizzazioni, con un abbattimento della soglia minima per poterne usufruire - dal tetto attuale dei tre anni ad appena un giorno di contributi versati. Nel disegno di legge 1540 del 2009, invece, il senatore Ichino prevedeva numerosi interventi: primo fra tutti, «un’armonizzazione delle aliquote, così da garantire l’equiparazione del carico previdenziale degli iscritti alla Gestione separata rispetto ai contributi versati dalle altre categorie di lavoro autonomo tenute all’iscrizione all’Inps (artigiani e commercianti)». Ma osservava anche che per «evitare una dispersione di contributi» non era sbagliato mantenere per la totalizzazione «un periodo minimo di contribuzione», permettendo però la «possibilità di trasferire verso altre gestioni i contributi versati alla Gestione separata, senza che sia necessaria una durata minima del periodo di contribuzione». Concludendo infine: «È necessario che i versamenti effettuati anteriormente all’adesione alla Gestione separata concorrano a determinare non solo l’ammontare pro rata della pensione con il metodo retributivo – come già attualmente previsto -, ma anche l’anzianità contributiva necessaria ai fini del raggiungimento dei 35 anni di contribuzione».Il problema e le potenziali soluzioni, insomma, sono già stati individuati da tempo. Sinora nulla è stato fatto per garantire l’equità del sistema previdenziale per lavoratori autonomi, precari e parasubordinati. Il moltiplicarsi delle iniziative potrebbe portare lo stato di emergenza all’attenzione pubblica, ma resta il dubbio che il tempismo non sia dei migliori e che l’applicazione di una pur urgente riforma si farà attendere ancora mesi, se non anni. Con la scusa che oggi i tagli alla spesa pubblica e le manovre finanziarie debbano avere la precedenza rispetto alla realizzazione di una previdenza equa per tutti.di Andrea CuriatPer saperne di più, leggi anche:- Nelle pagine del Rapporto sullo stato sociale un allarme sulla questione giovanile: e tra 15 anni la previdenza sarà al collasso;- «Caro Gesù Bambino, ti chiediamo una pensione per i precari»: il direttore della Repubblica degli Stagisti e altri quattro giovani scrittori lanciano una proposta;- «Le mie pensioni»: quanto prenderanno domani i precari di oggi?

Inoccupati, disoccupati, stagisti: facciamo chiarezza

Inoccupati e disoccupati: serve fare chiarezza. La differenza tra le due categorie non è scontata, e diventa ancora più complicata quando si inseriscono gli stage nel discorso. Da qui i numerosi dubbi dei lettori della Repubblica degli Stagisti, espressi nelle ultime settimane anche attraverso il forum.È sempre bene cominciare dalle definizioni ufficiali. I decreti 181/2000 e 297/2002 definiscono gli "inoccupati di lunga durata" come coloro che, senza aver precedentemente svolto un'attività lavorativa, siano alla ricerca di un'occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani. La categoria dei “disoccupati”, nella definizione dell’Istat, comprende invece le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive; oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro [nell'immagine a fianco, il particolare di una brochure informativa sullo stato di disoccupazione del centro per l'impiego di Bologna]. «La differenza fondamentale è che gli inoccupati non hanno mai svolto attività lavorative, mentre i disoccupati hanno avuto rapporti di lavoro che poi sono terminati», traduce in parole semplici Livio Lo Verso, responsabile dell’Osservatorio del mercato del lavoro di Milano. Secondo Lo Verso,la distinzione è «capziosa, risale al secolo scorso e oggi non ha ragione di essere. Nelle nostre attività, noi non ne teniamo conto».Che la distinzione sia obsoleta o meno resta comunque il fatto che, ai fini pratici, è importante capire se ci si debba presentare nei documenti ufficiali, per concorsi pubblici o altro, come inoccupati o disoccupati. Il rischio è di vedersi respingere domande o contestare autocertificazioni per dichiarazioni false o inesatte. Bisogna inoltre ricordare sempre che, perchè lo status di inoccupato o disoccupato venga sancito, è necessario recarsi fisicamente presso un Centro per l'impiego o uno degli Sportelli comunali per il Lavoro e richiedere l'iscrizione alle relative liste. Ci si può iscrivere a un solo Centro per l'Impiego, e bisogna effettuare l'iscrizione presso quello nel cui ambito di competenza si trova il domicilio (art. 3 del Dlgs.297/2002). Se si cambia residenza o domicilio, bisogna recarsi presso il nuovo Centro competente, che provvederà a chiedere i dati al precedente.Il primo dubbio può riguardare l’inquadramento degli ex stagisti che non abbiano svolto altre attività nel mondo delle aziende: sono inoccupati o disoccupati? I lettori della Repubblica degli Stagisti lo sanno bene: un tirocinio non è un contratto di lavoro. E l’interpretazione dei Centri per l’impiego infatti è abbastanza unanime: «Chi ha effettuato solo stage e non ha altre tipologie di contratti alle spalle si considera inoccupato», rispondono dai Centri di Bologna, Roma e Campobasso. Per gli inoccupati di lungo periodo, come si comprova il requisito di "essere alla ricerca di lavoro da almeno 12 mesi"? «Bisogna necessariamente essere iscritti a un centro per l’impiego, o comunque autocertificare che si è iscritti», spiegano da Bologna. Attenzione, perché l’iscrizione comporta degli obblighi sia per i disoccupati sia per gli inoccupati: «I centri per l’impiego organizzano colloqui con le aziende e altre attività di placement: bisogna presentarsi e partecipare, altrimenti si viene cancellati dalle liste», aggiungono i responsabili del centro bolognese. Ci sono poi dei passaggi più controversi. Supponiamo ad esempio che un giovane neolaureato, non ancora iscritto a un centro per l’impiego, non abbia alcuna esperienza di lavoro, se non un’estate trascorsa a svolgere lavoretti stagionali, o una collaborazione occasionale retribuita, o un cocopro. «Tutte queste attività rappresentano contratti di lavoro con obbligo di comunicazione online dei dati anagrafici del lavoratore. Quando il ragazzo si presenta da noi, abbiamo già i suoi dati. E viene quindi iscritto nelle liste dei disoccupati, non degli inoccupati», spiega Antonella De Martino, responsabile del Centro per l’impiego di Campobasso.Chi resta disoccupato per almeno 24 mesi viene considerato disoccupato di lunga durata; la legge 407/90 riconosce incentivi fiscali e contributivi alle aziende che assumono a tempo indeterminato questa categoria di lavoratori. Attenzione: se un contratto di lavoro non supera gli otto mesi e gli 8mila euro lordi di reddito annuo generato (o 4.800 euro per i lavoratori autonomi), l’anzianità di disoccupazione non viene persa ma “sospesa” per il periodo lavorativo, che quindi non vale ai fini del conteggio. Questi stessi contratti sono sufficienti a far scattare il passaggio dalla categoria degli inoccupati a quella dei disoccupati? Le interpretazioni pratiche divergono: dal centro per l’impiego di Roma propendono per il no, inserendo quindi i ragazzi che abbiano lavorato per meno di 8 mesi e meno di 8mila euro lordi nella categoria degli inoccupati. Secondo i responsabili di Bologna e Campobasso, anche questi contratti lavorativi sono sufficienti a determinare l’iscrizione nella categoria dei disoccupati.E ancora: quando ci si può presentare per l’iscrizione nelle liste dei disoccupati? Anche il giorno stesso dopo il licenziamento o la fine del rapporto di lavoro? «In teoria sì», giudicano dal Centro di Roma, «in pratica conviene attendere almeno un paio di giorni, perché le comunicazioni di cessazione del rapporto di lavoro da parte delle aziende non sono immediate ma richiedono 24-48 ore di tempo. Ci sono capitati vari casi di lavoratori licenziati che si sono presentati il giorno stesso per l’iscrizione ma sono dovuti tornare dopo due giorni perché la comunicazione non ci era ancora pervenuta e risultavano quindi ancora dipendenti delle aziende».C’è un ultimo punto a cui prestare attenzione. Lo spiegano così dal Centro di Campobasso: «Chi resta iscritto al centro come inoccupato per più di 24 mesi viene ancora considerato tale ai sensi dei decreti 181 e 297 [e quindi si deve dichiarare inoccupato nei documenti ufficiali e nelle autocertificazioni verso aziende ed enti terzi, NdR], ma risulta come disoccupato di lungo periodo ai fini della 407/90 che riconosce incentivi alle aziende che assumono questi lavoratori».di Andrea CuriatPer saperne di più, leggi anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti;- La lettera di un addetto ai lavori: «Le nuove norme impediscono di utilizzare il tirocinio per i disoccupati in situazione di svantaggio ed emarginazione»;- Nuove norme sui tirocini, per applicarle bisogna capirle: ecco i punti ancora oscuri  

Lo strano caso dei tirocini Mae-Crui revocati e poi ripristinati dall'università di Bologna. Ma il prossimo bando è bloccato fino «a data da destinarsi»

Si fanno sentire i primi effetti della circolare emessa dal ministero del Lavoro a proposito della nuova normativa sugli stage. Questa la vicenda. Sono i primi di settembre quando l’università di Bologna decide di annullare una serie di tirocini Mae Crui, un programma che seleziona studenti universitari e i laureati per esperienze formative all'interno del ministero degli Esteri o nelle sedi diplomatiche - ambasciate, consolati, istituto di cultura - in giro per il mondo, a pochissimi giorni dal loro inizio. Motivazione addotta: l’improvviso venire meno dei requisiti soggettivi per partecipare. Con la disciplina introdotta ad agosto, il decreto 138, infatti si limitano gli stage ai dodici mesi successivi al conseguimento di un titolo. Ma pochi giorni fa arriva il passo indietro dell'Unibo, che revoca l'altolà consentendo ai ragazzi esclusi in extremis di iniziare regolarmente il loro percorso. Che cosa era successo dunque? Che una ventina di vincitori del progetto Mae Crui laureati da più di 12 mesi si erano visti recapitare una mail che annullava il progetto a seguito della nuova regolamentazione in materia, senza neppure una telefonata o spiegazioni più specifiche. Decisamente poco per chi aveva già organizzato il viaggio e affrontato le prime spese, talvolta molto ingenti. Alcuni di questi esclusi, arrabbiati per lo stop di Bologna, avevano denunciato allora la vicenda sul forum della Repubblica degli Stagisti. E ne era nato anche un gruppo su Facebook per aggiornarsi sulle novità in quel mare magnum di incertezze. Matteo C., 23enne di Pescara laureato in Scienze internazionali e diplomatiche, aveva già speso quasi 1200 euro di caparra per la casa di Roma, dove il 12 settembre avrebbe dovuto iniziare il suo stage presso la direzione generale Affari politici alla Farnesina, e per il quale aveva rinunciato a un tirocinio con rimborso spese in una ong in Egitto. Ma niente: il 6 settembre, meno di una settimana prima dell’inizio, riceve la fatidica comunicazione. La stessa di Giulia V., 25enne veronese laureata in Lingue e pronta per partire alla volta dell’istituto italiano di cultura di Madrid., stoppata dalla famigerata email solo cinque giorni prima della partenza. Soldi teoricamente persi: 150 euro di biglietto, più un lavoro che aveva quasi rischiato di perdere, ma che alla fine il suo capo aveva deciso di offrirle una seconda volta. C’era perfino chi avrebbe dovuto volare in Arabia Saudita, come Marco M., 25 enne di Ancona laureato in Culture e diritti umani, che aveva sborsato oltre 800 euro per un volo a Riyadh, più 50 per rimandare la data della partenza sperando in un passo indietro dell’Unibo. Senza contare i 250 euro per la lettera di un avvocato spedita all’ufficio legale dell’università. A Camilla C., 23enne laureata in Scienze internazionali e diplomatiche, era andata un po’ meglio perché la padrona di casa le aveva invece restituito la caparra: ma comunque la sua esperienza agognata da mesi era stata messa in dubbio. E soprattutto, l’aspetto ancora peggiore di questa situazione sarebbero state le opportunità definitivamente perse: Vanessa R., 26enne laureata in Cooperazione e sviluppo, aveva già iniziato il suo tirocinio nella sede di Roma, per cui aveva pagato treno più affitto per un totale di 640 euro. Per il Mae-Crui la ragazza aveva dovuto abbandonare Bruxelles e interrompere un lavoro (ovviamente retribuito) in un pub. C’è da aggiungere a questo paradosso che tutti i vincitori avevano convezioni già firmate dall’università, quindi erano a tutti gli effetti (anche burocratici) prossimi all’avvio del tirocinio.La Repubblica degli Stagisti decide di approfondire la questione e contatta l’Alma Mater, che però preferisce non fornire comunicazioni ufficiali.Neppure il Mae e la Crui danno spiegazioni. «Non posso commentare l’operato di altre amministrazioni, esiste l’autonomia gestionale. Ne prendo solo atto», sottolinea Daniele Di Ceglie, responsabile Mae del programma tirocini. La Crui, all’oscuro della situazione bolognese, si limita a dichiararsi estranea ai fatti e «parte lesa» per le decisioni dell’Unibo. Il portavoce al telefono con la Repubblica degli Stagisti parla come se non ci fosse alcun problema; poi però la Fondazione corre ai ripari e blocca il nuovo bando Mae-Crui, previsto per il 12 settembre, indicandone sul sito l'uscita come «posticipata a data da destinarsi». Tornando al presente: i ragazzi si dicono convinti che l'equivoco sia partito da una circolare dell’ufficio provinciale di Modena (amministrazione anche questa rimasta nel silenzio), emessa tra la fine di agosto e l'inizio di settembre, che avrebbe suggerito di interpretare la norma in senso retroattivo. Ma Modena e Bologna sono due province diverse, per cui anche se così fosse non si capisce cosa potrebbe aver spinto l’Unibo ad accodarsi a questa interpretazione. A un certo punto gli aspiranti stagisti fanno sapere alla Repubblica degli Stagisti dell'arrivo della mail che revoca la precedente decisione e annuncia l'inizio regolare del tirocinio. L'Alma Mater conferma. Tutto dovuto alla circolare del Ministero del Lavoro uscita il 13 settembre, che esclude una volta per tutte la retroattività della norma: «le disposizioni non riguardano i tirocini formativi e di orientamento avviati o comunque formalmente approvati prima del 13 agosto», si legge. Sta di fatto che una ventina di validi laureati dell’Alma Mater ha rischiato non solo di perdere dei soldi ma anche un’opportunità formativa, magari dopo aver rinunciato ad altre opportunità. E che qualcuno, nonostante i nuovi paletti imposti dalla circolare e la riattivazione degli stage, ha comunque dovuto disdire il tirocinio per diverse ragioni dovute al caos che si era creato. Come Giulia V., che racconta sul gruppo Facebook: «Per me questa notizia arriva troppo tardi, ormai non parto più». Ilaria Mariotticon la collaborazione di Eleonora VoltolinaSe vuoi saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli StagistiE in particolare:- Normativa sui tirocini, clamoroso retrofront del ministero del Lavoro: in una circolare tutti i dettagli che riducono il raggio d'azione dei nuovi paletti   E anche:- Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?[La foto di apertura dell'università di Bologna è di Kaja, tratta da Flicrk in modalità Creative Commons]

Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

Il 13 agosto è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto anticrisi 138/2011, che all'articolo 11 disciplina l'attivazione dei «tirocini formativi e di orientamento» introducento sostanziali modifiche rispetto al decreto ministeriale 142/1998, per tredici anni legge di riferimento in materia. La Repubblica degli Stagisti segue e interpreta passo passo gli sviluppi della vicenda con analisi, interviste ed approfondimenti. Ecco, dall'inzio ad oggi, la storia della nuova normativa sugli stage.15 agosto 2011Anche gli stage finiscono nella manovra del Governo: da oggi solo per neodiplomati e neolaureati, e per un massimo di sei mesiAll'articolo 11 si incontrano infatti due disposizioni, sotto il titolo «Livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini». La prima riduce drasticamente la durata massima: «i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese». Inoltre delimita anche il perimetro di utilizzo di questo strumento...Manovra, Michele Tiraboschi: «I nuovi paletti per i tirocini potranno essere modificati dalle Regioni» I decreti legge hanno efficacia immediata. Si tratta tuttavia di un intervento sussidiario, perché la competenza in materia è delle Regioni che possono disporre diversamente. L'intervento del Governo attiene solo ai giovani e ha funzione di evitare gli abusi nell'utilizzo e nella durata degli stage che, non di rado, sono state comode alternative a contratti stabili e all'apprendistato..30 agostoNuove norme sui tirocini, per applicarle bisogna capirle: ecco i punti ancora oscuriEntro il 14 ottobre il contenuto dell'articolo 11, come tutta la manovra, dovrà passare per il Parlamento ed essere trasformato in legge. Come, si vedrà. Intanto stagisti e soggetti promotori, università e centri per l'impiego in primis, brancolano nel buio. Ecco i punti oscuri: speriamo che il ministero del Lavoro intervenga quanto prima a dissiparli. Come si definisce un tirocinio curricolare?...«Allarme, con meno tirocini i giovani restano disoccupati, sarà un dramma per l'occupazione». Ma non è vero: ecco perchèL’unico effetto che questa norma avrà se resterà in vigore - e non verrà falcidiata o depotenziata con il passaggio in aula - sarà quello di far avvizzire, meglio tardi che mai!, quello che molti datori di lavoro pubblici e privati con pochi scrupoli hanno considerato l'albero della cuccagna. D'ora in poi, con i nuovi paletti, il numero degli stage non potrà che essere inferiore agli anni passati. E a quel punto si apriranno molte opportunità di lavoro vero...2 settembreLa riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativa Come si definiscono, esattamente, i tirocini curriculari? Rientrano nella categoria anche gli stage organizzati da master o da percorsi formativi extrauniversitari? Cosa succede a chi aveva già in corso uno stage al momento dell'emanazione del decreto? E agli inoccupati e disoccupati? Per ora, non esiste risposta ufficiale. E così ogni ente promotore - università, agenzie per il lavoro, centri per l'impiego - si regola a modo proprio, restando nel frattempo affacciato alla finestra in attesa che arrivi qualche chiarimento dal Ministero, dalle Regioni o con la7 settembre Nuova normativa sui tirocini, non ci si capisce niente e si rischia la paralisi: le rimostranze di lettori e aziende sui punti oscuri e sul silenzio del ministero, Scrive per esempio Marco alla redazione: «Leggo l'articolo del 15 agosto e capisco con rammarico che, a meno che cambi qualcosa, non posso entrare nel gruppo bancario con cui ho fatto un colloquio settimana scorsa perchè è più di 12 mesi che mi son laureato. Nel 2008 la laurea specialistica in economia, tra il 2008 e il 2009 un anno di PhD, nel 2010... 9 settembreLa lettera di un addetto ai lavori: «Le nuove norme impediscono di utilizzare il tirocinio per i disoccupati in situazione di svantaggio ed emarginazione»L’art. 11 del decreto legge del 13 agosto mette fine alla possibilità di utilizzare il tirocinio per i disoccupati e quindi anche per i disoccupati in situazione di svantaggio ed emarginazione. In questo modo se da una parte si limita giustamente l’uso indiscriminato del tirocinio a danno di giovani che si trovano costretti a lavorare gratis, dall’altra si mette la parola fine ai percorsi rivolti a disoccupati, persone in mobilità... 10 settembreLa palla passa alla Camera: appello della Repubblica degli Stagisti ai deputati affinché migliorino l'articolo sui tirociniLa Repubblica degli Stagisti ha salutato con favore l'introduzione dei due nuovi paletti. Vi sono però almeno quattro questioni che incidono molto negativamente sulla situazione, e che di fatto hanno trasformato questo decreto in un incubo per tutti gli attori coinvolti nell'universo stage: centri per l'impiego, università, centri di formazione, aziende e sopratutto persone...12 settembreLa deputata Marianna Madia aderisce all'appello: «Ma le probabilità di cambiare l'articolo sui tirocini nel passaggio della manovra alla Camera sono quasi nulle»Non si intravedono spiragli finora, quindi il testo dovrebbe essere quello uscito dal Senato. L'articolo 11  a sua volta è identico all'originaria formulazione del decreto del 13 agosto, non essendo stato praticamente emendato in Senato: sono state approvate solo due piccole modifiche testuali che non cambiano il senso della normativa...13 settembreNormativa sui tirocini, clamoroso retrofront del ministero del Lavoro: in una circolare tutti i dettagli che riducono il raggio d'azione dei nuovi palettiSecondo la circolare praticamente ogni italiano, di qualsiasi età e con qualsiasi titolo di studio, potrà sfuggire alle maglie della nuova normativa: basterà che sostenga di fare uno stage non a scopo formativo, bensì di inserimento lavorativo, e si iscriva a un centro per l'impiego...16 settembreL'assessore al lavoro della Regione Toscana: «La Corte costituzionale confermerà che i tirocini sono competenza nostra». E sulla circolare del ministero: «Non vale quanto la legge»Per noi quello che fa fede continua ad essere l'articolo 11 del decreto legge, che proprio l'altroieri alla Camera è stato trasformato in legge all'interno della manovra. Esiste una gerarchia delle fonti: e quando mai una circolare può valere come o più di una legge? Quindi noi andiamo avanti...18 settembreLo strano caso dei tirocini Mae-Crui revocati e poi ripristinati dall'università di Bologna. Ma il prossimo bando è bloccato fino «a data da destinarsi»Una ventina di vincitori laureati da più di 12 mesi si erano visti recapitare una mail che annullava il progetto a seguito della nuova regolamentazione in materia, senza neppure una telefonata o spiegazioni più specifiche. Decisamente poco per chi aveva già organizzato il viaggio e affrontato le prime spese, talvolta molto ingenti Alcuni di questi esclusi avevano denunciato allora la vicenda sul forum della Repubblica degli Stagisti...19 settembre Inoccupati, disoccupati, stagisti: facciamo chiarezzaI decreti 181/2000 e 297/2002 definiscono gli "inoccupati di lunga durata" come coloro che, senza aver precedentemente svolto un'attività lavorativa, siano alla ricerca di un'occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani. La categoria dei “disoccupati”, nella definizione dell’Istat, comprende invece le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro...22 settembreMichele Tiraboschi difende la circolare: «I tirocini di inserimento non sono destinati ai giovani, e i neolaureati non accetteranno l'onta di registrarsi come disoccupati per poter fare stage oltre i 12 mesi»La circolare re-introduce molto di quello che il decreto aveva vietato. Infatti dire «niente più tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea» è una cosa. Dire «niente più tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea, però tirocini aperti a tutti i disoccupati e inoccupati» è un'altra. Non possiamo penalizzare i disoccupati o taluni  gruppi svantaggiati...10 ottobreNormativa sugli stage, salvi anche in Toscana i disoccupati: la Regione non riconosce la circolare ma con una delibera ad hoc istituisce i «tirocini di inserimento»I centri per l'impiego toscani, il sito Giovani sì e il Forum della Repubblica degli Stagisti sono quindi stati presi d'assalto, nelle ultime due settimane di settembre, da moltissimi giovani preoccupati per la loro prospettiva. Questo ha indotto l'assessore al Lavoro Gianfranco Simoncini a presentare e approvare una delibera di giunta (la n. 835 del 3 ottobre 2011)...17 novembreTirocini, in Campania i centri per l'impiego ignorano la circolare e li attivano solo entro i 12 mesi dal diploma o dalla laureaLa Repubblica degli Stagisti ha contattato 16 centri per l’impiego e un ufficio provinciale dei servizi per l’impiego per cercare di capire cosa sta succedendo, e ha scoperto che in Campania sono stati praticamente ovunque bloccati i tirocini per i giovani laureati o diplomati da più di 12 mesi...Interviste di approfondimento:- Crollo degli stage in tutta la Provincia di Salerno: Immacolata Carillo racconta i tre mesi dopo il decreto legge 138-  Laureati e diplomati da più di 12 mesi, in Campania niente più tirocini. Il responsabile del centro per l'impiego di Napoli spiega perché16 dicembre 2011Nuova normativa, i chiarimenti ufficiali del ministero: «Niente tirocini dopo i master, e limite di 6 mesi di durata da applicare al singolo stage»A quattro mesi dall'entrata in vigore dei nuovi paletti sugli stage - con il decreto legge 138, poi convertito in legge 148/2011 - e a tre mesi dalla circolare n° 24, il ministero del Lavoro chiarisce ufficialmente alcuni dei punti che erano rimasti oscuri rispetto all'interpretazione della normativa. stageLo fa sulla spinta di una richiesta di chiarimenti rivolta dalla Repubblica degli Stagisti alla Direzione generale dell’attività ispettiva e a quella per le politiche dei servizi per il lavoro...9 gennaio 2012«I tirocini di inserimento non esistono, una circolare non è fonte di diritto»: così la Regione Emilia Romagna blocca gli stage per laureati e diplomati da più di 12 mesiDato che i nuovi paletti legislativi riservano lo strumento dello stage in via esclusiva a chi abbia finito gli studi da meno di 12 mesi, salvo differenti normative regionali, in Emilia si è preferito bloccare tutto in attesa che la giunta approvi una nuova legge sul tema. La discussione è aperta, ma al momento non è possibile fare previsioni...La Cgil però afferma che in Emilia la legge regionale sugli stage è ancora lontana: «Entro febbraio? Ma se non esiste nemmeno una prima bozza!»26 gennaioGiungla dei tirocini, non tutte le università si attengono alle indicazioni del ministero: «Le Faq non hanno nessuna validità giuridica» Avviene ad esempio al Soul (Sistema orientamento università lavoro) delle università del Lazio e alla facoltà di Ingegneria dell'università di Bologna, mentre a Pavia si applica «ancora la vecchia normativa, in base alle eccezioni previste dalla circolare». Ci sono poi realtà, come Torino, in cui si è deciso di rispettare alla lettera le Faq...29 gennaioLa Toscana approva la nuova legge sugli stage: per la prima volta in Italia il rimborso spese diventa obbligatorioLa giunta Rossi vuole con questa nuova norma «garantire il più ampio e corretto utilizzo di questo strumento come occasione di formazione a stretto contatto con il mondo del lavoro, contrastandone l’uso distorto». E sceglie di perseguire questo obiettivo creando sei diverse classi di tirocini, a seconda del tipo di beneficiari...E chi c'è dietro la nuova legge della Regione Toscana sugli stage? Un gruppo di ventenni!Per approfondire l'argomento, leggi anche: - La vecchia normativa sui tirocini: il decreto ministeriale 142/1998- La Carta dei diritti dello Stagista: le regole "morali" per uno stage davvero utile e vantaggioso E visita la sezione Forum "Legge sugli stage: commenti e proposte"

Nuova normativa sui tirocini, non ci si capisce niente e si rischia la paralisi: le rimostranze di lettori e aziende sui punti oscuri e sul silenzio del ministero

La manovra anticrisi fa discutere politici e sindacalisti, porta in piazza migliaia di persone e cambia ogni due-tre giorni. Ma in realtà il decreto legge di Ferragosto è già parzialmente operativo: per esempio per quanto riguarda il suo articolo 11, che dispone nuovi e molto stringenti paletti in materia di stage. Limitandone la durata ma sopratutto la platea di fruitori, e riservandolo in pratica solamente a studenti, neodiplomati e neolaureati. Con il risultato che ora gli aspiranti stagisti, ma anche i soggetti promotori e le aziende, brancolano nel buio.Scrive per esempio Marco alla redazione: «Leggo l'articolo del 15 agosto e capisco con rammarico che, a meno che cambi qualcosa, non posso entrare nel gruppo bancario con cui ho fatto un colloquio settimana scorsa perchè è più di 12 mesi che mi son laureato. Nel 2008 la laurea specialistica in economia, tra il 2008 e il 2009 un anno di PhD, nel 2010 contratti a progetto, collaborazioni, ritenute d'acconto. Che speranza c'è che l'articolo 11 il decreto legge del 13 agosto  non divenga legge entro i prossimi 60 giorni?». Nessuno può saperlo, anche perchè il dibattito si sta concentrando su altri punti più caldi come l'art. 8 che deroga allo statuto dei lavoratori per quanto riguarda la disciplina dei licenziamenti. Per ora il ministro Sacconi non ha riaperto la discussione sul tema, e non ha nemmeno risposto ai molti amministratori pubblici - tra cui l'assessore al lavoro della Regione Toscana Gianfranco Simoncini [foto a destra] - che gli avevano scritto per chiedergli di modificare il testo dell'art. 11, giudicandolo troppo penalizzante per le persone in cerca di lavoro.Anche Loretta scrive alla redazione una «cronaca di una delle prime “vittime” della manovra estiva del governo, ma non l’ultima». Loretta è una madre-lavoratrice della provincia di Verona e si sfoga: «non mi aspettavo proprio un aiuto così tempestivo nel farmi perdere un’opportunità di lavoro». Insegnante precaria, Loretta puntava a un tirocinio per cambiare rotta e trovare posto in azienda. «Con fatica quest’anno trovo un’azienda ospitante (120 chilometri tra andata e ritorno) mi faccio carico di recuperare i moduli compilati necessari per attivare l’iter burocratico presso l’azienda provinciale preposta agli stage. È ufficiale, dopo tre anni di tentativi, ce l’ho fatta! Inizio il primo settembre, essendo disoccupata. Nel frattempo rinuncio a un piccolo incarico che la scuola mi propone (esami integrativi) e mi procuro una baby-sitter, ma penso che il gioco valga la candela. E invece ecco che poco più di ventiquattr'ore dall’inizio mi squilla il telefono: "sono il sig. AA dell'ufficio stage presso la Camera di Commercio, sono spiacente di comunicarle che per effetto dell’entrata in vigore dell’art.11 del decreto legge 138/2011 lei non può effettuare il tirocinio,  riservato esclusivamente ai neo diplomati o neo laureati entro 12 mesi". Oltre la beffa anche il danno». Il paletto che impedisce di fare stage a chi si sia diplomato o laureato da più di 12 mesi proprio non le va giù: «Forse ci saranno maggiori opportunità per i neodiplomati o neolaureati, ma molti cittadini, già penalizzati, si troveranno a non poter usufruire dello stage come importante momento di reinserimento-aggiornamento o formazione senza avere alcuna alternativa». Secondo Loretta, insomma, questo provvedimento toglie ingiustamente opportunità ai non più giovani.Il discorso va scisso in due. Da una parte c'è chi, come Loretta e Marco, non è d'accordo con il contenuto di questa nuova normativa, perchè si sente tagliato fuori e ritiene che gli stage dovrebbero essere un'opportunità aperta a tutti. Dall'altra c'è un vasto universo di persone che non contestano tanto il contenuto, ma chiedono lumi rispetto alle modalità di attuazione, rimproverando al governo di aver emesso una normativa molto stringente senza però specificare bene il perimetro di attuazione. Il ministero del Lavoro, più volte sollecitato, ancora non si è espresso e come la Repubblica degli Stagisti ha testimoniato ciò ha già portato a una sorta di anarchia, dove ciascun ente promotore decide da sè come interpretare i punti non chiari dell'art. 11.Anche le aziende stanno riscontrando non poche difficoltà. La Repubblica degli Stagisti ha ricevuto negli ultimi giorni molte telefonate da parte delle imprese che fanno parte del suo circuito, e che tra luglio e agosto avevano selezionato persone da inserire in stage a partire dall'inizio di settembre. In molti casi questi stage sono stati precipitosamente interrotti perché gli enti promotori hanno fatto marcia indietro. «Vi sono problemi perfino per gli stage di studenti universitari» denuncia la responsabile delle risorse umane di una importante multinazionale «perché alcuni centri per l'impiego sono rigidi nel definire gli stage curriculari, e se il tirocinio non è mirato all'acquisizione di crediti formativi non viene considerato tale. Impedendo quindi allo studente di fare stage». C'è poi il disagio umano di dover lasciare a casa le persone: «Avevano cominciato ieri, domani dovremo dire loro che lo stage è annullato. Non possiamo fare altro, sono laureati da più di un anno». Alcune per non perdere i prescelti e non deludere le loro aspettative provano ad attuare procedure di emergenza, per esempio tramutando repentinamente gli stage in contratti interinali, o a progetto, o apprendistato: ma non è semplice e comporta una spesa imprevista che nella maggior parte dei casi è molto difficile reperire, se non messa preventivamente a budget.Un altro enorme punto di domanda a cui il Ministero non ha ancora dato risposta è come ci si debba comportare in caso di master. Sul Forum di questo sito la lettrice Marmi racconta «Mi sono laureata a gennaio 2010, ho iniziato un master universitario a novembre 2010 che ora sto terminando con uno stage (non retribuito) curriculare di 6 mesi presso un'azienda privata. A novembre terminerò master e stage. L'azienda mi aveva proposto di fare uno stage, stavolta retribuito, di 6 mesi indipendente dal master - quindi non curriculare - una volta terminato lo stage attuale. Volevo sapere se sarà possibile o se l'attuale legge lo vieta». E sottolinea: «nel decreto si dice che lo svolgimento dello stage deve essere tenuto entro 12 mesi dalla laurea...e dal master? posso considerare il master come ultimo titolo di studio e quindi far partire da lì i 12 mesi?».Una domanda che già la Repubblica degli Stagisti aveva compreso nell'elenco dei punti da chiarire: speriamo che il ministero del Lavoro voglia presto rispondere alle richieste di chiarimenti di migliaia di persone che in questi giorni sono toccate dagli effetti immediati del decreto legge.A Marmi fa eco Alessio, abruzzese laureato nel 2008 e "masterizzato" nel 2009, che sul Forum racconta: «Ho svolto 3 stage della durata complessiva di 1 anno (3 mesi all'estero) in ambito HR e, dopo aver sostenuto un numero considerevole di colloqui di selezione ecco la grande occasione: il 23/08 ho sostenuto un colloquio con una grande multinazionale che opera nel settore metalmeccanico. Oggi vengo contattato dalla responsabile HR che mi comunica il buon esito del colloquio (non immaginate che gioia istantanea), ma mi dice anche che ieri hanno ricevuto una circolare a proposito dell'articolo 11 della manovra finanziaria di Ferragosto, il decreto legge 138/2011 che determina tra le altre cose nuovi "Livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini"». L'azienda assicura ad Alessio di aver attivato il proprio ufficio legale per far luce sulla questione, aggiunge che ha molti altri ragazzi nella stessa situazione, avendo attivato un numero considerevole di tirocini in previsione di settembre, e promette una prima risposta nel giro di pochi giorni. Ma a una settimana di distanza Alessio torna sul Forum per informare che l'azienda «sta temporeggiando». Il rischio è infatti di creare una paralisi: per paura di sbagliare, i soggetti promotori smetteranno di attivare molti tirocini e sopratutto le imprese bloccheranno le procedure di inserimento degli stagisti: il che non potrà che avere effetti negativi. Regole certe servirebbero quindi a permettere agli addetti ai lavori di procedere con tranquillità. Il ministero risponderà?Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli StagistiE in particolare:- Nuove norme sui tirocini, per applicarle bisogna capirle: ecco i punti ancora oscuri- Manovra, la riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativa- Anche gli stage finiscono nella manovra del Governo: da oggi solo per neodiplomati e neolaureati, e per un massimo di sei mesi- Manovra, Michele Tiraboschi: «I nuovi paletti per i tirocini potranno essere modificati dalle Regioni»