Categoria: Storie

Molte più opportunità di lavoro adesso in Puglia, grazie a Bip e alle altre aziende che investono sul territorio

Essere ragazzi, al sud Italia. Studiare, sognare il futuro. E sapere che molto probabilmente quel futuro sarà altrove, dovrà essere altrove – perché le opportunità buone, quelle per le carriere belle, quelle con gli stipendi generosi, raramente sono lì. Molto più spesso più sono su, nelle Regioni del centro-nord, o ancora più lontano, all'estero. E così “il Mezzogiorno” – così ancora viene chiamato il gruppo di regioni che corrispondono all'antico Regno delle Due Sicilie, e quindi Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, a cui per convenzione si aggiunge la Sardegna – si spopola (qui qualche numero). I giovani partono dopo le scuole superiori, oppure dopo l'università. Partono per fare esperienza, studiare, trovare lavoro. Partono il più delle volte con il desiderio di tornare; e questo desiderio troppo spesso, però, resta frustrato.Non che i giovani meridionali non possano essere felici altrove. Si può vivere pienamente anche lontano dalla propria terra d'origine, è chiaro. Tutto sta nella libertà di scelta. Potendo scegliere, vorresti vivere e lavorare lontano? Potendo scegliere, vorresti tornare nella tua città?Federica Ranieri Dellino risponde no alla prima domanda; Stefano Caradonna risponde sì alla seconda. Hanno entrambi meno di trent'anni, sono entrambi baresi, e sono felici di poter lavorare nella loro terra. Hanno storie diverse, e in comune il fatto di essere project manager nell’area energy & industrial in Bip, la più grande multinazionale della consulenza di matrice italiana, che da molti anni fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti. Fondata nel 2003, a lungo concentrata sull'asse Milano-Roma delle sue due sedi principali, negli ultimi anni Bip ha deciso di scommettere sulle Regioni del Sud. E l'ultima nata in ordine cronologico è la sede di Bari. Stefano Caradonna se n'è andato dalla Puglia nel 2015,  a ventun anni, con una laurea triennale in Economia e commercio conseguita all'università di Bari. Una partenza «non a cuor leggero», ricorda, in cui all'entusiasmo di andare a proseguire gli studi in «un'università molto valida a livello di preparazione» e sopratutto capace di spiccare sul curriculum, la Bocconi, si intrecciava l'amarezza di dover lasciare la famiglia e gli amici indietro. Una scelta «molto pesante dal punto di vista economico» resa possibile solo «grazie all'aiuto dei miei genitori», ricorda, ma che oggi considera come «un investimento che si è ripagato, se si guarda a dove sono arrivato dopo qualche anno: ne è valsa sicuramente la pena». A Milano Stefano si costruisce un pezzo di ecosistema pugliese lontano dalla Puglia: «Mi trovavo abbastanza bene, anche perché avevo amici di Bari e altre persone che avevo conosciuto durante il periodo universitario, la maggior parte sempre di Bari». Anche i coinquilini con cui condivide l'appartamento a Milano sono suoi conterranei: inevitabilmente «con il tempo è cresciuta quella nostalgia di dire “Voglio ritornare in Puglia”. Magari non subito, ma quando sarò pronto, mi dicevo, lo farò». Ma nel 2018, quando conclude il percorso di specialistica in Management, quel momento non è ancora arrivato. Laurea in tasca e cv arricchito da sei mesi di stage curricolare in Deloitte, altra società di consulenza, Stefano bussa allora alla porta di Bip, in piazza San Babila: «Mi interessava la consulenza strategica; ho fatto l'application, mi hanno chiamato per i colloqui e ho iniziato subito: stage di tre mesi e poi assunto direttamente». Fast forward di tre anni: arriva il periodo Covid, che Stefano trascorre prevalentemente in Puglia, lavorando da remoto prima per Bip e poi per un'altra azienda, la società di delivery Glovo («volevo fare un'esperienza diversa, un po' più commerciale»). Ma il lavoro al 100% da remoto non gli si addice, e sente che il ruolo di consulente è più giusto, per lui, rispetto a quello di commerciale. Così, quando su un giornale locale scopre che Bip sta per aprire una sede a Bari, non ci pensa due volte: «Era un'azienda dove mi ero trovato benissimo, infatti non avrei voluto andarmene. Avevo mantenuto i contatti con i miei vecchi colleghi di Milano, e così ho avviato percorso di selezione per rientrare in azienda». A novembre del 2023, a 28 anni, firma il suo secondo contratto di assunzione con Bip. Stavolta, sulla sede di lavoro che più lo rende felice: Bari.Federica Ranieri Dellino ha 25 anni e lavora nello stesso ufficio; a differenza di Stefano, però, lei non ha mai avuto bisogno di spostarsi. Una circostanza di cui è la prima a sorprendersi: «Ero affascinata dalle opportunità che offriva il Nord Italia: mai avrei immaginato invece di restare qui, e non fare un'esperienza fuori». Non che Federica ne sia scontenta – al contrario. Già mentre studiava Economia all'università di Bari era attratta dal mondo della consulenza: «Seguivo le “Big Four” e iniziai a partecipare a workshop e attività di gruppo online, da qui». Non appena scopre che EY – un'altra delle aziende virtuose dell'RdS network e una delle quattro “big four”, appunto – sta aprendo una sede in Puglia, Federica si candida e viene presa: stage e poi contratto di apprendistato in rapida sequenza. «Avere un'opportunità a Bari mi sembrava un miraggio» ricorda: «Mi sono buttata in quell'esperienza» a capofitto. Nel frattempo, nell'arco di pochi anni la situazione nel territorio cambia: le aziende che aprono sedi locali si moltiplicano. E tra queste, Bip coglie l'attenzione di Federica: «Iniziai a seguirla sui social, ritrovandomi nei valori che condividevano, e mi ricordai che... Mi avevano già contattata loro in passato!». All'epoca però il posto che le avevano offerto era su Milano, e dunque lei non l'aveva accettato. Ma la notizia di un'imminente apertura dell'ufficio a Bari cambia le carte in tavola: «Mi dissi “Bingo, è arrivato il momento di provarci!”; ripresi la loro mail di un anno prima, e facendo finta di nulla mi ricandidai per Bari». Un azzardo destinato ad avere successo: a giugno 2023 Federica firma il contratto di assunzione, cominciando a lavorare in full remote, e non appena l'ufficio di Bari è pronto, diventa la sua sede di lavoro di riferimento.Ad accomunare le esperienze di Stefano Caradonna e Federica Ranieri Dellino è la soddisfazione di poter esprimere appieno il loro potenziale nella loro terra d'origine, senza bisogno di emigrare. «Io lavoro da quando avevo sedici anni, ho iniziato prestissimo» racconta Federica: «Prima di arrivare in consulenza ho fatto lavori stagionali, poi la team leader per Yves Rocher, una società che vende prodotti di cosmesi. E la cosa che mi ha sempre salvato, in ogni circostanza, è stata la possibilità di avere accanto la mia famiglia e i miei amici». C'è «uno stile di vita» tipico e irripetibile «qui al Sud: al di là di qualsiasi difficoltà poi sai che, terminata la giornata lavorativa, ti aspetta comunque del benessere – una passeggiata al mare, attività all'aperto», la vicinanza con la famiglia e gli amici... e la focaccia!Anche per Stefano è così: a renderlo sereno è «la possibilità di stare con gli affetti, la famiglia, gli amici storici, e di conciliare lavoro e vita privata. Il lavoro è una buona parte della tua vita ma non tutto, quindi è giusto impegnarsi, dare il 120%, però al contempo anche avere delle valvole di sfogo, degli hobby, poter fare sport... Sembra un'assurdità, ma quando stavo a Milano non riuscivo a fare niente: per riuscire ad andare un'ora in palestra praticamente mi ammazzavo. Qui riesco a fare molte più cose».Stefano e Federica non sono certamente gli unici giovani con studi brillanti nel cv ad essere riusciti a trovare lavoro in una Regione del sud Italia. Ma non sono moltissimi quelli che riescono in questa impresa senza dover rinunciare all’ambizione: spesso si pensa di dover barattare il proprio sogno, accontentandosi di un percorso professionale più modesto. «Questo è quello che pensavo anch'io, prima» conferma Stefano: «Poi ho cambiato idea. Adesso penso che la mia carriera non sia in alcun modo limitata. L'investimento che stanno facendo Bip e tutte le altre aziende in Puglia è quello di dare la possibilità alle persone di avere le stesse opportunità di carriera senza dover andare in un'altra città». Come molti, anche Stefano considera che «uno dei pochi effetti positivi del Covid» sia stato lo sdoganamento dello smart working: «Alla fine il lavoro del consulente è face-to-face solo per un 20%, e l'80% si svolge in background: la maggior parte delle presentazioni e le attività si fa in call, oppure di persona ma metà dei partecipanti è collegata da remoto!». Un cambio di paradigma che ha smorzato molto il tabù del non essere fisicamente in ufficio. Le condizioni di lavoro in Bip sono peraltro molto libere: «La scelta di venire in ufficio non è condizionata da nessuno» conferma Federica: «Io lo faccio perché secondo me può essere utile: mi confronto, evito di stare a pranzo davanti al cellulare come magari succede quando sono a casa. È successo più di una volta che magari non sapessi come affrontare una problematica, mi è bastato rivolgermi a un collega accanto e in cinque minuti ho risolto; a casa avrei perso molto più tempo, e magari senza neanche arrivare alla soluzione».In questa situazione di Sud generoso di opportunità capita perfino che a 25 anni si possa entrare in banca, ottenere un mutuo e comprare una casa. Come è successo a Federica: «Appena ho firmato il contratto a tempo indeterminato, la prima cosa che ho pensato è stata quella di investire questo guadagno». Di celebrare in un certo senso «la possibilità di rimanere qui» trasformando «questo contratto in qualcosa di materiale». La casa resterà lì «al di là di quali saranno le mie scelte future», dice Federica: «Non so ancora effettivamente cosa mi aspetta, se magari a un certo punto me ne andrò; però l'idea di avere qualcosa qui che posso sia abitare, sia far diventare una rendita, mi sembrava il miglior modo per investire i miei soldi». Del suo gruppo di coetanei e amici, la sua «comitiva», è la prima a fare questo passo. L'alba di una nuova era, forse, per il Mezzogiorno? Federica Ranieri Dellino e Stefano Caradonna ne sono convinti. «Quando io mi sono laureato, nel 2018, il mercato del lavoro su Bari era completamente diverso rispetto a quello che vediamo adesso» dice lui: «Le opportunità oggi sono molto superiori, grazie a Bip e a tutte le altre aziende che hanno iniziato a investire nel territorio della Puglia. La Regione è stata anche molto brava nell'utilizzo dei fondi, riuscendo a convogliare gli investimenti di queste aziende. Tantissime di quelle che si occupano di innovazione nel mercato della consulenza sono arrivate grazie alla Regione Puglia, cambiando il mercato del lavoro su Bari e nei paraggi». «Rispetto a quando frequentavo io l'università non ci sono paragoni: finivi il percorso di studi e dovevi mandare disperatamente curriculum in giro per l'Italia per riuscire ad essere assunto, nonostante avessi una laurea» gli fa eco Federica:  «Non c'era tanta scelta: appena avevi una proposta, sembrava la cosa più bella del mondo. Oggi l'università riesce a organizzare molti più incontri con le aziende. Gli studenti possono capire cosa desiderano, possono scegliere. E c'è sempre un maggior interesse ai valori aziendali, al di là della retribuzione: si cerca a livello empatico un contatto con l’azienda, per capire se può far star bene entrare lì, se ne vale la pena, se può permettere di conciliare vita privata e vita lavorativa – che per noi al Sud è fondamentale». Il progetto di Bip prevede di portare 250 posti di lavoro in Puglia da qui alla fine dell'anno prossimo. Talenti di ritorno, come Stefano Caradonna; e talenti freschi, come Federica Ranieri Dellino. Per ridare linfa a un Sud troppo spesso bistrattato e prosciugato delle sue risorse umane, senza abbassare di un centimetro l'asticella della qualità del lavoro.

Stage in Eurofound, la storia di Elisa: «L’Irlanda mi ha dato il percorso lavorativo che sognavo»

Si sono aperte il 20 marzo le candidature per nove posizioni di tirocinio presso l'Eurofound di Dublino. La deadline per l'application è il prossimo 20 aprile, anche se le candidature resteranno valide fino alla fine dell'anno per eventuali ripescaggi. Gli stage partono a giugno (la durata è semestrale ma prorogabile a dodici mesi), con rimborsi superiori a 1800 euro mensili. La Repubblica degli Stagisti ha raccolto la storia di Elisa Staffa, 29 anni, tirocinante della sessione autunnale 2021, che oggi lavora a Dublino presso l’Economic and Social Research Institute. Ho 29 anni e sono di Roma, città che pensavo non avrei mai lasciato. Ho fatto il liceo classico, e ho amato il greco e il latino al punto di pensare di studiarli all'università: ho anche due genitori archeologi! Poi invece la scelta è ricaduta su Economia alla Sapienza: desideravo studiare qualcosa che mi permettesse di provare a migliorare il mondo. Durante quegli anni ho lavorato come hostess e bibliotecaria in facoltà. Lo studio ha però avuto sempre la precedenza.Sono sincera: non avevo le idee chiare su cosa fare da grande e invidiavo gli amici che ce l'avevano. Come fai quando hai un mondo di fronte? Mi sono laureata alla triennale nel 2017 e ho proseguito con la magistrale in Economia politica. E tutti i dubbi che fino a lì mi avevano accompagnato hanno iniziato a diradarsi con un corso di microeconomia applicata al mercato del lavoro, tenuto da un bravissimo professore. Grazie a lui ho ottenuto una borsa di studio per la tesi all’estero e ho trascorso tre mesi in Svezia presso l’università di Goteborg. Un'esperienza meravigliosa, durante la quale ho studiato il modello di politiche del lavoro svedesi. L'affitto era di 1.500 euro per tre mesi. Sono riuscita a manternermi con la borsa di oltre 2mila e 300 euro, e anche aiuti dai miei genitori e qualche risparmio. La laurea magistrale è arrivata – a pieni voti – a gennaio 2020. Avevo chiaro di volermi specializzare nella ricerca in ambito occupazione e mercato del lavoro, e un ente stava per assumermi, quando ecco che scoppia la pandemia. Ho atteso fiduciosa l’attenuarsi di quella situazione, ma quella chiamata non è più arrivata. Sono andata avanti a cercare, mi ero anche candidata per un concorso in Banca d'Italia, ma dopo mesi di studio, la sessione salta per Covid. Mi sono a mia volta ammalata di Covid e per un mese, chiusa nella mia stanza, ho vissuto una crisi perché che non sapevo più cosa volessi fare.Inizio a mandare le candidature più disparate. Ne invio una per Unicredit, e una per i tirocini in Eurofound. A marzo 2021 mi trasferisco a Bologna per lavorare in Unicredit in apprendistato come consulente finanziaria con stipendio di circa 1.700 euro e vari benefit. A 25 anni sola in un appartamento, 700 euro al mese tra affitto e spese, ed economicamente indipendente: mica male di questi tempi in Italia!Il lavoro non era in linea con quanto studiato, ma imparavo tantissimo. A un certo punto però ho sentito che tutto mi stava stretto. E proprio allora con mia grande sorpresa mi contatta Eurofound: i miei sogni venivano a bussarmi alla porta. Si trattava di licenziarmi da un posto fisso, e i miei genitori non erano d’accordo, ma io avevo già deciso. Do le dimissioni e a novembre 2021 ha inizio la mia avventura in Eurofound, nella verde Irlanda, come tirocinante nell’unità di ricerca Occupazione.All’inizio l’impressione è stata 'non sono all’altezza di tutto questo'. Ero nel cuore della macchina della ricerca a sostegno delle politiche sociali ed occupazionali dell’Unione Europea. Ma passo dopo passo, ce l'ho fatta. La mansione principale era gestire un grande database interno, in collaborazione con i corrispondenti che Eurofound ha in tutti i paesi dell’Unione Europea. Il lavoro in sè era abbastanza meccanico, ma è stato molto interessante, ad esempio, vedere come dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, aziende nei paesi limitrofi annunciassero grandi assunzioni di rifugiati ucraini mentre altre, come conseguenza della crisi energetica, riducessero il personale. Ad aprile 2022 mi hanno rinnovato il contratto per altri sei mesi: ne ero molto felice, dodici mesi è il periodo massimo di tirocinio nelle istituzioni europee. Eurofound è inoltre una realta molto dinamica, si ha modo di interagire con culture diverse e coglierne tutta la bellezza. Ogni anno vengono inseriti dai 6 ai 10 tirocinanti, quindi si crea sempre un bel gruppo di giovani. Il problema principale di Dublino sono gli affitti. Per una stanza con altri coinquilini a 15 chilometri dal centro pago 680 euro e mi ritengo anche fortunata, perché ho amici che arrivano a pagarne 900. È un grande problema che prima o poi metterà un freno alla crescita del paese. Per fortuna il rimborso spese è passato dai 1.580 euro di fine 2021, a più di 1.670 euro a gennaio 2022 per l’aggiustamento al coefficiente relativo al costo della vita in Irlanda. A ottobre 2022 è ulteriormente aumentato a quasi 1.750. Può sembrare tanto, ma il costo della vita in Irlanda è decisamente più alto che in Italia. Ero consapevole che a fine tirocinio non si sarebbe aperta alcuna possibilità di rimanere nell’agenzia, anche se un’esperienza in un’istituzione europea attribuisce punti nel caso si partecipi a un bando. Ho iniziato quindi a cercare un nuovo lavoro. Io credo che nella vita, se le cose sono per te, avvengono in modo lineare, e infatti si apre una posizione perfetta per il mio profilo: assistente alla ricerca in economia del lavoro presso un ente di ricerca di Dublino. È l’Economic and Social Research Institute (Esri), che fa per il governo irlandese ciò che Eurofound fa a livello europeo: ricerca a sostegno del policymaking. Ho iniziato a novembre 2022 con un contratto di due anni, ben retribuito. Sono molto felice, sono seguita tantissimo dai miei supervisor, lavoro con un team di persone eccezionali e ho già imparato tante cose.So bene che le competenze apprese in Eurofound sono state determinanti. I prossimi anni saranno sicuramente utili per me per capire se voglio intraprendere successivamente un percorso di dottorato: non ne coglievo l’importanza appena uscita dalla magistrale. Non prevedo quindi di rientrare in Italia prossimamente, ora ho una vita ricca e piena a Dublino: l’Irlanda mi ha dato il percorso lavorativo che sognavo. Ho rischiato e accolto l’incerto, ma ho vinto io. Non posso giudicare gli stage italiani non avendone mai fatto uno, ma dalle tante storie di miei amici so che i rimborsi spese sono troppo bassi per permettere a un giovane di uscire da casa e rendersi indipendente. È vero che il costo della vita irlandese è alto, ma l'indennità mi ha comunque permesso di vivere all’estero, essere autonoma e avere una vita decorosa!Testo raccolto da Ilaria Mariotti 

Servizio civile e università insieme, la storia di Sabrina: «Si può! E con il rimborso mi mantengo»

La scadenza è stata prorogata e ci sarà tempo fino al 22 febbraio per candidarsi alla nuova edizione del Servizio civile universale. La Repubblica degli Stagisti ha raccolto la storia di Sabrina Cannatà, 22 anni, che sta svolgendo il servizio civile presso la Fondazione Amesci di Roma. Ho 22 anni, sono nata e cresciuta a Messina. Ho frequentato il liceo delle Scienze Umane, diplomandomi nel 2020; ho sempre avuto la passione per il disegno e la moda, e per questo ho scelto di proseguire gli studi a Palermo con la triennale all’Accademia di Belle Arti, indirizzo Progettazione della moda. Mi sono laureata nel 2023: guardandomi indietro posso dire che è stato un cammino affascinante, anche se travagliato. Non è semplice andare via di casa e conciliare tutto, imparare a gestire le spese e al contempo studiare, tentando anche di avere una vita sociale. Va detto poi che l’accademia, a differenza dell’università, ha un’impostazione che richiede tante ore per la parte pratica del percorso.Passandoci sono però cresciuta e ho imparato a mettermi in discussione, sempre tenendo davanti l’obiettivo di entrare a piccoli passi nel mondo della moda. Un settore che attrae tra le altre cose perché spesso fatto di stravaganze, tra eventi e sfilate a cui ho cominciato a approcciarmi proprio tramite l’accademia. Da questa prima volta da fuori sede, ne sono uscita più responsabile e indipendente. Ho cercato di evitare il più possibile spese ulteriori per i miei genitori, che devono mantenere anche i miei due fratelli più piccoli, di 19 e 15 anni.E ci sono riuscita grazie alle borse di studio universitarie. La prima che ho preso, nel corso della triennale, era basata sull’Isee familiare e sui crediti universitari raggiunti. L’importo era di 1700 euro annuali. Quando poi, una volta finita la triennale, è arrivato il momento di decidere che strada prendere, sui social ho visto l’annuncio del progetto di servizio civile Persone oltre a pazienti, con sede a Messina. Mi è sembrata subito una buona idea quella di partecipare e ho presentato la mia candidatura.Non avevo mai avuto contatti con il mondo del lavoro. Se non come animatrice (ma gratis) della parrocchia, e per un tirocinio: tra il 2021 e il 2022 per circa un mese in totale, ho fatto pratica senza percepire compensi come costumista per la realizzazione di uno dei cortometraggi a cura della Scuola di cinema Piano Focale di Palermo. Uno stage curriculare, che mi è servito per acquisire crediti universitari. Del servizio civile avevo già sentito parlare perché alcuni miei parenti vi avevano preso parte. Per questo, supportata da mia madre, mi ero messa in cerca di opportunità nel mio territorio. Ho superato la prima selezione e il colloquio è avvenuto a marzo 2023. Sono però risultata idonea non selezionata al progetto in questione, perché altri candidati avevano ottenuto un punteggio maggiore del mio. Così ho deciso nel frattempo di proseguire gli studi con la magistrale e di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Roma.Proprio in quel periodo mi arriva una mail da parte di Amesci. Mi comunicavano che, da idonea non selezionata, avrei potuto occupare un posto vacante per un altro progetto in qualunque parte d’Italia. La mia scelta è così ricaduta su Proyouth, progetto con sede nel centro di Roma, in via Angelo Brunetti, nella sede della Fondazione Amesci, realtà che promuove tra gli altri i progetti di servizio civile. La durata è di circa dieci mesi: ho iniziato lo scorso settembre e concluderò a giugno 2024. Le cose da dire su questa esperienza sono tutte positive. Le mie mansioni prevedono la promozione del progetto Servizio civile, sia con attività da computer, quindi realizzando volantini, sia talvolta con attività di volantinaggio vero e proprio.Un’altra attività che svolgo è la partecipazione ai dibattiti formativi che si organizzano presso la sede, che hanno spesso a tema l’inclusività. Fin da subito mi sono sentita accolta dal mio Olp (tutor del Servizio civile, ndr) Dario Santoni, anche lui giovanissimo, 23enne, ma molto competente. Con me ci sono altri quattro volontari. Le cinque ore lavorative giornaliere da contratto, inoltre, mi permettono di dedicare tempo anche agli studi. Siamo impegnati dalle 9 alle 14 o dalle 13 alle 18 dal lunedì al venerdì, e la sede di Amesci è anche vicina all’università!Nonostante non sia attinente al percorso di studi per cui ho optato, già in soli quattro mesi l’esperienza del servizio civile sta lasciando il segno. Ogni giorno è buono per imparare qualcosa, dal comunicare allo stare in gruppo, formandosi all’ascolto di sé e dell’altro, sentendoci tutti parte di qualcosa e iniziando ad assumersi le responsabilità che la vita presenta. Sul fronte economico posso dire di essere quasi del tutto indipendente ormai, nonostante il costo della vita di Roma sia piuttosto elevato.Sono infatti in affitto in una stanza doppia a 350 euro al mese, più le spese, e la condivido con una mia amica. In più sono risultata vincitrice di una borsa di studio universitaria per fuori sede, che si può ottenere dimostrando di possedere un regolare contratto di affitto, come nel mio caso. Sono in totale 7mila euro annui, anche se pagati in due tranche semestrali. Questa cifra più i 507 euro di rimborso spese del servizio civile mi consentono di sostentarmi. A giugno si concluderà questa meravigliosa esperienza. Continuerò gli studi in moda, cercando passo dopo passo di entrare a far parte del settore. Il mio sogno è fare la stilista. Ci proverò, portando con me tutte le belle esperienze di vita accumulate: il servizio civile, la fondazione Amesci, accogliente e sempre disponibile, e i miei colleghi e ormai amici, con cui spero di avere ancora a che fare in futuro. Testo raccolto da Ilaria Mariotti   

Il servizio civile in biblioteca all'università: un'esperienza forte «a livello lavorativo e umano»

C’è tempo fino al 15 febbraio per candidarsi alla nuova edizione del Servizio civile universale. La Repubblica degli Stagisti ha raccolto la storia di Enrico Palma, 27 anni, che sta svolgendo il servizio civile presso la biblioteca dell'università Parthenope di Napoli.Sono di Napoli, del quartiere Soccavo. Qui ho frequentato le scuole fino al liceo linguistico, diplomandomi nel 2016. Ho sempre avuto una forte passione per lo sport, che è da sempre presente nella mia vita, in tutto quello che faccio. Consapevole dei benefici che produce l'ho sempre praticato: calcio, pallavolo, judo. Per questo la scelta post diploma è caduta su Scienze motorie, presso l’università Parthenope di Napoli. Nel corso della triennale ho avuto la mia prima esperienza di tirocinio extracurricolare, partecipando proprio all’evento sportivo Napoli 2019 Universiade, da maggio a luglio del 2019. Ho fatto parte del comitato organizzatore, nello specifico del team che gestiva i servizi per gli arbitri e giudici internazionali della competizione. Arbitro sono in realtà tuttora perché faccio parte dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA). Questa esperienza mi ha dato molto. Mi sono formato, sono maturato, e ho imparato a prendere decisioni importanti in brevissimo tempo.  I miei studi sono proseguiti anche dopo la triennale. Nel 2021 mi sono iscritto alla magistrale in Scienze e Management dello sport e delle attività motorie, sempre presso la Parthenope. Ho completato il percorso a dicembre 2023, con 110 e lode con una tesi dal titolo “Il processo evolutivo del modello organizzativo per i mega eventi sportivi: da Barcellona 1992 a Londra 2012”. L’argomento mi ha permesso di approfondire come funziona l’organizzazione dei grandi eventi sportivi, e come si è evoluta nel tempo. È su questo ambito, quello degli eventi sportivi appunto, che mi sono focalizzato perché è il settore di cui vorrei entrare a fare parte. Nel corso dell’università ho avuto ancora un'occasione: quella di partecipare come volontario agli europei di calcio EURO 2020 (tenutisi nel 2021 causa Covid, ndr), e al gran premio di Formula E nel 2023, in entrambi i casi a Roma.Per il servizio civile mi sono candidato ancora da studente universitario, a gennaio del 2023, ed era un po’ che avevo questa idea per la testa. Non ci ero mai riuscito perché preso da altri impegni lavorativi. La premessa infatti è che ho sempre lavorato, dalla fine degli studi liceali in poi. Ho iniziato a giugno come promoter: distribuivo un settimanale gratuito, e imparavo il contatto con la gente. Ho smesso a dicembre 2019. Un mese dopo firmavo un contratto full time come assicuratore. Per quanto possa sembrare una professione lontana dal mio percorso, in realtà è così che ho acquisito capacità di ragionamento che fino a quel momento non avevo e che mi sono ritrovato dopo. Un nuovo lavoro è arrivato a maggio 2021. Avevo nostalgia del mondo sportivo e mi sono proposto da Decathlon come sales assistant. Ho firmato un contratto part time, e poi ho continuato nelle vendite con JD e OVS. Una fase che si è chiusa a ottobre 2022, quando mi sono preso una pausa per dedicare tempo a me stesso, studiare nuove cose e soprattutto ultimare nel miglior modo possibile i miei studi. Con le vendite ho capito come ragionano le grandi aziende, ognuna in modo diverso dall’altra, e ho appreso tantissimo.Questo spiega perché non ero mai riuscito a candidarmi al servizio civile prima di questa edizione. Già dallo svolgimento del colloquio mi sono sentito subito a mio agio. Conoscevo l’ente ospitante in quanto si tratta dell’università che ho frequentato, la Parthenope. È stato perciò molto facile. Sono stato assegnato alla biblioteca centrale della sede. Sono di supporto al personale della biblioteca, mi occupo di catalogazione di libri e riviste, compilazione delle carte d’ingresso, di aiuti di vario tipo agli studenti che accedono alla biblioteca o alla sala lettura. Il servizio dura un anno. Generalmente i progetti iniziano il 19 settembre – come nel mio caso – e terminano esattamente un anno dopo. Il rapporto col mio OLP (tutor) è stato dal primo momento molto costruttivo poiché si è dimostrato subito disponibile, dandomi ogni tipo di chiarimento ogni volta che ne avessi bisogno. Auguro a chiunque di vivere questa esperienza come la sto vivendo io. Mi sta aiutando ad aggiungere altri tasselli importanti sia a livello lavorativo, ma soprattutto a livello umano. E questo grazie ai colleghi con i quali coltivo ormai un rapporto ogni giorno.Sembra scontato da dire, ma è vero che tutte le esperienze fatte hanno contribuito a definire il mio percorso e a darmi le skills che ho acquisito. A partire dagli studi universitari, che hanno spaziato dalla pedagogia all’economia, passando dalla scienza, per finire agli ambiti sportivi. Ed è li che immagino il mio futuro. Anche se non è facile poiché nel comparto è richiesta tanta esperienza, e Napoli non è una città che ne organizza molti. Ho sempre in testa il pensiero di Socrate “so di non sapere”; sono curioso di imparare cose nuove e accumulare esperienze. Credo che mi sentirò così anche quando andrò in pensione. Ai giovani come me do il consiglio di curare i dettagli, perché sono quelli che fanno la differenza. Ci sono due mantra che mi accompagnano: il primo è mens sana in corpore sano poiché reputo fondamentale la connessione fra mente e corpo attraverso la conoscenza e l’attività motoria in qualsiasi sua forma. Il secondo è “l’ossessione batte il talento”: sono costanza e sacrifici che fanno arrivare ai risultati desiderati. Testo raccolto da Ilaria Mariotti 

“Il mio gemello portato per le materie umanistiche, io ingegnera”: Francesca e l'infondatezza degli stereotipi di genere

La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso di studi in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Repubblica degli Stagisti racconta questo mondo in questa rubrica, Girl Power, attraverso la voce di donne innamorate della scienza e fortemente convinte che, in campo scientifico ancor più che altrove, di fronte al merito non ci sia pregiudizio che tenga. La storia di oggi è quella di Francesca Marino, Salesforce business analyst per T4V, società di consulenza informatica che fa parte dell'RdS network.Comincio con un aneddoto, per scardinare l'infondatezza di qualsiasi stereotipo di genere. Ho un fratello gemello che fa il giornalista sportivo, mentre io sono laureata in Ingegneria informatica e oggi lavoro come analista funzionale. Lui da sempre più portato per le materie umanistiche; io invece, fin da piccola, considerata da tutti come la tecnica di casa. Mi piaceva capire i meccanismi delle cose, le smontavo e rimontavo, e tutti venivano da me se c'era qualcosa da aggiustare. Mio papà è un medico e mia mamma ha lavorato presso uffici universitari, ma la mia propensione per le materie scientifiche credo sia innata. E sono sempre stata appoggiata nelle mie scelte da chi mi circondava.Sono nata a Milano 32 anni fa, e dopo le scuole medie – su indicazione anche dei docenti, che avevano individuato questa mia attitudine – mi sono iscritta al liceo scientifico, dove ho sempre riportato voti migliori nelle materie come matematica e fisica. Non che fossi una “capra” nelle altre, ma faticavo a imparare concetti in modo mnemonico. Già al quarto anno ho così deciso di partecipare alla Summer school del Politecnico di Milano, con in testa l'idea di studiare anche all'università una materia stem. E lì ho superato il test che ti garantisce un posto in facoltà subito dopo il diploma.Così è stato: dopo la maturità sono entrata a Ingegneria Informatica, e devo dire che è qui che mi sono scontrata per la prima volta con pregiudizi legati al genere. Il corso era nettamente a prevalenza maschile: su duecento persone, eravamo solo una decina di ragazze. Ricordo in particolare un episodio: dovevamo compilare un elenco con i nominativi della classe, e di fronte al mio e quello delle altre partecipanti un ragazzo diede per scontato provenissimo tutte dall'istituto tecnico. Non era concepibile che una ragazza potesse studiare informatica all'università, a meno che questa “stranezza” non fosse giustificata da quel precedente percorso di studi.Ci facevano pesare il fatto di essere donne, ma questo atteggiamento non l'ho mai riscontrato nei professori, solo nei compagni. D'altronde erano dei ventenni, a loro volta immaturi, forse non si rendevano troppo conto del loro comportamento. E aggiungo che nel tempo la cosa è scemata, si è trattato solo degli inizi. Oggi forse sarebbe diverso, c'è maggiore sensibilità su questi temi. Però per me è stato un percorso tosto, anche per questi motivi, oltre alla difficoltà intrinseca degli studi. Così, dopo un periodo di pausa preso per motivi personali, mi sono laureata alla triennale nel 2019. Ma già verso la fine del triennio, era il 2018, avevo svolto un tirocinio curriculare presso un'azienda di informatica di Milano. Dopo la laurea mi hanno tenuta con un contratto di apprendistato. Anche in questo caso mi sono scontrata con alcuni fastidiosi pregiudizi. All'inizio, in una occasione, il mio responsabile mi disse candidamente che, siccome non sapevano cosa farmi fare, potevo presenziare a un incontro presso il cliente perché ero prima di tutto di bella presenza. E poi sì, anche perché ero stata brava. Sono tutte situazioni in cui fortunatamente mi sono trovata quando ero alle prime armi: ma quello dell'informatica è un ambiente indubbiamente maschilista.Per fare un altro esempio, non mancano mai i commenti sull'aspetto fisico: ma io mi sono sempre impegnata per far capire cosa ci fosse al di là di quello. Ora, anni più tardi, mi preme sottolineare che è tutto diverso. Anche perché, dopo quell'azienda, ho avuto una seconda assunzione in un'altra realtà a partire da settembre 2021. In questo settore le offerte di lavoro non mancano, e capita anche che le aziende facciano di tutto per tenerti, come per esempio proporre una controfferta economica. A me è successo quando ho deciso di lasciare, senza che neppure lo chiedessi io, né che fossi spinta da motivazioni economiche. Nell'ambito informatico mediamente le retribuzioni siano superiori alla media. E non mi è mai capitato di scoprire che ci fossero differenze di salario per una qualche discriminazione di genere. A T4V sono approdata solo a gennaio del 2023. Sono venuta a conoscenza dell’azienda perché due miei ex colleghi lavorano qui: nello specifico è stato quello che oggi è il mio responsabile a convincermi a entrare a far parte del team! Sono una Business analyst, in italiano una “analista funzionale”, in ambito Salesforce. Serviva una persona proprio in quel ruolo, che fosse già a autonoma e che facesse un po' da supporto anche a profili junior. E così è iniziata la mia esperienza in T4V. Sono soddisfatta perché sono consapevole che non è la norma essere assunta e inserita in una posizione adeguata alle proprie competenze. Spesso alle giovani come me – mi raccontano persone che conosco – sono affidati ruoli minori, inferiori alla loro preparazione. Conosco un caso di un'avvocata che in uno studio di soli uomini è trattata come fosse la segretaria. E dire che lo studio ne ha una – di segretaria!Nel mio quotidiano, in T4V, mi relaziono principalmente con il team business lato cliente e con i miei colleghi del team tecnico in modo da far comunicare le due parti. Raccolgo i requisiti di nuovi progetti, li analizzo, e insieme al team tecnico se necessario completiamo l'analisi in modo che loro siano in grado di implementare il tutto. Mi occupo anche della gestione interna dei team di lavoro in attività quali la distribuzione dei compiti e il coordinamento, quando necessario anche di formazione. Lavoro per lo più in smart working, con un contratto che è stato da subito a tempo indeterminato. L'azienda adotta però una modalità ibrida, di cui io sono una fan: andiamo almeno una volta a settimana in ufficio. E solo se vogliamo, una volta in più. Ci sono però tante iniziative per farci conoscere tra di noi, e farci sentire anche persone in carne e ossa, oltre che dipendenti. C'è stata per esempio di recente la festa di Natale, e poi si organizzano merende in ufficio, oppure un contest fotografico quest'estate. Cose importanti, altrimenti si rischia di non vedersi mai. Specialmente nel mio gruppo di lavoro, che è sparso tra Roma, Milano e altre sedi. Anche in T4V l'ambiente è ancora leggermente a prevalenza maschile, ma non avverto più quelle problematiche dovute al fatto di essere una ragazza, come accaduto in passato. Sono questioni su cui nel giro di pochi anni l'attenzione è molto salita. Alle ragazze interessate a intraprendere percorsi nelle materie Stem suggerisco di non abbassare mai la testa. Bisogna essere preparate a quello a cui si può andare incontro, ma si deve anche imparare a farsi scivolare i commenti di dosso, senza per questo bloccarsi. Essere preparate è la base di partenza, il punto di forza iniziale. Nel mentre mai farsi mettere i piedi in testa, ma cercare di combattere le ingiustizie sia in ambito accademico che lavorativo. Il vento, piano piano, sta cambiando.Testo raccolto da Ilaria Mariotti   

Donne in ambito informatico, “Il coraggio di crederci fa la differenza”

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Alessia Andriulo, analista funzionale per T4V, società di consulenza ICT specializzata in progetti di Big Data Analytics con specifica focalizzazione nelle tecnologie e nelle piattaforme SAS, Cloudera e Microsoft Azure.Sono originaria della Puglia e ho 31 anni. Entrambi i miei genitori sono operai, quindi non ho avuto nessuna influenza da parte loro rispetto al percorso di studi. Una volta terminati gli studi liceali ho voluto proseguire con l’università, e mi sono trasferita a Pisa per studiare Ingegneria Biomedica. Il mondo medico mi ha sempre affascinato, fin da bambina, anche se non dal punto di vista delle responsabilità che fanno parte del lavoro di un medico vero e proprio. Di lì la scelta di questo percorso. In facoltà non ho mai avvertito la presenza di pregiudizi: la discriminazione verso le donne esiste, ma per mia fortuna non l’ho mai sperimentata direttamente in nessun ambito, né accademico, né lavorativo. Credo di essere stata semplicemente fortunata. Ho avuto solo esempi positivi a cui ispirarmi. All’università c’erano professoresse a capo di dipartimenti o team di ricerca che con il loro lavoro riuscivano a fare la differenza, e grazie alle loro competenze non potevano che essere rispettate. L’unica difficoltà che ho riscontrato è stata quella di avere a che fare talvolta con dei limiti, ma che erano miei, non che mi venissero imposti dall’esterno. Ho conseguito il titolo triennale in ritardo, quando mi sono laureata era aprile del 2018. Volevo assolutamente iniziare a lavorare, quindi piuttosto che continuare il percorso di studi ho optato per una maggiore autonomia e indipendenza. Mi sono candidata su LinkedIn per una società di consulenza informatica a Milano e sono stata contattata per un colloquio. Qui ho iniziato il mio primo stage, il 6 giugno dello stesso anno. Non conoscevo il mondo informatico, né quello della consulenza, ma anche in questo caso ho avuto fortuna. Il lavoro mi ha subito appassionato e i miei diretti superiori hanno saputo giudicare il mio operato senza pregiudizi per il fatto di essere donna. La capacità di riconoscere nell’altra persona, donna o uomo che sia, capacità e tenacia è a mio parere direttamente proporzionale all’intelligenza della persona che esprime un giudizio. Mi hanno inserito in un team per lavorare su un applicativo piuttosto conosciuto e diffuso, e dopo quattro mesi firmavo già il mio contratto a tempo indeterminato. Ho cominciato ad amare questo lavoro e a formarmi in questo senso. I miei successi, il mio impegno sono sempre stati riconosciuti non solo verbalmente ma anche con aumenti annuali della Ral. Eravamo un bel team, ma purtroppo il Covid ha un po' rovinato questo mondo. Dal mio punto di vista il lavoro da casa è alienante, soprattutto se si decide di rimanere a vivere in una città come Milano.Dopo tre anni ho così accettato di intraprendere un nuovo percorso lavorativo, e ad agosto del 2021 mi si è aperta una nuova possibilità. Sono stata contatta da un ex collega che mi ha indicato una posizione aperta presso la sua azienda, una società di servizi. Devo dire però che qui non ho ritrovato quell’ambiente socievole e stimolante che avevo lasciato. Pertanto, ho deciso di guardarmi ancora attorno e così sono giunta in T4V. Il contatto è avvenuto attraverso una società di recruiting. Sono entrata a ottobre del 2022 e qui mi sento nuovamente a casa. Ho la possibilità di formarmi ancora e sperimentate una nuova funzione, è stimolante. Il mio team è composto da circa quindici persone che si suddividono tra configuratori e sviluppatori; io sono assegnata al cento per cento su un cliente in ambito retail per il quale svolgo la mansione di analista funzionale. Gli step successivi della carriera prevederanno gestione del team o funzioni più manageriali, ma è prematuro parlarne. Al momento mi sento soddisfatta del mio percorso, sono passati solo cinque anni dal mio stage, e mi sento cresciuta professionalmente e personalmente.Credo che l’affermazione personale dipenda principalmente da noi, dalla voglia di mettersi in gioco, da quanto si desideri investire nella propria formazione. Non è una costante, ma in linea di massima ritengo che la costanza e l’impegno prima o poi vengano ripagati. In ambito professionale ho conosciuto donne che hanno deciso di dedicarsi a fondo alla loro mansione e hanno saputo insegnare, affermarsi e farsi apprezzare. Più in generale, nella vita mi è capitato di imbattermi in tante donne che hanno avuto il coraggio di crederci. Il consiglio alle giovani è quindi di non abbassare la testa. E se dovessero scontrarsi con l’ignoranza della discriminazione, di avere il coraggio di combatterla oppure la forza di cercare un posto diverso, in cui si sappia riconoscere il loro vero valore. Bisogna saper scegliere le proprie battaglie... e capire sempre quanto ne valga la pena! Testo raccolto da Ilaria Mariotti   

Stage e poi assunzione, tutto da remoto: quattro ore di viaggio in meno, tanta flessibilità in più

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Monseff Fidah, 23 anni, oggi con un contratto a tempo indeterminato in T4V.Vivo in un paesino in provincia di Pavia dove i miei genitori sono emigrati più di vent’anni fa: io sono nato e cresciuto in Italia e ho sempre vissuto in bilico tra due culture completamente diverse. Fuori casa cultura per lo più italiana, a casa marocchina. In entrambe ci sono pro e contro e viverle entrambe può essere un’esperienza arricchente: sta a me trovare il percorso giusto e cogliere il lato positivo di tutte e due. Per mia fortuna non ho mai avuto esperienze negative relativamente alle mie origini e sono sempre stato trattato per la persona che sono e non per la cultura di appartenenza. Ho frequentato un istituto tecnico con il percorso informatica e telecomunicazioni a Vercelli: durante quel periodo ho avuto un’esperienza di alternanza scuola lavoro in un’azienda del mio paese consigliata dai miei genitori e amici. Erano circa 200/300 ore con mansioni da ufficio e qualche lavoretto con qualche linguaggio di programmazione. La maggior parte delle ore le ho fatte nei mesi di giugno e luglio del 2017 e le restanti nel luglio 2018.Dopo il diploma non avevo le idee chiare se continuare a studiare e fare l’università, anche perché economicamente non sarebbe stato facile. Ho però avuto la fortuna di trovare dei corsi ITS ICT a Torino che erano gratuiti e duravano due anni: sono stati un connubio perfetto tra studio e esperienza pratica. E grazie a questi corsi ho avuto la fortuna di conoscere la realtà di T4V e cominciare la mia prima vera e unica esperienza lavorativa, prima come stagista e poi come dipendente.Durante il corso ITS ho deciso di non trasferirmi a Torino ma continuare a fare su e giù da Robbio: erano circa 80 chilometri e pagavo 120 euro di abbonamento mensile ai mezzi, spese sostenute dai miei genitori (che mi finanziavano anche i materiali di studio come computer e libri). Questo, però, solo il primo anno nel 2019, perché nel 2020 ho continuato totalmente da remoto causa Covid. Ho studiato per un percorso di Cloud, Big data e IOT, dove ho potuto imparare quasi tutto quello che riguarda il mondo del cloud e come le aziende si stanno spostando e adattando a queste tecnologie. A seconda di come era strutturata la giornata ero impegnato dalle tre alle sei ore al giorno. Ho così consolidato le conoscenze apprese durante le superiori ma ho anche imparato diversi nuovi linguaggi di programmazione e i principali provider cloud come Azure, Aws, Ibm. Ed è stato proprio grazie a questo corso che ho conosciuto T4V!Durante il secondo anno di corso, infatti, è previsto che gli allievi facciano uno stage di 600 ore obbligatorie. Quindi prima del tirocinio i rappresentanti delle aziende vengono di persona durante un Openday a presentare a tutti gli allievi l’azienda. In realtà questo non è successo perché eravamo in pieno Covid! Così, causa restrizioni, gli incontri sono avvenuti tutti da remoto. Le aziende che offrivano gli stage erano quasi tutte con sede a Torino, tranne qualcuna tra cui proprio T4V che già mi aveva incuriosito. Il ruolo che cercavano era inerente al mio corso, la sede era molto comoda – visto che è più vicino a Milano che a Torino – e in più aveva anche il rimborso spese, che non tutte le aziende offrivano [per i curriculari non è obbligatorio per legge, ndr], e  che all’epoca ammontava già a 400 euro mensili – oggi sono addirittura 800!Dopo vari colloqui sono stato contattato per cominciare lo stage da metà febbraio ad agosto 2021, con una breve pausa a giugno per permettermi di svolgere l’esame per il diploma di ITS ICT. Durante lo stage ho iniziato a imparare Linux praticamente da zero grazie alla possibilità di affiancare una delle figure più importanti in azienda per quanto riguarda il cloud. Poi ho imparato gli applicativi principali come docker e kubernetes. Questa è stata la mia prima e vera esperienza lavorativa e visto che sono un ragazzo molto timido il primo giorno di stage è stato molto emozionante! Ricordo che non parlavo molto, ma i ragazzi in ufficio mi hanno accolto benissimo facendomi sentire a mio agio e da subito mi hanno consegnato il pc portatile, lo zainetto e altri gadget aziendali.Rispetto ad altre aziende, la particolarità del mio stage sta nel fatto che tranne la fase iniziale e a eccezione di un giorno a settimana in presenza, il martedì, ho sempre lavorato da casa. Durante il tirocinio, infatti, ero in smart-internshipping e ora lavoro in smartworking. È stata la prima volta che svolgevo un lavoro da remoto e nel mio caso questo è stato un grande vantaggio, soprattutto se si considera che, calcolando tutto il tragitto da casa fino in ufficio, sono due ore esatte di viaggio solo andata. E poi c’è tutta la comodità e flessibilità che dà un lavoro da casa. L'unica pecca è il poco contatto reale con i colleghi e poi certo, dal punto di vista dell'apprendimento, dal vivo è sicuramente più facile imparare.Sono stato affiancato durante tutto lo stage dal mio tutor che mi ha insegnato molto; al termine del tirocinio mi è stato proposto un contratto a tempo indeterminato, che prevede 14 mensilità e una retribuzione lorda di circa 23mila euro l’anno. Ora ho molte più sicurezze per il mio futuro e posso aiutare i miei genitori economicamente: non appena potrò, andrò a vivere per conto mio.Oggi all’interno di T4V sono sistemista informatico, sia linux sia windows, e lavoro con un software specializzato nella raccolta dati, analisi e gestione dati interfacciandomi con diversi clienti che utilizzano questo servizio. Il mio compito principale è quello di controllare e monitorare che questi servizi siano sempre raggiungibili e funzionanti e di intervenire prontamente qualora qualcuno di questi si interrompesse. Grazie al ruolo che ricopro sono a contatto continuo con altre società e questo mi permette di acquisire sempre più nozioni e capacità, sistemistiche e non.Durante il corso seguito a Torino ho conosciuto molti studenti dell’Its Ict: molti di quelli che hanno cominciato il percorso da 600 ore non hanno avuto nessun tipo di rimborso spese per il loro periodo di tirocinio. Può sembrare cosa di poco conto ma per uno stagista è estremamente importante. C’è poi un altro problema: un forte disallineamento tra cosa si impara a scuola e cosa cercano le aziende. Così si finisce che una volta dentro bisogna cominciare da zero un percorso di apprendimento e formazione.Credo che la Carta dei diritti dello stagista della Repubblica degli Stagisti sia molto importante perché racchiude quelli che sono i diritti e doveri di uno stagista. C’è un punto, però, che aggiungerei riguardo alla formazione da remoto: renderei obbligatoria la formazione in presenza almeno per i primi due mesi di contratto. Perché questa è l’unica pecca dello  smart working: il poco contatto reale con i colleghi.Non avere fretta e accettare di non poter avere tutto e subito: è il consiglio che mi sentirei di dare ad altri giovani che volessero provare a intraprendere il percorso professionale che ho fatto io. A me piacerebbe continuare a lavorare e imparare nell’ambito sistemistico: c’è molta strada da fare.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Alla Corte di Giustizia Ue stage «multiculturale», ma il rimborso non è così alto come potrebbe sembrare

La Corte di Giustizia dell'Unione europea offre ogni anno circa 260 posti per tirocinanti europei con un buon rimborso spese: più di 1400 euro mensili. L'avvio degli stage per chi farà domanda (entro il 15 settembre) e verrà selezionato è previsto per marzo 2024. Vittorio Quartetti, 28 anni, ha partecipato al progetto quest’anno e ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza in Lussemburgo.Sono nato a Cirié, in provincia di Torino, e in tutta la mia carriera accademica l’Unione Europea è stata una sorta di stella polare che ha contraddistinto gran parte delle mie attività. E non poteva essere altrimenti per una persona nata il 9 maggio, anniversario della dichiarazione Schuman e giornata dell’Europa!Ho frequentato il liceo linguistico, ma non ero assolutamente conscio di quanto le lingue straniere avrebbero impattato sul mio futuro. Dopo ho scelto la facoltà di giurisprudenza all’università di Torino con un percorso accademico all’insegna dell’internazionalità, con esami di diritto francese e dell’Unione europea e ho fatto  l’Erasmus a Nizza, in Francia.Lì sono rimasto un anno, tra il 2018 e il 2019, ed è cambiato tutto. Ero al quarto anno universitario e ho partecipato a un programma valido solo per gli studenti di giurisprudenza con una laurea magistrale a ciclo unico che consente di ottenere al termine del programma due titoli, quello magistrale in giurisprudenza e la laurea triennale francese (Licence de droit, économie, gestion - mention droit et science politique). Si partecipa facendo domanda per il programma Erasmus: così ho frequentato l’università Sophia Antipolis di Nizza, con un rimborso ottenuto in parte dal mio ateneo in parte dal programma Erasmus per un totale di circa 3mila euro. Sono rimasto affascinato dalla pragmaticità del mondo universitario francese, così diverso da quello italiano, più teorico e astratto. Ho cercato di accedere agli studentati, ma non ci sono riuscito e, quindi, ho dovuto sceglierne uno privato: pagavo 500 euro al mese più le spese di energia elettrica mai sopra i 15 euro mensili. Tornato in Italia ho continuato l’università e nel luglio 2021 ho svolto il mio primo stage curriculare, della durata di un mese, presso Villa Vigoni, il Centro italo-tedesco per il dialogo europeo sul Lago di Como. Fondato nel 1986 dalla Repubblica Federale Tedesca e dalla Repubblica Italiana, ha lo scopo di promuovere e rafforzare le relazioni italo- tedesche in prospettiva europea. Non avevo un rimborso spese, ma l’alloggio gratis  per tutta la durata del tirocinio. Ho collaborato con la casa editrice “Villa Vigoni Editore” con vari compiti: dalla revisione di bozze all’assistenza all’ufficio stampa, dalla traduzione di testi in italiano, tedesco e inglese, alla partecipazione a eventi culturali come lo  Studentenforum.Terminato il tirocinio, a settembre 2021 ho cominciato un altro stage, di 12 mesi, presso Italian Tech Alliance, associazione che rappresenta le istanze di venture capital e corporate, business angels, family office, startup e Pmi innovative. Avevo un rimborso spese di circa 650 euro al mese e vari compiti tra cui il monitoraggio e analisi delle politiche nazionali ed europee in materia di sostegno dei fondi di investimento e l’assistenza ad attività di advocacy e lobbying svolte con politici italiani ed  europei. Ho anche avuto l’opportunità di rappresentare l’associazione presso diversi enti pubblici nazionali/europei e stakeholders per l’attuazione di progetti di riforma legislativa nel campo degli investimenti innovativi.Prima di questi stage ho cominciato ad aprile 2021 una collaborazione occasionale di circa sei mesi con Argo Business Solutions, società specializzata in servizi e soluzioni nell’ambito della sicurezza digitale con sede a Torino, per la  stesura di articoli in materia di Regolamento generale Ue sulla protezione dei dati. In questo caso venivo pagato circa 600 euro netti.In tutto questo tempo ho continuato a vivere a Cirié, facendo il pendolare su Milano: la mia presenza fisica era richiesta solo due o tre volte a settimana, il resto era  in smart internshipping. È stata senza dubbio un’esperienza formativa perché sono entrato in contatto con tanti attori dell’ecosistema dell’innovazione italiana ed europea. Da parte di Italian Tech Alliance c’era la disponibilità di continuare con un contratto, ma circa tre mesi prima della scadenza dello stage sono stato selezionato da ben due istituzioni europee: era il mio sogno e ho subito accettato questo cambio di rotta.Nonostante stessi frequentando lo stage, infatti, il mio obiettivo era quello di fare un’esperienza all’estero, così tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 ho inviato diverse application ai principali organi dell’Unione europea: Commissione, Consiglio, Parlamento, Corte di giustizia, Banca centrale e Comitato europeo. Sono stato contattato quasi contemporaneamente sia dalla Corte di giustizia sia dal Comitato europeo delle regioni per cominciare uno stage a giugno dello scorso anno. E considerati i miei studi ho scelto subito la Corte di giustizia.Lo stage è durato in tutto cinque mesi, dall’ottobre 2022 a fine febbraio: sono stato assegnato all’unità stampa con mansioni di gestione della rassegna stampa, della corrispondenza, della redazione di paper legali nell’ambito della giurisprudenza della Corte e revisione dei comunicati stampa in italiano, francese, inglese e tedesco. Questa esperienza mi ha messo in contatto in prima persona con la macchina burocratica della Corte e con le persone che ne fanno parte, permettendomi di acquisire notevoli competenze sia in ambito giuridico, sia di relazioni pubbliche. L’ambiente multiculturale e multilingue è il fiore all’occhiello dell’istituzione: per un ragazzo che ha studiato lingue fin dal liceo è stata un’opportunità unica per parlare una moltitudine di idiomi contemporaneamente. Non nego, però, che all’inizio è stata dura!Il mio tirocinio si è svolto totalmente in presenza e l’unica nota dolente è stata la ricerca di una casa: il rimborso spese all'epoca era di 1.405 euro netti al mese [ora è aumentato a 1.468] e copriva a malapena sia i costi per il vitto sia quelli d’affitto, nel mio caso pari a 1.100 euro per una stanza di appena dieci metri quadrati in un appartamento suddiviso in tre piani. I risparmi del mio stage precedente a Milano mi hanno permesso di limitare al minimo la perdita mensile, perché il Lussemburgo ha un costo della vita molto elevato.La Corte organizza vari momenti di aggregazione a cui può partecipare chiunque dello staff, quindi anche i tirocinanti e nel periodo in cui ero lì ci sono state attività, (perfino un coro!) feste e aperitivi. L’aspetto che in assoluto mi è piaciuto di più è stato il poter vivere in prima persona il lavoro dell’istituzione in un ambiente così dinamico e multilingue. Si incontrano moltissime persone e si ampliano i rapporti personali e professionali.Dopo lo stage ho sostenuto un colloquio per un posto come  assistente alla cellula inglese dell’unità stampa e informazione della Corte, purtroppo senza successo. Ora sto provando diversi colloqui nell’ambito legal e policy Ue con varie realtà di Bruxelles con la speranza di trasferirmi definitivamente. Al momento, quindi, sono tornato a Cirié e nel frattempo lavoro, completamente  in smartworking, come assistente auditor con un contratto di collaborazione occasionale con una società di consulenza in fondi europei indiretti a Milano, Archidata.Certamente un’esperienza come lo stage alla Corte di giustizia europea non può non essere notata in un curriculum e sono certo che possa fare la differenza. E spero di raccogliere presto i frutti di questa magnifica opportunità.I tirocini e le collaborazioni avute in Italia sono state positive per sviluppare le mie competenze, ma il sogno era andare all’estero e quando sono stato selezionato dalla Corte ho capito che era il momento per vivere in una realtà più aperta e multilingue. In Italia c’è poca trasparenza negli annunci di stage, con avvisi di selezione poco chiari, mansioni non dettagliate, informazioni sul rimborso spese completamente assenti. Vale la pena tentare le opportunità come il tirocinio alla Corte di Giustizia in Lussemburgo. Certo, bisogna armarsi di molta pazienza: ho fatto l’application per tre volte. Molti coetanei da tutta Europa ci provano e credo che alla fine per farcela sia necessario far ricorso alla passione  per questo mondo e a tanta tenacia.Marianna Lepore

Istanbul-Milano sola andata: per Sude quattro mesi di stage e poi subito l'assunzione

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Sude Saricimen, 27 anni, oggi con un contratto a tempo indeterminato in T4V.Sono nata a Istanbul, in Turchia, e lì ho trascorso la mia infanzia e poi adolescenza frequentando il liceo scientifico Galileo Galilei. In realtà nessuno dei miei familiari ha un legame con l’Italia, purtroppo! Io però da sempre volevo imparare una nuova lingua, e visto che mio padre è un’amante dell’Italia mi ha sempre spinta a studiare al liceo italiano. Ho fatto un anno di preparatoria per imparare la lingua e poi i quattro anni di liceo. Alcune lezioni erano in italiano, altre in inglese e in turco. Non avevamo, però, abbastanza lezioni per praticare a sufficienza l’italiano e così dopo il diploma ho preso una decisione: proseguire con gli studi universitari trasferendomi in Italia, a Milano. Per i miei non è stato facile accettarlo, ma mi hanno ugualmente sempre supportata.Arrivata in Italia, nel 2015 mi sono iscritta alla facoltà di Scienze Linguistiche per le Relazioni internazionali presso l’università Cattolica. Avevo una borsa di studio che copriva metà delle spese, per cui pagavo 4mila euro l’anno. I primi tempi in Italia sono stati una sfida: mi sono trovata ad affrontare un ambiente completamente diverso, nuove persone, una cultura sconosciuta e la lontananza da casa, dalla famiglia e dagli amici. Tuttavia, sono riuscita a superare queste difficoltà e ad adattarmi a vivere al di fuori della mia comfort zone. Ho vissuto in casa con altri studenti e solo in un secondo momento ho cominciato a vivere da sola.Durante il mio percorso universitario ho approfittato di tutte le opportunità possibili per arricchire la mia formazione. Ho partecipato a diversi corsi curricolari ed extracurricolari. Uno dei momenti più significativi è stata l'opportunità di trascorrere due mesi a Londra per frequentare un corso di Foreign Policy presso la rinomata London School of Economics. Era il 2018 e avevo trovato questa offerta tramite il mio ateneo. Proprio perché partecipavo tramite l’università Cattolica avevo un’agevolazione per il corso. Ancora una volta sono stati i miei genitori ad aiutarmi con le spese e ho risparmiato un po’ visto che mi sono appoggiata a casa di un’amica che già viveva a Londra. Questa esperienza mi ha consentito di immergermi in una nuova cultura, stringere amicizie durature e beneficiare di lezioni interattive che hanno notevolmente contribuito al mio apprendimento. In seguito sempre presso la London School of Ecnomics ho frequentato un corso sulla Data Analysis for Management che mi ha permesso di esplorare il mondo dell’informatica e aiutato a definire il mio percorso professionale. Il corso era online, a causa della pandemia, con uno sconto sulla retta visto che avevo precedentemente seguito un altro corso nella stessa università.Durante gli anni universitari ho anche svolto alcuni stage. Il primo nell’estate 2017 nel dipartimento di Sales&Marketing presso Brunswick Group a Istanbul, da giugno a settembre. Avevo un rimborso spese di circa 900 euro al mese. Avevo trovato da sola il tirocinio tramite i miei contatti a Istanbul e per quei mesi ero tornata a vivere in famiglia. Questa esperienza mi ha fornito una preziosa visione del mondo degli affari e mi ha permesso di acquisire competenze pratiche nel campo delle vendite e del marketing. Due anni dopo, nel 2019, ho svolto un nuovo stage da aprile a giugno presso il Consolato Generale di Turchia a Milano, dove ho approfondito la mia comprensione delle dinamiche diplomatiche e delle relazioni internazionali. In questo caso non avevo un rimborso spese e mi occupavo di traduzione di vari documenti dal turco all’italiano, preparazione documenti ufficiali, legalizzazione di moduli di fatture di esportazione.In quel periodo ho anche lavorato come interprete nelle fiere di Milano, ma senza retribuzione: avevo degli amici che avevano degli stand in fiera e li aiutavo nelle traduzioni con i clienti proprio per fare esperienza di traduzione e migliorare le mie competenze linguistiche.L’anno scorso, ad aprile, mentre stavo scrivendo la tesi di laurea sono stata contattata da un recruiter di T4V. Avevo letto un annuncio su Linkedin e inviato la mia candidatura per la posizione di CRM Salesforce Intern. Dopo il colloquio con l’HR e il manager mi è stato offerto uno stage di quattro mesi con un rimborso spese mensile di 800 euro. Nei mesi di stage mi sono concentrata principalmente sull'obiettivo di ottenere le certificazioni di Salesforce: lavoravo su alcuni progetti sulla configurazione del software. Ho ricevuto un’ottima formazione e ho avuto l’opportunità di collaborare a stretto contatto con il mio manager. Proprio grazie a queste esperienze sono riuscita a ottenere la mia prima certificazione Salesforce in soli tre mesi!Ho scoperto la Repubblica degli Stagisti poco prima di iniziare a lavorare per T4V e ho letto la Carta dei diritti dello stagista: trovo molto interessante la focalizzazione sulla cura e formazione dei tirocinanti. Quando ho iniziato a leggere la RdS mi sono anche imbattuta nella Guida Best Stage, dove era citata anche la mia azienda! Questo mi ha consentito di avere una panoramica più completa su T4V e una visione realistica delle opportunità offerte.Ricordo ancora il mio primo giorno di stage: è stato un mix di emozioni ed eccitazione. Sono stata accolta calorosamente dal team e dal mio tutor che mi hanno fornito tutte le informazioni necessarie per iniziare. Mi hanno fatta sentire parte del team fin da subito e hanno dimostrato un grande interesse nel farmi sentire a mio agio. È stato un momento significativo perché mi ha fatto capire che ero in un ambiente in cui sarei stata supportata nel mio percorso di apprendimento e crescita professionale. Terminato lo stage mi è stato proposto un contratto a tempo indeterminato. Non è stata una  sorpresa: poco prima che finisse il mio periodo di tirocinio, il mio manager mi aveva già accennato la possibilità di assunzione. Così il 29 agosto dell'anno scorso ho firmato il mio contratto a tempo indeterminato con una Ral di circa 23mila euro.Sono stata molto fortunata con il mio stage in T4V: avevo un buon rimborso spese, ero seguita e ho avuto uno sbocco lavorativo. Al contrario di quello che capita a tanti miei coetanei, alle prese con rimborsi spesa non adeguati e durata spesso eccessivamente lunga dei tirocini oltre a un’assenza di supporto formativo.Ai giovani che si apprestano a entrare nel mondo del lavoro consiglio di abbracciare sempre le opportunità che si presentano e di andare oltre la propria zona di comfort. È solo attraverso l’esplorazione e affrontando nuove sfide che possiamo veramente crescere, personalmente e professionalmente.Oggi all’interno di T4V faccio parte del team di CRM come analista programmatrice per il software Salesforce. Le mie responsabilità quotidiane dipendono dal progetto in cui mi trovo. Svolgo attività tecniche come le customizzazioni del software o la preparazione di demo per il cliente, analisi dati e supporto tecnico. Vivo a Monza e il mio contratto mi consente di lavorare in smartworking: è la prima volta che non lavoro all’interno di un ufficio, e questa possibilità mi consente di gestire meglio il mio tempo perché posso organizzare il mio lavoro e la mia vita privata in modo più flessibile. Un giorno a settimana, però, ci ritroviamo tutti in ufficio!Sono ancora all’inizio del mio percorso, e ogni esperienza mi aiuta a sviluppare ulteriormente le mie competenze e a progredire nella mia carriera. Mi piacerebbe continuare a lavorare nel settore informatico e crescere professionalmente, e per il momento non penso di lasciare l’Italia. Tuttavia sono aperta a nuove opportunità e avventure: l’espansione delle mie esperienze può solo arricchirmi ulteriormente!Marianna Lepore

Amare le materie umanistiche non esclude un talento per quelle scientifiche: “Ecco come convivono le mie due anime”

La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso di studi in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Repubblica degli Stagisti racconta questo mondo in questa rubrica, Girl Power, attraverso la voce di donne innamorate della scienza e fortemente convinte che, in campo scientifico ancor più che altrove, di fronte al merito non ci sia pregiudizio che tenga. La storia di oggi è quella di Daniela Senatore, Data scientist per Booster Box, società di marketing digitale che fa parte dell'RdS network. Non credo di aver mai avuto un unico sogno nel cassetto. Mi immaginavo nelle vesti di avvocata o di giornalista, altre volte di astronoma. Queste aspirazioni così diverse hanno reso tormentata la mia scelta universitaria! Prima Beni culturali all’università di Salerno, che mi sembrava la naturale prosecuzione degli studi liceali. Poi Scienze della comunicazione. Mi attraevano il giornalismo e l'editoria, ma anche la comunicazione pubblica di cui avevo sentito parlare. Niente lasciava presagire però quello che sarebbe successo, e cioè che sarei invece diventata una Data scientist! Sono nata nel 1987 a Cava de’ Tirreni, a pochi chilometri dalla costiera amalfitana, e sono cresciuta sicura che la matematica non facesse per me. Avevamo una casa piena di libri, e forse questo mi ha influenzato. Mi sentivo più sicura con le materie umanistiche, e così avevo fatto al liceo classico. In effetti ero brava in italiano e mi piaceva epica, mentre tentennavo di più nelle materie scientifiche. Fatto sta che alla fine mi sono laureata alla triennale in Scienze della comunicazione, per poi iscrivermi alla magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa. Mentre ero alla triennale, ho svolto il servizio civile presso l’ufficio stampa della Provincia di Salerno. Ho imparato tanto di comunicazione istituzionale con un gruppo con cui ho condiviso lavoro e risate, e a cui sono ancora legata. E poi prendere il treno e ammirare il mare dall’alto della ferrovia era un sogno. Alla magistrale invece ho collaborato con un Osservatorio di ricerca sulle politiche giovanili all’università di Salerno tramite una borsa di ricerca. Mi sono avvicinata ai temi dell’e-governance e dell’e-partecipation, quei processi di governo e decisionali fondati sul coinvolgimento di tutte le parti in causa. Ma il vero punto di svolta è arrivato con la tesi magistrale, quando mi hanno proposto di analizzare la comunicazione social, in particolare su Twitter, di alcuni ministeri. Erano gli anni di discussione sui big data e sulla nascente figura del Data scientist. Più andavo avanti, più mi rendevo conto che mi sarebbe piaciuto occuparmi di social network analysis da una prospettiva tecnica oltre che sociologica. Quando mi sono laureata – con il massimo dei voti e menzione, nel 2015 – quel pensiero del Data scientist, con il suo mix di competenze, mi incuriosiva sempre di più. E spaventava al tempo stesso: come potevo col mio background umanistico affrontare una sfida così lontana da me? Ho scoperto che all’università di Pisa si teneva per il secondo anno il master di II livello in Big Data Analytics & Social Mining e la cosa che mi aveva stupito era che il master era aperto a tutte le lauree. È la mia occasione, ho pensato. Mi sono approcciata lì per la prima volta alle famigerate materie Stem: algoritmica, statistica, machine learning, sentiment analysis e così via. La classe era eterogenea sia per genere che per provenienza di studi e durante il tirocinio per la tesi ho esplorato le tematiche prettamente tecniche del web semantico, Linked Open Data, Dbpedia italiana e Wikidata. Tante volte non mi ero sentita all'altezza ma mi sono infine resa conto che senza i miei studi precedenti di semiotica, linguistica e analisi testuale, non avrei compreso la tematica a 360 gradi. Dopo il master mi si è presentata l’occasione di Booster Box, azienda di marketing digitale di Pietrasanta che era in cerca di un Data scientist. Sono stata assunta nel 2017, e il contratto a tempo indeterminato è arrivato dopo pochi mesi. Il mio primo progetto consisteva nell’automatizzare la creazione delle campagne su Google Ads spazzando via ore e ore di lavoro su Google Sheets. Mi sentivo ancora acerba. Il gruppo di lavoro era di sole quattro persone, ero l’unica del team tech e anche l’unica donna. Ma non ho sofferto la differenza di genere con i miei colleghi. Sono riuscita a lavorarci bene, e con il tempo abbiamo imparato a rispettare i nostri difetti e pregi. Viaggiamo su binari paralleli, ma ci sono tratte in cui i binari si incrociano e ciò ci consente di collaborare. Ora il team tech è di cinque persone e la sensazione a sei anni di distanza è sempre di un ambiente dove circolano costantemente nuove idee e energie.Contestualmente, qualcosa è successo anche nella mia vita privata. Nel 2019 mi sono sposata e nel 2021 sono diventata mamma! Si può dire che in Booster Box io sia diventata adulta. Mi sono assentata dal lavoro quasi un anno. Non un anno qualunque, bensì quello in cui l’azienda ha attraversato una vera e propria trasformazione raddoppiando il numero dei dipendenti. Appena rientrata mi sono sentita spaesata, ma i miei colleghi mi hanno messo nelle condizioni di metabolizzare il tutto e di recuperare velocemente.Al contempo, dovevo gestire le mie nuove esigenze personali. Con lo smart working e la flessibilità che l’azienda mi ha garantito, ho capito quali strade seguire per gestire il quotidiano e i progetti di cui ero responsabile. Dopo poco l’ingranaggio ha iniziato a girare e anzi, l’essere diventata mamma ha avuto un impatto positivo sulla mia produttività e sulla mia capacità di risolvere problemi. Da parte dell'azienda inoltre non c'è mai stato nessun tipo di freno. Adesso trascorro le mie giornate lavorative a programmare e scrivere codici. Mi piace la logica modulare di scomposizione del problema in tante componenti più piccole, così come mi piace ancora scrivere testi e perdermi in ragionamenti più speculativi. Queste due mie anime hanno fatto pace l’una con l’altra e convivono pacificamente. A volte prevale una e a volte l’altra. La ritengo una grande ricchezza perché adesso vedo il mondo da più punti di vista. E poi i miei studi umanistici mi aiutano quando devo comprendere le esigenze altrui per poi tradurle in requisito tecnico. Quello che mi sento di consigliare ai ragazzi è di non ancorarsi a rigide definizioni di se stessi e delle proprie attitudini, ma di mettersi in discussione e sperimentare strade nuove. A me piacevano le materie umanistiche, ma non era detto che non potessi essere brava anche in quelle scientifiche. È così facendo che si aprono altri scenari per esprimere al meglio il proprio potenziale.Testo raccolto da Ilaria Mariotti