Tre mesi di congedo paternità in Nestlé, un “tempo regalato” prezioso per tutti: il racconto di Edoardo Cavalcabò

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 22 Mag 2025 in Storie

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«Il mio primo mese di congedo di paternità è stato focalizzato sul nuovo arrivo, e moltissimo sul supportare mia moglie; il secondo, sull'essere papà; e il terzo sulla famiglia, per goderci tutti e tre al massimo questo tempo regalato». È il racconto di Edoardo che l'anno scorso, a 33 anni, è diventato papà per la prima volta: «Essere a casa in due ha voluto dire poterci supportare reciprocamente, parlare, condividere. Ci sono anche degli studi che dicono che la presenza attiva dei papà nei primi mesi riduce la possibilità di depressione postpartum e di baby blues nelle mamme! E adesso mi capita di incontrare amici con figli che mi dicono: si vede che sei stato a casa tre mesi, hai imparato a gestirti questo pupo con la mano sinistra!».

In Italia il congedo di paternità esiste da quattordici anni. Quando diventano padri, gli uomini che hanno un impiego subordinato (cioè che non sono autonomi, indipendenti, imprenditori, liberi professionisti…) possono oggi godere di dieci giorni di astensione dal lavoro pagati dall'Inps al 100%, usandoli a piacimento, anche spezzettati, nei cinque mesi successivi alla nascita – e anche nei due mesi precedenti, volendo. Il ministero della Famiglia spiega sul suo sito che l'obiettivo «è ottenere una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne e permettere una precoce instaurazione del legame tra padre e figlio».

In realtà l'equa ripartizione delle responsabilità in famiglia è ancora un miraggio: dieci giorni di paternità contro cinque mesi (circa 150 giorni) di maternità sono, oggettivamente, quasi uno scherzo. Inoltre il congedo di paternità italiano ha una storia travagliata: introdotto con ritardo rispetto a tanti altri Paesi avanzati, a lungo è rimasto «sperimentale», con la spada di Damocle dei fondi che ogni anno dovevano essere reperiti per non far cancellare la misura (per fortuna dal 2022 il finanziamento è diventato strutturale).

Soprattutto, la durata di questo congedo aumenta a passo di lumaca. Ci sono voluti undici anni, dal 2012 al 2022, per passare da uno a dieci giorni. Che sono ancora, ovviamente, troppo pochi. E lì poi ci siamo fermati: pur dichiarando di voler supportare le famiglie e la natalità, l'attuale governo non ha mai messo risorse per allungare il congedo di paternità, malgrado le numerose proposte di legge sul tavolo (a cominciare da quella a prima firma Lia Quartapelle) e le prese di posizione pubbliche di ricercatori e attivisti che continuano a sottolineare quanto questo strumento sia centrale per favorire la parità di genere. Tra le pubblicazioni più recenti, imperdibile il saggio Genitori alla pari di Alessandra Minello e Tommaso Nannicini (ed. Laterza); il tema è caldo, e per esempio poco più di un mese fa a Rimini è andato in scena un evento pubblico espressamente dedicato alla «nuova paternità», Parola ai padri”,  ideato dallo startupper, esperto di comunicazione e papà di gemelli Carlo Crudele.

congedo paternità Baby Leave NestléIn altri Paesi – non solo al Nord Europa, ma anche in Spagna per esempio – la genitorialità condivisa è già realtà, anche grazie a leggi inclusive e congedi paritari. Per fortuna in Italia, in attesa che lo Stato si metta al passo, ci sono aziende che si muovono autonomamente.

Perché altrimenti la frase riportata all'inizio dell'articolo non avrebbe senso: come potrebbe un papà raccontare di un congedo lungo tre mesi, se in Italia non dura che dieci giorni? Il mistero è presto svelato: l'Edoardo citato è Edoardo Uberto Cavalcabò, e lavora come manager nella comunicazione di Nestlé Italia. Azienda attenta ai dipendenti (e parte del network di imprese virtuose della Repubblica degli Stagisti fin dagli albori, ormai 16 anni fa!), Nestlé offre un congedo di paternità chiamato “Baby Leave” che dura effettivamente tre mesi, pagati al 100%.

Tutti i padri – e anche le mamme non gestanti delle coppie LGBTQ –, in qualsiasi sede e funzione di Nestlé lavorino, sono incoraggiati a prenderlo. Nel 2024, dopo aver lavorato a lungo alla comunicazione della nuova policy, è venuto anche per Edoardo Cavalcabò il momento di usufruirne in prima persona. «Con mia moglie abbiamo avuto un'esperienza positiva al 100%... Anche perché il nostro bimbo ha sempre dormito di notte: ci è andata bene! Ci piace pensare che sia stato merito anche del fatto che fossimo in due». 

congedo di paternità Baby Leave NestléSposato con un'architetta di origini partenopee, Edoardo Cavalcabò [qui accanto, col suo bambino in spiaggia proprio nel periodo di Baby Leave] si sente doppiamente fortunato. Innanzitutto perché «nel momento in cui abbiamo detto “cerchiamo” siamo stati graziati, è venuto subito. Siamo ben consapevoli che non per tutti è così». E poi perché ha potuto vivere i primi mesi di paternità appieno, in famiglia, staccando completamente dal lavoro.

La Baby Leave di Nestlé, che si attesta tra le policy aziendali più generose in Italia in materia di congedo, esiste dal 2022: è stata anche premiata dalla Repubblica degli Stagisti con l'AwaRdS speciale “Gender equality & work-life balance”, e ancor più di recente raccontata in un report dal titolo "Verso una genitorialità condivisa, L'esperienza delle aziende con il congedo di paternità" pubblicato dal think tank TortugaDa quando è stata attivata, 220 dipendenti di Nestlé sono diventati papà – e quindi potenziali “babyleavers”. A prendere il congedo sono sono stati in 190, vale a dire oltre l’85%. Il tasso di utilizzo è in continua crescita e nel 2024 ha superato il 95%, con una durata media di due mesi. 

Il video di lancio dell'iniziativa all'interno di Nestlé aveva come protagonisti quattro dipendenti che al momento delle riprese erano prossimi alla paternità, più una dipendente prossima alla maternità, riuniti in una stanza davanti a una telecamera. «Avevamo chiesto loro di raccontarci che emozioni provassero per l'arrivo imminente del figlio, e a un certo punto buttavamo lì: se ti dicessimo che avrai tre mesi per stare a casa e dedicarti alla nuova famiglia? Così abbiamo svelato la nuova misura, riprendendo le loro reazioni. Il video è venuto particolarmente bene perché è proprio... vero». Alla fine si sente dipendente col pancione alla fine dire “ed è... per i dipendenti Nestlé” – senza bisogno di altre parole, si capisce che sta realizzando (con un po' di comprensibile rimpianto) che il suo partner, lavorando da un'altra parte, non ne potrà usufruire. Quel video, racconta Cavalcabò, è stato usato moltissimo «in tavole rotonde e workshop con anche altre aziende».

stage lavoro congedo paternità Nestlé Baby LeaveL’impegno di Nestlé infatti mira a un impatto sistemico: «Dalle esperienze nascono i movimenti, e dai movimenti nascono i cambiamenti culturali e legislativi. Attraverso il nostro esempio vogliamo spingere a un cambiamento sul congedo di paternità, che speriamo prima o poi possa avvenire». Anche perché una maggiore condivisione dei lavori di cura e parità nei congedi è l'unico antidoto contro la discriminazione che le donne in età fertile ancora subiscono nel mercato del lavoro – indipendentemente da se abbiano o no già figli, indipendentemente da se ne vogliano.

Nestlé è impegnata quindi in «un confronto continuo con le altre aziende: da quelle più evolute di noi proviamo a rubare, in senso positivo, ogni idea più avanguardista». Il dialogo coinvolge anche la filiera di fornitori e clienti, che «ovviamente è fatta di anche tante aziende medio piccole, per le quali una misura come questa è più difficilmente sostenibile. Però lavoriamo anche con tanti gruppi con le spalle belle larghe». Laddove i team sono più larghi, si riesce ad assorbire meglio il contraccolpo di una persona con competenze già consolidate (dato che mediamente si diventa padri dopo i trent’anni) che si assenta per alcune settimane, trovando il modo di spartire le mansioni tra chi resta in ufficio.

Ultimo dettaglio, «la Baby Leave non prevede che si prenda il congedo di paternità sul finire del congedo di maternità della mamma, per “facilitarla” nel suo rientro» puntualizza Cavalcabò. E c'è una ragione precisa: «Per come la concepiamo noi, la misura deve supportare la mamma nel momento di crollo di ogni equilibrio, e cioè l'inizio: l'arrivo del bimbo. Vuol dire dare la possibilità ai due genitori – se ci sono due genitori – di vivere insieme in maniera intensa le prime settimane di vita del bambino». Una posizione sostenuta da una robusta letteratura scientifica che comprova i benefici del congedo vissuto insieme sia a livello di consolidamento della coppia, sia a livello di costruzione del rapporto padre-figli, sia per porre le basi per una equa spartizione delle attività di cura anche post-congedo.

Oggi il figlio di Edoardo Cavalcabò ha quattordici mesi; va al nido da quando ne ha dieci. La mamma architetta ha ripreso a lavorare concordando con lo studio, per ora, un part-time. Lui a fine marzo di quest'anno è stato nominato Head of Corporate Communication & Public Affairs del Gruppo Nestlé, entrando a fare parte del management board. E pensare che poco più di un anno prima sua moglie temeva che prendere il Baby Leave per intero avrebbe potuto nuocere alla sua carriera: «Era scettica rispetto a questi tre mesi, mi diceva: no dai, dopo un mese torna, se no ti penalizzano». Invece poi la scelta è stata quella di godersi il congedo «dal primo all'ultimo giorno». Le penalizzazioni professionali non si sono mai verificate – anzi. E in più, il team Comunicazione è cresciuto e si è fortificato nei tre mesi senza capo presente.

Dopo la full immersion del congedo, in cui ha sperimentato il pacchetto completo – condividendo equamente pannolini da cambiare, ninnananne («le prime due volte che mi è capitato di addormentarlo da solo tremavo, mi dicevo: ne sarò capace?»), visite dal pediatra, bagnetti («alle brutte esci stanco morto e fradicio, ma divertito!») – Edoardo Cavalcabò adesso è a tutti gli effetti un papà “alla pari”. E fiero di esserlo.

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