Conteggiare gli assunti post stage, le difficoltà non diventino scuse per tenere i cittadini al buio

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 01 Ott 2021 in Approfondimenti

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Contare correttamente le assunzioni post stage è difficile, è vero. Perché gli stage partono in ogni momento dell’anno, hanno durate diverse, e a volte – anzi, molto spesso –“scavallano” da un anno all’altro.

Inoltre, le assunzioni non sono tutte uguali: è ben diverso ottenere un contratto a tempo indeterminato dopo uno stage dall’ottenere un contratto di pochi giorni. Quali contratti allora vale la pena conteggiare? Quando si può considerare che un contratto “valga” è una decisione significativa.

Alcune assunzioni poi non avvengono immediatamente: possono passare settimane, mesi, a volte perfino anni prima che lo stagista venga assunto. Quanto indietro si decide di voler andare – quanto lungo si permette che sia il tempo intercorrente tra la conclusione dello stage e l’avvio del contratto di lavoro, quello che si potrebbe definire il “periodo di intervallo” – è un altro fattore non indifferente quando si raccolgono i dati.

E ancora, bisogna capire se per “assunzione post stage” si intende strettamente l’assunzione nello stesso posto in cui è stato svolto il percorso di formazione (circostanza che il ministero del Lavoro definisce “presso stesso datore”, che noi qui sulla Repubblica degli Stagisti a volte per brevità chiamiamo “assunzioni omologhe”) o se si vuole prendere in considerazione il semplice fatto che l’ex stagista abbia ottenuto un contratto di lavoro: il ministero definisce queste come “assunzioni presso datore differente” (noi le chiamiamo “eterologhe”).

Infine, per definire un periodo di riferimento bisogna decidere se considerare la data di avvio del tirocinio, oppure la data della sua conclusione.

Il modo più facile e intuitivo per calcolare la percentuale di assunzione post stage è prendere tutti gli stage attivati in un certo anno solare (quindi dal 1° gennaio al 31 dicembre) e “seguire” ciascuno di questi stage per vedere che esito ha avuto. Una cosa che, grazie al sistema delle Comunicazioni obbligatorie, si può – potrebbe – fare tranquillamente per tutti i tirocini extracurricolari (mentre per i curricolari no, perché essi sono esclusi dall’obbligo di CO e di fatto, ahinoi, non vengono tracciati né monitorati).

Posto dunque che la rilevazione si può fare, bisogna decidere quando effettuare – e chiudere – la raccolta dei dati. Non è così facile come potrebbe sembrare. Il problema è infatti che, essendo la durata media dei tirocini extracurricolari di circa 6 mesi, ed essendo che la durata massima prevista dalle varie normative è quasi sempre 12 mesi, una parte rilevante dei tirocini attivati in un dato anno va a terminare nell’anno successivo. E non solo nei primi mesi dell’anno: vi possono anche essere tirocini attivati in un certo anno che terminano nell’estate o addirittura nell’autunno dell’anno successivo. Senza dimenticare che i tirocini per disabili o per categorie di persone particolarmente fragili – meno numerosi, certo, ma comunque esistenti – possono durarne addirittura 24, di mesi.

Vuol dire che, per poter essere certi di offrire un dato completo ed esaustivo, queste rilevazioni dovrebbero essere effettuate a oltre un anno di distanza dal termine del periodo indagato: per seguire con esattezza l’esito occupazionale dei tirocini attivati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2020 dovremmo attendere il 1° gennaio 2022, e poi ancora la finestra (sessanta giorni? Novanta? Di più?) stabilita per il periodo di “intervallo” tra la fine dello stage e l’avvio del contratto di lavoro, per poter registrare anche le ultimissime potenziali assunzioni; e solo allora interrogare il database ed estrapolare i dati.

Il pro di questo scenario è l’accuratezza: a quel punto avremo una fotografia precisissima dell’esito di tutti-tutti gli stage del 2020 dal punto di vista dello sbocco lavorativo – praticamente mancherebbero solo pochissime eventuali assunzioni di stagisti disabili e/o svantaggiati. Il contro è il tempo intercorso, che rende i dati un po’ “vecchi” già al momento della loro pubblicazione, e non permette di fare analisi tempestive dell’efficacia dello strumento stage.

Noi vorremmo moltissimo che il ministero offrisse questo tipo di analisi esaustiva; e poiché il Rapporto sulle comunicazioni obbligatorie esce ogni anno a maggio-giugno, dunque già 5-6 mesi in ritardo rispetto ai dati che presenta (che si riferiscono, ovviamente, all’anno precedente), non ci sembrerebbe così drammatico dover aspettare 8-9 mesi in cambio di un bel focus sui tirocini che fornisse ogni anno un quadro esaustivo delle assunzioni post stage.

In alternativa, per non aspettare troppo, si può tenere come punto di riferimento un solo anno solare e fornire tre dati specifici: il numero di tirocini attivati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di un dato anno (poniamo, il 2020), e poi il numero di contratti stipulati in quell’anno a seguito di uno stage, suddividendo questo dato in due tranche: i contratti che sono scaturiti da uno stage attivato e concluso in quello stesso anno (nel nostro esempio, il 2020), cioè la fattispecie che noi della Repubblica degli Stagisti abbiamo ribattezzato “assunzioni in doppietta”, e i contratti scaturiti invece da uno stage attivato l’anno precedente (sempre seguendo il nostro esempio, il 2019) e concluso nel 2020, oppure negli ultimi mesi del 2019 (in coerenza con il periodo di intervallo stabilito).

Una rilevazione di questo tipo potrebbe essere svolta in tempi più brevi: basterebbe attendere che passi il periodo di intervallo – cominciando a contare dal 31 dicembre – per poter intercettare le assunzioni relative a stage conclusi a novembre-dicembre 2020: quindi di fatto a primavera 2021 potrebbero già esserci i risultati, senza bisogno di attendere addirittura il 2022.

Inevitabilmente una parte dei tirocini 2020, quella dei tirocini “scavallanti” nel 2021, resterebbe fuori da questa rilevazione. Ma le nuove rilevazioni di anno in anno “recupererebbero” comunque le informazioni andate perse nell’anno precedente, fornendo un quadro esaustivo e chiaro, e rimandando alla rilevazione successiva per le informazioni sulle persone che, al momento della chiusura della raccolta dei dati, non avevano ancora terminato il proprio stage.

In entrambi i casi, noi pensiamo che sarebbe opportuno fornire separatamente i dati sulle assunzioni “presso stesso datore” e quello sulle assunzioni “presso datore differente”: l’efficacia occupazionale di uno stage risulta chiaramente validata in maniera incontrovertibile da un’assunzione presso lo stesso datore, ma è vero anche che se subito dopo uno stage la persona viene assunta da un’altra parte, è verosimile che le competenze acquisite durante quello stage abbiano pesato.

Ci sembra però inappropriato considerare come un buon esito di “assunzione post stage” un’assunzione avvenuta troppo tempo dopo la fine dello stage in questione. Ecco perché la scelta del ministero del Lavoro, che abbiamo scoperto e rivelato in questo approfondimento, di definire e considerare come assunte “a seguito di una precedente esperienza di tirocinio”  tutte le persone assunte in un certo posto in cui nei tre anni precedenti abbiano/avessero effettuato un tirocinio – ripetiamo: nei tre anni precedenti – ci appare arbitraria ed eccessivamente generosa.
Il nostro avviso è che dovrebbero essere conteggiate solo le assunzioni avvenute nei primi sessanta (o al massimo-massimo novanta) giorni dopo la fine del tirocinio.

Inoltre, risulta imprescindibile non solo rendere esplicito con quale tipo di contratto le assunzioni di stagisti vengono effettuate, ma anche specificare all’interno del grande insieme dei “contratti a tempo determinato” quali sono quelli che stanno al di sotto e al di sopra di una determinata durata, per evitare di conteggiare nello stesso modo contratti di una settimana e contratti di 12 mesi. Qui il nostro suggerimento è quindi che il ministero dettagli, nel report di questa rilevazione, il numero di contratti a tempo determinato separandoli per tranche di durata – eventualmente accorpando tra loro un contratto di durata breve cui sia seguita immediatamente una seconda CO con un altro contratto a favore della stessa persona da parte dello stesso datore di lavoro.

Le difficoltà nel tracciare gli stage che “scavallano” da un anno all’altro, insomma, non dovrebbero essere usate come alibi per continuare a tenere i cittadini all’oscuro dei dati sull’esito occupazionale dei tirocini in Italia. Moltissimi giovani (e non solo giovani) vedono in questo strumento proprio una via per trovare lavoro: dar loro i numeri precisi su quanto spesso in effetti il tirocinio si trasformi in un contratto è davvero il minimo.

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La foto di apertura è di Trent☮n Hampton tratta da Flickr in modalità Creative Commons

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