Quanti vengono assunti dopo uno stage curricolare? Non si sa

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 28 Set 2021 in Approfondimenti

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Se la risposta alla domanda “Quante probabilità ci sono di venire assunti dopo uno stage extracurricurricolare?”, con un po’ di fatica e di approssimazione, si può trovare… La stessa domanda declinata sui tirocini curricolari resta invece senza risposta.

I tirocini curricolari sono quelli che vengono svolti durante un percorso formalmente riconosciuto di istruzione e formazione: i più frequenti sono quelli fatti da studenti universitari, studenti di master post-laurea, e studenti di corsi di formazione / professionalizzanti post-diploma o post-laurea. Secondo una circolare del ministero del Lavoro del settembre 2011 sono definibili come curriculari tutti gli stage che soddisfino contemporaneamente questi criteri: l’ente promotore è un’università o un ente di formazione abilitato al rilascio di titoli di studio; il soggetto beneficiario è uno studente di scuola superiore, università, master e dottorati universitari, o un allievo di istituti professionali e corsi di formazione; lo stage è svolto durante il percorso di studio, anche se non direttamente correlato all’acquisizione di crediti.

(Andrebbero quindi inseriti in questo gruppo anche i brevissimi periodi – da una a tre settimane solitamente – di alternanza scuola lavoro degli studenti di scuola superiore; ma considerando che la stragrande maggioranza di questi ragazzi è minorenne, noi preferiamo tenere i due segmenti separati).

Il grande problema dei tirocini curricolari è che sono un buco nero. Letteralmente. Nessuno li monitora, nessuno raccoglie dati sul loro svolgimento. Non esiste nemmeno un numero preciso totale di quanti di questi tirocini vengano attivati ogni anno in Italia: noi della Repubblica degli Stagisti calcoliamo che possano essere tra 150mila e 200mila ogni anno, ma si tratta appunto di una stima.

Questo accade perché i tirocini curricolari sono (assurdamente!) esentati dalla procedura di CO, la “comunicazione obbligatoria”. Secondo quanto prescritto dal ministero del Lavoro dal febbraio del 2007 attraverso la nota prot. 13 / SEGR / 0004746, a differenza degli altri i tirocini quelli curriculari non devono essere comunicati ai centri per l’impiego attraverso le CO. E pertanto sfuggono quindi a una delle poche rilevazioni sistematiche svolte dallo Stato sul numero e la destinazione dei tirocini.

La decisione è frutto di un ripensamento rispetto a una precedente indicazione che lo stesso ministero del Lavoro aveva divulgato soltanto un mese prima (cioè nel gennaio del 2007), ripensamento spiegato così: «Perplessità sono emerse circa l’opportunità di estendere l’obbligo anche a quelle esperienze previste all’interno di un percorso formale di istruzione o di formazione, la cui finalità non è direttamente quella di favorire l’inserimento lavorativo, bensì di affinare il processo di apprendimento e di formazione. Pertanto, alla luce del suesposto criterio interpretativo, basato su esigenze di monitoraggio e di prevenzione del lavoro irregolare, rivedendo il primo orientamento, si ritiene di escludere l’obbligo di comunicazione per i “tirocini promossi da soggetti ed istituzioni formative a favore dei propri studenti ed allievi frequentanti, per realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro”». Questa formulazione è stata negli anni interpretata in maniera estensiva esonerando non solo le scuole per l'attivazione dei “mini” tirocini di alternanza scuola-lavoro (oggi pcto), ma anche le università.

Già se questa esenzione fosse stata limitata ai tirocini di durata inferiore alle 200-250 ore (5-6 settimane), essa sarebbe stata molto più ragionevole. Invece, per come è formulata e per come è stata applicata negli ultimi 14 anni, ha completamente impedito qualsivoglia monitoraggio dei tirocini curricolari.

In alternativa, basterebbe che il ministero dell'Istruzione e Università si muovesse e approntasse un modo per raccogliere ogni anno i dati direttamente dai soggetti promotori di questi tirocini. Ma anche questo non viene fatto.

Si può aggiungere a tutto questo, per amore di precisione, che Unioncamere indica nel suo rapporto Excelsior il numero di laureandi – quindi studenti universitari, ergo destinatari di tirocini curricolari – che fanno ogni anno stage nelle imprese private italiane: peccato che li accorpi con i laureati, rendendo letteralmente impossibile conteggiare i tirocini extracurricolari dei laureati da quelli curricolari dei laureandi. Il gruppo “laureandi e laureati” contava nel 2019 104.190 stagisti sui 231.120 totali analizzati da Unioncamere, di cui 38.150 poi assunti. Ma è ignoto quanti di questi 104mila e 38mila provenissero da un’esperienza di tirocinio curricolare e quanti da una di tirocinio extracurricolare.

Dunque, insomma: niente dati sui curricolari. Ne discende che, non venendo in alcun modo tracciati, resti completamente indeterminato anche l’esito di questi tirocini dal punto di vista occupazionale.

Si può obiettare che, quando si parla di curricolari, il focus non sia sulla possibilità di essere assunti dopo lo stage, bensì debba essere spostato sulla qualità dell’esperienza formativa, e semmai con la coerenza tra il progetto formativo e il piano di studi.

Non è completamente vero. Nel grande gruppo dei curricolari ci sono almeno due segmenti di persone per le quali la prospettiva di assunzione post-tirocinio è rilevante. Il primo segmento è quello dei tirocini fatti da laureandi: cioè da studenti universitari prossimi alla laurea. Sono peraltro inquadrati come curricolari anche un gran numero di stage finalizzati alla redazione della tesi di laurea (i cosiddetti “stage per tesi”). Una volta finita l’università, a meno che non decidano di proseguire (dalla triennale alla specialistica, dalla specialistica a un master o a un dottorato…), queste persone andranno con tutta probabilità alla ricerca di un lavoro. E dunque per chi fa un tirocinio curricolare a ridosso della fine degli studi che uno stage possa o non possa aprire la porta a un’assunzione ha una rilevanza innegabile.

Il secondo segmento è quello dei tirocini fatti da studenti di master e corsi di formazione post-diploma e post-laurea: in questo caso è ancor più evidente che proprio la fase dello stage, solitamente collocata al termine delle lezioni in aula, venga considerata come un modo di entrare in un determinato settore professionale; anche perché gli studenti di questi percorsi formativi sono di solito anche un po’ più “vecchi”.
Nell’attività di marketing e pubblicità di molti master l’aspetto dello “stage garantito” viene addirittura usato – più o meno aggressivamente – come vero e proprio argomento di vendita: non pochi sono coloro che si decidono a iscriversi a un master, sborsando somme a volte anche considerevoli, spesso convinti proprio dalla prospettiva di poter usare lo stage del master come volano per trovare – o cambiare – lavoro.

Quando la Repubblica degli Stagisti, su incarico dell’assessorato al Lavoro del Comune di Milano, ha mappato gli stage attivati sul territorio milanese, ha indagato anche i curricolari, tirando fuori dei dati inediti molto interessanti.

Nella mappatura – presentata al pubblico nel giugno del 2019 – sono stati raccolti i dati relativi a oltre 22mila tirocini curricolari, tutti attivati nel corso del 2017 da undici diversi soggetti promotori: il Politecnico di Milano, l’università  Bocconi, la Statale di Milano, la Iulm, l’università Vita-Salute San Raffaele, l’università Cattolica, la Fondazione Enaip Lombardia, Ciofs Lombardia, lo IED Istituto europeo di design, s.c. Formaprof e l’associazione Cnos-Fap Lombardia.

In particolare l'università Cattolica ne aveva attivati, nell’anno preso in esame, 7mila; il Politecnico 5.554; la Bocconi 4.112; la Statale 3.350; la Iulm 1.147; il San Raffaele 18; manca il dato della Bicocca, l’unica università milanese a non aver voluto prendere parte all’indagine.

Di quei 22mila tirocini curricolari attivati nel corso del 2017, oltre 14mila si erano svolti sul territorio di Milano e della sua città metropolitana, più un po’ meno di 3mila nelle altre regioni lombarde.

Purtroppo, la mappatura ha rivelato che solamente il 30% dei soggetti promotori monitora la percentuale degli stage curricolari che si trasformano in contratto di lavoro – e tra questi nessuna delle istituzioni universitarie milanesi.

Sapere quanti tirocini curricolari portano a un lavoro è importante. Quando finalmente verrà ripristinato l’obbligo di CO anche per i curricolari, e avremo finalmente dei dati sul loro numero anno dopo anno, la durata, la destinazione, auspicabilmente potremo conoscerne anche gli esiti occupazionali.


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