La testimonianza di Francesca Esposito: «Ho interrotto il mio praticantato presso l'Inps perchè non mi davano un euro»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 19 Ott 2010 in Storie

Non solo agli stagisti è dedicato il servizio di Help. Lo aveva ben chiaro Francesca Esposito quando ha inviato alla redazione la sua email, che più che una richiesta di aiuto sembrava un grido di battaglia.
«Vi scrivo per segnalarvi le irregolarità relative al praticantato che svolgo presso l'ufficio legale dell'Inps» esordisce Francesca [nella foto a destra], che nel cv ha una laurea in Giurisprudenza all'università di Lecce conseguita nel 2006, 18 mesi di master in studi europei in Germania finanziato dalla Regione Puglia, uno stage presso la Corte di giustizia di Lussemburgo e la conoscenza certificata di quattro lingue. Ad aprile del 2009 decide, «a malincuore, perchè già sapevo che sarebbero stati due anni di sfruttamento», di iniziare il praticantato forense. Dapprima in uno studio importante di Firenze, «solita storia del compenso pari all'apporto professionale, che tradotto significa zero euro
». Così decide di partecipare al bando Inps e viene presa: dal 14 settembre del 2009 entra come praticante, insieme ad altri cinque giovani, nell'ufficio legale Inps di Lecce. I sei  vengono subito messi al lavoro: «Partecipiamo ad un numero di udienze quattro volte superiore a quello richiesto dall'Ordine per la compilazione semestrale del libretto di pratica, scriviamo tantissimi atti e svolgiamo ricerche… L'Inps ha deciso di utilizzare, per la prima volta, dei praticanti per far fronte alla mole del contenzioso». Del gruppetto di praticanti Francesca è la più combattiva, e già dall'inizio del 2010 comincia a premere perché sia riconosciuto a lei e ai suoi colleghi non solo il rimborso delle spese quotidianamente sostenute per svolgere la pratica, ma anche quel famoso «compenso» previsto dal codice deontologico forense.
A maggio Francesca elabora e indirizza al coordinatore regionale dell'Inps Franco Monaco - e per conoscenza agli avvocati dell'ufficio: Salvatore Graziuso, Giuseppe Maggio e Maria Teresa Petrucci - una «istanza scritta di rimborso/compenso».  Il documento è firmato da tutti e sei i praticanti dell'Avvocatura distrettuale Inps di Lecce: «Premesso» vi si legge «che i sottoscritti collaborano in maniera significativa alla gestione del contenzioso legale; che si recano in Tribunale, al fine di partecipare alle udienze e di svolgere attività di cancelleria, con i propri mezzi; che permangono nella sede dell’Istituto anche durante l’orario della pausa pranzo, sopportandone i relativi costi; che i costi per svolgere tali attività (tra cui benzina, parcheggio auto, ricariche telefoniche, pasti) sono ad esclusivo carico dei sottoscritti» e sopratutto «che ai sensi del I comma dell’art. 26 del Codice deontologico forense “L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto”», premesso insomma tutto questo, i praticanti chiedono che venga loro riconosciuto «un rimborso per le spese sostenute e da sostenere ed inoltre un compenso proporzionato all’apporto professionale offerto». Specificando: «non per sole ragioni economiche, ma anche come gratificazione per il fondamentale contributo prestato». Nell'istanza si dice senza troppi giri di parole che questi soldi Francesca e i suoi colleghi se li meriterebbero ampiamente: «Come evidenziato più volte dagli stessi avvocati, i sottoscritti, in considerazione dell’enorme mole del contenzioso legale e del numero esiguo di avvocati in organico presso questa avvocatura distrettuale, apportano un significativo contributo in termini quantitativi e qualitativi». In più alcuni di loro sono già anche abilitati al patrocinio legale, e possono quindi già assistere i clienti nelle cause di valore non superiore a 25mila euro.
Ma l'istanza cade letteralmente nel vuoto, e per due mesi Francesca non riceve risposta. Fino a che decide di chiamare direttamente a Roma: «Ma l'avvocato responsabile disse che nessuno ci aveva puntato la pistola alla tempia per fare questo tipo di pratica, e che avremmo potuto invocare non solo il Codice deontologico, ma finanche la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: dall'Inps non avremmo ottenuto un centesimo». A questo punto Francesca decide di attuare una controffensiva e di rifiutarsi, da quel momento in poi, di sostenere spese o effettuare lavoro extra. Il 10 luglio invia una email agli avvocati del suo ufficio e ai colleghi praticanti, riportando ampi stralci del libro «La Repubblica degli stagisti - Come non farsi sfruttare» e chiudendo così: «Sono cosciente che purtroppo non cambierà nulla, ma allo stesso tempo sono felice di aver detto tanti no… NO all’acquisto di una nuova chiavetta usb solo perché i computer non erano collegati ad una stampante. NO alle pause pranzo in ufficio in mancanza di buoni pasto. NO alle corse in Tribunale per le urgenze con la mia auto, la mia benzina. Se non riusciamo a tutelare i nostri diritti, come possiamo pretendere di tutelare quelli dei nostri futuri ed eventuali clienti?».
A sorpresa, il «dominus» di Francesca inoltra l'email a Roma e finalmente scoppia un piccolo terremoto. Francesco Miscioscia, direttore dell'ufficio Inps di Lecce, convoca i praticanti nel suo ufficio: è la prima volta che ci parla faccia a faccia. L'esordio è sulla difensiva: il rimborso ai praticanti non viene erogato, dice Miscioscia, perchè almeno fino a dicembre 2010 l'Inps non ha fondi; e poi la pratica insomma l'hanno fatta tutti (e qui Francesca osserva a margine: «Sì, anche i nostri nonni hanno fatto la guerra, ma non significa che ciò sia giusto!»). Alla fine ringrazia i praticanti per il contributo apportato alla gestione del contenzioso: un grazie, in fondo, non costa nulla.
L'epilogo della vicenda? Lo scorso 14 settembre Francesca ha lasciato l'ufficio legale Inps, decidendo di portare altrove a termine gli ultimi sette mesi di praticantato: «Con un preavviso di pochi giorni ho comunicato la mia volontà di svolgere la pratica presso uno studio privato, perché non potevo accettare di lavorare ulteriormente per un ente pubblico senza ricevere alcun rimborso o compenso. Il giorno dopo è stato pubblicato, a livello nazionale, un bando per avvocati domiciliatari e/o sostituti d'udienza». All'inizio di ottobre ha sostenuto l'esame per il patrocinio legale, e a giorni usciranno i risultati: se tutto va bene presto dovrà prestare giuramento. Dei dodici mesi passati all'Inps le rimane però l'amaro in bocca: «È inaccettabile che un ente pubblico che vigila sul lavoro nero non sia in grado di offrire delle condizioni accettabili ai propri praticanti legali».

Eleonora Voltolina

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