Categoria: Editoriali

Stagisti col bollino: le testimonianze positive dei giovani che hanno fatto un'esperienza nelle aziende del Bollino OK Stage

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui le aziende - dalle microimprese alle multinazionali - vengono incentivate a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Le loro storie verranno pubblicate, di settimana in settimana, per tutto il corso dell'estate. Obiettivo: dimostrare che un altro stage è possibile, e che che non tutti i tirocini sono uguali: vi sono imprese migliori di altre, che offrono percorsi formativi seri, rimborsi spesa dignitosi (almeno 500 euro al mese), e sopratutto concrete possibilità di assunzione dopo lo stage (almeno il 30%, quando la media nazionale rilevata da Unioncamere nell'indagine Excelsior sta purtroppo sotto il 10%).Ecco quindi le prime due storie di "stagisti col bollino", oggi felicemente assunti nell'azienda dove hanno svolto il tirocinio.- Laura Pagani: «Durante il mio primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»: Mi chiamo Laura Pagani e sono di Brescia. Ho 26 anni e da quando ho cominciato l’università vivo divisa tra Brescia e Milano. Una volta diplomata al liceo scientifico ho tradito il mestiere di famiglia (entrambi i miei genitori sono medici) e mi sono iscritta alla triennale in Relazioni pubbliche e pubblicità alla Iulm di Milano: mi sono quindi trasferita a Milano...- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»: Mi chiamo Alberto Riva, ho 28 anni e sono di Arquata Scrivia in provincia di Alessandria. Ho studiato al liceo scientifico tecnologico di Novi Ligure e poi mi sono iscritto ad Ingegneria biomedica a Genova: praticamente non ho neanche preso in considerazione altri corsi di laurea, perché questo sembrava garantire buone possibilità di trovare lavoro una volta terminati gli studi... E leggi anche le altre testimonianze:- Biagio Bove: «In piena crisi, uno stage per crescere e ripartire. E oggi alla M&G ho un contratto da 24mila euro all'anno»- Francesco Giordano: «Da subito avevo intuito che quello in Everis sarebbe stato uno stage diverso. E così è stato»- Chiara Chino: «Tre giorni dopo la laurea ho cominciato lo stage in Ferrero. E tre giorni dopo la fine dello stage sono stata assunta»- Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»

Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuro

Un anno è passato. Un anno da quando la Repubblica degli Stagisti si è trasformata da blog a sito, lanciando un manifesto delle idee - la Carta dei diritti dello stagista - e un progetto concreto per incidere sul mercato dei tirocini - il Bolllino OK Stage rivolto alle imprese che ospitano stagisti.Un anno è passato e voi siete triplicati. I lettori della Repubblica degli Stagisti infatti erano 10mila al mese nell'aprile del 2009, oggi sono oltre 32mila al mese. Ci scrivete - in redazione arrivano ogni settimana decine di email, a cui cerchiamo di rispondere sempre "ad hoc"!! - e vi confrontate sul nostro Forum: ad oggi ci sono quasi 400 discussioni aperte, di cui oltre 70 nella sezione "Storie di stage" dedicata a tutti coloro che vogliono raccontare la propria esperienza, esprimere opinioni o chiedere informazioni e consigli. Di voi sappiamo che avete quasi tutti meno di 35 anni, che avete spesso alle spalle un percorso universitario - più di nove su dieci una laurea! - e che vivete perlopiù in Lombardia, Lazio, Campania e Puglia. Sappiamo che la nostra newsletter arriva ogni settimana a più di 9mila indirizzi email, e che oltre 3mila tra voi sono anche iscritti al gruppo "Repubblica degli Stagisti" su Facebook. Ci piace dare spazio alle vostre avventure, sia positive sia negative, perché siano utili agli altri lettori e alimentino i dibattiti: per questo abbiamo raccontato oltre 40 storie di stage, e continuiamo instancabili a raccogliere le vostre voci.Cerchiamo di darvi il massimo: su questo sito ci sono al momento 270 articoli - di cui 28 editoriali, 76 notizie, 40 interviste, 49 approfondimenti, 15 video... - attraverso cui vi offriamo una panoramica sempre aggiornata e approfondita sulle migliori opportunità di stage (per esempio i bandi dei tirocini retribuiti più interessanti, come quelli alla Commissione e al Parlamento europeo), le evoluzioni della normativa, i dati ufficiali sul numero degli stagisti e sulla - ancora troppo scarsa… - efficacia degli stage dal punto di vista dell'inserimento lavorativo, i consigli degli esperti e molto altro. In più a settembre abbiamo aperto il servizio Help, attraverso il quale abbiamo agito con inchieste giornalistiche su casi in cui i lettori ci avevano contattati perché erano insoddisfatti o si sentivano presi in giro. E poi c'è il Bollino OK Stage, il nostro progetto concreto e tangibile di impegno per costruire un futuro migliore per gli stagisti italiani. All'inizio erano solo nove le aziende aderenti, oggi sono oltre trenta. Il loro numero aumenta di mese in mese, e solo dall'inizio del 2010 hanno aderito Tetra Pak, Continental Italia, Det Norske Veritas, Elation, Medtronic, Miele Italia,  fino alle ultime arrivate: l'agenzia per il lavoro Manpower, il gruppo chimico Mossi&Ghisolfi - Chemtex, la casa farmaceutica Astrazeneca, l'azienda di giocattoli Giochi Preziosi e la multinazionale Kimberly-Clark (quella della Scottex).Ogni azienda per aderire deve rispettare i criteri che noi abbiamo elaborato e sottoscrivere formalmente la Carta dei diritti dello stagista: questo vuol dire, per esempio, impegnarsi a pagare un rimborso spese dignitoso, a non utilizzare i tirocinanti come personale a basso costo, ad assumere almeno uno stagista su tre con un contratto di almeno 12 mesi. Solo ed esclusivamente le aziende che aderiscono al Bollino hanno la possibilità di pubblicare annunci su questo sito - lo hanno già fatto 125 volte in questo primo anno - che così è diventato uno "spazio protetto" dove avere la certezza che gli stage proposti hanno una qualità e delle condizioni migliori rispetto alla media.Il Bollino OK Stage è un modo che la Repubblica degli Stagisti si è inventata per migliorare l'universo stage senza dover aspettare nuove leggi (improbabile che arrivino, specialmente nel breve periodo, nonostante l'impegno encomiabile di alcuni politici - come per esempio il senatore Pietro Ichino). Con la Carta e col Bollino cerchiamo di proteggervi dalle truffe e dagli stage farlocchi, nella convinzione che partendo da piccoli progetti si possano realizzare grandi cambiamenti.Grazie per essere stati con noi in questo primo anno, e continuate a seguirci. Abbiamo tante idee per il futuro, e bisogno di voi per costruirle e realizzarle.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il sito, la Carta, il Bollino: ecco le nuove ali della Repubblica degli Stagisti- La Repubblica degli Stagisti al servizio dei lettori: al via la nuova rubrica «Help»- Prima assunzione attraverso il sistema degli annunci "protetti" della Repubblica degli Stagisti

Elezioni alle porte: se tutti votassimo un candidato giovane, entrerebbe un po' di aria fresca nei consigli regionali

Domenica e lunedì si vota in 13 regioni. E a prescindere dalle idee politiche di ciascuno di noi e dal partito che già abbiamo deciso di votare, c'è qualcosa di trasversale che possiamo fare per cercare di dare un nuovo corso alle cose. Possiamo dare la nostra preferenza a un candidato giovane.Perché? Perché la gerontocrazia sta ammazzando questo Paese. Perché ai giovani vanno date più opportunità. Perché è malsano che nelle stanze dei bottoni ci siano sempre e solo cinquanta-sessantenni. Perché è inaccettabile che alcuni consiglieri regionali stiano correndo in questi giorni per il loro terzo o addirittura quarto mandato: vuol dire che han già passato dieci o quindici anni in Consiglio regionale, vuol dire che le sedie han preso la forma del loro fondoschiena, vuol dire che sono legati a doppio filo a persone, enti, giornali e che questi legami sono cementati da anni o decenni di frequentazioni. Vuol dire che, salvo eccezioni, non hanno più nulla da dare alla politica in termini di idee nuove, innovazione, cambiamento. Hanno solo un grande patrimonio di esperienza, che però potrebbero - se fossero un po' meno egoisti - mettere a disposizione della società in altri modi, magari prendendo una posizione più defilata e supportando le nuove leve. Invece no. In Italia tutti restano abbarbicati ai posti di potere finché qualcuno non li obbliga a sloggiare.Eppure sulla porta ci sono tanti giovani bravi, preparati, volenterosi che spingono per entrare, che vorrebbero avere la loro occasione, che potrebbero portare una ventata d'aria fresca in questo o quel consiglio regionale. Giovani che fanno politica ogni giorno, nella maggior parte dei casi a livello locale, con volantinaggi, banchetti, congressi cittadini, sul web; e che qualche volta fanno già i consiglieri comunali, o provinciali, e dedicano alla politica il loro tempo libero e il loro entusiasmo.Le elezioni regionali hanno una particolarità rispetto alle politiche. Qui oltre alla crocetta sul partito si può mettere anche il nome del candidato preferito: è questa la "preferenza". Potrete votare il vostro partito senza problemi, la crocetta basterà a quello. Ma non mettete, perfavore, il nome dei soliti noti, i 4-5 del vostro partito del cuore che monopolizzano le trasmissioni tv e le interviste nei telegiornali e che fanno capolino su ogni muro della città da costosissimi manifesti 6x3; e non lasciate la preferenza in bianco, perché se rinuncerete a dare la vostra, il vostro voto verrà automaticamente convogliato sul nominativo "capolista", che solitamente è una cariatide e/o un consigliere regionale uscente. Con buona pace dei giovani, che ancora una volta verranno lasciati fuori dalla porta. Date la vostra preferenza a un giovane, a quello che vi sembra più capace, più sveglio, più serio.Insieme ad Alessandro Rosina, professore di demografia e autore del bel saggio "Non è un paese per giovani", e Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, autori del best-seller "Generazione mille euro", per queste elezioni abbiamo cercato di fare la nostra parte. Abbiamo messo in piedi il progetto "Lombardia 2010 - SPAZIO AGLI UNDER 35" (qui il link all'iniziativa), realizzando nella redazione della Repubblica degli Stagisti 32 videointerviste a giovani di tutti gli schieramenti politici  (9 della Federazione della Sinistra, 5 dell'IDV, 4 del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, 4 del Partito Socialista, 4 del Partito Democratico, 2 del Popolo della Libertà, 2 dell'Unione di Centro, uno dei Verdi, uno di Sinistra Ecologia Libertà e uno di Forza Nuova - l'unico partito non rappresentato è la Lega) che sono in questo momento candidati alle regionali in Lombardia. Un progetto pilota, che per le prossime competizioni elettorali speriamo di riuscire a esportare anche altrove, magari in collaborazione con altri siti internet.Questi 32 video sono stati visualizzati oltre 5mila volte in una sola settimana, dando alla maggior parte di questi candidati un'opportunità di far conoscere il proprio volto e le proprie idee che mai avrebbero avuto.  La fase decisiva, però, è quella di domenica e lunedì, nel segreto dell'urna. E io ho deciso: il mio voto, stavolta, lo darò a un giovane. Spero che molti altri lo facciano, e che ad aprile nei consigli regionali entri qualche faccia nuova.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Progetto Lombardia 2010, SPAZIO AGLI UNDER 35: videointerviste ai candidati più giovani delle prossime elezioni regionali- La lezione di Rita Levi Montalcini: i giovani devono credere in se stessi nonostante tutto e tutti- Caro Celli, altro che emigrare all’estero: è ora che i giovani facciano invasione di campo e mandino a casa i grandi vecchiE anche:- Elezioni regionali alle porte: se qualche candidato se la sente di impegnarsi per i giovani, ecco le proposte della Repubblica degli Stagisti

Progetto Lombardia 2010, SPAZIO AGLI UNDER 35: videointerviste ai candidati più giovani delle prossime elezioni regionali

L'Italia non è un paese per giovani. In Italia le nuove generazioni hanno poco potere: economico, sociale, politico. Spesso vivono con stipendi al di sotto della soglia di sopravvivenza - la generazione mille euro, per l'appunto - costretti ad andare a bussare da mamma e papà per ogni imprevisto, e svolgono mestieri al di sotto delle loro aspettative e della loro preparazione. Talvolta sono costretti ad emigrare all'estero in cerca di prospettive migliori.Per questo, in vista dell'imminente scadenza elettorale in molte Regioni, la Repubblica degli Stagisti si è alleata con Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, autori del best-seller "Generazione mille euro", e con Alessandro Rosina, docente di demografia e autore del libro "Non è un paese per giovani".Per perorare una causa: spazio ai giovani. Con un sogno: vedere qualche under 35 in più nei consigli regionali. Il ricambio generazionale è fondamentale anche in politica, perché è dentro le istituzioni che si può agire sui meccanismi, legiferare, spostare fondi e destinare finanziamenti lì dove servono, ai giovani, per poter crescere.Ci siamo messi alla ricerca dei candidati under 35 della Lombardia, ne abbiamo trovati più o meno la metà, li abbiamo invitati a fare una videointervista. Sei domande uguali per tutti: le risposte le trovate tutte qui, in questi 30 video su StagistiTV.Non vogliamo dirvi di votarli perché sono giovani: ma vogliamo dar loro uno spazio alternativo, 2.0, per farsi conoscere e apprezzare per le loro idee. E a parità di merito, perché no, magari nel segreto dell'urna potrete decidere di dare la preferenza a uno di loro, anziché ai soliti anzianotti.Eleonora Voltolina

Mantenere i figli è un obbligo per i genitori, anche se sono adulti e vaccinati. Ma chi ci perde di più sono proprio i giovani

Di nuovo un tribunale decreta l’obbligo per un genitore di mantenere i figli. Anche se i pargoli sono ormai adulti, anche se hanno passato il quarto di secolo, anche se hanno scambiato l’università per un parcheggio e non danno segno di volersi impegnare per diventare economicamente indipendenti.L'ultimo caso è quello di un pensionato che si ritrova due figlie bamboccione – stando alla notizia su Corriere.it la prima ha 26 anni ed è al terzo anno fuori corso di giurisprudenza, la seconda ne ha 30 ed è addirittura al sesto anno fuori corso di sociologia. Il Tribunale di Roma gli ha ordinato di versare loro 1800 euro al mese, più del 70% della sua pensione. Perchè? Un mese fa era stato il Tribunale di Bergamo (qui la notizia Ansa) a pronunciarsi in maniera analoga dando torto a un padre, di professione artigiano, che da tre anni non manteneva più la figlia – attualmente 32enne e iscritta fuoricorso da otto anni alla facoltà di filosofia. Dovrà continuare a darle 350 euro al mese, così come aveva stabilito il Tribunale di Trento nel 1998 (quando la ragazza aveva vent’anni) fintanto che lei non si renderà – bontà sua – autosufficiente. Cioè potenzialmente per sempre.E anche un quarantenne, stoppato a febbraio nelle sue richieste dalla Corte d’appello di Milano, ha deciso di ricorrere alla Cassazione per farsi riconoscere il diritto di essere mantenuto: anzi in questo caso, siccome è figlio di un medico facoltoso, non si accontenta di briciole e pretende ben 2mila euro al mese più oltre 50mila di arretrati.Dalla Sicilia, fortunatamente,  un po' di buonsenso: lì il tribunale di Palermo si è trovato di fronte a una situazione simile – un padre consulente del lavoro che aveva smesso di mantenere il figlio, oggi 30enne, iscritto a Ingegneria ma disastrosamente indietro con gli esami – e ha dato ragione al genitore, secondo il principio che a una certa età una persona deve darsi una mossa e trovarsi un lavoro.Gli addetti ai lavori spiegano che è una sentenza della Cassazione del 2007 ad aver fatto scuola: «l'obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell'art.148 c.c. al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica (o sia stato avviato ad attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica), ovvero finché non sia provato che il figlio stesso, posto nelle concrete condizioni per poter addivenire all'autosufficienza, non ne abbia, poi, tratto profitto per sua colpa…» (Cassazione civile , sez. I, 11 gennaio 2007 , n. 407).Questa la cronaca – ora, tre considerazioni. Primo: essere mantenuti troppo a lungo da mamma e papà è apparentemente una comodità per i giovani; ma sotto sotto diventa controproducente, perchè frena la voglia di camminare sulle proprie gambe, di crearsi la propria vita, la propria casa, la propria carriera. Seconda considerazione: se è vero che i figli so' piezz ’e core, e la stragrande maggioranza dei genitori italiani non si sogna di «chiudere i rubinetti» nemmeno con figli ampiamente adulti continuando a dare una paghetta, o a pagare un affitto, o a coprire le spese per le vacanze, è altrettanto vero che con questo sistema i figli rimangono sempre un po’ al guinzaglio. Ti dò la paghetta, però vieni a pranzo tutte le domeniche, mi raccomando. Ti pago l’affitto ma qui vicino a noi, non cambiare quartiere e tanto meno città, non vorrai mica abbandonarci. Ti pago le vacanze, ma scegli un posto che va bene a noi – anzi magari lo stesso nostro, così ci facciamo compagnia. E così ricevere denaro dai genitori per una persona che ha già venticinque o addirittura trent’anni diventa una resa: barattare la propria indipendenza per un po' di tranquillità economica.In terzo luogo, questa abitudine molto italiana vizia il mercato del lavoro con enormi danni per la collettività: perchè quei giovani che si sentiranno sempre le spalle coperte potranno continuare ad accettare stage gratuiti o con rimborsi spese indignitosi, o cocopro sottopagati, tranquilli e certi che tanto la "differenza" ce la metteranno mamma e papà. Andando quindi a "dopare" il mercato.Il grande assente, in questo frangente, è lo Stato. Un welfare state degno di questo nome – con aiuti alle giovani coppie, affitti a prezzo agevolato, ammortizzatori sociali per non essere costretti a correre da mamma e papà tra un contratto a progetto e l’altro  –  sarebbero un sostegno ben più sano, per i giovani, di quello delle famiglie d’origine.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- 500 euro al mese, no grazie: ministro Brunetta, i giovani italiani vogliono opportunità non carità- Bamboccioni? Nel libro «L'Italia fatta in casa» Alesina e Ichino spiegano di chi è la colpa- Giovani, lavoro e stipendi troppo bassi: quando al mutuo ci pensa papà (indebitandosi). Parola di Luigi Furini- Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»- Chance ai giovani, Bangladesh - Italia uno a zero. A quando anche qui un microcredito "alla Yunus" per aiutare i ragazzi a diventare indipendenti?

Elezioni regionali alle porte: se qualche candidato se la sente di impegnarsi per i giovani, ecco le proposte della Repubblica degli Stagisti

Le elezioni regionali si avvicinano e sono tanti i candidati che promettono più attenzione e più interventi per i giovani. Alla Repubblica degli Stagisti piacciono molto le parole ma ancora di più i fatti: ecco quindi un piccolo elenco di cose concrete che i candidati potrebbero impegnarsi a proporre (e si spera anche a realizzare), una volta eletti, per migliorare la vita degli stagisti della loro regione. 1) istituire un database regionale che raccolga tutte le informazioni relative all'attivazione di ogni stage. Il database dovrebbe coordinare il lavoro di uffici stage universitari, centri per l'impiego, scuole di formazione post diploma e post laurea, e tutti gli altri soggetti che fungono da enti promotori. Dovrebbe essere condiviso con camere di commercio, associazioni datoriali, inps, inail e direzioni provinciali del lavoro per permettere di monitorare in maniera costante il rispetto della normativa (es. il numero di stagisti ospitabili contemporaneamente, correlato al numero di dipendenti a tempo indeterminato di una data azienda). Il database, prevedendo campi specifici su data di inizio e di fine dello stage, data di inizio e di fine dell'eventuale proroga, entità del rimborso spese se presente e/o di altri benefit a favore dello stagista, e - cosa importantissima - esito dello stage, potrebbe anche fungere da osservatorio di fatto dell'universo stage regionale, diventando così lo strumento principale dell'azione di coordinamento e controllo dell'utilizzo dei tirocini.2) ridurre la durata massima degli stage. Questo è stato già fatto nel 2009 dalla Regione Veneto mediante la legge 3/2009 che prevede che il limite massimo per i laureati e altre categorie da 12 mesi scenda a 9 e per i disabili da 24 mesi si riduca a 18.3) introdurre il divieto di accogliere stagisti per quelle aziende che sono in cassa integrazione, in mobilità o hanno effettuato licenziamenti di recente. Questo è stato già fatto nel 2008 dalla Regione Piemonte con la normativa  34/2008, in cui si legge: «Non è ammesso l'utilizzo di tirocini in aziende che abbiano in corso sospensioni di lavoratori in cassa integrazione o che nei sei mesi precedenti abbiano ridotto il personale con licenziamenti, mobilità». La misura, in tempi di crisi economica più urgente che mai, permettebbe di evitare che le imprese senza scrupoli mandino a casa i lavoratori sostituendoli con stagisti, che non hanno diritto nè a stipendio nè a contributi e possono essere lasciati a casa con estrema facilità quando scade il "contratto" (che poi in realtà è una semplice convenzione).4) prevedere un controllo più capillare dell'operato degli enti promotori, in special modo quelli accreditati dalla Regione, per verificare che non svolgano solo il ruolo di "passacarte", ma veglino concretamente sulla qualità dei tirocini che promuovono. Stabilire dei parametri minimi di qualità del servizio di promozione stage, sotto i quali l'ente perde l'autorizzazione a svolgere questo ruolo. Prevedere che, in caso di contenziosi in Tribunale, un ente promotore sia responsabile tanto quanto l'ente ospitante che ha trattato in maniera incongrua lo stagista. Responsabilizzare, insomma, gli enti promotori! 5) elaborare sgravi fiscali e contributivi per quelle aziende che assumono la persona al termine dello stage, sul modello di ciò che prevede la normativa sull'apprendistato. Incentivare cioè le imprese ad assumere nuovi talenti aumentandone la convenienza: il tasto giusto per far leva su imprenditori e direttori del personale è spesso quello del portafogli. Lo sgravio va sempre preferito al premio in denaro perchè non comporta un esborso da parte delle casse pubbliche.6) prevedere che ogni contributo regionale a iniziative di formazione e in particolare di stage e tirocini non consista nella distribuzione di fondi a pioggia, ma sia modulato in base all'efficacia di queste iniziative. L'efficacia nel caso degli stage si può calcolare attraverso il dato degli "esiti positivi", cioè delle assunzioni al termine del percorso. Nella stessa ottica, prevedere che laddove la Regione interviene fornendo un rimborso spese - borsa studio / lavoro - dote formativa a un cittadino che fa uno stage, pretenda che una cifra almeno equivalente sia erogata a quello stesso cittadino dal soggetto (ente pubblico o azienda privata) che lo ospita in stage.Il guanto di sfida è lanciato: ora si tratta di vedere chi avrà il coraggio (e la volontà) di raccoglierlo. La Repubblica degli Stagisti veglierà sulle promesse, andando a verificare che vengano mantenute, e offrirà tutta la collaborazione possibile a chi, da destra a sinistra, vorrà impegnarsi su qualcuno di questi punti.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- 500 euro al mese, no grazie: ministro Brunetta, i giovani italiani vogliono opportunità non carità- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce

Sanremo e l’arte del finto rinnovamento: spazio ai giovani (vedi Valerio Scanu) a patto che abbiano dietro un grande vecchio (vedi Maria De Filippi)

Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un Paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.Il vincitore morale della sessantesima edizione del festival di Sanremo è l’orchestra. Un’orchestra viva, pulsante e pensante. In un’Italia soporifera, che si lascia scivolare addosso di tutto, è accaduto l’inatteso: i musicisti, da discreta presenza al servizio delle canzoni, si sono trasformati in plateali contestatori del verdetto finale. Come dargli torto? Va bene premiare il nuovo, ma a condizione che sia talento vero e sia in grado di conquistarsi il podio per propri meriti. Ed invece ecco che vince Valerio Scanu, classe 1990, noto principalmente per essere amico di Maria (de Filippi), a scapito della ventiseienne Malika Ayane [nella foto] che invece è qualità vera, allo stato puro.  Così come l'anno scorso il primo posto era andato a Marco Carta, 25 anni, un altro amico di Maria – che addirittura era stata invitata dal presentatore Paolo Bonolis sul palco dell'Ariston a incoronare il "suo" Marco. Spazio ai giovani, quindi, a patto che rimangano burattini con alle spalle un Grande Vecchio che dietro le quinte muove i fili per loro. A tutti gli altri… tanti bei premi di consolazione. Sono molti, troppi, i concorsi che in Italia vanno in questo modo. Sanremo è davvero lo specchio del Paese. Ma per fortuna stavolta qualcuno ha detto no. È come se l’orchestra fosse stata uno dei membri della commissione d’esame, visto che aveva diritto di voto. Un voto qualificato, poi però soverchiato dalla valanga di sms della gente comune (e da quelli fatti appositamente mandare dai “grandi vecchi”, appunto).E allora: grazie all’orchestra, per non aver accettato di farsi prendere in giro e per aver lasciato ai posteri il segno tangibile del proprio dissenso. Un singolo musicista che avesse storto la bocca all’annuncio dei vincitori sarebbe passato inosservato. È stato, invece, un moto generale quello che si è spontaneamente sollevato. Certo, potevano magari alzarsi tutti ed andarsene, rifiutando di suonare i pezzi finali. Ma sono dei veri professionisti e “the show must go on”. Ma quando parliamo del fatto che deve vincere il merito, cosa intendiamo? Possiamo consolarci dicendo che poteva anche andare peggio, che la de Filippi sa  scegliere bene e farci digerire bene le sue scelte? Se accettiamo questo allora non avremo difficoltà a votare i vari giovani inseriti ad arte nelle liste elettorali. Poi però non lamentiamoci se in Italia, gattopardescamente, tutto cambia senza mai cambiare veramente.Alessandro RosinaPer saperne di più, leggi anche gli altri editoriali di Rosina pubblicati dalla Repubblica degli Stagisti:- La lezione di Rita Levi Montalcini: i giovani devono credere in se stessi nonostante tutto e tutti- L’Italia divisa e l’arte della fuga: se i giovani migliori scappano dal Mezzogiorno, laggiù cosa resterà?- Caro Celli, altro che emigrare all’estero: è ora che i giovani facciano invasione di campo e mandino a casa i grandi vecchi E anche:- «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)- Trentenni italiani, la sottile linea rossa tra umili e umiliati nel libro «Giovani e belli»

Superstagisti calabresi assunti? Una bella notizia solo in apparenza

Umanamente, che trecento stagisti vengano assunti al termine dello stage è una bella notizia, sopratutto per la Repubblica degli Stagisti che ogni giorno si batte proprio perché nei percorsi di tirocinio vengano garantiti qualità, rimborso spese e concrete possibilità di assunzione dopo. Politicamente, però, che ai superstagisti calabresi venga promesso «Vi assumeremo», attraverso un emendamento ad hoc, quando alla fine dello stage mancano ancora nove mesi e invece ne mancano soltanto tre alle elezioni regionali, è un po' meno bella, come notizia. A livello di finanze pubbliche, poi, che ciascuna di queste assunzioni venga a costare oltre 50mila euro alle casse della Regione Calabria (e cioè ai contribuenti) non è una gran vittoria. Anche se, come dicono i consiglieri regionali, i fondi verranno reperiti attraverso un virtuosissimo taglio dei costi della politica. E infine, nell'ottica dello snellimento della pubblica amministrazione, una prospettiva di 300 nuovi dipendenti pubblici in Calabria non è proprio entusiasmante, anche se indubbiamente si tratterebbe di dipendenti giovani e brillanti.Ma su tutto questo si potrebbe, volendo, mettere una pietra sopra. Si potrebbe dire «Va bene, abbiamo speso tanti soldi, abbiamo aumentato il numero dei dipendenti pubblici, però guardate: abbiamo dato un lavoro a tanti giovani meritevoli, tutti laureati, tutti calabresi: e glielo abbiamo dato nella loro terra, senza costringerli ad emigrare». Si potrebbe. Se non fosse che per arrivare a questo risultato il consiglio regionale ha deciso di infischiarsene di una legge dello stato e del buonsenso.E partiamo proprio da quest'ultimo. Il buonsenso dice che una persona di trent'anni di solito ha finito la sua formazione e vuole un lavoro. Specialmente se è brillante, e in questo caso è così: tutti i partecipanti al Programma Stages promosso dal consiglio regionale della Calabria a partire dall'autunno del 2008 sono non solo laureati col massimo dei voti ma spesso addirittura "dottorati e masterizzati", e/o già iscritti a ordini professionali. Il buonsenso dice (e la Repubblica degli Stagisti lo ha ripreso, appunto, nella Carta dei diritti dello stagista) che lo strumento del tirocinio deve essere riservato ai giovani. Invece il Programma Stages era aperto a persone fino a 37 anni di età: il che vuol dire, dato che sono ormai passati quasi due anni, che tra i superstagisti calabresi c'è oggi chi si avvia verso i quarant'anni.Il buonsenso dice che se si vuole offrire un percorso di qualità si deve mandare la gente in strutture di qualità: e con tutto il rispetto, gli uffici pubblici calabresi non sono rinomati nel mondo per la loro efficienza né per l'alto grado di produttività e di innovazione – anzi forse è più probabile che i ragazzi abbiano in questo anno insegnato qualcosa, piuttosto che impararlo. Il buonsenso dice infine che, a prescindere dalla qualità del posto in cui si trova, se una persona adulta sta per un anno e passa in un posto, ragionevolmente svilupperà il desiderio di rimanerci, cioè di essere assunta. E qui comincia il balletto della politica. Il balletto di dichiarazioni del presidente della regione Agazio Loiero e del presidente del consiglio regionale Giuseppe Bova, avviato non appena sono partite le critiche – sotto forma di articoli da parte della Repubblica degli Stagisti, sotto forma di interrogazione parlamentare da parte di Pietro Ichino. Tutti a dire che no, il Programma Stages era pura formazione, che non ci sarebbe stata alcuna assunzione dopo, che il progetto era trasparente e non aveva come secondo fine quello di creare un'ulteriore sacca di precariato nella pubblica amministrazione. Il balletto è continuato quando sempre i soliti han fatto notare che secondo la normativa di riferimento per i tirocini formativi, il decreto ministeriale 142/1998, gli stage possono durare al massimo 12 mesi (comprese le eventuali proroghe), salvo che per i disabili. E quindi che un ente pubblico promuovesse stage di addirittura 24 mesi, in aperto contrasto con la legge, era inaccettabile. Lì è partita la tripla piroetta: prima hanno detto che non si trattava di stage, bensì di master, e poi hanno cambiato nome all'iniziativa, che da Programma Stages si è trasformata in Programma Voucher. Come se cambiando il nome potesse cambiare la sostanza delle cose. Come se chiamare i superstagisti voucheristi mettesse il consiglio regionale al riparo dal dovere di rispettare le leggi.Adesso i ballerini sono stanchi, vogliono sedersi. Anche le persone che partecipano a questo progetto sono stanche. Hanno fatto tre mesi di formazione in università, dal novembre del 2008 al gennaio del 2009. Poi già dodici mesi di stage, da febbraio 2009 ad oggi, e gliene restano ancora nove prima di concludere. Vogliono un lavoro: che era quello che la maggior parte di loro cercava fin dall'inizio, com'era ovvio che fosse. Il consiglio regionale glielo sta per dare, e tutti dovrebbero essere contenti. Peccato che a questo risultato, che si iscrive purtroppo nella solita logica italiana dell'assistenzialismo pre-elettorale, si sia arrivati calpestando diritto, buonsenso e trasparenza.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Superstage calabresi, in arrivo un emendamento-traghetto verso l'assunzione- I consiglieri Giamborino e Borrello: «Niente proroghe ai superstage, i ragazzi vanno assunti: ci riduciamo lo stipendio per incentivare gli inserimenti»E anche:- Consiglio regionale calabrese, la lettera aperta di una superstagista al presidente Bova: non siamo altro che manovalanza per enti assetati di personale- Superstage calabresi, ancora nessuna risposta all'interrogazione parlamentare. Pietro Ichino: il governo non sa che pesci pigliare- Superstage calabresi, l'interrogazione parlamentare di Ichino

Chance ai giovani, Bangladesh - Italia uno a zero. A quando anche qui un microcredito "alla Yunus" per aiutare i ragazzi a diventare indipendenti?

Ieri a Milano c'era Muhammad Yunus. L'uomo che si è inventato il microcredito, creando una banca per i più poveri e realizzando una sorta di rivoluzione economica che ha rimesso in piedi il suo paese, il Bangladesh. L'uomo che ci ha creduto per trent'anni: all'inizio in solitudine, poi con il sostegno crescente di economisti e attivisti, fino al bestseller Il banchiere dei poveri (pubblicato nel 1998 da Feltrinelli) e al premio Nobel per la pace, ricevuto nel 2006.Lasciamo perdere le note stonate della serata al teatro Dal Verme, dalla complimentosa cerimonia delle buone intenzioni orchestrata dal redivivo Red Ronnie ai contributi musicali inaspettati e inappropriati di due cantanti (l'esordiente Erica Mou e poi Paola Turci), fino allo spot elettorale del sindaco Letizia Moratti che ha fatto perdere la pazienza al pubblico facendo salamelecchi a Lucio Stanca ad di Expo e Alessandro Profumo di Unicredit, quando tutta la platea aspettava ormai da un'ora l'intervento di Yunus.Soprassediamo quindi sul quadro della serata, e andiamo al centro: a lui, Yunus. Che è un genio, senza se e senza ma. Uno che ha capito che per sconfiggere la povertà c'è un sistema infallibile, l'accesso al credito (con un approccio pragmatico ben più convincente degli appelli alla solidarietà un po' generici e pelosi lanciati dal palco). Cioè permettere a tutti, anche ai più poveri, di costruirsi il loro piccolo – talvolta addirittura microscopico – business. E legare indissolubilmente la crescita del benessere economico alla diffusione dell'istruzione: così tutte le donne che hanno ricevuto in trent'anni prestiti dalla banca di Yunus, la Grameen, e sono oggi azioniste di quella stessa banca, hanno dovuto promettere non solo di restituire il finanziamento ricevuto, ma anche di mandare i propri figli a scuola. Il che ha creato oggi, in Bangladesh, una nuova generazione più forte: istruita, colta, pronta al futuro. Ingegneri, medici, economisti, insegnanti: potevano essere bambini analfabeti, sono stati bambini istruiti. Potevano essere adulti analfabeti, condannati a ripetere la vita dei genitori: sono oggi adulti diplomati, in molti casi addirittura laureati. Grazie alle borse di studio della Grameen. Grazie alle idee del visionario Yunus.Questo cosa c'entra con i giovani italiani? C'entra. Dalle ultime file del teatro Dal Verme, ieri, una voce di ragazza si è alzata, esasperata, proprio mentre Letizia Moratti aveva chiamato sul palco Profumo a raccontare del nuovo progetto di Unicredit, una finanziaria che erogherà microcrediti agli ex carcerati. E la ragazza ha urlato: «Prima che ai carcerati, pensate ai laureati!».Questa ragazza ha ragione. L'accesso al credito, nell'Italia del 2010 agiata ed evoluta, è precluso ai giovani. E non si tratta solo di quando si vuole comprare una casa, e le banche non si fidano di chi non ha la busta paga e pretendono l'umiliante procedura della garanzia dei genitori. Si tratta anche – e soprattutto – di quando un giovane ha un'idea e vorrebbe realizzarla da solo, sulle sue gambe. Aprendo la sua microimpresa, avviando un business, con la prospettiva magari di poter creare, se le cose andranno bene, anche posti di lavoro per altri. Ma le banche italiane non gli aprono nemmeno la porta: meglio continuare sulla strada già battuta e non rischiare – non sia mai che il prestito non venga restituito, che il giovinastro s'involi coi denari.Il punto è che non è vero. Yunus lo ha dimostrato: la sua Grameen Bank registra un tasso di restituzione dei finanziamenti del 97%, pur prestando soldi ai più poveri tra i poveri, perfino ai mendicanti (e di questi uno su cinque, grazie al miracolo del microcredito, non solo vive meglio ma esce anche dalla condizione di accattonaggio). Se qualche banca decidesse di fare lo stesso coi 20-30enni italiani, dando fiducia anche ai precari, anche agli stagisti, anche ai nullatenenti, creerebbe un humus eccezionalmente fertile per lo sviluppo e la crescita di questi giovani e dell'intero Paese. È questa la prossima battaglia: l'accesso al credito per noi giovani. Per poter smettere di dover dipendere dai nostri genitori, poter sognare non solo un lavoro dipendente ma anche un futuro da imprenditori, e poter avere un'opportunità per realizzare le nostre idee e i nostri sogni. Perchè, a dirla con Yunus, quando una persona non trova lavoro deve rovesciare la prospettiva: smettere di cercare qualcuno che glielo dia, ma utilizzare le proprie energie e la propria mente per crearne uno. Far partire, insomma, un'avventura imprenditoriale in grado di dare lavoro non solo a chi la avvia ma anche ad altri, contribuendo così allo sviluppo del Paese. E per fare questo – in Italia così come in tutto il mondo – ci vuole un sistema creditizio alleato, e non nemico, dei giovani.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Bamboccioni? Nel libro «L'Italia fatta in casa» Alesina e Ichino spiegano di chi è la colpa- Giovani, lavoro e stipendi troppo bassi: quando al mutuo ci pensa papà (indebitandosi). Parola di Luigi Furini- Caro Celli, altro che emigrare all’estero: è ora che i giovani facciano invasione di campo e mandino a casa i grandi vecchi- Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

La lezione di Rita Levi Montalcini: i giovani devono credere in se stessi nonostante tutto e tutti

Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un Paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.Nel 1938 c’è una giovane assistente volontaria all’interno della Clinica delle malattie nervose e mentali dell’università di Torino. Ha 29 anni e si è laureata due anni prima con 110 e lode vincendo le ostinate resistenze del padre che, pur desiderando per la figlia una buona formazione di base, è contrario all’emancipazione femminile e non avrebbe voluto mandarla all’università. La brillante dottoressa si chiama Rita Levi Montalcini e oltre alla difficoltà di essere femmina deve fare i conti anche con quella di essere di religione ebraica, grazie alla vergogna delle leggi razziali emanate da Mussolini. Il solerte rettore dell'ateneo torinese, Azzo Azzi, si allinea subito alle disposizioni del regime fascista ed emana un decreto che sospende «la dott. Levi Rita (…) dal servizio, a decorrere dal 16 ottobre 1938-XVI». La Montalcini si trova costretta ad emigrare e se ne va, in un primo periodo, in Belgio. Dopo la guerra viene poi invitata negli Stati Uniti dove svilupperà le ricerche che la porteranno nel 1986 ad essere insignita del premio Nobel per la Medicina.Alla fine ha vinto lei. Le sue doti e la sua voglia di esprimerle non sono state soffocate né dalle resistenze culturali del padre, né dalla stupida spietatezza del regime fascista, né dalla pavida zelanteria degli Azzo Azzi asserviti al sistema. Tutti ostacoli che hanno, semmai, rafforzato le sue convinzioni e la sua determinazione. Ora, fortunatamente, tutto è diverso. Il nostro Paese ha imparato la lezione e i giovani talenti sa allevarli, valorizzarli e offrir loro il giusto spazio. Ora una giovane dottoressa Levi Rita non verrebbe spinta ad andarsene all’estero per trovare il giusto riconoscimento del proprio valore. Ricerca e investimento nella qualità del capitale umano sono state il faro che ha guidato l’azione degli ultimi governi. Del resto non è questo il modo migliore per far sviluppare un paese e mantenerlo competitivo? E invece no, in verità le cose non stanno così. Dobbiamo purtroppo continuare anche oggi ad augurarci che i nostri brillanti giovani, come la Montalcini, non si facciano scoraggiare dai tanti ostacoli che continuano a trovare nel loro percorso di vita e professionale. Del resto anche Dante se n’è dovuto andare da Firenze – ma poi almeno ha deciso lui chi mettere in paradiso e chi all’inferno! Forse il segreto è proprio quello di non smettere mai di credere in se stessi, nonostante tutto e tutti.Alessandro RosinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- L’Italia divisa e l’arte della fuga: se i giovani migliori scappano dal Mezzogiorno, laggiù cosa resterà?- Caro Celli, altro che emigrare all’estero: è ora che i giovani facciano invasione di campo e mandino a casa i grandi vecchi- «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)