Emergenza stage anche in Usa, un giornalista si chiede: come sarebbe un mondo senza più stagisti?

Valentina Navone

Valentina Navone

Scritto il 01 Apr 2012 in Approfondimenti

Cos’è esattamente uno stage e che impatto ha sulla nostra vita? stageLe conseguenze economiche politiche e sociali degli internship per chi li fa e per tutti gli altri sono al centro del libro Intern nation: how to learn nothing and earn little in the Brave new economy di Ross Perlin, pubblicato pochi mesi fa dalla Verso [nell'immagine a destra]. Perlin è un giornalista e scrittore newyorkese 29enne. Dopo aver studiato a Princeton, Tsinghua University e Stanford, sta ora svolgendo in Cina ricerche per la sua tesi di dottorato in linguistica alla University of London.
Intern nation, un libro sorprendentemente simile a quello scritto in Italia nel 2010 da Eleonora Voltolina (La Repubblica degli Stagisti – Come non farsi sfruttare, edizioni Laterza) nasce da un’inchiesta durata tre anni su una pratica dilagante e non regolamentata che solo in America coinvolge ogni anno da uno a due milioni di giovani. «Ho scritto questo libro per esplorare un unico tema: gli stage sono un nuovo modo di lavorare, una pratica recente e dinamica con enormi conseguenze per l’istruzione superiore, l’accesso al mondo dei colletti bianchi, l’ineguaglianza sociale e il futuro del mondo del lavoro».
L’internship è un fenomeno storicamente recente (i primi negli Stati Uniti apparvero all’inizio del secolo scorso ed erano dedicati agli studenti di medicina) ma utilissimo per le industrie dato che fa loro risparmiare ogni anno 600 milioni di dollari. Infatti per un’azienda mettere in piedi un programma di stage significa «una continua fornitura di lavoratori specializzati e non pagare contributi e costi d’assunzione». Questo tipo di internship è però illegale secondo il Fair labor standars act, la legge che regola i rapporti professionali negli Stati Uniti. Come da noi, anche in America può non essere previsto un rimborso spese a favore del tirocinante, a patto che si offra formazione. Ma solo ed esclusivamente formazione: senza insomma che lo stagista diventi produttivo. Il stagepunto è che pochi conoscono questa legge e che non c’è controllo; secondo Perlin
[nella foto], «il non rinforzare il FLSA da parte del governo rientra in un disegno più grande di lasciar decadere le protezioni del New deal in nome della deregolamentazione del mercato del lavoro». «Il fallimento di misurare od occuparsi del problema dell’esplosione degli stage è sintomatico» continua l’autore: «semplicemente leggi e regolamenti non sono al passo con i tempi. L’indifferenza dei sindacati rivela la loro apatia e la loro mancanza di una posizione solida nel mondo dei colletti bianchi».
Non vigilano neanche le università americane, pur obbligando i propri studenti a fare internship per potersi laureare (nel 1992 solo il 17% dei laureati aveva fatto uno stage, quindici anni dopo erano già il 50%); e ormai sotto questa etichetta si trova di tutto. L’occasione è troppo ghiotta perché le aziende se la lascino sfuggire - specie in periodo di crisi economica. Così Perlin descrive come un colosso del calibro della Disney grazie al suo College program ogni anno riesca reclutare ben 8mila studenti. Questi ragazzi sciamano da tutti gli Stati Uniti verso i famosi parchi divertimenti, dove si trovano a fare i commessi, servire hamburger e patatine ai turisti o raccogliere immondizia. La formazione che si ottiene è di tale pochezza che molti abbandonano il programma prima della fine - ma migliaia di altri continuano a iscriversi, incantati dalla possibilità di mettere nel curriculum il nome di un’azienda prestigiosa.
Perlin immagina un mondo senza internship: negli uffici non ci sarebbe nessuno a fare fotocopie, portare il caffè o gestire la posta, le associazioni no profit dovrebbero scegliere se destinare fondi a un impiegato o a una buona causa, i politici si troverebbero senza portaborse… Se però è indubbio che governi e università devono vigilare e iniziare a considerare gli stagisti come lavoratori, anche i ragazzi per primi devono cambiare mentalità e rendersi conto della propria importanza. Pretendere gli stessi diritti degli impiegati li aiuterebbe a farsi valere in tribunale contro ditte scorrette e otterrebbero benefit come l’assicurazione medica, fondamentale in un regime di sanità privata come quello americano. Cresciuti con l’idea che l’internship sia necessario per laurearsi e lavorare, spesso si sentono fortunati quando ne ottengono uno anche senza rimborso. Invece è necessario non accontentarsi e pretendere una giusta paga, non solo per sé ma anche per tutti quelli che sono stati licenziati e sostituiti da stagisti e per chi l’internship non la può fare perché deve mantenersi. Idealmente riuniti in un’associazione internazionale, Perlin spera in uno sciopero mondiale che faccia capire a tutti e agli stagisti per primi quanto siano fondamentali oggi nell’economia.

Valentina Navone

Per saperne di più su questo argomento leggi anche gli articoli:
- Nicola Zanella, autore del libro "
Il brainstorming è una gran caxxata": «Gli stage servono a far lavorare gratis la gente»
- La Repubblica degli stagisti di Eleonora Voltolina
- Stage gratuiti o malpagati, ognuno può fare la sua rivoluzione: con un semplice
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