Viaggio tra i «picanti»: le esperienze di tre stagisti al Comune di Roma

Ilaria Costantini

Ilaria Costantini

Scritto il 18 Mar 2012 in Storie

Laureato o laureando, spesso proveniente da altre esperienze di stage e con un'età media superiore a 25 anni. È il profilo dello stagista Pica - Percorsi di cittadinanza attiva -  il progetto messo in campo da Roma Capitale, con un investimento di circa 700mila euro, a cui stanno partecipando 237 tra ragazze e ragazzi, selezionati tra le oltre 4.800 candidature arrivate ormai un anno fa al dipartimento risorse umane del Campidoglio. La Repubblica degli Stagisti ne ha incontrati tre, chiedendo loro di raccontare la propria esperienza all'interno dell'amministrazione capitolina ma anche i punti di forza e di debolezza dell'iniziativa. Sicuramente la prima in Italia per numeri ad essere realizzata da un grande ente locale, che non si è limitato ad "ospitare" stagisti, ma si è speso anche per dare ai tirocini un contenuto formativo strutturato e quindi più facilmente spendibile sul mercato del lavoro.
«All'interno del mio gruppo siamo cinque ragazze con formazioni molto diverse: ci sono persone laureate in scienze del turismo e in psicologia del marketing» racconta Alessandra Caldarelli, 23 anni, che dopo la laurea triennale in scienze storico-artistiche si sta specializzando in storia dell'arte. Il progetto che ha scelto, Il pubblico nei musei e nel territorio, promosso dalla Sovrintendenza per i beni culturali, si occupa tra l'altro di monitorare l'utenza dei musei civici di villa Borghese, individuandone caratteristiche e aspettative, così da migliorare l'offerta culturale delle strutture. «Il contesto si concilia molto bene con la mia formazione e con le mie aspirazioni lavorative. Peraltro si tratta del mio terzo stage e lo sto svolgendo al di fuori del percorso universitario, perché avevo già terminato i crediti obbligatori previsti dal corso di laurea».
Fin da subito Pica si è infatti rivelato un'esperienza molto ambita nell'ambito degli stage attivati dalla pubblica ammnistrazione, non fosse che per il rimborso spese previsto in 350 euro mensili. Per i 6 posti messi a disposizione per il progetto di Alessandra si sono presentati ad esempio in 155. Ma 122 sono state anche le domande inviate per partecipare a Booktrailer e ben 310 quelle per Saper leggere il territorio, i due percorsi avviati rispettivamente da Alessandro Niglia e da Giovanni Cordì. Numeri che la dicono lunga sull'importanza ormai assunta dallo stage come esperienza propedeutica all'ingresso nel mondo del lavoro, soprattutto per i giovani più qualificati.
Prima di approdare a Pica, anche Alessandro aveva già alle spalle un'altra esperienza di stage all'interno di una multinazionale francese specializzata nel settore dell'energia. «Volevo capire quali fossero le differenze effettive tra pubblico e privato. Oggi posso dire che nel secondo caso c'è spesso una competizione sfrenata a livello personale che può rivelarsi deprimente. Sì, mi piacerebbe rimanere all'interno della pubblica amministrazione e indubbiamente il fatto che questo stage non possa offrirmi un punteggio aggiuntivo in sede di concorso un po' mi pesa. In questi casi anche uno 0,5 in più o in meno può fare la differenza». Ventisei anni e una laurea in scienze politiche, per Pica Alessandro si sta occupando di realizzare un piano di sviluppo socioeconomico del terzo municipio di Roma a partire dalla risorse presenti sul territorio. «Penso che dopo mi iscriverò ad un master in project management». E a quando il primo contratto di lavoro? «Davvero non lo so. Ovviamente è l'obiettivo, ma per una ragione o per l'altra finora non è stato possibile realizzarlo».
Più o meno la stessa situazione in cui si trova Giovanni, anche lui laureato ma ventottenne, arrivato a Roma da Gioia Tauro come studente fuorisede della Luiss. «Per quanto mi riguarda sto vivendo questa esperienza come un impegno lavorativo vero e proprio. Forse sento anche la necessità di avvertirla così» ammette parlando del video laboratorio attivato dalla biblioteca Cornelia dove, insieme ad atri sei stagisti, sta realizzando una serie di video di promozione della lettura. «Il mio sogno è entrare nel mondo della produzione cinematografica, una casta abbastanza chiusa. A livello formativo noto sicuramente una crescita, anche se gli strumenti tecnici che abbiamo a disposizione sono quelli che sono. Una spinta in più per cercare di dare il massimo». Già perché all'interno una P.A. anagraficamente sempre più vecchia, la presenza di persone giovani e soprattutto motivate può rappresentare una spinta all'innovazione. 
«Spesso tentiamo di scardinare dei punti fissi» racconta ad esempio Alessandra, «capita che ci si senta dire questo non si può fare perché non è realizzabile o non ci sono le risorse. Sotto la nostra pressione qualcosa si sta  muovendo: laddove si diceva semplicemente "no" solo per evitare di affrontare un problema, scendendo a patti siamo riuscite ad ottenere magari non il 100% di quello avremmo voluto, ma il 50% sì».
Un utile suggerimento per gli organizzatori, impegnati proprio in queste settimane nella pianificazione della seconda edizione dell'iniziativa, riguarda la formazione offerta nel periodo iniziale gli stagisti: «meno generica e più mirata ai singoli progetti», auspica Giovanni. Niente da eccepire invece rispetto ai tutur dei progetti, «una presenza costante e quotidiana», come tiene a sottolineare Alessandro.
Nel complesso tutti e tre i picanti intervistati da RdS concordano nel ritenere il loro tirocinio un'esperienza positiva e «consigliabile». Altrettanto concordi sono stati però anche nell'individuare il principale punto di debolezza del progetto: ovvero il lungo iter selettivo e soprattutto i tempi di attesa per la partenza effettiva dei tirocini (prevista per lo scorso settembre e slittata invece sino a dicembre). «Un ritardo dovuto soprattutto ai cambiamenti intervenuti la scorsa estate sulla normativa dello stage», è la risposta degli organizzori che, per il prossimo Pica, assicurano tempi più celeri.

Interviste di Ilaria Costantini


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