Stagisti in difficoltà per il Covid, arriva la risposta (e forse anche i soldi) della Commissione europea

Scritto il 13 Lug 2020 in Notizie

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Là dove il governo italiano non è arrivato nell’aiutare i tirocinanti, nei prossimi mesi forse arriverà l’Europa. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha infatti dichiarato nero su bianco nei giorni scorsi che uno degli strumenti finanziari che l’Ue sta approntando per aiutare gli Stati membri, il Sure, potrebbe essere usato anche per indennizzare le persone che si sono viste sospendere o interrompere lo stage causa Covid.

Il Sure è uno strumento finanziario che si propone di mettere a disposizione degli Stati membri dell’Unione europea che ne faranno richiesta un prestito molto agevolato –che complessivamente potrebbe arrivare fino a 100 miliardi di euro – per finanziare misure di sostegno e protezione dei lavoratori. L’acronimo Sure sta per “temporary Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency”, vale a dire: supporto temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione in un periodo di emergenza.

In prima linea nella battaglia per l’apertura dello Sure anche all’indennizzo dei tirocinanti è l'italiano Brando Benifei, capodelegazione degli eurodeputati del Partito Democratico, da sempre attento al tema degli stage e dell’occupazione giovanile. «Penso che il Sure debba essere utilizzato anche per indennizzare coloro che hanno perso il tirocinio»: sulla scorta di questa convinzione Benifei a fine aprile ha preso carta e penna e ha mandato una lettera direttamente alla presidente della Commissione europea per sollevare alla sua attenzione «la particolare situazione che sta affrontando una categoria sociale particolarmente vulnerabile, ovvero quella dei giovani impiegati in tirocini e stage formativi extracurriculari», ricordando che «molti di questi giovani hanno visto il loro percorso terminare bruscamente a causa dello scoppio della pandemia, ed essendo al di fuori di un sistema di protezione sociale adeguata, subiscono frontalmente gli effetti della crisi, sotto il profilo personale, educativo, professionale ed economico» e sottolineando la necessità di «assicurare che i ragazzi che si trovano in stage o tirocini oggi non siano lasciati soli, elaborando un piano di aiuto per sostenere la loro condizione attuale e affrontare ad esempio le spese quotidiane, in particolare ove il tirocinio si svolga lontano da casa» oltre che di «garantire continuità del loro processo professionale e formativo».

La lettera è stata cofirmata dall'intera delegazione italiana del Gruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo e quindi anche da Pietro Bartolo, Simona Bonafé, Carlo Calenda, Caterina Chinnici, Andrea Cozzolino, Paolo De Castro, Giuseppe Ferrandino, Elisabetta Gualmini, Pierfrancesco Majorino, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Giuliano Pisapia, Franco Roberti, Massimiliano Smeriglio, Irene Tinagli e Patrizia Toia.

«L’elemento di solidarietà intergenerazionale nell’affrontare l’emergenza deve essere messo al centro della discussione» si legge in uno dei passaggi più significativi della lettera: «Le misure dispiegate hanno necessariamente avuto un impatto significativo sui conti pubblici, producendo alti livelli di debito che finiranno a pesare sulle spalle delle future generazioni, le stesse che oggi si trovano purtroppo trascurate nelle risposte nazionali adottate per la lotta agli effetti economici e sociali del Covid, come stagisti e tirocinanti».

Nella sua risposta all’interrogazione di Benifei, datata 1 luglio, Ursula von der Leyen ammette che «nel contesto della recessione provocata dalla pandemia di Covid-19, i giovani avranno effettivamente bisogno di un sostegno supplementare nella transizione dalla scuola al mondo del lavoro e i tirocini dovrebbero costituire una tappa fondamentale di tale processo». Un sostegno supplementare, certo, perché anche per loro il Covid ha avuto conseguenze devastanti. «Prendo atto altresì della posizione del Parlamento europeo, che ha più volte ribadito l’importanza di garantire la realizzazione di tirocini di qualità» scrive ancora Von Der Leyen «e di combattere gli abusi attraverso misure a livello dell’Ue».

Visti gli sviluppi dei due mesi intercorsi tra l'invio della lettera e la risposta, si può riassumere che la domanda specifica di Benifei alla presidente della Commissione fosse nel frattempo diventata: si può pensare di utilizzare parte dei fondi Sure anche a favore degli stagisti? «Prendo atto del Suo invito a estendere la portata dello strumento Sure in modo da comprendervi misure nazionali di sostegno al reddito per i giovani tirocinanti che hanno subito l’interruzione o la sospensione del loro percorso» risponde von der Leyen: «L’assistenza finanziaria fornita nell’ambito di Sure è destinata al finanziamento di regimi di riduzione dell’orario lavorativo o misure analoghe volte a tutelare i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi dal rischio di disoccupazione. La concezione di tali misure resta tuttavia una prerogativa degli Stati membri; l’ammissibilità al sostegno dei giovani impiegati in tirocini e stage formativi extracurricolari dipenderà dalle regole dei singoli regimi nazionali».

Al di là dell’inevitabile rimpallo alle scelte dei governi nazionali, la chiave è quel passaggio della sua risposta in cui accanto ai lavoratori dipendenti la presidente elenca, nella platea per la quale è pensato il Sure, anche i lavoratori autonomi: «Quindi vengono date risorse non legate a un posto di lavoro in essere che viene mantenuto, seppure in sostegno artificiale con la cassa integrazione» commenta Benifei: «Vengono indennizzate anche situazioni dove il lavoro si interrompe, cioè il lavoratore autonomo viene indennizzato perché di fatto si presume che abbia perso del lavoro».

Quindi, andando per analogia, se lo strumento non è rigidamente riservato ai lavoratori dipendenti, si può pensare di usarlo anche per gli stagisti? La risposta della Commissione europea è sì: «Il senso del perché io ho fatto questa domanda alla presidente von der Leyen è perché credo che nel momento in cui le risorse di Sure sono utilizzabili per varie situazioni, vadano utilizzate anche per sostenere con un indennizzo quegli stagisti che – magari secondo alcuni criteri che può stabilire il governo – hanno perso uno stage, che di fatto era un lavoro, e con cui quelle persone avevano iniziato a costruire una famiglia, una carriera».

Il fatto che la presidente della Commissione europea non escluda a priori la possibilità che anche gli stagisti possano beneficiare di questo fondo è estremamente importante, perché dopo due batoste – nei due decreti Cura Italia e Rilancio non vi è nemmeno l’ombra di misure a favore dei tirocinanti – vorrebbe dire che forse si potrebbe riaprire uno spazio per risarcire coloro che a causa del Covid hanno perso tra marzo e oggi il loro tirocinio, con conseguente perdita del reddito derivante dall’indennità di stage.

«Lo Sure potrebbe mettere a disposizione potenzialmente fino a 100 miliardi di euro a livello generale europeo» riassume alla Repubblica degli Stagisti Brando Benifei: «L’Italia ha già fatto richiesta la settimana scorsa, e possiamo dire realisticamente che potrebbe avere circa un quinto delle risorse: quindi si parla di circa venti miliardi di euro da usare nei prossimi due anni. I soldi dovrebbero arrivare a settembre, perché Sure sarà erogabile nelle casse degli Stati che ne avranno fatto richiesta quando tutti i Paesi europei avranno autorizzato – e alcuni hanno bisogno di passaggi parlamentari che devono fare nelle prossime settimane – la messa a disposizione di una garanzia di risorse pubbliche che vengono usate per emettere dei titoli con cui si finanzia questo finanziamento».

E attenzione, sottolinea l’europarlamentare PD: questi soldi possono essere usati anche in maniera retroattiva. «Questo sulla stampa non è uscito molto, ma il Sure può finanziare retroattivamente le misure, cioè può essere usato anche per situazioni – in questo caso, la perdita del tirocinio – che si sono realizzate all’interno del periodo del lockdown».

Nel frattempo, in questi giorni in Italia si sta completando l’iter di conversione in legge del Decreto Rilancio. La settimana scorsa l’emendamento Gribaudo / Ungaro e altri che proponeva di destinare cento milioni di euro alle Regioni affinché li distribuissero ai tirocinanti in difficoltà ha ricevuto parere contrario dalla Commissione Bilancio, ed è stato ritirato. «Penso che sia stato un errore non trovare il modo di comprendere dentro il decreto la proposta che stava alla base dell’emendamento, anche in una forma “adattata”» dice Benifei: «Un errore a cui mi auguro che il governo voglia rimediare, per esempio facendo ciò che io ho in qualche modo auspicato facendo questa interrogazione alla Presidente della Commissione europea».

L'europarlamentare ricorda che le Regioni in questo frangente possono fare molto, come già alcune hanno fatto: «Il governo ha spinto tutte le regioni, al di là dell’emendamento, a fare delle misure specifiche con le proprie risorse: i fondi strutturali avanzati dalla programmazione europea sono stati, grazie al lavoro del Parlamento europeo, resi più semplici e più flessibili da utilizzare per questa finalità». Ma le risposte delle singole Regioni non bastano: «Capiamo le difficoltà del governo, ma si tratta di una fetta di giovani che rischia di pagare troppo per questa crisi: credo che questo pezzo di mondo giovanile debba avere risposte più incisive» aggiunge Benifei: «Mi auguro che a breve si possano trovare soluzioni con le Regioni, con gli strumenti che dicevo, ma anche una soluzione più generale grazie all’uso delle risorse europee. È una cosa su cui io mi batterò».

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