Congedo di paternità, il presidente della Camera riceve i promotori della petizione per salvarlo (e ampliarlo)

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 12 Ott 2018 in Notizie

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A fine anno termina la sperimentazione relativa al congedo di paternità obbligatorio, che stabilisce la possibilità per i neo-papà di beneficiare di quattro giorni di congedo retribuiti al 100% entro i primi cinque mesi dalla nascita del figlio. La disposizione era entrata in vigore lo scorso anno a seguito della legge di Bilancio, ampliando i due giorni obbligatori introdotti nel 2012. Fino a quel momento per i padri c’era solo la possibilità di usufruire del congedo parentale, ossia l'astensione facoltativa dal lavoro fino all'ottavo anno di età del bambino per un periodo di tempo continuativo o frazionato e una retribuzione al 30% dello stipendio (che esiste tuttora e può essere richiesta da entrambi i genitori).

Nella mattinata di ieri il presidente della Camera Roberto Fico ha ricevuto una delegazione dei promotori e firmatari - nello specifico Titti Di Salvo, ex sindacalista e presidente di LED (Libertà e Diritti), Alessandro Rosina, docente dell'università di Cattolica di Milano e l’imprenditrice Riccarda Zezza - della petizione, online dagli inizi di settembre, che chiede di rendere strutturale il congedo di paternità obbligatorio, estendendone la durata da quattro a dieci giorni. La petizione
– che ha finora raccolto oltre 6.300 firme; non ha una scadenza, se non quella temporale legata alla prossima legge di Bilancio è stata consegnata al presidente della Camera.

stage lavoro«La petizione punta a far stanziare le risorse nella legge di bilancio per rendere obbligatorio il congedo di paternità» spiega alla Repubblica degli Stagisti Titti Di Salvo:  «C’è un obiettivo che ha quindi una scadenza temporale legato appunto alla legge».

Rendere strutturale questa misura ha ovviamente un costo, stimato in 10 milioni per ogni giorno di congedo obbligatorio di paternità: «Per coprire i 10 giorni servono 100 milioni l’anno su una stima di nascita di 400mila nuovi nati ogni anno». I dati parlano intanto di un crescente utilizzo del congedo obbligatorio: se nel 2015 il numero di beneficiari era di circa 72mila, nel 2017 si è passati a oltre 107mila, mentre i primi dati di quest’anno parlano solo per i primi sei mesi di oltre 56mila beneficiari.

La questione però non è meramente numerica, o meglio non solo: «L’architrave di tutto è la condivisione delle responsabilità genitoriali, cambiando un approccio che vede nella madre la persona su cui caricare la cura dei figli
» continua Di Salvo: «Tutto questo faciliterebbe al tempo stesso l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e la conciliazione vita-lavoro. Inoltre c’è anche un fondamentale aspetto motivazionale ed emotivo, legato al desiderio dei padri verso la cura dei figli. Non pensiamo che basti questa misura, ma bisogna partire da qui per fare una rivoluzione culturale».


«Io non credo, purtroppo, che attualmente il congedo di paternità sia un tema prioritario
» le fa eco Riccarda Zezza: «C’è un tema di costi – e quando si tratta di metterci dei soldi bisogna essere molto motivati – e c’è un problema culturale. Oggi non esiste nessuna parità in termini di occupazione tra uomo e donna: lavorano tre uomini su quattro e due donne su quattro, senza considerare che molte non cercano lavorano o non hanno un’occupazione. La donna che lavora fuori casa vive la dimensione familiare mediamente tre ore al giorno contro una degli uomini».

L'incontro con Roberto Fico è stato importante per la sensibilizzazione sul tema: «Il presidente della Camera ha compreso il valore trasversale del congedo di paternità, anche se credo si senta disarmato rispetto al carattere di urgenza e al poco tempo disponibile. Tuttavia ha annuito e concordato sulla necessità di portare il nostro Paese nel terzo millennio: i padri ci sono già, lo Stato ne è consapevole e non può ignorarli».


«Il problema è che oggi non ci sono norme che agevolino questa condizione di parità» continua Zezza: «Ci sono meccanismi che invogliano le donne a stare a casa, e non gli uomini. Ad esempio, il nostro congedo di maternità è uno dei più protettivi se rapportato al resto d’Europa, per durata, garanzie, rigidità. Relativamente al congedo parentale, invece, considerando che è retribuito al 30% di solito lo prende chi guadagna meno, che nella maggior parte dei casi è la donna».

Confronto con il resto d’Europa che risulta impietoso anche quando si parla dello stesso congedo di paternità: «Nella maggior parte dei paesi europei si parla di settimane, in Italia di giorni. Trovo allucinante che in Italia dopo il matrimonio l'uomo abbia diritto a 15 giorni di congedo, dopo la nascita di un figlio no. Il tema della paternità è ancora tutto da costruire» si rammarica Zezza.
Anche per questo il programma Maam è stato esteso da quest’anno anche ai padri, ottenendo una buona risposta, con circa mille partecipanti a oggi.

È necessario quindi continuare a promuovere la petizione, per ampliare la conoscenza del congedo di paternità obbligatorio e la mobilitazione: «quelli della petizione sono numeri buoni, ma bisogna fare ancora tanto. Trovo assurdo che ci si attivi di fronte al pericolo, al rischio di perdere dei diritti, ma non quando è necessario difenderli», conclude la Zezza.

Il prossimo step è la convocazione di un incontro sul tema anche con il presidente del Senato e i gruppi parlamentari: «Aspettiamo riscontro da loro» conferma Di Salvo.


È opportuno anche, tuttavia, che quella del congedo di paternità non sia considerata una misura isolata, ma venga compresa nell’ambito di un insieme più ampio di iniziative legate alla genitorialità, a oggi da costruire o quantomeno ampliare.


Chiara Del Priore

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