Congedo di paternità retribuito, ci sono aziende più avanti della legge

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 10 Ott 2019 in Notizie

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È di questi giorni l’annuncio del neo ministro della Famiglia Elena Bonetti della volontà di inserire nella nuova manovra dieci giorni di congedo obbligatorio per i neopapà retribuiti al 100%, rispetto agli attuali cinque.

Una situazione diametralmente opposta rispetto a quella dello scorso anno, quando il congedo di paternità aveva rischiato di scomparire – c'era voluta una petizione sostenuta da migliaia di firme e un forte lavoro di pressione dentro e fuori dal Parlamento per evitarne la cancellazione. Che adesso invece si parli di aumentare da cinque a dieci il numero di giorni di congedo di paternità obbligatorio retribuito sembra quasi una festa, ma in rapporto alla situazione di gran parte dei Paesi europei si tratta in realtà solo di una piccola goccia nell’oceano: basti pensare alle due settimane di Francia e Regno Unito o alle cinque della Spagna. Con i dieci giorni si farebbe però un altro piccolo passettino in avanti.

Eppure qualcosa sta cambiando già da tempo, perlomeno nelle politiche di alcune aziende che stanno partendo da un assunto che dovrebbe essere più che scontato: madre e padre sono ugualmente protagonisti e importanti nei primi mesi di vita e nel percorso di crescita del bambino, per cui sarebbe più opportuno parlare di genitorialità che di maternità. Bisogna allora attivarsi per tutelare al massimo questo momento fondamentale.

Danone è stata una delle prime aziende a inserire dieci giorni di congedo per i neopapà
(in aggiunta a quelli previsti per legge naturalmente!):
«Otto anni fa abbiamo inventato un decalogo che racchiude dieci regole di supporto economico, culturale e organizzativo per aiutare mamme e papà al lavoro, come i dieci giorni di paternità retribuita, il raddoppio del salario durante la maternità facoltativa, un sistema avanzato di welfare per la cura e l’educazione dei figli» racconta alla Repubblica degli Stagisti la direttrice HR Sonia Malaspina, in azienda dal 2011: «Oggi il 100% dei papà usufruisce dei dieci giorni di paternità retribuita, il 100% delle mamme rientra a lavoro dopo il congedo. Il 40% per cento delle promozioni l’anno scorso ha inoltre riguardato mamme al rientro dal congedo maternità su una popolazione di cinquecento persone. Oggi i papà condividono in misura maggiore la cura e l’accudimento dei figli rispetto al passato, ma è un percorso di cambiamento culturale ancora in atto».

Non a caso infatti Danone da molti anni fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, impegnandosi nel garantire buone condizioni ai propri tirocinanti. Da un paio d'anni, inoltre, ha aderito al programma Maam: «Misuriamo le competenze manageriali prima e dopo il congedo grazie all’app Maam – Maternity as a master – di Riccarda Zezza» conferma Malaspina «e abbiamo riscontrato che le competenze manageriali più ricercate aumentano significativamente al rientro dal congedo. Insomma maternità e paternità sono incredibili palestre per la crescita manageriale oltre al valore umano e sociale che racchiudono».


Nestlé ha un approccio simile, che favorisce «la valorizzazione della maternità e della paternità come elementi centrali del benessere e della crescita umana e sociale»: esordisce così Dario Migliavacca, Leadership & Team Development Manager di Nestlé, altra azienda virtuosa dell'RdS network, sempre attenta al tema del lavoro di qualità.
La multinazionale svizzera del settore alimentare, con quartier generale italiano ad Assago, alle porte di Milano, è stata una delle prime ad aver introdotto in Italia nel 2012 i quindici giorni di congedo di paternità con il 100% della retribuzione, in aggiunta ad altri tre già riconosciuti in precedenza. «Tutte queste misure di welfare sono state implementate in maniera graduale nel corso degli anni, sempre nel rispetto dei principi aziendali e del corretto bilanciamento tra vita personale e lavorativa», commenta Migliavacca.
Una scelta ampiamente apprezzata in azienda come dimostrano i dati: «Il congedo di paternità a quindici giorni è utilizzato dal 46% dei dipendenti. Ed ha più successo nelle fabbriche. Il riscontro che abbiamo avuto dai nostri collaboratori è senza dubbio positivo. Il sostegno alla genitorialità si è dimostrato un asset fondamentale per Nestlé. Non è un caso che in media abbiamo 1,5 figli per dipendente, l’11% in più rispetto alla media nazionale. In Nestlé nel 2016 sono nati 42 bambini, nel 2017 siamo saliti a 93 e lo scorso anno abbiamo raggiunto quota 125. Questi numeri sono la dimostrazione dell’efficacia delle nostre politiche di supporto alla genitorialità e al benessere dei dipendenti».

In Nestle è quindi il termine genitorialità a prendere sempre più piede: «In questa prospettiva, per noi di Nestlé la genitorialità diventa un fattore che non riguarda unicamente le donne. Il congedo di paternità a quindici giorni, ad esempio, rappresenta uno strumento che abbiamo adottato per non escludere il padre dalle emozioni e responsabilità che sorgono nel momento in cui nasce un figlio. 
Inoltre, un segnale importante viene anche dall’aumento della componente maschile che si avvale dello smartworking (+26% rispetto al 2017). Un’altra delle iniziative di cui andiamo orgogliosi è l’asilo nido aziendale a Perugia, con il 60% della retta coperto dalla Nestlé. Ad Assago invece esiste una convenzione con una struttura privata, ma anche in questo caso è previsto un contributo per i dipendenti Nestlé che lasciano i figli al nido».

In L’Oréal l’attenzione ai neopapà fa parte di un progetto più ampio chiamato Share&Care, nato nel 2014 e basato su quattro pilastri fondamentali, legati alla tutela e al benessere dei dipendenti attraverso iniziative differenti, dal benessere sul lavoro alla protezione in caso di eventi  imprevisti della vita. 
«A partire dal 2018, in coerenza L’Oréal, abbiamo previsto i permessi retribuiti per i neopapà di 10 giorni, quando la legge ne prevedeva quattro. Il senso era quello di far condividere a padri e madri in uguale misura un momento importantissimo come quello della nascita del figlio»  dice alla Repubblica degli Stagisti Antonio Franceschini, HR Development & Compensation: «Il primo ad averne usufruito è stato il direttore finanziario di allora, a dimostrazione che si tratta di un’esigenza sentita a tutti i livelli».

Il permesso retribuito va di pari passo con un altro caposaldo dell’azienda, il lavoro flessibile: «Abbiamo quattro giorni di lavoro flessibile al mese e attualmente oltre il novanta per cento ha aderito, uomini e donne a tutti i livelli dell’organizzazione.
Il lavoro flessibile risulta essere amato dai giovani, che lo sentono molto vicino al loro modo di essere. Più in generale la diffusione del lavoro flessibile si inserisce in un paradigma più ampio di trasformazione del modo di concepire il lavoro, non più vincolato all’ufficio, pienamente sposato dal nostro management e che rappresenta una direzione in cui molte aziende stanno andando».


L'azienda più “generosa” di tutte, in Italia, sul congedo di paternità aziendale è probabilmente
Procter&Gamble, che da marzo di quest'anno ha adottato #Sharethecare, una nuova forma di congedo parentale per i neopapà: «Si tratta di un congedo della durata di otto settimane consecutive da richiedersi nei primi 18 mesi dalla nascita o dall’adozione del bambino e dopo i giorni di congedo obbligatorio previsti dalla legge» spiega alla Repubblica degli Stagisti Francesca Sagramora, direttore delle risorse umane di P&G per Italia, Spagna e Portogallo: «Il congedo viene concesso ai dipendenti che diventano padri, o genitori in una coppia dello stesso sesso, in contemporanea con il congedo parentale previsto dall’INPS. Per le otto settimane previste, P&G si impegna a garantire la retribuzione al cento per cento. La policy si applica anche a quei casi – coppie dello stesso sesso, o nel caso in cui la mamma avesse già usufruito del periodo retribuito dall’INPS al 30%” – per i quali l’Inps non eroga alcuna prestazione. Il riscontro da parte dell’organizzazione è stato ottimo. In appena sei mesi fa ne hanno beneficiato, soltanto in Italia, 24 neopapà. Riteniamo che l’aumento del numero di papà che usufruiscono di un congedo parentale contribuirà a rompere gli stereotipi esistenti sul ruolo della donna e dell’uomo in ambito familiare e professionale, restituendo ad entrambi la libertà di scegliere come organizzarsi in modo più equilibrato, paritario e secondo le proprie necessità».

Anche Talent Garden, spazio di coworking e network digitale, ha adottato una politica per le neomamme e i neopapà che comprende una serie di possibilità aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legge: «Nella progettazione della parental policy si è tenuto conto della gender equality e del modo di lavorare tipico del mondo digitale dove tutto si evolve velocemente» racconta Giulia Tognù, 33 anni,  che dal febbraio 2016 si occupa del coordinamento internazionale della parte di brand, PR e produzione contenuti all’interno del team Global Marketing&Communications di Talent Garden: «A completamento di quanto previsto dalla legge, le mamme hanno la possibilità di accedere al lavoro da casa con una progressione durante l’avanzamento della gravidanza: da un giorno a settimana a partire dal quarto mese fino ad arrivare a quattro giorni al settimo mese, possibilità di cui possono usufruire anche i papà per due giorni a settimana negli ultimi due mesi.


Da novembre dello scorso anno Tognù è anche mamma. La sua azienda  Dopo la nascita del bambino i neopapà potranno godere di due settimane di congedo parentale, fino all’ottavo mese le mamme e i papà potranno beneficiare del lavoro da casa fino a 3 giorni a settimana, periodo che decresce progressivamente fino a 1 giorno nei 3 anni dopo la nascita, a cui si aggiungono 2,5 giorni di permesso retribuito per assistere il bambino durante il primo giorno d’asilo. In aggiunta è previsto un bonus di 3mila euro oltre a quanto previsto dalla previdenza sociale per coprire parte dei costi del nido, della babysitter e tutto il necessario per affrontare questa avventura con energia e serenità».

In attesa di capire se il governo troverà davvero i fondi per i cinque giorni aggiuntivi di congedo di paternità  – non si tratta a dire il vero di cifre inavvicinabili: ogni giorno obbligatorio di congedo di paternità costa 10 milioni di euro alle casse dello Stato, dunque la misura costerebbe all'incirca 50 milioni di euro in più all'anno, portando la spesa annuale per congedo di paternità da cinquanta a cento milioni di euro – le aziende dimostrano di essere un passo avanti, nella speranza che possano contribuire a recuperare il grande divario accumulato su questo fronte dal nostro Paese rispetto al resto d’Europa.

Chiara Del Priore

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