Resto al Sud, come funziona il nuovo bando che aiuta i giovani a fare impresa nel Mezzogiorno

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 14 Mar 2018 in Notizie

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Un miliardo e 250 milioni di euro per sostenere l’economia del centro-sud Italia attraverso le start-up. Si chiama “Resto al sud” ed è un nuovo incentivo per giovani residenti in otto Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Promosso dal ministero per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, da quello dell’Economia e da quello dello Sviluppo economico, prevede un sostegno economico per aprire un’attività imprenditoriale.

Tutto buono: la situazione dell’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno è molto critica – se il dato medio nazionale di occupazione per la fascia di popolazione tra i 15 e i 34 anni è pari a 40,6% (Istat 2017), prendendo in considerazione solo chi risiede nel Mezzogiorno lo stesso dato è di oltre 10 punti più basso: 28,5% – e il fenomeno dell’emigrazione, verso le più dinamiche regioni del centro nord o verso l’estero, è da anni in crescita costante.

startup resto al sudLa misura è aperta ai giovani tra i 18 e i 35 anni che vogliano avviare una attività imprenditoriale per la «produzione di beni nei settori industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura; la fornitura di servizi alle imprese e alle persone, turismo». Restano invece escluse dal finanziamento «le attività agricole, libero professionali e il commercio».

Non è chiarissimo perché sia stato deciso di investire così tanto in un progetto così simile a un altro già esistente, Selfiemployment, attivo già da settembre 2016, che fin dal primo giorno ha stentato a trovare potenziali beneficiari. E’ proprio così: Selfiemployment, la misura di Garanzia Giovani per il sostegno all’autoimprenditorialità, in un anno e mezzo è riuscita a destinare soltanto 21 milioni dei 124 che costituiscono la sua dotazione finanziaria. Motivo: non arrivano abbastanza richieste. «Le domande presentate non sono così numerose da saturare la dotazione finanziaria» ammette Vincenzo Durante, responsabile dell’area Occupazione di Invitalia, l’ente che gestisce entrambe le misure. Non a caso, proprio in queste settimane è in corso un confronto con l’Anpal che potrebbe portare alla revisione dei criteri di accesso o di implementazione di Selfiemployment, modificando «lo strumento agevolativo per renderlo più attrattivo». Ma per ora non c’è nulla di certo. 

Curioso dunque che, sulla base di un risultato non certo eccezionale, si scelga di attivare una iniziativa quasi identica, con un’altra dotazione finanziaria – e molto significativa! Eppure i decisori politici sembrano convinti che “Resto al sud” avrà più successo di Selfiemployment. Forse perché l’accesso non è in questo caso limitato agli iscritti a Garanzia Giovani
, e copre dunque un target di cinque anni più ampio, essendo rivolto agli under 35? Certo questo ha un suo peso ma, di contro, a “Resto al sud” possono concorrere solo aspiranti startupper residenti nelle otto regioni del Mezzogiorno, mentre Selfiemployment è aperto a tutti, in tutte le venti regioni. In ogni caso i primi dati disponibili evidenziano che, all’8 marzo, per “Resto al sud” vi erano oltre 6mila domande in via di compilazione sul sito di Invitalia, e di queste poco meno di 1.500 già chiuse e presentate (in un anno e mezzo per Selfiemployment ne sono arrivate meno della metà, 2.200!); non c’è però ancora nessun dato su quante abbiano finora passato la selezione.

Gli aspiranti startupper potranno usare i soldi ottenuti con “Resto al sud” per la «ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili», per comprare «impianti, macchinari, attrezzature e programmi informatici» e infine, più genericamente, per «le principali voci di spesa utili all’avvio dell’attività».

Il finanziamento può arrivare fino a un massimo di 50mila euro (o 200mila in caso i soggetti richiedenti siano più d’uno) a copertura del «100% delle spese ammissibili», il che è un dettaglio tecnico importante, perché molti finanziamenti invece prevedono una percentuale inferiore, e non di rado ciò rappresenta un disincentivo a candidarsi. Le somme che arrivano a chi supera la selezione consistono in un «contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo» e in un «finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi del finanziamento sono interamente coperti da un contributo in conto interessi». 35+65 = 100%. Di questi 100, il 65% andrà restituito a rate («entro otto anni dall'erogazione i primi due anni di pre-ammortamento», come specificato nel decreto attuativo), però appunto senza interessi; il restante 35% invece no.

Resto al sud è un «incentivo a sportello», il che vuol dire che le domande «vengono esaminate senza graduatorie in base all’ordine cronologico di arrivo». Lo sportello è stato aperto a metà gennaio (il regolamento attuativo era stato pubblicato a novembre). Le banche che hanno aderito alla convenzione e che dovranno dunque approvare ed erogare i finanziamenti sono Intesa SanPaolo, Unicredit, la Banca del Mezzogiorno Mediocredito centrale, il Monte dei Paschi di Siena e alcuni istituti più piccoli del sud.

Possono partecipare non solo gli under 35 già residenti nelle otto Regioni citate «al momento della presentazione della domanda di finanziamento», ma anche coloro che si impegnino a trasferirsi in una di esse «dopo la comunicazione di esito positivo». Conditio sine qua non è non avere «un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per tutta la durata del finanziamento» e non essere già «titolari di altra attività di impresa in esercizio».

La misura è accessibile ai privati cittadini ma anche alle società, alle cooperative, alle ditte individuali «costituite successivamente alla data del 21 giugno 2017», o ancora a «team di persone che si costituiscono entro 60 giorni (o 120 se residenti all’estero) dopo l’esito positivo della valutazione». A vigilare sul buon andamento della misura è incaricata l’Agenzia per la Coesione territoriale che «nell'ambito delle proprie competenze» si legge nel decreto attuativo «garantisce il monitoraggio delle agevolazioni concesse ai soggetti beneficiari».

Se “Resto al sud” avrà più fortuna di Selfiemployment e si rivelerà più efficace, solo il tempo potrà dirlo. Inevitabile, per ora, considerarle misure quasi gemelle e notarne la preoccupante ridondanza.

Eleonora Voltolina

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