Borse di studio per giovani di valore: in Africa con il premio Lorenzin per un'agricoltura sostenibile

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 15 Giu 2012 in Storie

È necessario investire sulla meritocrazia, a partire dal (sempre più lungo) periodo della formazione. La Repubblica degli Stagisti ne è convinta e periodicamente raccoglie tutti i più interessanti bandi per borse di studio e  premi di laurea che riconoscono l'eccellenza sui banchi universitari - e non solo. Di seguito la testimonianza di Carlo Tacconelli, oggi 27 anni, vincitore del premio "Giovanni Lorenzin", promosso dall'omonima associazione in provincia di Venezia - che oggi chiude il bando per il 2012.

Sono nato nel 1985 e ho vissuto a Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, fino a diciotto anni; poi nel 2004, dopo la maturità scientifica, mi sono trasferito
a Roma per studiare Ingegneria per l'ambiente e il territorio alla Sapienza. In quegli anni, tramite il Cirps - Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile d'ateneo, ho partecipato a due missioni volontarie di ricerca e cooperazione internazionale: per la tesi triennale nel 2007 sono stato un mese nel deserto del Sahara, tra Algeria e Mauritania, per un progetto di irrigazione solare. Per la tesi specialistica invece ho partecipato ad una iniziativa di autocostruzione di pannelli solari termici in Venezuela, nel dicembre del 2008. E con la Protezione civile sono partito per le missioni di emergenza post terremoto all'Aquila e ad Haiti - questa volta con rimborso spese.
In particolare, nel 2007 mi ero occupato della gestione di orti solari familiari irrigati goccia a goccia da pompa fotovoltaica nel campo rifugiati Saharawi di Dakhla, in Algeria. I campi esistono da più di trent'anni e dal punto di vista alimentare la popolazione è fortemente dipendente dagli aiuti umanitari.  La distribuzione dei generi però incontra non pochi problemi, legati soprattutto alle condizioni climatiche e al trasporto, poiché i campi sono nel cuore del deserto. Da qui è nata l'idea di rendere possibili piccole coltivazioni locali che possano sopperire ai bisogni alimentari con prodotti freschi. Lo scopo del progetto era quindi quello di favorire un'agricoltura sostenibile basata sullo sfruttamento dell'energia solare, prevedendo sia la costruzione degli orti sia la diffusione delle competenze per poterli gestire da personale locale.
Pensando che fosse importante dare visibilità e seguito al progetto, ho partecipato al premio "Giovanni Lorenzin" [che ogni anno premia tre giovani esperti in gestione delle risorse idriche con una somma di 2mila euro ciascuno, come contributo spese alla partecipazione di un progetto in un Paese dell'Africa, ndr] con la mia tesi triennale. Avevo trovato casualmente il bando in rete, googlando le parole «cooperazione internazionale» se non ricordo male... E ho vinto! Ho ritirato il premio il 20 novembre 2010... Anche grazie al premio Lorenzin oggi nel campo di Dakhla sono stati installati diversi orti comunitari in tutto il villaggio. La somma mi ha rimborsato retroattivamente della missione nei Saharawi, ma ha anche contribuito a diffondere la stessa tecnologia in Venezuela: sono infatti riuscito a pagarmi parte delle spese della mia seconda missione universitaria con il Cirps, nelle Ande venezuelane.
Ho finito gli studi della specialistica nel gennaio 2010, ma a quel punto lavoravo già da diverso tempo in uno studio di Roma del settore energie rinnovabili. I primi sei mesi avevo un part-time da 500 euro al mese; dal 2009 un contratto di apprendistato a circa 800 euro; e infine dal 2010 ho lavorato con il solito escamotage di "libero professionista consulente" a partita iva, con un netto di circa mille euro al mese. Le prospettive in azienda non erano molto allettanti, i soci si stavano avviando verso l'età pensionabile, non c'era molto spirito di iniziativa né tanto meno possibilità per me di crescere all'interno dell'azienda: dopo qualche mese dalla laurea ho iniziato a guardarmi intorno. Con i soliti motori di ricerca online sono riuscito a guadagnare un colloquio con una multinazionale spagnola del settore fotovoltaico, con base a Roma. Superata la selezione, ad ottobre sono stato assunto con contratto a tempo indeterminato e uno stipendio lordo annuo di 26mila euro, ma dopo 8-9 mesi sentivo che le cose per la società non andavano bene, il mercato si stava sgonfiando e iniziavano i primi licenziamenti. Mi sono messo nuovamente alla ricerca e ho trovato un altro impiego, questa volta in Sorgenia Solar, con contratto di somministrazione di un anno come project manager nella costruzione di impianti fotovoltaici su tutto il territorio italiano e uno stipendio lordo annuale di 32mila euro.
Ma evidentemente il destino aveva altri piani per me. Sì, perché nell'ottobre 2011, mentre ero in Sorgenia da appena un mese, è arrivata una prestigiosa chiamata dall'Onu: ero stato selezionato per un programma di volontariato internazionale di un anno, in
Honduras, su temi di conservazione ambientale, strategie di adattamento al cambio climatico ed energie rinnovabili. Tra l'altro non era il mio primo contatto con le Nazioni Unite: da agosto a novembre 2009 avevo già svolto uno stage nell'ufficio Protezione ambientale di Nairobi, in Kenya, a mie spese. L'UNV - United Nation Volunteers, è invece spesato dal governo. Non mi sono lasciato sfuggire l'occasione ed è così che dallo scorso febbraio mi ritrovo felicemente in Centro America con l'opportunità di mettere le mie conoscenze a disposizione di questo Paese in via di sviluppo. Ricevo un rimborso mensile di 1500 dollari e l'ufficio locale dell'Honduras mi copre gran parte delle spese locali - notevolmente inferiori rispetto ai 500 euro di affitto che pagavo a Roma.
Durante gli svariati colloqui lavorativi sostenuti in Italia non ho percepito molto interesse per il mio curriculum: non è assolutamente facile fare breccia presso i direttori delle risorse umane. Molti dei miei ex colleghi di facoltà pur di entrare nel mondo del lavoro si trovano costretti ad accettare stage gratuiti, contratti a progetto senza sicurezze, collaborazioni da "liberi professionisti" a partita Iva, part-time con apprendistato, ecc... Laddove il mercato richiede contraddittoriamente figure di neolaureati a pieni voti, che siano giovani ma con esperienza, non ho visto il minimo interesse da parte delle imprese nello sviluppare e accrescere il potenziale degli ottimi laureati che escono dalle università, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei. Ed è cosi che il termine risorse umane si svuota del suo significato. Io personalmente sono a favore della flessibilità lavorativa attraverso contratti a tempo, purché ci sia mobilità nel mondo del lavoro e crescita professionale. Ma oggi piú che mai le prospettive lavorative nel Bel Paese mi sembrano proprio buie.

Testimonianza raccolta da Annalisa Di Palo

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