Pietro Canale, il commercialista stagista

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 13 Gen 2009 in Storie

Trentasei anni, laureato in Economia dal 1998, Pietro di professione fa il dottore commercialista nello studio che qualche anno fa ha aperto insieme a un un collega. Oggi e per i prossimi 24 mesi sarà un commercialista-stagista (e non è certo l’unico). «Ho deciso di aderire al Programma Stages» spiega «perché è compatibile con la mia professione. Non ho certo bisogno di “completare la mia formazione”, né punto ad essere contrattualizzato dall’ente ospitante; però per me è un’occasione buona per entrare in contatto con nuove realtà con cui magari potrò lavorare in futuro. E poi il mio guadagno attuale non è così brillante: 8-900 euro al mese in più mi daranno tranquillità e sicurezza».
Ma come farà a conciliare uno stage a tempo pieno con l’impegno in studio? «Ora stiamo facendo i corsi di formazione, riesco a seguirli e contemporaneamente a lavorare. Quando cominceremo gli stage, si vedrà: non sappiamo ancora niente di preciso su dove verremo mandati e cosa ci verrà richiesto di fare – il livello di informazione è scarso, tutto è sempre organizzato in maniera informale. Comunque non credo che potranno chiederci di fare un tempo pieno».
Secondo Pietro, ai superstagisti infatti il consiglio regionale finirà per dare grande autonomia rispetto all’impegno dello stage: «Per esempio nelle sedi disagiate, quelle a 150-200 km dal capoluogo, nessuno ci vuole andare e nessuno ci manderanno. E poi mi è stato detto» continua «che potremo fare richiesta per andare a fare esperienze altrove utilizzando il nostro rimborso mensile». Sarà vero? Lui ci spera: «A me interesserebbe frequentare una summer school alla London School of Economics».
Da esperto di fisco, Pietro non manca poi di muovere una critica ai balzelli applicati al rimborso spese (i mille euro promessi saranno decurtati del 34%: 24,5% di Irpef, 8,5% di Irap, 1% di Inail): «In realtà l’Irap è un onere di riflesso a carico dell’amministrazione, ed è giusto che il consiglio regionale debba pagarlo: ma non è giusto che lo faccia ricadere su di noi! Poi c’è anche un problema di ordine contributivo: per due anni noi non saremo coperti da nessuna forma previdenziale. E ci sono almeno due ragazze incinte nel nostro gruppo: mi chiedo come si comporteranno con loro».
Però alla fine, riflettendo sulla sua condizione di commercialista-stagista, ammette: «Andare a fare uno stage dopo 11 anni dalla laurea effettivamente è un controsenso. Modestia a parte, io sono dieci anni che lavoro!».

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