Stage in commissione Ue, poi la virata verso il commercio equo e solidale

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 29 Ago 2013 in Storie

Scade il 30 agosto il termine per candidarsi a uno dei 700 tirocini offerti dalla Commissione Europea. Restano quindi due giorni utili per fare domanda. Il rimborso è di più di mille euro al mese e la durata cinque mesi, a partire da marzo 2014. Maria Livia Brauzzi, stagista a Bruxelles nel 2009, ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza, poi sfociata nella cooperazione sociale.

Ho trent'anni; la mia famiglia è di Roma ma abbiamo vissuto per molti anni all’estero - dalla Nigeria al Belgio, dal Kenya agli Stati Uniti - per via del lavoro di mio padre. In tutti questi posti ho sempre frequentato le scuole francesi, che mi hanno permesso di avere un’ottima formazione e di essere bilingue – oltre ad aver imparato molto bene l’inglese e discretamente lo spagnolo.
 Dopo la maturità sono tornata in Italia e ho studiato Filosofia a Roma Tre, prendendo nel luglio del 2007 la laurea magistrale: ero affascinata dalla materia e sopratutto da come essa veniva insegnata nel sistema scolastico francese, molto stimolante.
L’università italiana mi ha fornito un approccio più "storico" rispetto a quello tematico che conoscevo bene. Avevo scelto Roma Tre rispetto alle altre due università romane perché più raccolta e aperta agli scambi accademici. Al terzo anno della triennale sono andata infatti a fare l’Erasmus in Francia, a Grenoble, perché volevo ritrovare l’approccio francese alla filosofia e alla storia. La mia tesi della triennale era su un filosofo francese, e anche quella della specialistica era su una tematica riguardante la Francia! Durante il liceo e nei primi anni di università ho sempre fatto la baby-sitter e occasionalmente ho dato ripetizioni. Subito dopo la laurea ho fatto uno stage di tre mesi in una casa editrice specializzata in fotografia e agenzia di comunicazione, la Peliti Associati: lì mi davano un rimborso spese di 300 euro al mese e io svolgevo mansioni di segreteria, correzione di bozze, redazione di testi, ufficio stampa. Avevo un ottimo rapporto con i colleghi grafici, da cui ho imparato molte cose che mi sono state utili più in là: ma non c’erano grandi prospettive se non rimanere a fare la segretaria. 
In seguito, a fine 2008, ho partecipato al programma di tirocini Mae-Crui, presso il Ministero degli Esteri - purtroppo non pagato - perché mi interessava il settore della cooperazione internazionale, soprattutto con i paesi africani. Sapevo anche della possibilità di svolgere un tirocinio presso la Commissione Ue quindi appena possibile ho riempito tutti i formulari per l’iscrizione al Bluebook. La durata dello stage è stata di cinque mesi (marzo-luglio 2009). Sono stata presa alla Direzione generale dello Sviluppo e dei rapporti con i paesi Acp (Africa, Caraibi, Pacifico): avevo come tutor sia il direttore generale, per il quale ho redatto un progetto di ricerca sulle politiche di sviluppo dell’Ue, sia una avvocatessa della Commissione che seguiva i negoziati per la revisione dell’Accordo di Cotonou. Il direttore generale lo vedevo poco, l'avvocatessa invece mi ha sempre portato con sé alle riunioni, mi ha fatto scrivere i report e mi ha spiegato esattamente le dinamiche, gli obiettivi e l’importanza di questo accordo. Dopo lo stage non mi è stato proposto nessun contratto perché era chiaro fin dall’inizio che non avevo intenzione di proseguire, il lavoro era troppo politico e in un ambito troppo specifico - quello legale - per me. Altri stagisti che miravano a rimanere hanno avuto la possibilità di farlo, perché hanno lavorato per questo obiettivo nei sei mesi di stage: sgomitando, facendo network. Ma non era quella la mia strada. 
Ho sempre svolto volontariato di vario tipo, così mi sono iscritta, sempre nel 2009, al master Asvi in Management delle organizzazioni no profit, che ho concluso nel 2010. Attualmente lavoro per una cooperativa sociale con un contratto a progetto part time, e uno stipendio di 800 euro al mese netti. Oltre a una serie di strutture d’accoglienza per bambini soli, disabili e donne in difficoltà, la struttura gestisce anche un progetto di economia solidale di sartoria e artigianato: il laboratorio solidale “Da tutti i Paesi”, dove le donne immigrate ex ospiti di una delle case-famiglia (Casa Betania) hanno la possibilità di fare un lavoro creativo. Mi occupo di far conoscere questa realtà e di creare contatti, espandere la rete commerciale attraverso diverse iniziative. Fin da quando frequentavo l’università ero volontaria in una bottega di commercio equo e solidale, e lo sono tuttora: ho capito che era l’ambito che più mi interessava e dove volevo crescere e formarmi, per questo il mio lavoro attuale mi piace molto e pur essendo un progetto piccolo sono contenta di occuparmi del sociale e di vedere i frutti del mio lavoro quotidiano. 
Ho sicuramente fatto tesoro di tutte le esperienze fatte all’estero e in altri ambiti lavorativi, anche se non tratto - quantomeno non direttamente - questioni internazionali. Per quanto riguarda i miei amici, dei miei coetanei qualcuno è realizzato e qualcuno arranca a trovare lavoro… 
Rispetto al sistema dello stage, penso che dovremmo imparare dai francesi a svolgerli durante il periodo universitario e non dopo: in Francia è addirittura vietato fare stage dopo aver finito gli studi. Sicuramente non è giusto che esistano stage senza compenso, per cui sarei per dare un rimborso spese anche minimo a chi va a lavorare per un periodo limitato in un’azienda. Però è anche importante non aspettare troppo per fare esperienze lavorative, quindi gli stessi stage gratuiti non andrebbero mai scartati, soprattutto se svolti nel settore che interessa. È bene non aspettare di trovare l’offerta perfetta su Internet: ho visto più di una volta persone prese per un tirocinio perché avevano mandato una lettera di autocandidatura, o avevano cominciato facendo volontariato presso un ente.

 


Testo raccolto da Ilaria Mariotti



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