Quattro milioni di euro pubblici per stage da elettricisti e muratori. Ma non era meglio l'apprendistato?

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 03 Dic 2012 in Notizie

«L'apprendistato dovrà rappresentare la tipica modalità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Negli ultimi mesi lo ha dichiarato a più riprese il ministro del Welfare Elsa Fornero. Un concetto che l'esponente del governo farebbe bene a chiarire anche ai suoi dirigenti, visto che una società interamente controllata dal suo dicastero ha lanciato un progetto da 4,5 milioni di euro per avviare 3mila giovani alle professioni di 'bottega', scegliendo come modalità non quella dell'apprendistato, ma lo stage - meno tutelante per chi lo svolge e meno costoso per le aziende.

Al ministero del Welfare, dunque, si predica bene ma si razzola male. La società in questione è ItaliaLavoro, che ha appena lanciato «Botteghe di mestiere», un progetto che prevede l'attivazione di oltre 3mila stage semestrali. Destinatari giovani under 29 disoccupati o inoccupati interessati ad avvicinarsi, come si legge sul sito di IL, ad «una serie di mestieri artigiani come i pellettieri, i valigiai, i borsettieri, i falegnami, gli impagliatori, i muratori, i carpentieri, i lattonieri, i carrozzieri, i meccanici auto, i saldatori, gli armaioli, i riparatori di orologi e di protesi dentarie, i tipografi, gli stampatori offset, i rilegatori, i riparatori di radio e Tv, gli elettricisti, gli elettromeccanici, gli addetti alla tessitura e alla maglieria, i sarti, i materassai, i tappezzieri, i dipintori, gli stuccatori, i ponteggiatori, i parchettisti e i posatori di pavimenti».

Tutte professioni più che rispettabili, sia chiaro. Anzi professioni che probabilmente oggi come oggi – come dimostrano i dati sul “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro – possono offrire più posizioni aperte e garanzie occupazionali e di reddito rispetto ad altre più “blasonate” e di concetto. Ma in sostanza tutte professioni prevalentemente manuali, che mai prima d'ora avevano necessitato di un periodo di pre-formazione come lo stage.

StagistiE allora perché IL, il cui azionista unico è proprio il ministero, punta sui tirocini e non sposa la linea dell'esecutivo che privilegia l'apprendistato? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto al responsabile del progetto Domenico Bova. «Nel caso delle Botteghe di mestiere il tirocinio è stato ritenuto, in condivisione con le regioni, lo strumento più adatto per consentire ai giovani di acquisire un'esperienza formativa presso realtà lavorative che affondano le radici nella tradizione produttiva italiana», la sua premessa. Il punto è che lo stesso risultato lo si sarebbe potuto ottenere con un contratto di lavoro da apprendistato. Insomma perché dopo l'approvazione di una contestatissima riforma che ne ha fatto, almeno nelle intenzioni, la principale porta d'ingresso al mondo del lavoro per i giovani, si continua a preferire lo stage?

«La modalità ipotizzata dovrebbe favorire la riduzione di quel fenomeno di interruzione che avviene nell'arco dei primi mesi di lavoro con i contratti di apprendistato». Ma cosa differenzia uno stage da un contratto di apprendistato e perchè sarebbe così importante che Italia Lavoro destinasse i suoi fondi a sostenere la seconda tipologia e non la prima? Semplice: lo stage non è un contratto di lavoro mentre l'apprendistato sì, e assicura il versamento dei contributi, le ferie, la tredicesima e gli straordinari, la malattia, la maternità: in una parola i diritti dei lavoratori. E soprattutto, a voler essere banali, è la formula sulla quale il governo ha deciso di puntare. Almeno a parole. «È auspicabile
che dopo il primo periodo di tirocinio», prosegue Bova, «l'esperienza formativa possa essere seguita dall'instaurazione di un rapporto di lavoro in apprendistato, attraverso il quale si potrà garantire da un lato la crescita del giovane lavoratore, dall'altro la soddisfazione di un bisogno da parte dell'impresa».

Insomma secondo ItaliaLavoro questi stage saranno, auspicabilmente, l'anticamera di un contratto di apprendistato, a sua volta propedeutico al tempo indeterminato. Nessuna azione di indirizzo, nessuna politica attiva a favore
Stagisti dell'apprendistato, nessuna richiesta alle “botteghe” rispetto ad un'assunzione: solo auspici. Davvero questo tutto ciò che un ente controllato dal governo sa dire ai giovani in un Paese in cui, secondo l'Istat, la disoccupazione tra gli under 24 ha toccato a settembre il 35,1%.

La questione però rischia di complicarsi ulteriormente e proprio per effetto della stessa legge Fornero. ItaliaLavoro garantisce infatti ai tirocinanti un rimborso mensile di 250 euro, che le aziende che ospiteranno gli 'stagisti di Bottega' dovranno integrare per un importo analogo. A gennaio, però, dovrebbe essere definita la cosiddetta «congrua indennità» per gli stage prevista dall'articolo 12 della riforma del lavoro.

E cosa succederebbe se la conferenza Stato-Regioni, chiamata a deliberare in proposito, stabilisse che un rimborso di 500 euro mensili non è sufficiente? «Le informazioni ad oggi di nostra conoscenza vanno nella direzione di individuare la somma di 500 euro mensili quale importo congruo per una borsa di tirocinio», assicura Bova, «tuttavia è opportuno sottolineare che proprio il carattere di sperimentalità di iniziative come Amva (progetto nel quale rientrano le Botteghe di mestiere, ndr) ha anche l'obiettivo di verificare sul campo l'applicabilità di scelte e indirizzi anche di carattere normativo». Una verifica sul campo che comporta l'utilizzo di soldi pubblici per tirocini in professioni che non richiedono una lunga formazione on the job, per le quali davvero l'apprendistato dovrebbe
«rappresentare la tipica modalità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Perché di spendere quattro milioni e mezzo di euro per finanziare stage per elettricisti, carrozzieri e muratori non si sentiva francamente l'esigenza. Il suggerimento alla ministro Fornero potrebbe essere quello di fare lo sforzo di essere un po' più choosy quando si tratta di scegliere quali progetti finanziare con i soldi pubblici.

Riccardo Saporiti

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