Garanzia Giovani, 1 miliardo di euro dall'Ue per rilanciarla. L'eurodeputato Benifei: «Grillini grandi assenti»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 21 Apr 2015 in Interviste

La Garanzia Giovani, il programma per aiutare i giovani disoccupati europei nelle regioni maggiormente colpite dalla crisi, finanziato con 6 miliardi di euro, non sembra essere partito col piede giusto. E non solo in Italia: in molti Paesi le iniziative a favore dell'occupazione e dell'occupabilità degli under 30 sembrano andare a rilento. Ma mal comune non fa certo mezzo gaudio. L'Unione europea sta lavorando al miglioramento di un particolare aspetto che potrebbe far finalmente partire la macchina: quello dell'iter - e sopratutto dei tempi - di trasferimento dei soldi dall'Ue ai singoli Paesi. Proprio pochi giorni fa è arrivato il primo voto favorevole in Commissione Lavoro del Parlamento europeo: il voto finale, in plenaria, è calendarizzato per maggio ma forse si riuscirà addirittura, dato il carattere di urgenza, ad anticiparlo alla sessione di aprile prevista nei prossimi giorni. A spiegare cosa sta succedendo alla Repubblica degli Stagisti è il democratico Brando Benifei, con i suoi 29 anni uno dei più giovani europarlamentari eletti l'anno scorso, che di Garanzia Giovani si occupa in maniera intensiva fin da prima del suo arrivo a Bruxelles.

stage lavoro brando benifeiLa commissaria europea al lavoro, Marianne Thyssen, aveva annunciato a febbraio dalle pagine del Corriere della Sera un incremento immediato di 1 miliardo di euro per la Garanzia Giovani: sembra che la promessa stia diventando realtà. E di questi soldi, 175 milioni arriverebbero all'Italia.
Sì, ma attenzione: non si tratta di un miliardo in più. Quel miliardo fa parte dei 6 già stanziati: la notizia è che verrà anticipato. Il meccanismo finora infatti si è basato su un regolamento, emanato all'avvio della Youth Employment Initiative, che prevede che gli Stati ricevano solo l'1,5% dell'importo a loro assegnato: un "prefinanziamento" bassissimo. In pratica gli Stati devono anticipare l'intera cifra, e poi richiedere il rimborso all'Unione europea. Ma questo meccanismo non ha funzionato, tanti Paesi si sono arenati e non sono riusciti a far partire i programmi operativi perché non hanno i fondi per anticipare le spese.
 
Dunque adesso la proposta è di innalzare il prefinanziamento dall'1,5% al 30%: un aumento enorme.
E certamente non facile da far digerire a tutti. A livello di Ue le questioni di bilancio sono sempre molto faticose, e quindi il fatto di dover sborsare denaro "cash" dalle casse dell'Unione europea, anticipandolo invece che diluirlo, potrebbe creare problemi di liquidità.
 
Ma con solo 1,5% di anticipo, il rischio è che l'intera Youth Guarantee finisca in un flop. Bene dunque che arrivi un correttivo. Di chi è stata la prima idea di aumentare questa percentuale?

Il vecchio commissario Andor era convinto della necessità di avere un prefinanziamento più alto, ma le condizioni politiche non lo permettevano: non c'era accordo nel collegio dei commissari. Ora, di fronte a una presa d'atto della impossibilità di funzionare di Garanzia Giovani senza un incremento del prefinanziamento, la commissaria Thyssen ha attuato questa scelta, anche a fronte della spinta di alcuni gruppi politici – S&D in testa, ma anche parte del PPE – per superare questo problema della scarsità di risorse immediatamente disponibili.
 
Questa decisione viene presa che in base a qualche report sull'attuazione della Garanzia Giovani nei vari Paesi europei?
Quando la commissaria ha presentato in Aula questa proposta di modifica del regolamento del Fondo sociale europeo - perché legalmente si tratta di questo - per aumentare il prefinanziamento della Youth Employment Initiative, ha dovuto ovviamente motivarlo. In quell'occasione ha detto chiaramente che la Commissione ha deciso questa modifica in quanto si è resa conto che gli Stati membri hanno avuto difficoltà nel fare i kickstart dei progetti. La Commissione ha ritenuto di rispondere a una delle problematiche, cioè quella che poteva più direttamente attuare: l'aumento del prefinanziamento. Ci sono ovviamente altri problemi burocratici, o di comunicazione del progetto, ma quelli sono nelle mani degli Stati membri e nel caso italiano delle Regioni. La Commissione è andata a fare ciò che poteva fare meglio: cambiare il funzionamento del finanziamento che viene dalle sue casse.
 
In che modo procede questo iter di modifica del regolamento?
Abbiamo cercato di accelerarlo, preparando degli emendamenti unitari di tutti i gruppi politici. Io sono il relatore “ombra” per gruppo S&D: il relatore principale è del PPE. Una cosa un po' sconcertante è che il gruppo EFDD, cioè il gruppo del Movimento 5 Stelle e di Farage, per tutto il periodo della discussione in Commissione di questo provvedimento non ha nominato nessun relatore. Insomma i grillini, che parlano tanto di disoccupazione, sono l'unico gruppo che a Bruxelles non ha avuto il relatore su questo tema della Garanzia Giovani. Abbiamo scoperto qualche giorno fa che alla vigilia della votazione in Commissione, dunque il 15 aprile quando la votazione era il 16, il gruppo ha nominato il suo relatore, peraltro proprio un italiano del Movimento 5 Stelle. Non lo non abbiamo mai visto alle riunioni; ha perso la fase più importante, quella di cercare emendamenti e soluzioni comuni. Ma comunque la nomina, pur tardiva, gli consentirà di avere tempo di parola in plenaria. Vedremo poi per dire cosa.
 
Cosa avete ottenuto attraverso il lavoro in Commissione?
Abbiamo dovuto fare ovviamente un lavoro di limatura con il PPE, che è sempre prudente rispetto alle misure in cui si spendono soldi. Discutendo siamo arrivati a far valere un principio molto importante: cioè che è giusto che la Commissione europea preveda che se non viene utilizzato il 50% di questo nuovo prefinanziamento aumentato entro 12 mesi, i fondi vadano restituiti - come dire: vi togliamo l'alibi di non poter avviare i progetti perché non avete i soldi, ma dovete dimostrare che siete capaci di usarli in maniera efficace. Ma bisogna anche essere certi che ci siano effettivamente 12 mesi per utilizzare la metà del prefinanziamento, cioè che la Commissione paghi entro una settimana al massimo gli Stati. La Commissione europea dovrà rispettare tempi strettissimi nel versare il denaro, perché se ci mette due mesi – come spesso ci mette per i fondi agricoli – poi i mesi per utilizzare i soldi da 12 diventano 10.
 
Cioè il countdown dei 12 mesi partirà da quando i soldi arriveranno?
Questo è quello che noi avremmo voluto. Ma non bisogna dimenticare che per questo programma ci sono dei contributori netti, come Danimarca e Germania, che ne beneficiano in misura ridotta, e che di questa torta anticipata non ottengono quasi nulla. Questi Paesi vogliono delle rigidità nell'utilizzo da un punto di vista temporale dei fondi, e non vedono favorevolmente modifiche che potrebbero ai loro occhi allungare i tempi. È una posizione non ragionevole, perché noi non chiediamo più tempo: chiediamo che il countdown per l'utilizzo dei fondi inizi dal momento in cui sono effettivamente versati. Abbiamo rinunciato a proporre emendamenti del testo legislativo, ma a livello politico abbiamo posto le questioni più importanti nelle premesse, chiedendo una lettera con una presa di posizione pubblica della Commissione europea che garantisca che il versamento di questi nuovi fondi dell'anticipo avverrà in tempi brevissimi. A noi è stato assicurato in via privata "in a couple of days", ma vogliamo rassicurazioni sostanziali. Inoltre, chiederemo al Consiglio, tramite un'interrogazione orale, un impegno pubblico a sbloccare finalmente i programmi operativi e un'efficiente realizzazione dei progetti, ora che il problema iniziale della mancanza di liquidità è stato risolto dalla proposta della Commissione.
 
Se questi soldi si sbloccassero, i 175 milioni di euro italiani andrebbero al ministero del Lavoro che poi li dovrebbe smistare alle Regioni, oppure l'UE farebbe 21 versamenti diversi alle varie Regioni?
La Commissione europea dà i soldi a ogni Stato membro. Poi è una questione di contabilità di ognuno per l'allocazione delle risorse finanziarie al suo interno: l'Italia smisterà i soldi alle Regioni.
 
E lì allora bisognerà vigilare affinché non si creino sacche di ritardo. Tornando all'Europa, il provvedimento potrebbe vedere la luce già nelle prossime settimane?
Esatto. A marzo in Commissione abbiamo avuto il dibattito generale sul provvedimento, e il 16 aprile il voto. In plenaria il voto finale è stato fissato per la sessione di maggio: è veramente un iter rapidissimo: se ci riuscissimo, in tre mesi avremmo approvato una modifica a una fonte legislativa primaria.
 
Dato che in Italia un freno alla buona implementazione della Garanzia Giovani è il funzionamento farraginoso dei centri per l'impiego, è verosimile che parte di questi 175 milioni di euro possa essere dedicata esplicitamente e direttamente al potenziamento del personale?
Direttamente, no. Indirettamente però sì, nel senso che i progetti che si potranno far partire potrebbero anche servire - si spera - per rimettere in moto le strutture, ed essere occasioni di crescita del personale interno. Però obiettivamente serve una politica del governo nazionale per implementare i centri per l'impiego. L'Europa su questo non ha una competenza diretta.
 
In un recente report della Corte dei conti europea su Garanzia Giovani, uno dei rilievi è che dentro il programma si faccia riferimento a offerte di buona qualità, ma non venga specificato che cosa si intende per buona qualità, e quindi non ci sia il modo di valutare.
Questo è un problema che noi abbiamo posto alla commissaria Thyssen nel momento delle audizioni. Lei ha promesso che si impegnerà in questi mesi a specificare meglio che cosa si intende per offerta di buona qualità, in modo da rendere questa dicitura più vincolante anche per gli Stati membri. Credo che il report della Corte sarà un ulteriore stimolo per la commissaria a fare quello che si è impegnata a fare.
 
Quando ha preso avvio Garanzia Giovani in Italia c'era il governo Letta, che andò a Bruxelles e riuscì a ottenere che i fondi di GG potessero essere spesi in un solo biennio, quindi 2014-2015, anziché spalmati su 7 anni. Questo vuol dire che con la fine del 2015 in Italia la GG finirà? Cosa devono pensare i giovani italiani?
No. Innanzitutto i fondi 2014-2015 dispiegheranno i loro effetti fino al 2016; poi sarà necessario stanziare delle nuove risorse. La partita si giocherà con la revisione di medio termine del quadro finanziario pluriennale che affronteremo nel 2016. È il grande tema, per noi socialisti e democratici, di aprire questo dibattito per cambiare le linee del bilancio europeo. E se gli Stati membri, come si spera, saranno stati in grado di utilizzare i nuovi fondi anticipati, noi in quella occasione avremo gli argomenti per dire che, pur con qualche difficoltà iniziale, la GG sta dando dei frutti – e per proporre di rifinanziarla. Abbiamo chiesto che ci siano altri 20 miliardi per GG per gli anni successivi al 2016 e Junker l'ha scritto nel suo programma, quello su cui abbiamo poi votato: a patto che gli Stati membri utilizzino i 6 miliardi che sono già stati stanziati. Dunque non c'è scelta: bisogna usare i soldi presto e bene.

intervista di Eleonora Voltolina
 

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