Mirko Pallera di Ninja Marketing: «Startupper, contagiate la rete con le vostre idee»

Annalisa Ausilio

Annalisa Ausilio

Scritto il 12 Mar 2013 in Interviste

È l’ingrediente fondamentale per ogni campagna pubblicitaria di successo: il passaparola è da sempre ritenuto un elemento imprescindibile per far conoscere un prodotto. Il tamtam può diffondersi come un virus che contagia velocemente la rete, anche e soprattutto attraverso le comunità virtuali. stage lavoroNe è convinto Mirko Pallera, stategic planner, giornalista, sociologo e copywriter, che nel 2004 ha fondato con il suo collega di master Alex Giordano il blog Ninja Marketing per condividere idee e considerazioni sul marketing del futuro. Oggi è una web company che fra le sedi di Milano e Cava de’ Tirreni (Salerno) dà lavoro a una sessantina di persone fra esperti di marketing, comunicazione e social network. Un punto di riferimento del marketing non convenzionale che viene studiato e sviluppato adottando la filosofia ninja – gli antichi guerrieri che, non avendo alcuna possibilità contro le formazioni regolari, utilizzavano le tecniche della guerriglia, dell’attacco improvviso e del mimetismo con l’obiettivo di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Primo comandamento del marketing non convenzionale, il viral dna: la natura contagiosa di un prodotto. Ma come rendere un contenuto contagioso? La Repubblica degli Stagisti ha chiesto a Pallera, che ha progettato campagne di comunicazione per diverse multinazionali, come sfruttare le potenzialità delle piattaforme social per pubblicizzare la propria start-up adottando la filosofia ninja: minimo budget e massima diffusione. 

Partiamo dal libro Create! Progettare idee contagiose (e rendere il mondo migliore), che ha scritto l’anno scorso per Sperling & Kupfer: in questo testo si condensano le caratteristiche del viral dna.
Tutto si basa sull’assunto di fondo che la progettazione e il contenuto di un messaggio sono oggi gli elementi più importanti mentre in passato era il budget a  determinare il successo di una campagna pubblicitaria. In un ambiente digitale non è utile la diffusione a tappeto ma diventa cruciale la capacità di un prodotto di diventare contagioso. Ho dedicato quindi Create! all’approfondimento delle caratteristiche che rendono un messaggio virale.
Elementi che ha racchiuso nel titolo, perché Create! è l’acronimo degli elementi del viral dna.
Esattamente. I contenuti virali alleviano tensioni psico-culturali producendo un effetto catartico (da qui la C di ‹‹Create!»), la liberazione di emozioni che si traduce in condivisione e diffusione del contenuto in rete. R sta per Riusabilità: ognuno deve poter arricchire il messaggio con propri significati in base a un’interpretazione personale. Imprenscindibili sono le Emozioni, le molle che attivano l’energia della diffusione. Poi ci sono gli Archetipi, un contenuto virale deve incarnare forme psichiche comuni a tutti e identificare una Tensione, cioè riferirsi a un tema di attualità o a un importante fatto di cronaca, insomma a un argomento di ampia rilevanza sociale. Chiude l’acronimo la «E» di Elevazione con la quale introduco il concetto di marketing spirituale, i messaggi devono cioè produrre un’elevazione facendo leva non sugli stati vitali, come vengono chiamati nel buddhismo, più bassi quali animalità o collera ma su quelli più alti come apprendimento, sete di conoscenza o amore. Credo che il marketing del futuro, dopo aver occupato gli spazi del reale, deve avventurarsi nel mondo interiore.
Un concetto abbastanza complesso: qualche esempio concreto per capire il marketing virale?
Il primo che mi viene in mente è il videogame Ruzzle che sta spopolando su Facebook senza pubblicità ma solo con il passaparola degli utenti: sempre più persone ne parlano e ci giocano. Un altro esempio è il caso pazzesco del Pulcino Pio, il brano orecchiabile lanciato da Radio Globo con un video virale postato su You Tube che ha collezionato in pochissimo tempo decine di milioni di visualizzazioni. In questa semplice canzone si possono rintracciare alcuni elementi del viral dna, innanzitutto la catarsi nel finale a sorpresa quando l’ormai diventato odioso pulcino viene schiacciato da un trattore con grande e sadico piacere dello spettatore. Poi c’è l’elemento emozionale: la gioia delle filastrocche sugli animali che ci fanno tornare bambini attivando l’archetipo dell’Innocente. È un contenuto riusabile: puoi cantarlo facilmente o interpretarlo, su quelle note puoi inventarti un balletto o una parodia.
La diffusione di massa avviene per caso o dietro i prodotti contagiosi c’è un approfondito studio di tutte queste variabili?
A volte alcuni fenomeni diventano virali praticamente per caso. Ma è ovvio che chi si occupa di comunicazione ha una certa sensibilità su cosa funziona in rete, si sta sviluppando sempre più consapevolezza sul tipo di contenuti che hanno energia sociale. Del resto ognuno di noi quando pubblica un contenuto sui social network si rende conto dell’apprezzamento della comunità virtuale in termini di like o condivisioni.
Rispetto alle potenzialità dei social network in termini di diffusione dei contenuti, l’Italia com’è messa?
La maggior parte delle aziende italiane non ha compreso l’enorme potenziale delle piattaforme social e utilizzano in modo discontinuo le loro pagine come delle vetrine statiche. La rete permette una diffusione a macchia d’olio in pochissimo tempo ma è necessario lavorare con continuità, integrare questo tipo di marketing negli apparati delle aziende lavorando costantemente, senza aspettarsi risultati immediati nel breve periodo perché chiaramente non è una bacchetta magica.
Quanto costa questo tipo di marketing rispetto a quello convenziale?
Spesso si identifica il marketing virale come un prodotto a costo zero, ma non è così. È necessario investire su menti brillanti che progettino e realizzano il contenuto. Di sicuro però ha dei costi più ridotti, accessibili anche alle piccole e media imprese che non avrebbero i mezzi per una campagna pubblicitaria in Tv o sui giornali. Chiaramente il successo dipende anche dal budget a disposizione: ma anche con investimenti limitati è possibile diffondere un contenuto efficace, il vero elemento cruciale e imprescindibile del viral dna.
Quindi anche per i giovani che hanno idee innovative e decidono di dar vita ad una start-up il viral dna può essere un utile strumento per diffondere contenuti a costi limitati. Che suggerimento si sente di dare agli sturtupper?
Innanzitutto non considerare i profili sui social network della propria start-up come un aspetto poco rilevante in cui si postano messaggi meccanicamente. È necessario un linguaggio più fresco che sia in grado di trasmettere all’esterno tutto il lavoro etico e eroico che si sta svolgendo all’interno. Bisogna dare autenticità e umanità a queste pagine attraverso la pubblicazione anche dei contenuti del backstage.
Per esempio pubblicando le varie fasi di lavoro…
È bello seguire gli sviluppi di un progetto work in progress, la storia della start-up deve iniziare prima della sua registrazione perché agli utenti interessa il racconto, il percorso. L’ho sperimentato in prima persona: prima di pubblicare il libro avevo mille fan che mi seguivano, che leggevano le riflessioni che postavo mentre scrivevo. Questo ha messo in circolo energie sociali e, una volta pubblicato, il volume ha venduto migliaia di copie perché già in tanti conoscevano il prodotto.
Quali sono invece i contenuti che non vanno assolutamente condivisi?
La paura può giocare brutti scherzi e in questi casi può essere il nemico peggiore. Consiglio agli startupper di diffondere sulle piattaforme digitali le proprie idee, i propri contenuti e le varie fasi della loro avventura senza sentirsi meno bravi di altri, avere il timore di ricevere critiche o sperimentare nuovi strumenti. Sfruttare la rete per creare delle collaborazioni con altre realtà, attivare sinergie e imparare dalle esperienze degli altri. Non ci sono regole precise da seguire, l’importante è costruire un racconto coerente che trasmetta fiducia. Le pagine sui social non sono degli spazi privati ma una vetrina di quello che si è, per questo suggerisco a chi cerca lavoro di considerare il proprio profilo come un curriculum. È molto probabile che chi seleziona il personale vada a vedere le pagine dei candidati, è chiaro che trovare cose interessanti o solo le foto delle uscite con gli amici fa la differenza.
Sui social network si stanno affermando nuove forme di pubblicità, non solo il behaviour advertising che consente di arrivare facilmente ad un determinato target ma anche sistemi alternativi basati su un ritorno simbolico come «Pay-with-a-tweet». Anche questi sono strumenti che potrebbero aiutare una start-up a diffondere i propri contenuti?
«Pay-with-a-tweet» è un tipico caso di successo e eccellenza basato sul concetto di riusabilità: pago un contenuto condividendolo sui social network. È un sistema molto efficace perché sfrutta la capacità di aggregazione della rete ed è facilmente utilizzabile sia dagli utenti che dalle aziende. Poi ha un altro punto di forza: può veicolare qualunque tipo di prodotto, da un libro a un buono sconto, insomma qualsiasi cosa si può facilmente vendere con un tweet o con un «Mi piace» su Facebook ricevendo un ritorno in termini di visibilità. È una pubblicità a costo zero che può sicuramente aiutare le start-up ma che fatica a prendere piede nelle aziende «classiche» perché è un aspetto indissolubilmente legato all’economia della reputazione. È chiaro che ci si fida di più - in questo caso si compra condividendo - di chi ha una buona reputazione che vuol dire ottima immagine, influenza e autorevolezza nel proprio campo. La reputazione non ha un ritorno immediato, è piuttosto un processo che si costruisce nel tempo, un concetto che chi è legato a una vecchia visione del marketing fa più fatica a comprendere e di conseguenza è più scettico verso questi strumenti. 
Il crowdfunding è una soluzione che può risolvere il problema del finanziamento per tanti startupper. Cosa deve avere una buona idea per avere successo nella raccolta fondi online?
Gli stessi elementi del marketing virale: tensione psico-culturale, emozione, catarsi e riusabilità. Sono gli ingredienti che permettono di stimolare entusiasmo nelle persone che si traduce in sostegno da un punto di vista economico. Non solamente per i prodotti del crowdfunding, queste caratteristiche dovrebbero accompagnare tutto il percorso di una start-up di successo.  
E se marketing virale fosse una parabola, un fenomeno capace di propagarsi in pochissimo tempo ma anche di cadere nel dimenticatoio alla stessa velocità?
Questo è un grande rischio. Per evitarlo è importante essere sempre presenti e attivi, coccolare il proprio pubblico proponendo costantemente cose di valore sia in termini di prodotto che di emozioni. La rete è piena di idee interessanti, la difficoltà sta nel catturare e mantenere l’attenzione su di sé. Per stimolare la condivisione di contenuti è necessario un investimento continuo sia di energie che di creatività: non basta avere una buona idea, è necessario saperla diffondere bene.

Annalisa Ausilio


Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:

- Fattelo!, la start-up sostenibile nata dalle donazioni online
- Non solo mele, con TechPeaks a Trento si coltiveranno anche start-up
H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-up
Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare 


Community