Alternanza scuola-lavoro, ancora poche le aziende iscritte al Registro. Ma poi, serve davvero?

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 28 Mag 2018 in Approfondimenti

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Un anno e mezzo fa entrava in funzione il Registro per l’alternanza scuola-lavoro, istituito con l’obiettivo di rafforzare l’asse scuola/imprese: un elenco di imprese ed enti disponibili all’attivazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro, una sorta di bussola per i dirigenti scolastici e i responsabili degli enti formativi tenuti a individuare le destinazioni più idonee per i propri studenti. Il Registro è gestito dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, d’intesa con il ministero dell’Istruzione, quello dello Sviluppo economico e quello del Lavoro.

All’ultima rilevazione del 2 aprile scorso, i soggetti iscritti risultavano 32.270, di cui il 95% imprese, il 2% enti privati (associazioni di volontariato, onlus, cooperative sociali, enti no profit), il 2% professionisti e l’1% enti pubblici. Poco più di 200mila, invece, le opportunità di alternanza scuola-lavoro e quasi 14mila quelle di apprendistato.

Rispetto al sistema iniziale, nel giugno 2017 è stata aggiunta al registro una nuova funzionalità: le scuole possono richiedere online alla Camera di commercio l’abilitazione all’area riservata del registro tramite SPID o CNS. Questo consente al dirigente scolastico o delegato abilitato di consultare ulteriori informazioni sulle imprese iscritte che si candidano a ospitare studenti in alternanza: l’indirizzo della sede e delle altre localizzazioni dell’impresa, il legale rappresentante, la descrizione dell’attività, la classe di addetti, la classe di fatturato, la classe di patrimonio, i soci. All’ultimo aggiornamento, risalente a metà marzo, la richiesta di abilitazione era arrivata da 703 scuole attraverso 611 dirigenti scolastici e 765 delegati dei dirigenti scolastici.

Stando ai numeri il Registro per l’alternanza scuola-lavoro ha ancora un utilizzo residuale rispetto alla platea di potenziali soggetti coinvolti ovvero, secondo InfoCamere: sei milioni di imprese, 1,5 milioni di studenti, 1,4 milioni di professionisti, oltre 10mila scuole secondarie di II grado, 300mila enti privati e 23mila enti pubblici. 

Ma come mai questo strumento non riesce a fare presa sugli attori dell’alternanza? «In molti casi le scuole e le imprese continuano a mettersi in contatto in maniera diretta, senza passare per il registro» spiega Andrea Marchetti, dirigente scolastico e membro dell'Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola: «Lo strumento è ancora giovane e ci vuole tempo. Tuttavia io giro gli istituti scolastici per tenere corsi sull'alternanza e noto che cominciano a utilizzarlo per conoscere meglio il proprio territorio».

Ma il mondo delle imprese non ha accolto con grande favore lo strumento. «Il registro aggiunge burocrazia e non valore» commenta Ermanno Rondi, presidente del Gruppo tecnico formazione professionale e alternanza di Confindustria. «E nelle imprese non c'è un grande amore per la burocratizzazione, in quanto viene vista come poco utile a raggiungere l'obiettivo di un dialogo costruttivo con la scuola che abbia una finalità didattica per il percorso formativo. Quello che si ricerca piuttosto è un accordo che delinea il percorso di tre anni».

Ma lo strumento si può in qualche modo implementare? «È necessario rendere obbligatorio l’utilizzo del registro per l’individuazione dei soggetti ospitanti. Nel registro vanno inserite e rese accessibili tutte le informazioni riguardo ai requisiti strutturali, funzionali ed etici che dovrebbero possedere i soggetti ospitanti e quelli professionali dei tutor esterni». Secondo le “Linee guida della Cgil sull’alternanza scuola-lavoro”, l’efficacia dello strumento non può prescindere da due elementi: l’introduzione dell’obbligatorietà dell’iscrizione e la trasparenza sui requisiti dei soggetti ospitanti. 

In questo contesto, la Cgil si candida ad «esercitare un’azione di verifica della capacità formativa delle strutture ospitanti, contribuendo alla definizione dei criteri con cui vengono selezionate dalle scuole e all’individuazione di standard di qualità da inserire quali requisiti per l’iscrizione al Registro nazionale dell’alternanza scuola lavoro. Fra i requisiti ipotizzati, ci sono la capacità del soggetto ospitante di erogare una formazione ai lavoratori e il rispetto dei codici etici, ad esempio in tema di sostenibilità ambientale» spiega Anna Teselli, responsabile dell'Area transizioni formazione e lavoro della Cgil.


Per far emergere le esperienze positive Confindustria ha ideato il "bollino blu". «Si tratta di un'iniziativa per dare visibilità ai processi virtuosi, farli conoscere alle scuole e ai territori e favorire l'emulazione attraverso i workshop, le associazioni territoriali e così via» dice Rondi: «Sono proprio i territori a dover trovare le soluzioni adeguate rispetto alle caratteristiche di ciascuna area geografica. Ad esempio i docenti del Sud lamentano la mancanza di aziende ospitanti. Abbiamo situazioni in cui molti ragazzi non hanno mai visto un’azienda, non hanno un’idea della manifattura nel nostro Paese o la loro visione è superata. In questo caso si può sopperire con imprese simulate, workshop, business game». 

E su questo, a sorpresa, la Cgil è d'accordo con Confindustria: «In Italia le cose dall’alto non funzionano» conferma infatti Anna Teselli. «Bisogna fare un lavoro a partire dai territori. Si dovrebbero attivare registri territoriali nelle Camere di Commercio e la Cgil potrebbe avere un ruolo di verifica, ma anche di coprogettazione all’interno delle scuole». Come si legge nelle linee guida, le categorie sindacali «potranno ad esempio ottenere le liste di queste strutture e contribuire a verificarne la capacità formativa, collaborando a individuare i criteri che per la Cgil sono prioritari e selettivi in quel territorio».

Per Rondi di Confidustria il Registro per l'alternanza è bocciato senza appello. «Se una scuola dovesse trovare un’impresa da un elenco senza conoscere la realtà del territorio mi preoccuperei, vorrebbe dire che il percorso educativo ha qualche problema. Un’azienda per piazzare un prodotto non guarda l’elenco delle Camere di commercio per trovare clienti, ma piuttosto cerca il dialogo, partecipa a fiere. Uno strumento come questo deresponsabilizza le scelte. Vorremmo invece che la formazione fosse un’occasione per diventare più consapevoli, perché giochiamo con quanto di più prezioso ha il paese: i giovani».

Ma il vero problema, secondo Teselli, è che «il Miur ha lanciato una bomba, passando dalla sperimentazione del 9% delle scuole all’obbligatorietà dell’alternanza per il 100% degli istituti, senza un vero accompagnamento». Il successo del Registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro, e più in generale dell’alternanza stessa, dipenderà anche dalla capacità di monitorare le esperienze, non solo dal punto di vista dei numeri ma anche e soprattutto della qualità, e di dialogare con i rappresentanti delle categorie interessate, ascoltandone le istanze.

Rossella Nocca

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