Trasformare i limiti in un vantaggio, la “ricetta Edge”

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 24 Gen 2023 in Approfondimenti

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È possibile partire da uno svantaggio, da un proprio limite e, nonostante tutto, trasformarlo in un valore aggiunto? Sì, se si sa come farlo. Laura Huang, lo racconta dettagliatamente nel suo libro Edge, Come trasformare i limiti in punti di forza, Francoangeli editore, partendo dalla sua storia. «Il mio lavoro mi ha aiutato molto a comprendere il mio percorso: figlia di immigrati di umili origini, per anni sono stata sottovalutata, ostacolata, limitata in qualche modo. Oggi insegno ad Harvard» scrive Huang «e ho il privilegio di poter condividere tutto ciò che ho imparato su come sia possibile costruirsi un vantaggio». Per farlo l'autrice, 43enne di origine taiwanese, racconta tante storie – partendo dalla sua personale – per far capire come sia importante «raccogliere le percezioni altrui, le attribuzioni e gli stereotipi, che puntano a relegare a una condizione di inferiorità, e trasformarli in uno strumento da impiegare a proprio favore». Il libro, però, ci tiene a precisare, «non parla di come “fregare il sistema”, né propone metodi furbetti per aggirare l’ostacolo. Piuttosto mostra come sfruttare la vostra personalità e i vostri punti di forza, persino le vostre debolezze, per costruirvi un vantaggio unico».

Per farlo bisogna partire dalle basi e ricordarsi che «il duro lavoro è fondamentale, ma ci sono anche molti altri fattori», spiega alla Repubblica degli Stagisti Laura Huang. «È importante per i giovani avere un mentore o uno sponsor che li sostenga davvero. E ricordarsi che sono due cose diverse. Il mentore è qualcuno che ti dà dei consigli, ti aiuta rispondendo alle domande, lo sponsor è, invece, chi ti promuove, chi fa il tuo nome tra i suoi contatti, qualcuno che parla dei progetti su cui hai lavorato. Ci sono un sacco di cose che ognuno può fare per ottenere un vantaggio ed essere sicuri che il duro lavoro che sta facendo funzioni realmente. Nel mio libro descrivo varie strategie, suggerimenti e know-how pratico per far capire come comportarsi».

Il fulcro è, infatti, mostrare come è possibile creare valore (enrich), incantare (delight) e guidare (guide) gli altri nel proprio percorso, basato sull’impegno (effort). Quattro concetti chiave che costituiscono l’essenza del libro e che, tramite le iniziali di ognuna, danno anche il titolo al volume. «Per creare valore intendo come ognuno capisce i propri punti di forza e di debolezza e sottostima alcuni punti di forza. Correggere la concezione dei propri meriti. Capire la percezione che gli altri hanno sul proprio conto, il proprio merito. Per incantare intendo come si fa, appunto, a entusiasmare qualcuno, che sia un cliente, un fornitore o un capo: due persone diverse possono avere entrambe lo stesso merito, allora perché una è percepita come più forte o migliore?» chiede Huang. E la risposta è appunto: per la sua capacità di incantare.

E poi c’è il concetto di guida: «Come è possibile guidare gli altri verso quelle percezioni che possono avere un valore», e infine lo sforzo, inteso come duro lavoro. «Ricordiamoci, però, che a volte questo non basta», sottolinea Huang alla Repubblica degli Stagisti.

Il libro è diviso, appunto, in quattro parti: nella prima si dimostra come la base per costruirsi un vantaggio sia la capacità di creare valore per chi ci circonda, nella seconda l'autrice parte dall'aneddoto del suo incontro con Elon Musk per spiegare come per mostrare il proprio valore sia necessario che gli altri “aprano la porta”, ma si debba poi agire autonomamente per catturare l’attenzione del proprio interlocutore e
mostrare il proprio potenziale. La terza parte del volume si focalizza su come acquisire la facoltà di guidare i contesti in cui ci troviamo, perché «quando riusciamo a interpretare come ci vedono gli altri, abbiamo la capacità di guidare e reindirizzare questa percezione, andando a influenzare il modo in cui gli altri colgono il valore che possiamo creare». Mentre l’ultima parte è dedicata all’impegno, che può rafforzare il vantaggio costruito, ricordandosi che è fondamentale imparare a individuare le percezioni degli altri e capire come operano.

Ma in sostanza cosa dovrebbero fare i giovani per riuscire a partire con il piede giusto nel mercato del lavoro? «Nella mia esperienza da docente penso che per i giovani sia veramente importante sentire che possono intraprendere la strada scelta
». risponde Huang: «Quello che veramente li ostacola e impedisce loro di avere successo è sapere di voler andare dal punto a al punto b, ma non conoscere come fare per iniziare. Molto spesso la sfida più grande è proprio quella – iniziare – e per loro è difficile avere speranza quando vedono un obiettivo così distante. Quindi bisogna aiutarli e indicare loro i primi due passi da fare. A quel punto saranno in grado di avere molti approcci diversi rispetto a quello che stanno per fare».

Metodi e strade “diverse” per fare le cose, tanto più evidenti quando si parla di donne e uomini soprattutto nelle materie Stem. «La prima cosa da fare è capire se si ha una passione per questo tema o no. Dopo di che ci sono molti modi diversi di essere interessati a una cosa e di affrontarla, e va benissimo così. Quello che le ragazze e le donne possono fare per non farsi intimidire è trovare un modo per esaltare qualcosa che è veramente interessante». Huang, a sua volta madre, per la figlia ha creato qualche anno fa una serie di libri illustrati dal titolo “The Princess Heroes Books”, che raccontano la storia di una principessa che di volta in volta è paleontologa, chimica, astronoma, ingegnera, veterinaria, imprenditrice: proprio nell'ottica di lanciare alle bambine il messaggio di non farsi intimidire dai mestieri “da maschi”, e di non sentirsi obbligate, di converso, a perdere la propria “principessitudine” per poterli fare. «L’origine di alcuni degli stereotipi che vediamo nelle materie Stem» aggiunge la docente «sta nel fatto che ci si aspetta che tutti siano esperti allo stesso modo, che studino le stesse materie con lo stesso metodo: quando ci sono invece molti approcci diversi per esaminare qualsiasi materia, comprese quelle Stem».

Che le donne siano spesso sottovalutate proprio in quanto donne e che questo avvenga spesso da parte di persone over 60 e uomini è un dato di fatto, ma anche qui Huang è convinta che «sia importante capovolgere queste avversità a proprio favore». Il primo passo da fare è capire quali sono «quelle due tre cose che rendono uniche, concentrarsi su questo e sui propri punti di forza». Nel libro è citato uno studio di Tara Sophia Mohr dal titolo Why women don’t apply for jobs unless they’re 100% qualified (che in italiano sarebbe: “Perché le donne non si candidano per un lavoro a meno che non siano qualificate al 100 per cento”) in cui si osserva come molte persone, nella stragrande maggioranza donne, che cercano un impiego sono convinte di non essere abbastanza qualificate per la posizione offerta e finiscono per non candidarsi anche quando quella posizione potrebbe essere giusta per loro. «Quello scritto nell’articolo è vero e l’ho verificato nella mia ricerca
» conferma Huang: «Se per un’offerta di lavoro sono richieste dieci qualifiche, gli uomini si candideranno pur avendone solo due o tre, diranno “Certo ho esperienza nelle vendite” anche se questa esperienza non è propriamente qualificata. Le donne, invece, penseranno “anche se ho otto o nove  requisiti c’è ancora qualcosa che non ho” e non si candideranno».

Insomma ruota tutto intorno alla percezione delle proprie competenze, che poi è quello che consente alle persone di avere successo nel lavoro: «È importante essere in grado di pensare alle proprie qualifiche e parlarne in modo tale da far capire di essere adatti a quel tipo di lavoro. Il motivo è semplice: molte volte chi scrive la descrizione di un’offerta di lavoro lo fa senza sapere esattamente cosa vuole. Non sanno quale tipo di persona vogliono assumere. Per questo motivo, se si hanno anche solo un paio di requisiti è importante imparare a valorizzarli in funzione di quel lavoro».

A una donna che di merito ha scritto e parlato tanto (per esempio negli articoli “We Ask Men to Win & Women Not to Lose: Closing the Gender Gap in Startup Funding” -
“Chiediamo agli uomini di vincere e alle donne di non perdere: colmare il divario di genere nel finanziamento delle startup”  del 2017, o “Mitigating Malicious Envy: Why Successful Individuals Should Reveal Their Failures - “Mitigare l’invidia maligna: perché le persone di successo dovrebbero rivelare i loro fallimenti” del 2019) non si può non chiedere cosa ne pensi dell’aggiunta di questa parola al nuovo ministero dell’istruzione italiano, appena ribattezzato “dell'istruzione e merito”, appunto. «Bisogna ricordarsi che con questa parola si intendono molte cose diverse e che quando parliamo di meritocrazia non facciamo riferimento solo alle caratteristiche di questa parola, ma a quello che consente alle persone di capire chi le ha. E credo che in questo senso “Edge” incorpori realmente tutti gli elementi per capirlo: la capacità di creare valore, di incantare, di guidare gli altri verso i propri meriti e di impegnarsi nel fare le cose» osserva Huang: «Penso che il fatto che questo governo abbia aggiunto la parola “merito”» al nome del ministero «non sia necessariamente un problema, anzi può essere un vantaggio. Se riusciamo a capire qual è la tradizione del merito, e come muoverci pensando al merito».

Marianna Lepore 

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