Per chi è diplomato o laureato da più di 12 mesi lo stage è un sogno proibito?

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 13 Mag 2014 in Approfondimenti

Nel mare magnum degli stage, diventati spesso per carenza di altre opportunità un obiettivo ambìto dai giovani italiani, vi è una tipologia che a molti sembra un traguardo ancora più difficile: quella dei tirocini «di inserimento o reinserimento lavorativo», che possono essere attivati dai servizi per l’impiego (e strutture affini) a favore di chi è laureato o diplomato da più di 12 mesi. Parliamo quindi della grande famiglia dei tirocini «extracurriculari», svolti quando si è finito il percorso di studi, che sono di competenza regionale e hanno visto nell’ultimo anno, una regolamentazione differente in ognuna delle Regioni italiane - con la conseguenza che è difficile fare un discorso unico per tutte e spesso, a pagarne gli effetti, sono gli aspiranti tirocinanti. All'interno della grande famiglia dei tirocini extracurriculari, qui ci focalizziamo in particolare non su quelli «formativi e di orientamento», cioè quelli attivati entro i 12 mesi dalla fine degli studi, bensì su quelli «di inserimento o reinserimento lavorativo».
Teoricamente tutte le Regioni oggi hanno una legge che consente l’attivazione di questo tipo di stage, destinati espressamente (non senza detrattori) a chi non è riuscito nel primo anno dopo il diploma o la laurea a trovare una collocazione nel mondo del lavoro. Eppure tanti lettori della Repubblica degli Stagisti continuano a denunciare di avere difficoltà nell’attivazione di questi stage, lamentandosi che «le aziende cercano stagisti solo entro i 12 mesi dalla laurea» e che si blocchino di fronte a una dicitura che in effetti richiama esplicitamente uno sbocco occupazionale che non tutte vogliono o possono offrire al termine dell'esperienza formativa. Fermo restando che sono le aziende ad avere l’ultima parola e quindi a decidere chi inserire, la Repubblica degli Stagisti ha deciso di vederci chiaro contattando i centri per l’impiego dei capoluoghi di regione per capire quale fosse la realtà dei fatti.
Ed è qui che, parlando con i vari responsabili, si ha il primo impatto con una realtà diversa da quella raccontata dai giovani, che viene poi confermata dai numeri. I tirocini su persone che hanno completato gli studi da oltre 12 mesi, e che da un paio d'anni vengono definiti «di inserimento», nella stragrande maggioranza dei casi continuano a essere attivati. Cifre alla mano, quelli avviati nei primi tre mesi del 2014 non si discostano particolarmente da quelli del primo trimestre del 2013.
A Milano, dove i centri per l’impiego sono confluiti insieme ad altri consorzi nell’Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro, non ci sono state grandi differenze tra il 2013 e il 2014 nell’attivazione dei tirocini di inserimento. Clara Nordio, collaboratore amministrativo che si occupa di tirocini per l’Afol Nord Milano, dice che in tutto il 2013 ne sono stati attivati 201. Nel primo trimestre del 2014, 68: un numero quasi identico a quello dell’anno precedente. Le aziende «non hanno difficoltà nell’attivare tirocini per chi ha superato i 12 mesi dalla laurea o diploma né per la dicitura “inserimento”». In questo caso la nuova normativa regionale non ha quindi prodotto alcuna difficoltà e anzi l’80% dei tirocini attivati, secondo i dati dell'agenzia, si trasformano poi in assunzione: apprendistato, tempo determinato o collaborazioni varie.
Il dato positivo continua anche nel resto della provincia milanese tanto che Annalisa Gatti, dell’Afol ovest Milano, si dice convinta che «la legge regionale lombarda ha favorito questi tirocini e non ci sono aziende contrarie ad attivarli a chi non è più neodiplomato o neolaureato». Ancora una volta sono i numeri a confermarlo: se in tutto il 2013 sono stati attivati 317 tirocini di cui 79 nei primi tre mesi, nel primo trimestre del 2014 si è già a 99. Numeri incoraggianti anche per i centri per l’impiego di Venezia e Mestre che nel 2013 hanno promosso in totale 314 stage di inserimento di cui 51 nei primi tre mesi, mentre nel primo trimestre 2014 ne hanno già avviati 94. Anche in questo caso Giuseppe Poletto, del cpi, conferma che la nuova legge regionale veneta «ha sicuramente favorito questi tirocini rispetto alla norma introdotta dall’allora ministro Sacconi che li aveva ristretti entro 12 mesi dal titolo di studio a cui dovevano essere coerenti», ma ammette che le aziende «preferirebbero fare tirocini formativi perché hanno uno scopo sostanzialmente diverso dall’inserimento e quindi si sentono meno vincolate». Poletto aggiunge che i tirocini stanno diventando il principale strumento di ingresso nel mondo del lavoro, soprattutto per i laureati, a scapito dell’apprendistato che viene sempre criticato.
La provincia con il calo più forte è quella di Genova, dove nel 2013 i centri per l’impiego avevano attivato 1493 tirocini di inserimento - mentre nel primo trimestre del 2014 si è fermi a 376 di cui ben 71 sono proroghe. «Il trend del numero di attivazioni è in decrescita dal 2010» spiega Giovanni Daniele, dirigente dei servizi per l’impiego, «legato anche al fatto che dal 2012 la Provincia non ha più finanziato l’indennità di partecipazione di 309 euro mensili». Le imprese insomma non vogliono o non possono pagare di tasca propria il compenso degli stagisti: da qui il forte blocco che si riscontra in Liguria nell’attivazione di tutti i tirocini extracurriculari, dunque non solo quelli «di inserimento» ma anche quelli «formativi e di orientamento». Una situazione simile anche a Cagliari dove Maria Pina Casula, del Centro servizi per il lavoro, conferma che a partire dal 2011 a oggi i tirocini di inserimento si sono ridotti notevolmente. In tutto il 2013 quelli attivati sono stati solo 11 e nel primo trimestre del 2014 si è fermi a un solo tirocinio. «La causa principale che blocca le aziende
non è il termine “inserimento”» specifica Casula «bensì l’erogazione dell’indennità di partecipazione stabilita secondo la legge regionale per un importo non inferiore a 300 euro». Le aziende sarde hanno infatti avuto molti problemi di sostenibilità nell’ultimo anno tanto che «molte sono in cassa integrazione e hanno avuto diversi licenziamenti negli ultimi dodici mesi».
Diversa invece la situazione a Roma. Nel centro per l’impiego di Cinecittà, il più grande della Capitale, nel 2013 sono stati attivati 2.186 tirocini di inserimento: un numero che rappresenta più della metà del totale degli stage attivati nell’intera provincia. E se nel primo trimestre del 2013 quelli attivati erano 530, nel 2014 si è a 606. L’incremento è quindi evidente: le aziende non scartano i laureati e diplomati da più di un anno perché quando scoprono che un tirocinio extracurriculare di orientamento -
il "classico" per il neolaureato - può durare al massimo sei mesi, mentre un tirocinio extracurriculare di inserimento può durare fino a 12 mesi, spesso preferiscono la seconda opzione. La nuova legge regionale ha quindi favorito anche in questo caso i tirocini di inserimento - che sono sì propedeutici all’assunzione, ma senza che ciò sia formalizzato attraverso un obbligo di legge.
Anche a Potenza i tirocini di inserimento vengono attivati senza problemi e sono «in costante crescita», pur con numeri esigui: «Nessuno ostacolo o pregiudizio è stato frapposto dalle aziende» spiega Maria Vulpio, responsabile del cpi del capoluogo lucano,  ma c’è stato un blocco totale dell’attivazione di questi stage dal 23 agosto 2013 fino a tutto il 15 febbraio 2014, perché mancava una legge regionale che li disciplinasse. La situazione è cambiata con l’approvazione della nuova legge il 16 febbraio di quest’anno. Da allora questi tirocini vengono attivati e «non risulta che le aziende operanti nell’ambito territoriale di questo centro scartino a priori chi si è laureato da più di 12 mesi, né che il termine “inserimento” abbia bloccato o infastidito le aziende». Anzi, Vulpio ritiene che la recente normativa regionale li stia agevolando anche se su un totale di 22 tirocini attivati nel 2013 di cui 6 nel primo trimestre, nel 2014 quelli attivati nei primi tre mesi sono 4, ma la loro attivazione è partita solo dalla fine di febbraio.
Numeri leggermente migliori in Calabria: al cpi di Catanzaro su un totale di 39 tirocini di inserimento attivati in tutto il 2013 - di cui una decina nei primi tre mesi - nel primo trimestre del 2014 si è già a 15 stage. Dal centro per l’impiego escludono che le aziende scartino i laureati da più di un anno e che siano bloccate dal termine “inserimento”, né si notano particolari cambiamenti con l’introduzione della nuova legge regionale.
Un caso a parte è invece rappresentato dal Trentino Alto Adige, dove i tirocini di inserimento non esistono proprio. Come precisa alla Repubblica degli Stagisti Mauro Ghirotti, direttore dei servizi per l’impiego, nella nuova legge - che qui è provinciale - si parla solo di «tirocini formativi e di orientamento o di tirocini estivi». Per i quali c’è stato peraltro un notevole incremento tra il 2013 e il 2014: nei primi tre mesi dell’anno passato erano stati promossi solo 59 tirocini, contro i 139 attivati fino ad ora.
La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare anche la sede milanese di Sportello Stage, che sul suo sito si autodefinisce come «servizio pubblico gratuito gestito da Actl per la promozione di stage» (anche se poi in realtà il servizio è gratuito solo per i giovani, mentre le aziende pagano una fee per l'attivazione di stage) e che è amministrato da Actl, associazione senza fini di lucro esistente dal 1986. Ma i dati sull’attivazione dei tirocini di inserimento saranno al centro di un dossier di prossima pubblicazione realizzato dal loro Osservatorio e non è stato possibile avere nessuna anticipazione né paragonare i loro risultati con quelli dei centri per l’impiego.
Dall’inchiesta fin qui condotta si può comunque trarre la conclusione che nonostante il tirocinio di inserimento venga percepito come raro dai tantissimi giovani ormai non più neolaureati o neodiplomati, in realtà le imprese si dimostrano abbastanza favorevoli a questo tipo di stage. Pur dovendo, infatti, sostenere una spesa per il rimborso dovuto ai tirocinanti, questa modalità permette loro di avere il giovane in azienda per un periodo più lungo, fino a dodici mesi, avendo dunque più tempo a disposizione per testarne le abilità. E l'impegno all’eventuale assunzione alla fin fine si riduce alla parola che definisce questa tipologia di tirocini, senza che vi sia effettivamente un obbligo all'«inserimento». Concetto che alcuni centri per l’impiego illustrano alle imprese al fine di eliminare il “panico da assunzione obbligatoria”. E i numeri
mostrano che quello di inserimento rivolto a persone diplomate o laureate da oltre 12 mesi è una tipologia di stage in cui le aziende sembrano credere.

Marianna Lepore

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