In Sardegna la legge sugli stage non migliora, i sindacati: “Uccide le altre politiche per il lavoro”

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 15 Gen 2020 in Approfondimenti

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A metà novembre la Regione Sardegna ha approvato una deliberazione che ha modificato le “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” del 2017. Ma di fatto si è trattato di un mero adeguamento formale. Il testo, infatti, integra e amplia la definizione del soggetto in stato di disoccupazione, così come da nuova previsione della legge 26/2019 sul reddito di cittadinanza; sostituisce il riferimento al “Repertorio regionale delle figure professionali” con quello attuale denominato “Repertorio regionale dei profili di qualificazione”; nonché il riferimento al “Settore politiche e servizi per il lavoro”, ora eliminato per via della riorganizzazione dell’Assessorato al lavoro, con il “competente Servizio dell’Assessorato del Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione e Sicurezza Sociale”.  Nessuna traccia, invece, delle modifiche richieste lo scorso 31 ottobre in una nota delle segreterie sindacali regionali di Cgil, Cisl e Uil. 

«Avevamo chiesto una revisione sostanziale delle linee guida regionali» spiega Michele Carrus, segretario regionale Cgil, tra i firmatari della nota «e una riconsiderazione critica dello strumento del tirocinio per restituirlo alla sua vera funzione e migliorare le modalità di attuazione dei percorsi».

Ma c’è stato un feedback dalla Regione? «Finora abbiamo avuto una risposta interlocutoria indiretta» risponde il sindacalista «in occasione della Conferenza regionale per il lavoro, quando l’assessore al lavoro ha affermato di aver ricevuto il nostro documento, con il quale si misurerà e di cui cercherà di tener conto nei prossimi bandi».

La Repubblica degli Stagisti ha chiesto un'intervista all'assessore regionale al lavoro, Alessandra Zedda, per capirne le intenzioni, ma da fine novembre a oggi non ci è stata concessa udienza. 

Ma perché il testo non è visto di buon occhio dalle sigle sindacali? Perché queste ultime non accettano che il tirocinio sia considerato dalla Regione lo strumento principe di politica attiva per il lavoro. «A sostegno del Programma TVB [tirocini, voucher, bonus, ndr] sono stati stanziati ben 13,35 milioni di euro, mentre ad esempio l’apprendistato gode di soli 1,5 milioni», lamenta Carrus. 

«Riteniamo che lo strumento del tirocinio produca non solo un danno insopportabile per chi deve accontentarsi di esso per avere un’attività» aggiunge il segretario «ma anche effetti distorsivi sul mercato del lavoro, rendendo meno efficaci altri strumenti ai quali fa evidente attività concorrenziale. Un datore di lavoro, infatti, con soli 150 euro [gli altri 300 li mette la Regione, ndr] prende un tirocinante e lascia a casa un lavoratore stagionale». 

Tra le richieste contenute nella nota spicca quella di rivedere i limiti di intensità della presenza del tirocinante, che nella formula base non dovrebbe superare la metà del tempo di lavoro contrattualmente definito per il corrispondente profilo professionale, nonché di ridefinire il valore dell’indennizzo base. «A mio avviso sarebbe congruo un rimborso di almeno 600 euro per 25 ore di lavoro» sostiene il sindacalista «compensato, in caso di aumento delle ore, in maniera almeno proporzionale, e totalmente a carico dell’azienda».

L'ultimo avviso regionale per 800 tirocini extracurriculari di inserimento e/o reinserimento al lavoro sembra seguire questo suggerimento, dato che prevede una indennità di 600 euro al mese (e non 400 come da minimo fissato dalle linee guida), totalmente a carico delle Regione, per la durata di sei mesi. Peccato che i destinatari della misura siano “stagisti anziani”, vale a dire over 35 anni. Forse per questo il rimborso spese previsto è più alto di quello che solitamente prendono, in Sardegna, gli stagisti “giovani”?

Tornando alle proposte, i sindacati chiedono «di prevedere e regolare meglio le funzioni di tutoring, sia nelle agenzie promotrici sia nelle aziende ospitanti, e la redazione/approvazione del piano di tirocinio individuale (PTI), con verifica finale degli obiettivi e relativa certificazione».


E propongono l’istituzione di un organismo regionale di monitoraggio e verifica, anche in itinere, che coinvolga, insieme alle organizzazioni sindacali, anche gli organi pubblici di vigilanza e le istituzioni scolastiche e universitarie, con funzione di prevenzione/dissuasione di possibili usi scorretti dello strumento.


Parallelamente dovrebbero essere previste forme e misure sanzionatorie efficaci, come l’invito a regolarizzare la situazione entro un tempo stretto definito, la riduzione delle sovvenzioni eventualmente godute, la restituzione parziale o totale degli aiuti regionali/pubblici concessi negli ultimi due anni all’azienda e la sua esclusione da future assegnazioni per un certo periodo, in rapporto alla gravità o alla dolosità della condotta irregolare riscontrata. Allo stesso tempo, i sindacati sardi vedrebbero di buon occhio forme di premialità, quali contributi crescenti, a quelle imprese che effettuano inserimenti post tirocinio.

Va ricordato che in Sardegna, più che altrove, il tirocinio viene sfruttato troppo spesso in luogo del contratto di lavoro stagionale. Qui la richiesta dei sindacati è che venga categoricamente esclusa la possibilità di attivare tirocini per mansioni semplici e/o di bassa qualifica professionale. 

Tra il 2016 e il 2017 i tirocini extracurriculari in Sardegna erano cresciuti del 37 per cento, passando da 5.272 a 8.425. Nel 2018 sono lievemente diminuiti (8.343), ma l’utilizzo resta massiccio. «Il 45 per cento dei tirocini si sono trasformati in rapporto lavoro» precisa Carrus, ma di queste assunzioni «il 40 per cento prevede una retribuzione inferiore ai 700 euro, quindi per basse e bassissime qualifiche. Inoltre se due terzi dei tirocinanti erano donne, solo un terzo sono le donne assunte dopo il tirocinio, una sconfitta per le politiche per l’occupazione femminile»

Più volte La Repubblica degli Stagisti ha parlato delle distorsioni nell’utilizzo dei tirocini in Sardegna, che hanno portato anche alla nascita dell’iniziativa “Telefono Rosso” contro i tirocini truffa. Tuttavia a livello istituzionale poco ancora si è mosso nella lotta a tali distorsioni e nel miglioramento delle condizioni dei tirocinanti.

Rossella Nocca

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