Studiare giornalismo all'estero, il modello della Columbia Journalism School

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 05 Ott 2017 in Approfondimenti

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La concorrenza spietata del giornalismo di oggi conduce a ricercare competenze sempre più avanzate e specialistiche. E le scuole di giornalismo all’estero sono un’ottima fonte a cui attingere per acquisire ulteriori skills e per entrare nel mercato internazionale.

Gli Stati Uniti, in particolare, rappresentano un’eccellenza per la formazione giornalistica a livello mondiale, la cui la punta di diamante è senza dubbio la Columbia Journalism School. Quest’ultima si trova a New York e precisamente nel quartiere di Broadway, in un'ottima posizione, tra Upper West Side e Harlem, poco lontano da Central Park, e perfettamente servita dalla metropolitana (la più vicina è a due minuti). La scuola propone in particolare due percorsi, Master of Science (M.S.) e Master of Arts (M.A.), a cui si può accedere dopo aver conseguito una laurea di primo livello.


Il Master of Science è pensato per chi ha poca o nessuna esperienza sul campo e intende imparare il mestiere.
Il programma prevede insegnamenti quali tecniche giornalistiche, etica, storia e diritto, ma soprattutto molta pratica. Il corpo docenti è composto da figure esperte, che provengono sia dal mondo accademico che da quello giornalistico. Il master si può svolgere in modalità full-time (10 mesi) o part-time (2 anni). Si aggiungono due percorsi più specifici, l’M.S. in Data Journalism (12 mesi) e l’M.S. Journalism and Computer Science (2 anni). Per l’M.S. full-time si stima un costo totale di 101mila dollari, comprensivo di tasse di insegnamento (61mila), altre tasse, quali la tassa del servizio sanitario e l’assicurazione medica (tra i 7mila e gli 8mila dollari) e spese di alloggio medie (33mila). Per il part-time il costo stimato è di 78mila dollari per il primo anno, mentre per gli altri due programmi è rispettivamente di 148mila e 104mila dollari.

La tassa per partecipare alla selezione è di 100 dollariLe iscrizioni per il 2018 saranno aperte fino al 15 dicembre 2017. I risultati saranno comunicati a metà marzo e gli ammessi cominceranno a maggio il programma part-time e ad agosto quello full-time. 

Il Master of Arts è invece rivolto a quei giornalisti che hanno già maturato due o più anni di esperienza, e propone diversi indirizzi: politica, scienze, business e arte. Il percorso, della durata di nove mesi, è più teorico che pratico, con seminari e corsi esterni da scegliere nei vari dipartimenti della Columbia (es. Economia, Scienze Politiche, Religione…), e si conclude con una tesi finale. Il costo totale stimato è di 94mila dollari, di cui 56mila di tasse di insegnamento, 7mila di altre tasse e 30-31mila di spese di alloggio. Le domande di iscrizione al prossimo programma, che partirà a settembre 2018, dovranno pervenire entro il 9 gennaio 2018 e a metà marzo saranno comunicati i nomi degli ammessi. 

Sono previste borse di studio a copertura parziale. «Circa l’80 per cento dei nostri student riceve assistenza finanziaria dalla Scuola» assicura alla Repubblica degli Stagisti Ernest Sotomayor, Dean of Student Affairs and Communication, anche se non specifica a quanto ammonti questa “assistenza finanziaria”, quante siano per esempio le borse di studio a copertura totale, insomma fino a che punto gli aspiranti studenti meritevoli ma meno abbienti possano accedere a questa opportunità.

Non si sa nemmeno quante posizioni siano disponibili ogni anno all'interno della scuola. «
Entrambi i Master non hanno un numero fisso di posti» specifica Sotomayor: «Per l’anno accademico 2017/2018 gli iscritti al Master of Science sono 220 e quelli al Master of Arts 45. L’anno precedente erano rispettivamente 290 e 48. L’età media è in genere di 26-27 anni. Di solito il 40 per cento degli studenti è straniero».

Ma quanti italiani ogni anno facciano richiesta di entrare, e quanti vengano ammessi, purtroppo non è dato sapere. La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto, ma Sotomayor e il suo staff non hanno risposto. Si sa solo che per l’ammissione si tiene conto del percorso di istruzione e formazione precedente e gli studenti stranieri sono tenuti a superare una prova di inglese, a meno che non abbiano completato tutti i loro studi presso un’università inglese.


Qual è il ritorno di questi percorsi formativi in termini di occupazione? «Il 70 per cento degli studenti M.A. e M.S. dell’ultimo anno accademico» risponde Sotomayor «hanno avviato uno stage retribuito, a tempo pieno e a tempo parziale, hanno continuato con un altro programma accademico, o hanno intrapreso un’attività entro tre settimane dalla laurea. Le statistiche sono rimaste stabili negli ultimi anni». Anche qui sorprende il grado di superficialità e approssimazione della risposta, davvero sorprendente da parte di un dean di una scuola di giornalismo. Non 
distinguere nella percentuale di placement chi ha trovato lavoro (con un vero contratto e una vera retribuzione) dopo aver frequentato la scuola da chi si è dovuto accontentare di uno stage (per quanto pagato...), o si è dovuto/voluto in proprio, è a dir poco... grossolano.

In ogni caso. Tra le opportunità post Master offerte dalla Columbia Journalism School c’è quella di lavorare per un anno presso la sua testata ufficiale, la Columbia Journalism Review, o di ottenere un assegno di ricerca annuale presso la scuola. Inoltre esiste un ufficio Career Service, che propone workshop e assistenza nella compilazione di cv e cover letter, e in primavera organizza la Career Fair, a cui partecipano centinaia di editor di alcune delle principali testate americane, con cui gli allievi possono fissare dei colloqui anche per futuri contatti da freelance.

A monitorare le carriere è poi l’ufficio Alumni, che interagisce con i 10mila ex allievi: «Inviamo una newsletter mensile; forniamo loro una piattaforma» aggiunge Sotomayor «per contattarsi a vicenda; organizziamo eventi in tutto il mondo per gli ex allievi e per quelli futuri». Un altro utile strumento attraverso il quale gli ex allievi restano connessi tra loro, e allo stesso tempo forniscono supporto ai nuovi arrivati, è il gruppo Facebook Columbia Journalism School.

La Columbia Journalism School rappresenta oggi una delle destinazioni più ambite per chi sogna un futuro nei media. In Italia l'hanno scelta noti giornalisti come Gianni Riotta e Anna Masera. Eppure, nonostante il prestigio della Columbia sia riconosciuto a livello mondiale, essa - come tutte le scuole di giornalismo estere - non ha lo stesso valore di quelle italiane (dodici attualmente), le quali sono riconosciute dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ed equiparate al praticantato giornalistico, e danno pertanto diritto all’accesso all’esame di abilitazione professionale.

«Bisogna modificare la legge n.69/1963
anche in questo senso, cominciare ad aprirsi a queste realtà. In 54 anni» dice alla Repubblica degli Stagisti il presidente dell’Ordine dei giornalisti Nicola Marini «il mondo è cambiato: e il compito dell’Ordine è proprio quello di attrezzarsi per governare le nuove frontiere del giornalismo in un mondo globalizzato».


Non è da escludere che il riconoscimento dei percorsi di formazione all’estero possa essere tra le novità della futura riforma dell’Ordine dei giornalisti. Un passaggio che accrescerebbe ulteriormente la spendibilità e quindi l’appetibilità della formazione giornalistica internazionale.

Rossella Nocca 

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