Tirocini in tribunale, compenso con beffa: condizioni capestro escludono la maggior parte degli stagisti

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 03 Ago 2015 in Approfondimenti

Tirocini negli uffici giudiziari, un argomento che sembra essere diventato una costante nelle cronache degli ultimi tempi della Repubblica degli Stagisti. Questo perché i tribunali sono in evidente carenza di personale da anni. Nonostante la riforma della giustizia miri in parte a sopperire a questi vuoti, di fatto una larga parte del lavoro svolto in Italia per applicare la giustizia è svolta da persone che a vario titolo vengono definite “tirocinanti”.

L’ultimo
“caso” deriva dal decreto interministeriale del 10 luglio e dalla circolare della direzione generale magistrati, che hanno - finalmente - individuato i requisiti per ottenere le borse di studio in favore dei tirocinanti degli uffici giudiziari. È d’obbligo qui fare un passo indietro, per capire a quali tirocinanti si faccia riferimento. Sono quelli introdotti all'epoca del governo Letta dal cosiddetto decreto del Fare, all’articolo 73 del decreto legge 69/2013, in cui si dava la possibilità agli under trenta laureati in giurisprudenza più meritevoli (una media di almeno 27/30 in alcuni esami specifici e un voto di laurea non inferiore a 105) di svolgere dei tirocini di 18 mesi all’interno di tribunali e corti di appello.

Quello che all’epoca fece scalpore, e di cui la Repubblica degli Stagisti già si occupò, fu che non era previsto rimborso spese per questi stage; benché l'accordo Stato-Regioni sull'obbligatorietà del compenso per i tirocini curriculari fosse già stato sottoscritto e le normative regionali già si stessero adeguando. Al problema si pensò poi porre rimedio inserendo 
i commi 8bis e ter dell'articolo 73 del decreto legge 69/2013, il decreto del Fare appunto, prevedendo «una borsa di studio in misura non superiore ad euro 400 mensili», per le cui modalità di assegnazione si sarebbe dovuto tener conto dell'indicatore di situazione economica equivalente (Isee). Una cifra ricalcata non sulle linee guida ma sul documento separato delle Regioni, che indicavano però i 400 euro come minimo, e non certo come massimo. Nelle modifiche introdotte si parlava di una borsa che non poteva essere superiore a 400 euro mensili. Nel decreto ministeriale, invece, c’è scritto che non può essere inferiore a 350 euro.

Con il decreto del 10 luglio del 2015 è arrivata un'altra amara sorpresa. Nel descreto si stabilisce, finalmente, l’attribuzione di queste borse di studio. Senza conoscere la platea di riferimento
- il ministero a tutt’oggi non è in grado di dire quanti siano i tirocinanti che avrebbero diritto a questo rimborso spese - si stabilisce il tetto limite di 8 milioni di euro di spesa complessiva e all’articolo 2 si specifica che le «borse di studio sono attribuite» ai soggetti «ai quali sia riferibile un indicatore della situazione economica equivalente pari od inferiore a euro 20.956,46».

«Il nuovo limite Isee fissato è a nostro avviso bassissimo e sarà sforato dalla maggior parte dei ragazzi che hanno svolto e stanno svolgendo questo tirocinio» denuncia alla Repubblica degli Stagisti Mario Nobile, 26 anni, responsabile di Dike, il network di praticanti e tirocinanti forensi che ha denunciato pubblicamente con una lettera questa situazione. Con il nuovo Isee infatti rientrano nel calcolo del reddito del nucleo familiare anche i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari facendo entrare in una sorta di corto circuito per cui un’erogazione di questo tipo a un familiare, anche una borsa di studio di un fratello, potrebbe incidere - denuncia il Dike - sul ricevimento o meno del rimborso spese di questo tirocinio.

Come se non bastasse anche le cifre di questa borsa di studio per i tirocinanti non sono quelle che erano state previste. Nobile è preoccupato: «Sono molto convinto che come avviene di solito in queste situazioni il limite minimo, 350 euro, diventerà limite massimo». Quello che indigna questi meritevoli laureati è il fatto che il decreto del fare rimandava sì alla fissazione seguente dell’isee ma non specificava che la cifra massima di reddito doveva essere di 21mila euro
scarsi: «Sono andati avanti tutti per mesi senza sapere il limite minimo e massimo per ottenere la borsa. La gente ha lavorato ogni giorno, verbali, udienze, sentenze, assistenza ai magistrati, tutto questo senza avere la minima idea di quale sarebbe stata la propria sorte».

Non solo: nel decreto interministeriale si specifica che l’attribuzione delle borse di studio è per l’attività svolta tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015. «Ma ci sono molti ragazzi che hanno cominciato precedentemente e per loro, nemmeno per quelli che rientrano tra i requisiti così ristretti, non è previsto nulla. Chi ha cominciato il tirocinio nell’agosto 2014 potrà prendere la borsa di studio solo dall’inizio di quest’anno. Sarebbe stato opportuno» rincara Mario Nobile «introdurre una norma retroattiva. Non è colpa di questi tirocinanti se la norma è stata approvata nell’agosto del 2014 ma il suo sistema applicativo solo un anno dopo. È colpa del ministero: l’ha fatto consapevolmente con l’idea di tagliar fuori un terzo dei tirocinanti».

Tra l’altro quei pochi che avranno la fortuna di rientrare nei parametri previsti dal decreto interministeriale potrebbero ugualmente non essere in grado di fare domanda per la borsa di studio entro il 20 agosto. Per farlo è, infatti, necessario allegare l’attestazione Isee rilasciata in data successiva al 1 gennaio 2015. «Con le modifiche del nuovo Isee, i Caf non possono più fare la certificazione classica ma devono inviarla all’Inps che sarà oberato di lavoro tra tirocinanti degli uffici giudiziari, borse di studio per gli studenti universitari e tutti gli altri trattamenti previdenziali in cui è necessario questo indicatore. Era necessario almeno prevedere tempi più lunghi per inoltrare la domanda», osserva il responsabile di Dike.  

Eppure i tirocinanti in questione hanno svolto fino ad oggi un ruolo fondamentale per gli uffici. «Studiamo i fascicoli delle cause, redigiamo materialmente le sentenze sotto la guida del magistrato che affianchiamo e ci viene fornita una formazione che è la stessa dell’aggiornamento che ricevono i magistrati» racconta alla Repubblica degli Stagisti una tirocinante che preferisce non divulgare le sue generalità, visto che è indecisa se continuare o meno lo stage.

Ma in linea generale Nobile è sicuro che in molti continueranno a fare il tirocinio anche se non riusciranno ad accedere alla borsa perché l’esperienza è altamente formativa: «È un vero e proprio lavoro importante per la collettività». Da qui parte la richiesta del network Dike al presidente del consiglio Matteo Renzi e al ministro della Giustizia Andrea Orlando: «A Renzi chiediamo di rispettare la dignità di chi lavora e ha studiato e di stanziare i fondi necessari per la retribuzione di tutti quanti i tirocinanti. Lo Stato deve capire quanti tirocinanti ci sono, quanti ne servono e quanti soldi sono necessari per retribuirli. Non servono cifre milionarie, vanno bene i rimborsi dei tirocini extracurriculari tra i 400-500 euro. Mentre al ministro della Giustizia il nostro network che si chiama Dike, giustizia, chiede che si prendano le decisioni giuste e si interrompa immediatamente questo sfruttamento legalizzato».

Qualora il ministero non volesse ascoltare le richieste di questi giovani non si escludono successive manifestazioni: «Sicuramente andremo sotto il ministero della Giustizia ma non escludiamo nemmeno, come network Dike, di avere delle giornate di astensione dal tirocinio». Uno sciopero dei tirocinanti della giustizia, dunque, per rendere palese l’importanza del loro ruolo e «l’umiliazione continua a cui vengono sottoposti»: l’assenza di borse di studio.

Marianna Lepore

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