Stage gratuiti, in Europa i sindacati li vogliono abolire: in Italia invece sabotano la proposta di legge

Ivano Lettere

Ivano Lettere

Scritto il 07 Mar 2022 in Approfondimenti

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Finalmente, dopo oltre tre anni, è cominciata la discussione della proposta di legge che vorrebbe dare più diritti e tutele ai tirocinanti curricolari. Ma a mettersi di traverso, a sorpresa, non sono le parti datoriali bensì i sindacati. Un “sabotaggio” emerso qualche settimana nel corso delle audizioni di Cgil, Cisl e Uil alla Commissioni riunite Lavoro e Cultura e istruzione della Camera dei deputati, che lascia di stucco chi si aspettava – specie tra i giovani militanti e sindacalisti – un supporto dai sindacati in questa battaglia. 

Il che è ancor più sconcertante considerando che negli ultimi tempi a livello internazionale i sindacati hanno deciso di mettersi in prima linea contro gli stage gratuiti: per esempio l’associazione giovanile dei sindacati europei (Etuc youth) sta portando avanti una campagna perché in Europa, a partire dalle istituzioni europee, si metta fine alla pratica dei tirocini non pagati. E invece in Italia... tutto il contrario. 

stage lavoroQualche dettaglio. A inizio anno, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge Ungaro e De Lorenzo, le Commissioni riunite Cultura e Lavoro hanno svolto le audizioni dei rappresentanti dei tre maggiori sindacati confederali: Cgil, Cisl e Uil. 

I due disegni di legge contengono disposizioni in materia di tirocinio curriculare, alcune delle quali molto importanti: un’indennità mensile minima obbligatoria, la riduzione della durata massima degli stage, il divieto di lasciare soli gli stagisti e la comunicazione obbligatoria dell’avvio del tirocinio. Obiettivo delle proposte è modificare la disciplina vigente che risale a quasi venticinque anni fa: era il maggio 1998 quando venne pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale n. 142, finalizzato alla promozione dei tirocini formativi e di orientamento. 

Un quadro normativo che, secondo la proposta di Massimo Ungaro, «oggi è in larga parte inapplicabile», in quanto «a seguito dei cambiamenti avvenuti – ripartizione dei tirocini tra extracurriculari e curriculari, con conseguente attribuzione delle competenze sui primi alle regioni e alle province autonome e sui secondi allo Stato – e con l’approvazione delle normative regionali sui tirocini extracurriculari a partire del 2012, di fatto ha progressivamente perso aderenza alla realtà». 

Eppure a storcere il naso non sono state le parti datoriali, bensì i sindacati confederali, proprio quelli che dovrebbero avere a cuore la tutela degli interessi professionali collettivi. Quelli dei lavoratori, si intende. E cosa sono gli stagisti se non lavoratori in potenza?


Per Simonetta Ponzi, dirigente dell’area Politiche per lo sviluppo della Cgil con delega alla formazione permanente, le proposte – presentate rispettivamente nel 2018 e nel 2019 – «non tengono in considerazione novità normative rilevanti che sono state definite in coerenza con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza». Ponzi fa riferimento «alla legge 163/2021, relativa alle lauree abilitanti e professionalizzanti dove sono contenute norme importanti sui tirocini curriculari».  Il che ha poco senso, perché in quei casi si parla di tirocini per l'accesso alle professioni regolamentate (odontoiatra, farmacista, veterinario, psicologo, geometra, agrotecnico, perito agrario e perito industriale); mentre i curricolari sono tutt'altra cosa e hanno un perimetro molto più vasto. 

L'obiezione della rappresentante della Confederazione generale italiana si basa anche sul fatto che i «contenuti dell’ultima legge di bilancio prevedono, dal comma 720 al comma 726, una ridefinizione consistente della regolamentazione dei tirocini extracurriculari». Nei disegni di legge, precisa Ponzi, «abbiamo notato una forte analogia regolamentare rispetto a quanto previsto dalle attuali linee guida regolanti i tirocini extracurriculari (2017, ndr) che però verranno superate da questa nuova regolamentazione. Ci pare necessario collocare successivamente alla definizione di nuove linee guida anche l’intervento sui tirocini curriculari». Ma in realtà non c'è nessuna “ridefinizione”: quelle righe si limitano a suggerire un eventuale – e allo stato dei fatti alquanto improbabile – lavoro futuro della Conferenza Stato-Regioni su nuove linee guida sui tirocini extracurricolari. Dunque la “nuova regolamentazione” di cui parla Ponzi è di fatto al momento inesistente, e molto probabilmente quelle righe della legge di bilancio resteranno lettera morta. 

Rincara la dose Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl, secondo il quale le modifiche richieste da Ungaro e De Lorenzo «rischiano di rilanciare uno strumento in più sul tema della scuola-lavoro che complicherebbe il quadro normativo». «Siamo di fronte a un di più che non aiuta», precisa. La disciplina attuale prevede la distinzione tra i tirocini legati al percorso di studi e quelli extracurriculari. Nelle proposte di legge Colombini intravede un pericolo, che consisterebbe nell’introduzione di «una terza forma di tirocinio». Peccato che le due proposte di legge in esame non introducano nessuna “terza forma”, limitandosi a definire meglio il quadro normativo dei tirocini curricolari che già esistono. 

Sia la proposta a prima firma Ungaro sia quella a prima firma De Lorenzo sottolineano la necessità di estendere la comunicazione obbligatoria anche ai tirocini curriculari
della durata uguale o superiore a 160 ore. Tutto ciò al fine di tenere conto del numero di tirocini curriculari attivati nel corso dell’anno, avvertire l’Ispettorato nazionale del lavoro in caso di irregolarità e stipulare un’assicurazione presso l’Inail per infortuni che avvengano anche al di fuori dell’azienda. Una pratica doverosa che adottata su scala nazionale garantirebbe solo dei miglioramenti. Ma per il rappresentante Cisl «introdurre la comunicazione obbligatoria, non essendo il tirocinio curriculare una forma di lavoro, è fuori luogo: aggraverebbe le posizioni dell’azienda in termini burocratici». 

Colombini viene su questo punto peraltro smentito dalla sua collega Uil, la segretaria confederale Ivana Veronese, che ricorda come alla fine la comunicazione obbligatoria sia una procedura tutto sommato molto facile, eseguibile perfino via sms. 

«Per scongiurare gli abusi – l’utilizzo del tirocinio come manodopera a basso costo o gratuita – non si deve ingessare il sistema, perché si rischia di ridurre le opportunità di incontro e scambio tra l’istruzione e il lavoro» spiega Colombini: sarebbe meglio «aumentare una serie di controlli e sanzioni per le aziende che se approfittano». Provvedimenti difficilmente applicabili nella maggior parte dei casi, anche perchè il numero degli ispettori del lavoro è molto basso.

Leggermente più a sostegno dei diritti degli stagisti la Uil: Ivana Veronese, segretaria confederale, riconosce nella sua audizione l’importanza di un’indennità minima obbligatoria che, stando al testo della proposta di legge Ungaro, dovrebbe ammontare a 350 euro lordi mensili per i tirocini superiori a un mese. Tuttavia propone che queste indennità non siano pagate dai soggetti ospitanti: «Non si può mettere a carico né dell’università né dell’azienda ospitante perché altrimenti in alcune aree del paese le aziende avranno difficoltà ad accogliere i tirocinanti», avverte, «Sfido di trovare in Calabria aziende che accettino a quel punto i nostri studenti e le nostre studentesse per un tirocinio curriculare sapendo che dovranno sborsare un importo economico». 

Peccato che, come ricordato anche dalla direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina audita subito dopo i sindacati, «negli otto anni, dal 2012 al 2019, da che sono entrate in vigore le nuove normative
con più tutele per gli stagisti, tra cui anche l’indennità obbligatoria, i tirocini extracurricolari sono praticamente raddoppiati». Da 185mila a 356mila. Un dato che parla da solo. Chi temeva, dieci anni fa, che introdurre una indennità avrebbe fatto crollare il numero di opportunità di stage si sbagliava, ma almeno era in buona fede. Oggi abbiamo dati a disposizione che smentiscono questa tesi in anticipo. 

Perché i sindacati si oppongono a un miglioramento della normativa sui tirocini curricolari? Perché non vogliono che i tirocinanti curricolari abbiano più tutele, e possano avere diritto a una indennità mensile? La loro sembra una battaglia di retroguardia, in contrasto con gli obiettivi dei sindacati a livello internazionale. Come lo si spiega?

Ivano Lettere

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