Specializzazioni sanitarie, i camici di "serie b" che lavorano gratis per il Servizio sanitario nazionale

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 20 Set 2018 in Storie

lavoro gratuito Non retribuito professioni sanitarie università e lavoro

Sono circa un migliaio gli specializzandi sanitari non medici che prestano la propria opera per il Servizio sanitario nazionale senza un contratto né una remunerazione: si tratta di farmacisti, fisici, biologi, chimici, veterinari e psicologi. 

Nel 2013 una sentenza del Consiglio di Stato ha imposto ai ministeri l’obbligo di retribuire gli specializzandi, in osservanza dell’articolo 8 della legge n.401/2000, e le scuole di specializzazione hanno bloccato i bandi per timore di ricorsi. Questo fino all’approvazione del decreto legislativo 89/2016, che ha stabilito che i bandi di specializzazione debbano essere attivati “senza oneri per lo Stato, nelle more di una rivisitazione organica della materia”. 

«Tale norma vincola lo Stato a non finanziare gli specializzandi non medici», commenta Michele Stasi, 52 anni, presidente dell’Associazione italiana di fisica medica (Aifm), «e si tratta di una discriminazione, perché i nostri specializzandi, al pari di quelli in medicina, servono il Ssn e sono obbligati a svolgere il 75% delle ore di tirocinio». Gli aspiranti fisici medici italiani possono contare su sedici scuole di specializzazione per un totale di una cinquantina di posti messi a bando ogni anno. Ma sanno anche che percorrere questa strada dovranno auto sostenersi. 

«Gli specializzandi non medici sono figure essenziali per il mantenimento di reparti e laboratori e forniscono servizi fondamentali per il cittadino» gli fa eco Stefano Guicciardi, 29 anni, presidente di FederSpecializzandi «ma di fatto diventano figure di serie B rispetto ai medici, che possono contare su una remunerazione mensile di circa 1.700 euro netti».

Per gli specializzandi non medici, il cui rapporto rispetto ai medici è di 1 a 6/7, le tasse si aggirano tra gli 800 e i 2mila euro l’anno a seconda della scuola, più le spese per mantenersi lontano da casa. «Ogni specializzando deve far fronte all’aspetto economico o autonomamente e con il sostegno della famiglia» spiega Stasi «o grazie a soluzioni estemporanee quali borse di studio e contratti di collaborazione, in un percorso formativo che è di cinque anni di magistrale più tre di specializzazione. Ne consegue che può sostenere la specializzazione solo chi ha la possibilità economica di farlo». 

Anche i fortunati che ottengono una borsa di studio non riescono a coprire con essa tutte le spese della formazione. «Su centocinquanta allievi l’anno, solo 15-20 ricevono una borsa di studio, finanziata da privati o dall’università. E comunque il valore medio è di 700 euro, ben distante da quello degli specializzandi medici», aggiunge il presidente Aifm. 

Dalle regioni sono arrivati negli ultimi mesi alcuni segnali di impegno per il superamento della discriminazione nei confronti dei sanitari non medici. La Regione autonoma della Sardegna ha finanziato 142 borse di studio destinate alle università di Cagliari e di Sassari, mentre la Regione Campania ha stanziato 2 milioni di euro per coprire le spese di specializzazione delle professioni sanitarie non mediche. 

A portare avanti la battaglia per il riconoscimento dei diritti era in passato il Coordinamento italiano specializzandi di area sanitaria (Cisas) che - contattato dalla Repubblica degli Stagisti - che però ora non vuole più rilasciare dichiarazioni sul tema, "perché è diventato troppo delicato”.  Gli aggiornamenti sulle iniziative del Coordinamento si possono seguire attraverso il gruppo Facebook “Biologi e Non Medici Sanitari Specializzandi: Legge per i contratti”

Oltre a quello economico, secondo Guicciardi ci sono altri aspetti delle specializzazioni sanitarie non mediche che andrebbero migliorati: «Mancano strumenti di verifica, tutela e certificazione della qualità della formazione. I medici hanno l'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, che potrebbe dare un contributo anche ai sanitari non medici o affiancarsi a un organismo specifico che tuteli la qualità della formazione». 

Un altro problema è la mancata equipollenza internazionale del titolo di studio della specializzazione. Ad esempio se un laureato in fisica volesse perfezionare la sua formazione in Spagna, dove la specializzazione è pagata, la sua laurea non sarebbe equiparata e dovrebbe conseguirla nuovamente sul posto. Ci sono poi alcuni Stati, come Francia, Regno Unito, Germania e Paesi Bassi, dove la nostra specializzazione può essere equiparata, previa istanza di riconoscimento. 

Intanto continua a giacere in Parlamento dal 2013 la proposta di legge dell'onorevole Francesco Sanna (Pd) per l'equiparazione dello stato contrattuale ed economico dei laureati specializzandi medici e non medici. E sono stati respinti gli emendamenti sia alla legge di bilancio del 2017 che a quella del 2018 per il finanziamento di contratti di formazione specialistica riservati agli specializzandi non medici.

Insomma, molta strada c’è ancora da fare perché figure fondamentali per garantire il diritto alla salute in Italia siano trattate con la dignità che meritano. 

Rossella Nocca 

Community