Veneta e cittadina del mondo: “Lo stage alla Corte di Giustizia dell'Ue, la mia sesta esperienza all'estero”

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 25 Lug 2020 in Storie

Corte di giustizia europea covid Stage in istituzioni europee

La Corte di Giustizia dell'Unione europea offre ogni anno una cinquantina di posti per tirocinanti europei laureati in giurisprudenza o scienze politiche, con un buon rimborso spese: più di 1000 euro mensili. L'avvio degli stage per chi farà domanda (entro il 15 settembre) e verrà selezionato è previsto per marzo 2021. Sara Marpino, 25 anni, ha partecipato al progetto quest’anno e ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza in Lussemburgo.

Il mio primo contatto con l’estero è cominciato nell’agosto 2012 quando ho lasciato il liceo scientifico che stavo frequentando a Portogruaro, in provincia di Venezia, per partire alla volta del Canada e frequentare il quarto anno delle superiori grazie a una borsa studio di Intercultura. È stata un’esperienza davvero “life-changing” perché, oltre a imparare il francese e migliorare l’inglese, ho capito quanto l’uscire dalla mia zona di comfort mi facesse crescere a velocità accelerata. Avevo conosciuto Intercultura tre anni prima, quando mio fratello era partito per tre mesi in Belgio. Non ho pagato nulla perché ho ottenuto una borsa di studio totale: vivevo in una famiglia canadese che è diventata per me una vera e propria seconda famiglia con cui sono tuttora in contatto. Preso il diploma sono tornata in Italia dove ho frequentato l’ultimo anno di liceo concluso a luglio 2014 e ho iniziato a essere volontaria per l’associazione.

L’esperienza in Canada credo sia stata la più formativa tra le tante che avrei poi fatto all’estero negli anni seguenti. È stata la più lunga, la prima da sola all’estero e vista la mia giovane età ero molto più flessibile e meravigliata dalle differenze.

Mi sono poi iscritta alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Trieste, andando a vivere in un appartamento con un’amica e compagna di studi. All’inizio ero indecisa tra Giurisprudenza e Scuola interpreti, vista la mia grande passione per le lingue. Oggi credo di aver fatto la scelta migliore, essendo riuscita ad imparare per conto mio il francese, l’inglese, lo spagnolo e un po’ di portoghese.

A Trieste mi sono trovata bene da subito e fatto fronte a tutte le spese grazie a una borsa di studio dell’università. Ho sempre puntato a mantenere un buon equilibrio tra esami, vita sociale e sport – gioco da sempre a basket – cercando di organizzarmi al meglio con gli esami per trovare il tempo di fare delle esperienze internazionali.

Ho partecipato, nel 2015, al programma Erasmus + “Youth mobility againts crisis” in Polonia. Si tratta di un programma breve, di dieci giorni, a cui partecipano una trentina di ragazzi di nazionalità diverse e in cui si alternano attività teorica a lavori di gruppo e workshop. Ho pagato una quota di 100 euro – tutto il resto, volo, vitto e alloggio, era incluso. Durante il secondo anno di università sono poi partita per uno stage senza rimborso spese in uno studio legale in Argentina: volevo imparare lo spagnolo e allo stesso tempo iniziare a conoscere l’atmosfera del mondo del lavoro. Lo stage non era organizzato dall’università. Ho contattato, tramite un amico argentino che mi ha ospitato durante il mio soggiorno, la scuola di lingue e lo studio legale. Tutto è durato solo qualche settimana perché ho finito gli esami a fine luglio e i corsi ricominciavano a metà settembre.

La passione per l’estero è continuata, così il quinto anno di università sono partita per l’Erasmus in Portogallo, dove ho superato gli esami “a scelta” compresi nel mio programma di studi. Sono rimasta a Porto per quasi cinque mesi e l’inserimento è stato molto facile perché c’erano molti altri studenti Erasmus come me. L’università mi dava una borsa di studio di circa 200 euro al mese, che però non bastavano nemmeno a coprire l’affitto  – che di 350! Mi sono poi laureata a luglio 2019 con 110 e lode.

Con un titolo di studio finito avevo voglia di fare una prima esperienza professionale, anche questa volta all’estero. Mi sarebbe piaciuto tornare in Canada per migliorare inglese e francese contemporaneamente: così ho fatto uno stage di tre mesi nella sede centrale di AFS Canada, a Montreal, dall’ottobre al dicembre 2019. Ho contattato direttamente la vicepresidente di AFS Canada, chiedendole se ci fossero delle possibilità per stagisti. Mi occupavo, con altre due colleghe, dell’evoluzione di un nuovo progetto ed avevo compiti molto diversi: dalla logistica, al controllo dei dossier, al contatto diretto con i candidati. Avevo un rimborso spese di 300 dollari al mese più le spese di trasporto.

Tornata in Italia ho cominciato la pratica forense in uno studio legale in provincia di Pordenone. Ma è durato solo due mesi perché poi sono partita nuovamente per lo stage alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo, iniziato il primo marzo. Non era l’unica istituzione europea per cui avevo fatto domanda: nel settembre 2019, infatti, avevo fatto varie application senza crearmi troppe illusioni. Lo stage all’Unione europea è sempre stato un sogno per me. Ho saputo di essere stata selezionata quando ero in ufficio, in Canada e ricordo ancora di aver pianto dalla felicità con la mia collega, che era ormai diventata una grande amica.

Ho da subito cercato una camera in Lussemburgo, per evitare di dovermi trovare a pagare prezzi esagerati. Abito con altri nove ragazzi, stagisti o lavoratori, tutti maschi, che ormai sono diventati una famiglia per me. Pago 750 euro al mese, quindi i 1177 euro di rimborso spese della Corte mi permettono di pagarmi vitto e alloggio, anche perché i trasporti pubblici sono gratuiti in tutta la nazione. Il primo giorno alla Corte ero emozionatissima: l’edifico era bellissimo, imponente e brillante. Il mio ufficio, con tanto di targhetta con il mio nome e la dicitura “giurista linguista”, si trovava al diciassettesimo piano della torre C. Alla Corte si respira Europa, si sentono parlare 5-6 lingue diverse ogni giorno e tutti, dagli stagisti, alle guardie, ai capi, sono davvero disponibili. Lavoro nell’Unità di Traduzione Giuridica Italiana e mi occupo quindi di traduzione giuridica, che richiede comunque un previo lavoro di ricerca, dalle varie lingue all’italiano.

Lo stage di quest’anno è stato sicuramente diverso dal solito. Purtroppo, dopo poche settimane dall’inizio, la Corte è stata chiusa a causa del Covid 19, e mi sono trovata a lavorare in smart internshipping. Il tirocinio continua a distanza anche ora che in Lussemburgo è tornato tutto alla normalità, a parte l’uso obbligatorio delle mascherine. La Corte, infatti, ha deciso che noi stagisti non torneremo più in ufficio prima della fine del tirocinio. Ovviamente da casa non è stato possibile fare tutto esattamente come prima, non avendo accesso agli stessi programmi. Ma i colleghi dell’Unità italiana hanno sempre cercato di fare in modo che potessimo lavorare al meglio delle nostre possibilità. Per fortuna avevo fatto in tempo a farmi dei buoni amici tra gli stagisti: si era, infatti, già creata una bella compagnia composta per lo più da italiani, francesi e belgi. Siamo rimasti in contatto durante la quarantena, e, non appena è stato possibile, abbiamo ricominciato a frequentarci.

Da quando sono in Lussemburgo mi sono resa conto di quanto qui le opportunità siano maggiori e le condizioni di lavoro nettamente migliori. Per questo ho deciso che tra pochi giorni – una volta terminato lo stage, il 31 luglio – resterò a lavorare qui.

Credo che il problema degli stage in Italia sia che gli stagisti sono considerati, anche quando lavorano a tempo pieno e sono ampiamente qualificati, lavoratori di serie B. Ritengo avvilente che i giovani italiani debbano lavorare per anni accontentandosi di rimborsi spese. Con un sistema universitario brillante come il nostro è davvero triste che anche i migliori studenti si sentano costretti ad andare all’estero per vedere le proprie fatiche ripagate. È indubbio che gli stage permettano di “farsi le ossa” e acquisire preziose competenze, ma non tutti hanno la fortuna di avere una famiglia che li possa sostenere economicamente per anni.

Qui, per esempio, il governo “aiuta” chi ha stipendi bassi. Se il tuo affitto è più del 25% del tuo stipendio, hai diritto a dei sussidi. È evidente che la situazione economica italiana è diversa da quella di molti stati europei, ma non per questo è giusto che a rimetterci debbano essere i giovani che cercano di farsi spazio nel mondo del lavoro. Se questa è la situazione in Italia, non ci si può poi lamentare della “fuga dei cervelli”. Amo il mio Paese e se potessi ci resterei volentieri ma purtroppo, per ora, non mi pare un’alternativa valida.

Ai ragazzi italiani, soprattutto ai laureati in giurisprudenza, consiglio fortemente di candidarsi per uno stage nelle istituzioni europee: è un’esperienza estremamente appagante, che permette di aprire gli occhi sulla realtà del mondo del lavoro all’estero. E per avere più chance di passare la selezione consiglio di imparare il francese che è essenziale insieme a qualche altra lingua, di fare più esperienze internazionali e magari scegliere tra gli esami opzionali quelli di diritto dell’Unione europea.

Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

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