Le ripetizioni sono un business da 950 milioni: «Ma il nero azzoppa tutto il settore»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 18 Dic 2019 in Approfondimenti

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C'è un intero settore a essere azzoppato dal “nero”: quello delle ripetizioni private, un giro di affari che vale ben 950 milioni di euro. Di questi, «il novanta per cento sono in nero», appunto: lo dicono chiaramente gli ultimi dati Codacons in materia. Mauro Moretto, alla guida insieme al collega Andrea Bertola del sito Ripetizioni.it, conferma alla Repubblica degli Stagisti: «Centri ripetizioni e piattaforme online potrebbero creare posti di lavoro e valorizzare la qualità e la trasparenza». Invece subiscono la concorrenza sleale del sommerso perché questo tipo di prestazioni si svolge per lo più a domicilio, «e sono sia il docente che lo studente a preferire il nero».

Moretto non ha però, purtroppo, numeri attendibili: «Ripetizioni.it è no profit, ed è nato sotto l'insegna della share economy, ante litteram: noi non facciamo alcune intermediazione, e non entriamo in alcun modo negli accordi economici tra studenti e tutor». Da qualche anno a pagare un contributo per acquistare visibilità sul sito «sono solo i docenti che vogliono evidenziare le proprie referenze», che rappresentano «una piccola percentuale rispetto ai 10mila utenti reali che registriamo». Su di loro «si basa il fatturato insieme alla promozione di alcuni centri specializzati nelle ripetizioni» perché «non si tratta di una vera e propria impresa, anzi i nostri introiti sono destinati a iniziative a sostegno dell'istruzione dei bambini». 


Il polso della situazione lo dà però il fatto che «in questi vent'anni abbiamo visto nascere a fianco di  
Ripetizioni.it numerose piattaforme, anche internazionali, frutto di ingenti investimenti che di certo si giustificano solo con business plan molti ambiziosi» ragiona, «e che a loro volta non possono che riferirsi ad un mercato ritenuto ricco». 

Sarebbe la metà degli studenti delle scuole superiori nel corso dell’anno a ricorrere alle ripetizioni, «con una media di due ore e mezzo di lezione a settimana» rileva ancora il Codacons. Un fenomeno che si osserva anche tra studenti delle medie e universitari. Con costi orari elevatissimi: mediamente, secondo l'istituto, 27 euro.


Il Codacons ha anche calcolato i costi totali che hanno gravato sulle famiglie nel 2018 (e per quest'anno non ci sono state variazioni significative, fa sapere l'ufficio stampa). Per un intero anno scolastico si arriva a spendere circa 650 euro. Anzi, secondo i calcoli di Federconsumatori, «con una media di tre ore a settimana per cinque mesi l’anno la spesa a studente oscillerebbe perfino tra i 900 e i 1800 euro».

A determinare il peso sul portafogli è il tipo di materia e la città. Greco è la disciplina più costosa, con una media di 30 euro a lezione. A Milano per esempio «per una lezione con un professore universitario di greco o latino si possono sborsare fino a 50 euro» secondo i dati Codacons. A Roma la tariffa oraria media è più contenuta, circa 25 euro, mentre al Sud si scende per esempio a 20 euro per Cagliari e 12 per Napoli.

Cifre che evidenziano un mercato in buona salute, e che giustificano il proliferare di piattaforme, siti e gruppi Facebook dedicati alle lezioni private. Anche se, chiarisce Moretto, «funziona senz'altro di più il passaparola». Ed è così che diventa molto semplice evadere il fisco per un servizio che sfugge a qualsiasi controllo e potrebbe invece, se strutturato, dare una spinta all'economia. D'altronde «non esiste neppure una legge che regoli il mercato delle ripetizioni, e questo perché si tratta di un insegnamento che non dà luogo ad un titolo di studio riconosciuto dallo Stato» sottolinea il consulente del lavoro Enzo De Fusco alla Repubblica degli Stagisti.


La soluzione per combattere il nero ci sarebbe: basterebbe «permettere alle famiglie di scaricare dalle tasse quanto spendono in lezioni private per i loro figli» prosegue Moretto. Così «in tanti vorrebbero la ricevuta». Anche i docenti poi avrebbero la loro opportunità di mettersi in regola: «Per chi fa ripetizioni saltuarie è sufficiente rilasciare una ricevuta per prestazione occasionale» spiega De Fusco.

«Coloro che svolgono continuativamente questa attività possono invece aprire la partita Iva applicando il regime speciale agevolato fino a 65mila euro di ricavi». Per i docenti con cattedra esiste poi una norma a parte: «È entrata in vigore il 1° gennaio 2019 ed è riservata agli insegnanti di scuole di ogni ordine e grado» fa sapere De Fusco, inclusi quindi i docenti di scuole pubbliche – sempre e quando non via sia un esplicito divieto in tal senso da parte della scuola o università presso cui si insegna. «Questa norma prevede che sui compensi percepiti dai docenti per le lezioni private si applichi un’aliquota Irpef forfetaria del 15 per cento al posto anche delle addizionali comunali e regionali». Avrebbe senso allora inserire una nuova norma – auspica Moretto – «che fissi in una quota inferiore al 10 per cento la percentuale di spesa detraibile per le famiglie per le ripetizioni». Altrimenti «se i docenti pagassero il 15 per cento 
di flat tax, lo Stato ci rimetterebbe!».

Il punto è però l'assenza totale di controlli e sanzioni.
«Il lavoratore privato può svolgere un secondo lavoro a condizione che non sia in contrasto con l’attività del proprio datore di lavoro» commenta Giuseppe Buscema, consulente del lavoro, operando dunque in totale libertà e senza che nessuno possa obiettare alcunché se non attraverso un controllo fiscale.

Le persone che danno ripetizione si dividono infatti grossomodo in due grandi tipologie. Vi sono gli studenti – spesso universitari, ma a volte anche semplicemente liceali
– che sono particolarmente bravi in qualche materia e si offrono di fare ripetizione, spesso a prezzi bassi, a ragazzi un po' più giovani per poter tirare su qualche soldo: basti pensare allo studente di Ingegneria che per arrotondare si offre di dare ripetizioni di matematica a studenti di scuola media o delle superiori.

E poi c'è un'altra tipologia: quella dei professori di scuola media o superiore o di università che danno ripetizioni per arrotondare, e che spesso sono formalmente dipendenti pubblici in quanto insegnano in scuole o università pubbliche. «Ai lavoratori pubblici è vietato di regola lo svolgimento di un secondo lavoro» chiarisce Buscema, a meno che «il rapporto di lavoro pubblico per cui hanno un contratto non sia part time con orario non superiore alla metà di quella a tempo pieno». Per i docenti con un part time le ripetizioni saranno quindi un'attività da portare avanti in parallelo con il lavoro principale, versando tasse e contributi attraverso l'apertura di una partita Iva agevolata. Ma anche qui difficilmente – per non dire mai – potrà  verificarsi che l'incontro tra insegnante di ripetizioni e ragazzo venga intercettato, potendo continuare a svolgersi in piena libertà (e in nero).

C'è infine un dettaglio importante: il libero mercato non pone limiti nel privato, «ma nel caso di dipendente pubblico è necessaria anche un'autorizzazione amministrativa, che deve essere acquisita dal discente» fa notare De Fusco. Attenzione quindi, «perché se a svolgere la docenza è un dipendente pubblico non in regola anche gli studenti o le loro famiglie potrebbero potenzialmente incorrere in una sanzione». Che è pari al doppio degli emolumenti corrisposti a tenore del decreto legislativo 165/2001.  


Ilaria Mariotti

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