Dare voce ai giovani, una prima analisi della ricerca sul mondo dei tirocini

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 09 Lug 2023 in Notizie

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Quanto è importante lo stage nel percorso formativo e lavorativo dei giovani, quali sono i criteri con cui scelgono un’azienda piuttosto che un’altra, quali i problemi che i tirocini curriculari ed extracurriculari presentano? Sono alcuni degli aspetti che una nuova ricerca svolta dagli studenti del Laboratorio di ricerca sociale qualitativa della facoltà di Sociologia dell’Università cattolica di Milano ha messo in luce e sono stati presentati nel corso dell’evento Best Stage 2023 della Repubblica degli Stagisti.

Il campione preso in considerazione era molto esteso: oltre 100 giovani tra i 21 e i 28 anni – che stavano facendo uno stage o l’avevano appena terminato – sono stati intervistati individualmente e poi coinvolti in focus group. I risultati finali si avranno in autunno. Al momento, precisa la professoressa Cristina Pasqualini che ha guidato gli studenti, «manca ancora il lavoro di analisi della ricerca. Le interviste dei focus group erano ampie, e ci sono molti dati che vanno presi in considerazione». Ci sono centinaia e centinaia di trascrizioni di parole da fare, visto il numero di interviste.

Tutto è partito dalla costruzione del campione: «Attraverso una call abbiamo chiesto ai giovani che avessero fatto uno stage di almeno otto mesi in tutta Italia di dare la loro disponibilità ad essere contattati. Il campione finale è stato messo insieme grazie alle reti dei nostri studenti, che frequentando l’università a Milano hanno più contatti in questa città, e grazie a chi ha risposto alla call. Abbiamo intervistato tutti: su 94 studenti abbiamo collezionato 103 interviste». Il campione non è bilanciato per aree territoriali: è prevalentemente del nord. Ma «nell’analisi dettagliata cercheremo di far esplodere le differenze. Quella tra tirocinio curriculare ed extracurriculare, ma anche la componente di genere, territoriale e di età. E valorizzeremo i pochi casi collezionati dal Sud e dal Centro per capire se da quelle esperienze si riescono a intuire delle differenze identificative».

In futuro potrebbe certamente essere interessante cercare di avere un campione più rappresentativo territorialmente, «ma poi queste persone bisogna trovarle!», dice Pasqualini, e non è sempre facile. La ricerca è nata come attività universitaria di formazione per gli studenti che imparano a fare, appunto, ricerca sociale.

«Da giornalista so che la ricerca qualitativa risulta un po’ meno “sexy” di quella quantitativa per il grande pubblico, perché riporta un quadro più complesso: non ci sono quasi mai facili percentuali, tutto il lavoro sta nell’approfondimento», osserva Eleonora Voltolina, direttrice e fondatrice della Repubblica degli Stagisti. «I ricercatori intervistano le persone in profondità, a volte per ore, e poi trascrivono meticolosamente tutto, anche le esitazioni. Ne emergono ritratti più contraddittori, ma estremamente significativi per capire le emozioni delle persone rispetto a una determinata situazione. Alcune delle risposte registrate sono più diplomatiche, timide, altre più sfrontate. Non si può generalizzare: bisogna accogliere questa ricchezza senza forzare e il filo di senso emerge forte».

Tra i primi dati al momento disponibili colpisce la cifra minima di rimborso spese che secondo i giovani dovrebbe essere garantita per uno stage extracurriculare: 450 euro al mese, in controtendenza con le tante battaglie portate avanti negli anni dalla Repubblica degli Stagisti.
«Avrei tanto voluto che dicessero che l’indennità minima-minima per uno stage dovrebbe essere più alta di questa, che è una somma minore persino  di quella prevista dalle normative di quasi tutte le Regioni», dice Eleonora Voltolina: «Ma sono consapevole che dietro quel numero c'è un mondo di senso: probabilmente i giovani sono ormai talmente abituati ad accettare condizioni al ribasso che fanno fatica a rivendicare condizioni migliori, anche in una situazione “protetta” come quella di una intervista anonima».

Lettura simile data da Cristina Pasqualini: «C’è un sentimento di perdita di fiducia in questa generazione di giovani, anche nelle proprie capacità. Sono stati spesso messi da parte, ostacolati nei processi di crescita professionale e hanno sviluppato questa tendenza a pensare che “in fin dei conti ci sta che lo stage sia gratuito, che ci vogliano molti anni prima di avere una posizione lavorativa, che si facciano cose non coerenti con il titolo di studio”…», riflette Pasqualini: «
Ci sta però fino a un certo punto: perché è una logica un po’ da profezia che si autoadempie. Quando tu pensi in qualche modo di valere poco alla fine realmente ti svaluti. I giovani devono riprendere un po’ di fiducia e capire che quello che stanno facendo è importante per loro ma anche per le aziende. Mi pare che lo spirito di Best Stage sia stato proprio valorizzare le aziende che investono su questi giovani perché sono energie positive. Gli stagisti imparano uno stile, come si sta sul lavoro, come ci si relaziona in un team, quali sono le capacità richieste, anche un certo grado di umiltà, tutti elementi importanti». Dovrebbero solo  «prendere più forza e consapevolezza di quello che sono».

E anche maggiore conoscenza dei loro diritti su cui, invece, c’è poca attenzione. «Il fatto che, dopo 15 anni di esistenza e di battaglie della Repubblica degli Stagisti, ci sia ancora tanta confusione tra stage e contratti di lavoro, e che i giovani non siano ancora pienamente consapevoli dei loro diritti e del quadro normativo di riferimento, è molto preoccupante» osserva la direttrice Voltolina. «La situazione va affrontata attraverso l’informazione: tutti coloro che sono coinvolti nell’attivazione di un tirocinio, da lontano o da vicino, devono prendersi questa responsabilità. Informare i giovani, permettere loro di arrivare al primo giorno di stage preparati. La conoscenza dei propri diritti è la condizione base per non rischiare di essere sfruttati».

«Credo che a loro interessi prima di tutto fare l’esperienza, a prescindere da quello che faranno, dai diritti e doveri» è la considerazione di Pasqualini:  «A loro lo stage interessa perché fa curriculum. E più che il contributo economico danno importanza al nome dell’azienda: vale più di tutto. Se faccio lo stage in un’azienda prestigiosa sarà un tassello importante del mio curriculum da spendere in futuro: indipendentemente dal fatto che io conosca il progetto formativo, o da quello che farò».

I giovani cercano le aziende giuste per loro: «Al contrario delle passate generazioni, quella attuale ha dei valori precisi, come il rispetto per l’ambiente e l’attenzione ai più fragili. Quindi se un’azienda ha una reputazione e si impegna in progetti di un certo tipo per loro è un nome importante. C’è, quindi, un vero e proprio cambiamento culturale: non sono disposti a fare qualunque lavoro, ma quello che rispecchia i valori per loro importanti».

L’indagine mostra anche come i giovani trovano le opportunità di stage: in autonomia, attraverso Linkedin, poi sul portale Almalaurea e tramite amici e parenti. «Sono bravi a cercare e trovare quello che a loro interessa. All’interno dell’ateneo in cui lavoro, noi docenti dedichiamo delle attività formative per spiegare ai nostri studenti l’importanza di inserire uno stage curriculare nel percorso, come farlo, diamo valore a un’esperienza come questa». Forse anche per questo i giovani utilizzano un portale dedicato al networking nel mondo del lavoro, perché così hanno modo di scoprire molte informazioni sull’azienda, su chi ci lavora.

Chiusa la fase di realizzazione della ricerca, ora l’analisi si sposterà sulle 100 storie raccolte, tutte diverse tra loro. Questa è la parte difficile ma estremamente interessante del lavoro qualitativo: leggere e rielaborare le singole storie. A quel punto saranno tirati fuori dei profili e si ragionerà per trarne fuori il variegato mondo dei tirocinanti. E ne uscirà fuori un volume, a disposizione di tutti, per dare “voce ai giovani”.

Marianna Lepore

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