Pietro Ichino: il reddito minimo può funzionare solo a certe condizioni

Anna Guida

Anna Guida

Scritto il 27 Mar 2013 in Interviste

La misura che è comunemente indicata come reddito di cittadinanza presenta costi che il sistema Italia oggi non sarebbe in grado di sostenere, mentre il reddito minimo garantito, volto a garantire un reddito minimo a chi non ne abbia altri, è molto meno costoso, ma deve essere accompagnato da una assistenza intensiva nel mercato del lavoro che è ben lontana dai servizi offerti attualmente dai centri per l’impiego. È questa l'opinione di Pietro Ichino, 64 anni, giuslavorista, che dopo aver lasciato il Pd lo scorso dicembre per sostenere il partito di Mario Monti è stato eletto senatore con Scelta civica. Proprio sul terreno del welfare si è giocato il graduale allontanamento del professore, da anni sostenitore del progetto “Flexsecurity” per la sperimentazione di un nuovo modello di protezione della sicurezza economica e professionale dei lavoratori, con il Partito democratico. 

Professor Ichino, lei pensa che il basic income costituirebbe un disincentivo al lavoro e che incoraggerebbe l’ozio o l’assistenzialismo?
Se per basic income intendiamo il reddito di cittadinanza universale e incondizionato, ovvero l’erogazione di un importo minimo – per esempio, 500 euro al mese – a ciascun cittadino, indipendentemente dalla sua ricchezza e dal fatto che abbia altri redditi, il problema non è tanto il disincentivo al lavoro, quanto il costo enorme di una misura di questo genere per l’erario. Siamo molto lontani dal potercela permettere. D’altra parte, qualcuno potrebbe chiedersi se sia giusto che lo Stato dia 500 euro al mese anche a chi non ne ha alcun bisogno.
Davvero il reddito di cittadinanza lo percepirebbe anche Lapo Elkann, come hanno scritto Tito Boeri e Roberto Perotti su La Voce?
Questa è la natura del reddito di cittadinanza. Se non fosse così, diventerebbe una “garanzia di reddito minimo”, che opera solo quando un altro reddito non ci sia. Ma in questo caso chi accetta un lavoro rinuncia al “reddito minimo garantito”: scatta quindi un disincentivo al lavoro.
Ospite a Servizio Pubblico, Boeri ha lanciato la proposta di istituire un ibrido tra salario e reddito minimo: un salario minimo ma coi soldi dello Stato, cioè con lo Stato che paga la differenza tra la retribuzione troppo bassa di alcuni lavoratori e un minimo che verrebbe stabilito dalla legge.
Quella di cui parla Boeri è un employment subsidy, una misura di “sostegno marginale” del reddito, nei casi di retribuzione oraria inferiore a un minimo, che consente l’attivazione di rapporti di lavoro fuori standard per determinate categorie di lavoratori: per esempio giovanissimi, disabili, pregiudicati nel primo periodo dall’uscita dal carcere. Questa la si potrebbe praticare anche in Italia, sì, ma sempre a condizione di una capacità di controllo dei casi molto da vicino.
Pensa che il reddito minimo garantito in Italia incoraggerebbe il lavoro nero?
Nel caso in cui la misura consistesse nel garantire un reddito minimo a chiunque si trovi a essere privo di altri redditi, sì, l’incentivo a nascondere gli altri redditi ci sarebbe e occorrerebbe coniugare questa misura con altre, di controllo circa la disponibilità effettiva del beneficiario per la ricerca di una occupazione e per tutto quanto è necessario per porsi in grado di ottenerla.
In che cosa dovrebbero consistere gli strumenti per combattere questa possibile deriva?
Assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, con affidamento del lavoratore in difficoltà a un tutor che lo segue quotidianamente: lo guida e lo aiuta, ma al tempo stesso verifica la disponibilità effettiva. Poi ci sono le misure contro l’evasione fiscale che sono al tempo stesso, per loro natura, misure di contrasto al lavoro nero. Per esempio quelle tendenti alla riduzione della circolazione di contante.
Pensa che il reddito minimo minerebbe il “principio di reciprocità”, secondo il quale solo coloro che apportano un contributo alla società attraverso il lavoro meritano il sostegno della società stessa?
Non è questo il problema. Il basic income potrebbe giustificarsi così: la terra in cui una nazione vive è proprietà di tutti i cittadini di quella nazione; ciascuno di essi ha diritto a percepire la propria quota di una sorta di canone di locazione, che la nazione paga per occupare quella terra. Certo, poi c’è anche il dovere di contribuire al benessere e al progresso della nazione con il proprio lavoro, che in Italia è sancito dall’articolo 4 della Costituzione; ma i due principi potrebbero anche operare l’uno indipendentemente dall’altro.
Non pensa che l’introduzione del reddito minimo garantito avrebbe conseguenze positive, cioè al rialzo, sulle retribuzioni offerte dai datori di lavoro, soprattutto nel caso dei lavoratori atipici? Non crede cioè che renderebbe i lavoratori (specie precari) meno ricattabili e finalmente non più “disposti a tutto”?
No: la protezione contro i possibili abusi dei datori di lavoro non può essere questa. La vera protezione più efficace dovrebbe essere data da un mercato del lavoro funzionante bene, con buoni servizi di assistenza intensiva e di formazione mirata agli sbocchi occupazionali esistenti, che consenta a qualsiasi lavoratore di andarsene dall’azienda in cui è trattato male perché ce ne è un’altra che valorizza meglio il suo lavoro. Insomma, un mercato del lavoro che funziona bene vale molto di più di un reddito minimo per garantire il buon trattamento dei lavoratori.
In sostanza, analizzando la proposta del “sussidio di disoccupazione garantito” attraverso le parole di Grillo, si capisce che essa è un ibrido tra un reddito di inserimento e una indennità di inoccupazione-disoccupazione. Il sussidio di mille euro verrebbe erogato per 3 anni a condizione che il beneficiario si impegni a cercare attivamente lavoro. Ma la Repubblica degli Stagisti ha calcolato che su una platea ipotetica di 5 milioni di persone tra neet, inoccupati e disoccupati, la misura costerebbe 60 miliardi di euro all'anno. Che ne pensa?
Penso che in questo momento quei 60 miliardi non li abbiamo. Ma se anche li avessimo, spenderli in quel modo sarebbe possibile soltanto attivando la “condizionalità” dell’erogazione di cui abbiamo parlato prima.

Anna Guida

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche gli articoli:
- Radiografia del reddito minimo garantito: cos'è, quanto costa, come funziona
- Reddito minimo garantito, le proposte dei partiti
- Luca Santini: sì al reddito minimo per affrontare la precarietà

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