Radio Popolare racconta il mondo del lavoro: dopo tre anni di “Pionieri”, in partenza a maggio un nuovo format

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 08 Apr 2019 in Notizie

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Esistono modi alternativi di guadagnarsi da vivere, con mestieri che non possono essere catalogati sotto nessuna voce alle professioni tradizionali. Ne ha parlato per tre stagioni, da settembre 2015 fino a giugno del 2018 la trasmissione di Radio Popolare Pionieri, andata poi incontro a uno stop «nonostante i buoni ascolti». La sospensione «era nell'aria da un po'» riferisce il conduttore, l'autore milanese Gianpiero Kesten [nella foto]. L'idea del programma era nata «perché volevamo parlare del mondo dei giovani, e si concretizzò un giorno a pranzo con il sociologo Stefano Laffi che aveva scritto un libro che si intitolava proprio “Pionieri”». L'argomento all'epoca non era così inflazionato: «siamo stati lungimiranti a aprire questa finestra perché era una realtà, quella dei lavori non tradizionali, diventata sempre più evidente. Solo che poi se ne è cominciato a parlare un po' ovunque sui media, e il rischio era perdere di originalità».

Così, finito il primo ciclo da circa 300 puntante, a maggio si riapriranno i battenti sotto una veste (e un nome) nuovi: «Si parlerà ancora di lavoro, ma partendo da quei luoghi di Milano e dintorni
, come per esempio le fabbriche dismesse, che hanno cambiato destinazione d'uso» anticipa Kesten, «portando con sé una trasformazione dei mestieri che si svolgevano al loro interno». Un punto di vista diverso che però sarà «un pretesto per raccontare ancora una volta il mondo del lavoro che cambia». L'appuntamento non sarà più lo stesso: a differenza di Pionieri, che occupava il palinsesto quattro giorni a settimana, il nuovo programma condotto da Kesten andrà in onda solo il sabato, alle 11.30.

Di tutto questo mondo alternativo fatto di occupazioni impensate generate per lo più dalla crisi economica «le vecchie generazioni non sanno pressoché nulla, abituate come sono a dei percorsi lineari: studio una tal cosa, per poi essere assunto con tutte le garanzie del caso» riflette il conduttore. Esplorare questo universo significa quindi «mettere in contatto i giovani con altri giovani, far da altoparlante alle loro idee, senza mettersi nei panni degli esperti di qualcosa». Ma alla fine serve «anche a rassicurare per gli ascoltatori più 'maturi', i genitori o familiari di questi giovani, che scoprono così che c'è una via d'uscita per i loro ragazzi senza un'occupazione». Con Pionieri l'aggancio con il pubblico più adulto aveva funzionato. Il riscontro non emergeva tanto dai dati di ascolto, «molto aleatori e imprecisi, neppure li so» dice Kesten, quanto dalle reazioni sui social o dagli sms. E poi «dall'attenzione della stampa, e dagli eventi che Radio Popolare organizzava, in cui mi capitava di incontrare dei genitori che ascoltavano la trasmissione»
.

Pionieri
aveva anche un orario strategico, quello del 'drive time', ogni giorno dalle 17 alle 18, ottenuto proprio grazie al buon andamento del programma. Per un'ora si parlava prima della storia di qualche ascoltatore 'pioniere', per poi passare alla seconda fase in cui si discuteva con un collega della radio esperto di filosofia. Solo nell'ultimo periodo «avevamo inserito un consulente che rispondesse alle domande degli ascoltatori». Un filo diretto con gli ascoltatori quindi, senza filtri. Da cui è uscito di tutto: «Dalla storia di chi ha scoperto di avere un cane cacciatore di tartufi e ha fatto della vendita di questi prodotti un business, a chi ha aperto una start up come per esempio l'open source per libri universitari, una sorta di Wikipedia mirata sui testi accademici».

E ancora chi «ha venduto tutto per riaprire la fonderia del nonno, o una start up del bergamasco, Loda Orobica, partita con tre persone e oggi diventata una delle aziende più importanti per l'archiviazione digitale». Sono finiti su Pionieri anche diversi membri di Ashoka, la rete di imprenditori per l'innovazione sociale, come la direttrice della RdS Eleonora Voltolina, nominata Ashoka Fellow nel 2018. Negli ultimi anni poi, «ci siamo occupati anche dei meno giovani, dei cinquantenni rimasti senza lavoro che con i propri risparmi hanno ricominciato magari aprendo un locale». Tutte persone insomma che si sono inventate un lavoro, «non un hobby ma qualcosa con cui campano» sottolinea.

A scovare le vicende ci pensava lo stesso Kesten, almeno all'inizio:
«Poi, quando la trasmissione ha cominciato a farsi conoscere, sono cominciate ad arrivare le segnalazioni». E veniva tutto confezionato e messo in onda dallo stesso conduttore, «come nella migliore tradizione della radio in cui una sola persona fa tutto, dalla regia al resto». Con contenuti dal linguaggio «il più chiaro possibile e lontano da tecnicismi, proprio per evitare di fare i grandi che parlano ai giovani creando un certo distacco».

C'è bisogno di parlare di lavoro, oggi più che mai: «Perché è diventato tutto difficilissimo: non ci sono più diritti, le regole si sono polverizzate tra partite Iva, precari e assunti veri e propri» ragiona l'autore. E il tema è sempre più scomodo perché «chi ne parla non è chi sta bene, ma in linea di massima chi il lavoro non ce l'ha e si trova in difficoltà, e chi dovrebbe risolvere i problemi». L'importante però per chi è fuori dal circuito, suggerisce, «è non perdere di vista i propri obiettivi, e non preoccuparsi se ogni tanto bisogna cambiare strada perché non c'è niente di umiliante nel non fare quello che si era previsto, non è una colpa». Sono questi i consigli ai giovani per farsi largo in questo mercato del lavoro, a parte «riascoltarsi tutti podcast di Pionieri» scherza. E poi sintonizzarsi ancora su Radio Popolare a partire da maggio per il prossimo appuntamento dedicato ai lavori di oggi. 


Ilaria Mariotti

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