
Scritto il 04 Mag 2025 in Notizie
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Appena prima di Pasqua è stato sancito un altro passo avanti nell'iter legislativo della nuova Direttiva europea sui tirocini, che mira a offrire più diritti ai tirocinanti e garantire stage di qualità in tutta Europa. Come l'europarlamentare italiano Nicola Zingaretti, "rapporteur" per i lavori su questa direttiva in Commissione Cultura, aveva anticipato in un'intervista alla Repubblica degli Stagisti, il Parere ("Opinion") è andato al voto in Commissione nella seconda settimana di aprile, ottenendo l'approvazione di 54 emendamenti, frutto di tre mesi di lavoro di raccolta e mediazione – come ricordato dallo stesso Zingaretti, che poco prima del voto ha ringraziato «tutti coloro che hanno contribuito con i nostri uffici in otto riunioni tecniche e due politiche per far fare a questa direttiva del Consiglio un passo in avanti molto importante». In 34 casi si tratta di modifiche più o meno lievi – a volte anche solo una parola – alla formulazione di articoli già esistenti nella bozza di direttiva resa pubblica dalla Commissione un anno fa; in venti casi invece si tratta di paragrafi aggiunti ex novo per sostituire o integrare il testo della prima bozza (quella resa pubblica dalla Commissione europea a marzo 2024).Il Parere, approvato in una seduta presieduta dalla presidente della Commissione Cultura, l'europarlamentare tedesca Nela Riehl del gruppo dei Verdi, contiene diversi aspetti interessanti. Il più significativo secondo la Repubblica degli Stagisti è la frase introdotta per sottolineare che tutti i tirocinanti dovranno essere protetti dai principi di questa Direttiva, quando sarà approvata: ben due volte ricorre infatti la frase «indipendentemente dalla sua [del tirocinio] tipologia o dalla denominazione attribuita [al tirocinio] dalle parti coinvolte» (“irrespective of its nature or its designation by the parties involved” nella versione in inglese; la traduzione ufficiale in italiano non è ancora disponibile). Il senso è che a prescindere dal tipo di stage o da come venga definito, ogni percorso formativo che risponda alle caratteristiche di un tirocinio deve essere gestito in ossequio ai principi espressi nella direttiva. Se questa piccola frase verrà accolta dalla Commissione Lavoro e poi dalla Plenaria, non vi potranno essere dubbi sulla portata universale della direttiva.
Altra aggiunta rilevante, il fatto che gli Stati debbano «garantire pari opportunità di accesso ai tirocini, evitando di richiedere un'esperienza lavorativa pregressa e riconoscendo i tirocini come esperienza di lavoro» (“ensure equal access to traineeships by not requiring previous work experience and by acknowledging the recognition of traineeships as work experience”). Una stoccata alla sciagurata pratica del “si cerca stagista con esperienza”, vero e proprio ossimoro purtroppo ancora diffuso, con relativo sfruttamento pressoché assicurato.
Il Parere aggiunge al testo della direttiva un paragrafo sul il senso profondo dei tirocini, che «hanno lo scopo di permettere di acquisire conoscenze e competenze pratiche. La loro finalità è quella di integrare l'istruzione teorica con l'apprendimento pratico, non di sostituire l'occupazione regolare. [...] È fondamentale distinguere tra rapporti di lavoro regolare e tirocini. Entrambi dovrebbero essere pagati, ma il ruolo dei tirocinanti si focalizza sull'apprendimento e sulla formazione. Un tirocinio dovrebbe sempre essere limitato nel tempo e chiaramente distinto da un rapporto di lavoro regolare, assicurando che la natura dell'accordo venga ben compresa da entrambe le parti.» (“Traineeships serve as a means of acquiring practical knowledge and experience. Their purpose is to complement formal education with hands-on learning, not to replace regular employment. [...] It is essential to distinguish between regular employment and traineeship relationships. While both should be paid, the role of trainees is focused on learning and training. A traineeship should always be time-limited and clearly separate from a regular employment relationship, ensuring that the nature of the arrangement is understood by both parties”). Questa formulazione serve anche per sedare le tante polemiche che, da destra e da sinistra, hanno sempre accompagnato il dibattito sui tirocini, e la confusione che spesso accade quando li si compara con i veri e propri contratti di lavoro.
Altra aggiunta molto opportuna è quella che specifica l'importanza di offrire un'indennità economica agli stagisti: «La mancanza di compenso per i tirocini acuisce le disuguaglianze, riducendo le possibilità di ottenere un lavoro stabile e causando divisioni tra i giovani, in particolare tra le persone con minori opportunità». (“The absence of pay for traineeship exacerbates inequalities, lowering the chances of securing a stable job and causing divisiveness among young people, in particular people with fewer opportunities”). Dopo averlo predicato in lungo e in largo per tanti anni, vederlo scritto nero su bianco fa un certo effetto. Ma non si tratta di una novità assoluta: già nel 2020 il Parlamento europeo in seduta plenaria si era espresso ufficialmente contro gli stage gratuiti.
Non bisogna dimenticare poi che questo non è ancora il testo ufficiale della direttiva: la strada è lunga, e non è detto che questa frase "resisterà" nei prossimi passaggi. Ma per ora c'è, e noi della Repubblica degli Stagisti non possiamo che esserne contenti. Soprattutto quando la si appaia a un altro emendamento approvato, che spiega come dovrebbe essere calcolato l'ammontare del “giusto” compenso: esso dovrebbe garantire la copertura dei «potenziali costi che i tirocinanti sostengono svolgendo il tirocinio, nonché le relative spese vive quali viaggio, vitto e alloggio» (“Member States should ensure that, when applicable, the concept of pay includes the possibility to cover a subsistence allowance to support the potential costs incurred by trainees in participating in the traineeship, as well as related living expenses such as travel, food and accommodation”).
In un altro emendamento approvato, una piccola aggiunta di parole sottolinea quanto i tirocini restino (e ci mancherebbe altro) perfettamente individuabili come tali anche quando prevedono una indennità mensile: «I tirocini sono rapporti di lavoro che possono essere distinti dai regolari rapporti di lavoro per il fatto che, anche se pagati, sono limitati nel tempo, includono una significativa componente di formazione e addestramento in linea con le qualifiche del tirocinante [...] e sono svolti per acquisire esperienza pratica e professionale nell'ottica di migliorare l'occupabilità e facilitare la transizione nel mondo del lavoro o l'accesso a una professione» (“Traineeships which are employment relationships can be distinguished from ‘regular’ employment relationships in that, even if paid, they are limited in time, they include a significant learning and training component aligned with the trainee's qualifications [...] and that they are undertaken in order to gain practical and professional experience with a view to improving employability and facilitating transition to employment or accessing a profession”) Le tre parole aggiunte, «even if paid», sono altamente significative.
Il testo della Commissione Cultura affronta anche il tema delle discriminazioni, con l'obiettivo di «migliorare il benessere e la sicurezza dei tirocinanti e per prevenire, affrontare e segnalare molestie o discriminazioni durante i tirocini» (“Member States should put in place mechanisms to improve wellbeing and safety of trainees and to prevent, address, and report harassment or discrimination during traineeships”) e propone soluzioni per contrastare la pratica dei tirocini a ripetizione: «Al fine di garantire che i tirocini facilitino effettivamente la transizione verso un'occupazione regolare e di evitare che si verifichino tirocini ripetuti o consecutivi presso gli stessi datori di lavoro o datori di lavoro diversi, gli Stati membri dovrebbero assicurare che i tirocini siano riconosciuti come legittime esperienze lavorative nelle procedure di assunzione» (“In order to ensure that traineeships effectively facilitate the transition to regular employment and prevent repeated or consecutive traineeships with the same or different employers, Member States should ensure that traineeships are recognised as valid work experience in recruitment processes”).
Una menzione a parte merita l'emendamento che affronta la complessa questione della qualità della formazione. Facile a dirsi in teoria, estremamente difficile da controllare e misurare nella pratica. Il lungo paragrafo approvato dalla Commissione Cultura pone dei punti fermi soprattutto in relazione a quella che in italiano chiameremmo la certificazione delle competenze (“Since it is often difficult for the trainees to prove their skills, their acquired competences should be assessed and validated, recognised, and made portable through certificates, micro-credentials, or other forms at the end of the traineeship”), oltre che altre raccomandazioni che per fortuna sono già presenti nella normativa italiana, come l'obbligo di un accordo scritto (la convenzione di stage) e di un tutor.
Due ulteriori emendamenti ribadiscono la necessità che i tirocini vadano monitorati, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo: «Raccolta dei dati, controlli e ispezioni dovrebbero essere mirati ad evitare che finti stage vengano usati al posto di regolari contratti, per proteggere i diritti dei lavoratori e assicurare la qualità dei tirocini. Tutti i dati raccolti dovrebbero essere resi pubblici [...] per identificare le tendenze, assicurare trasparenza e orientare miglioramenti delle politiche future» (“data collection, controls and inspections should be targeted to avoid the substitution of regular employment by disguised traineeships to protect workers’ rights and ensure the quality of traineeships. All collected data should be shared [...] to identify trends, ensure transparency and inform future policy improvements”). L'ultima frase è essenziale e viene ripresa anche in un altro degli emendamenti approvati, che ribadisce come si debba assicurare «la raccolta e la condivisione di dati uniformi e comparabili, inclusa la percentuale di assunzione post stage» (“ensure, in collaboration with the competent authorities, the collection and sharing of uniform and comparable data, including the ratio of traineeships having led to regular employment relationships in the field related to the traineeship over a relevant reference period”). Alleluja.
Per quanto riguarda i tirocini per l'accesso alle professioni regolamentate, il Parere della Commissione Cultura contiene due emendamenti specifici; il primo prescrive agli Stati membri di tener conto, nell'attuazione della direttiva, «delle esigenze e dei quadri normativi specifici riguardanti le professioni liberali e regolamentate, nonché dei meccanismi di protezione esistenti a livello nazionale» (“Member States should take into account the specific needs and frameworks regarding liberal and regulated professions, as well as existing protection mechanisms at national level in implementing this Directive”). Il secondo li «incoraggia a valutare l’impatto delle misure di recepimento della direttiva sulle professioni liberali e sulle professioni regolamentate [...] che richiedono i tirocini come parte obbligatoria della formazione professionale» (“In implementing this Directive, Member States are encouraged to assess the impact of their transposition measures on the liberal professions and regulated professions [...] which require traineeships as a mandatory part of professional training”).«Questo parere è molto atteso dalle ragazze e dai ragazzi europei – ma anche dalle imprese europee, per migliorare le performance del nostro sistema produttivo» ha detto Nicola Zingaretti al momento del voto in Commissione Cultura: «Abbiamo svolto esattamente il ruolo della Commissione Cultura, perché questo articolo – e gli emendamenti, e il rinnovamento rispetto alla direttiva che abbiamo fatto – migliora molto la qualità dei tirocini e colloca il tirocinio dentro quella missione di trasferimento di competenze ma senza sfruttamento delle ragazze e dei ragazzi».
Adesso la palla è passata alla Commissione Lavoro, che dovrà a sua volta lavorare su un testo. Sono già cominciate nei giorni scorsi le riunioni per cercare i compromessi necessari (vi sono alcuni parti politiche piuttosto perplesse, o addirittura ostili, alla direttiva). La Commissione Lavoro voterà poi la sua proposta di testo entro il mese di giugno.
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