Michele Tiraboschi: stage, sono le università che dovrebbero vigilare sugli abusi

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 10 Ott 2008 in Interviste

Michele Tiraboschi [nella foto] è un docente di Diritto del lavoro, direttore scientifico della Fondazione Marco Biagi presso l'università di Modena e Reggio Emilia. Due anni fa ha pubblicato Un futuro da precari? Il lavoro dei giovani tra rassegnazione e opportunità, scritto insieme a Maurizio Sacconi. Ecco il suo punto di vista sugli stage, in un'intervista per la Repubblica degli Stagisti.

Professore, come vede la situazione deg
li stagisti italiani oggi?
Il tirocinio è uno strumento fondamentale: dieci anni fa era molto più difficile
per i giovani avvicinarsi alle aziende e trovare lavoro, con gli stage questo percorso è stato semplificato. Però è vero che in molti casi c'è un abuso dei tirocini, ci sono aziende che li utilizzano anche al di fuori dei vincoli di legge, e alcuni ragazzi rimangono intrappolati in una sequenza infinita di stage.
Di chi è la responsabilità?
In massima parte delle università: i responsabili degli uffici stage spesso non hanno le competenze necessarie. Così non garantiscono un buon servizio agli studenti che mandano in stage: non sanno nulla dei tirocini, non elaborano buoni progetti formativi, non controllano come viene utilizzato il tirocinante dall'impresa, cosa fa.
Una studentessa qualche mese fa, proprio attraverso questo blog, aveva denunciato che una grande casa di moda l'aveva messa a fare la commessa in negozio per tutta l'estate.

Qui ci sarebbe da andare dal magistrato! E c'è un evidente concorso di colpa fra l'impresa e l'ufficio stage.
Quindi dovrebbero essere le università a farsi carico di "controllare" che le imprese non abusino degli stagisti.

Esatto. Dovrebbero seguire con frequenza settimanale i tirocini dei loro studenti. E se scoprissero che un'impresa non si comporta bene, dovrebbero cancellarla dalla lista e non mandarle più stagisti. Nei casi più gravi, dovrebbero andare a sporgere denuncia alla Direzione provinciale del lavoro. Del resto, se l'università è il «soggetto promotore» si deve prendere la responsabilità di curare la qualità e la serietà di ogni tirocinio.
Ma per avere una formazione lo stage è davvero l'unica strada?

No. La legge Biagi ne prevede anche un'altra: la collaborazione tra aziende e università attraverso i corsi di alta formazione e apprendistato. Il che vuol dire che le imprese prendono un giovane che ancora sta studiando (laurea triennale, specialistica, master, dottorato) e lo assumono preventivamente per almeno due anni, garantendo quindi una formazione "sul campo". Una soluzione molto conveniente per le aziende perchè il costo del lavoro è bassissimo: la quota contributiva per l'apprendista è solo del 10%. E conveniente per i ragazzi, che prendono un vero stipendio.
Quanti studenti hanno finora usufruito di questa possibilità?

Veramente troppo pochi: tra il 2004 e il 2007 non più di mille in tutta Italia. Ed è un peccato, perchè invece dovrebbe essere molto più diffusa e utilizzata dalle università.

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