Cercare lavoro su LinkedIn, rischi e vantaggi

Irene Dominioni

Irene Dominioni

Scritto il 31 Ago 2016 in Approfondimenti

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I social network stanno prendendo sempre più piede come strumento per la ricerca di lavoro, e LinkedIn è una delle risorse principali in questo senso. Nato nel 2003, oggi è la rete professionale più grande al mondo con oltre 433 milioni di membri in 200 Paesi. In Italia è usato da 9 milioni di utenti, conta 4 milioni di aziende attive e più di 40mila lo usano per fare recruitment. Acquisito da Microsoft lo scorso giugno, ha confermato il trend di crescita anche nel primo trimestre 2016 e punta a espandere il network oltre ai colletti bianchi, che attualmente rappresentano la quota maggiore di iscritti. Soprattutto fra i giovani, l’utilizzo della piattaforma è legato all’ambito mobile e ha registrato un aumento dal 3 al 54% grazie all’app dedicata: il vantaggio significativo dell'istantaneità di accesso dello smartphone è dato dal fatto che, secondo LinkedIn, il 44% dei membri ha difficoltà a tenere d'occhio gli annunci con assiduità, ma chi invia la candidatura il primo giorno ha il 10% di chance in più di ottenere il lavoro.

Da semplice piattaforma per curriculum digitale che era, oggi LinkedIn offre ai propri utenti non solo di crearsi una rete di contatti professionali, ma anche di seguire i settori di interesse e condividere notizie rilevanti nel proprio ambito.
Sulla piattaforma, il vantaggio da parte di chi cerca lavoro è quello di rendere disponibili informazioni sulle proprie esperienze lavorative e di studio, in modo da poter essere contattato direttamente dalle aziende alla ricerca di un profilo che corrisponda alle loro esigenze. Le imprese, d’altra parte, avendo accesso ad un numero di potenziali candidati molto maggiore, possono massimizzare la ricerca di personale.

Se non si basa su un certo grado di apertura e adattabilità, però,  la ricerca può talvolta essere difficile per entrambe le parti. «Pur  con milioni di impieghi disponibili nel mondo oggi, c'è  un'incompatibilità di fondo tra ciò che i lavoratori offrono in termini di capacità personali e quello che i datori di lavoro chiedono»  ha sottolineato David Cohen [nella foto sopra], direttore commerciale del Nord Europa e area EMEA di LinkedIn, commentando lo studio Adapt to Survive, commissionato da LinkedIn a PwC, che indaga l'adattabilità di Paesi e imprese nel mondo: «Oggi, per la prima volta, la tecnologia consente ai lavoratori di capire davvero che cosa si richiede loro per ottenere quegli impieghi, e di comprendere quali capacità e conoscenze serviranno loro per conseguire il lavoro e la carriera che desiderano».

LinkedIn offre il vantaggio di fare incontrare domanda e offerta di lavoro più facilmente, ma si porta dietro anche dei rischi non indifferenti: la possibilità di essere ingannati esiste, e in diverse forme. E la questione è delicata soprattutto perché riguarda informazioni strettamente personali, quali quelle contenute nel proprio curriculum.

Il rischio di incappare in una frode su LinkedIn esiste per qualsiasi utente, sia egli un singolo alla ricerca di lavoro, un impiegato o un’azienda stessa. Uno degli attacchi più diffusi, peraltro comune anche ad altre piattaforme, è quello di cercare di ottenere le password degli account estraendole da strumenti automatizzati che gestiscono grandi moli di indirizzi di posta elettronica e password in varie combinazioni, come suggerisce lo stesso LinkedIn. Come misure generali, LinkedIn consiglia di attivare la verifica a due passaggi (al login, oltre alla password, si deve inserire un codice numerico di sicurezza, inviato per sms) e monitorare regolarmente l'attività del proprio account. Esistono poi truffe elaborate e di lunga durata che si basano sulla costruzione di un rapporto di fiducia con il malcapitato: è il caso delle internet romance scam, che colpiscono soprattutto donne di una certa età e le inducono a prestare grosse somme a finti corteggiatori, o quello della classica truffa alla nigeriana, volta a estorcere denaro attraverso richieste di aiuto per trasferimenti tra banche e simili. La maggior parte dei profili fasulli, comunque, si limita ad azioni automatizzate che puntano a diffondere pubblicità o spam, oppure a rivendere informazioni a terzi.

Per quanto riguarda le offerte di lavoro, le truffe più ricorrenti riguardano i contatti da parte di falsi recruiter che offrono impieghi molto remunerativi a fronte di un impegno minimo, come mystery shopper, lavoro da casa o come assistente personale, e le richieste di contatto provenienti da sconosciuti. Posto che il social network si basa sulla creazione di contatti nuovi, è irrealistico pensare di ignorare sistematicamente le richieste di chi non conosciamo. Ma si possono adottare alcuni accorgimenti per evitare di cadere nelle trappole virtuali. Nel caso di e-mail di “phishing” che fingono di essere richieste di contatto, per esempio, un primo consiglio è quello di non accettare automaticamente. Meglio controllare prima l’indirizzo del sito, accertandosi che il protocollo sia https://, oppure accedere direttamente alla piattaforma per confermare il contatto. Si può anche considerare di inviare un messaggio (la funzione InMail consente di farlo con chi non è fra i propri contatti) chiedendo la ragione della richiesta: questo rappresenta un buon deterrente per infastiditori online di vario genere. Inoltre, è possibile sistemare le impostazioni della privacy selezionando chi può inviare inviti, anche se poi si deve fare i conti con il limite di avere fra i contatti solo quelli importati o di persone che possiedono già il proprio indirizzo e-mail. In compenso, si può selezionare il tipo di messaggi che si vuole ricevere (eliminando, per esempio, le opzioni “opportunità di carriera” e “nuove imprese”) e nascondere i propri collegamenti, limitando così l’accesso ad una fonte di informazione preziosa per gli account falsi.

Una buona abitudine è anche quella di selezionare quali richieste accettare e quali no, in seguito ad un’esplorazione dell’account del mittente. I segnali di un possibile account fasullo sono: un profilo professionale completamente diverso dal proprio, un numero di contatti esiguo, carriere troppo brillanti e veloci per essere vere, errori grammaticali, assenza di una foto personale o di riferimenti di contatto, posizioni lavorative descritte da manuale.

In generale, meglio preferire la qualità rispetto alla quantità, perché un gran numero di contatti non è necessariamente sinonimo di maggiore successo. Infine, mai dare seguito a messaggi con richieste di avventure sentimentali o anche di semplice amicizia, proposte di guadagno assicurato e segnalazioni di vincite di grandi somme di denaro.

Una volta prese le dovute precauzioni per evitare situazioni spiacevoli, LinkedIn può rappresentare un importante strumento di visibilità, soprattutto se si adottano alcune strategie per migliorare il proprio profilo. Innanzitutto, va curata con attenzione la costruzione della propria pagina, cercando di inserire le informazioni nel modo più accurato e completo possibile, dalle esperienze di studio a quelle di volontariato: un profilo dettagliato veicola bene un'idea di serietà e precisione. Inserire almeno cinque competenze principali (così facendo, si ha il 31% in più di probabilità di essere contattati secondo LinkedIn) e la città in cui si vive (il 30% dei recruiter seleziona i candidati in base alla posizione geografica).

Vanno scelte bene anche le parole chiave per il riepilogo che si trova a inizio pagina, quello che salta prima all'occhio di chi legge: LinkedIn ha stilato una lista dei dieci aggettivi più utilizzati nel gergo professionale, parole che è meglio evitare, perché talmente usate da apparire ormai vuote e insignificanti. Bando dunque alla “vasta esperienza” e ai “motivato”, “intraprendente”, “creativo” e “versatile”. Occorre cercare di individuare i propri veri punti di forza e, se proprio si ritiene di dover includere le descrizioni classiche, è meglio trovare dei sinonimi efficaci. Assicurarsi anche che il riepilogo sia almeno di 40 parole, altrimenti si rischia di non comparire nella ricerca.

Un altro punto focale è la foto
: secondo LinkedIn, gli utenti con un “volto” ricevono il 21% in più di visite sul profilo. Requisiti fondamentali del ritratto sono una buona risoluzione, professionalità (un buon suggerimento è quello di scattare la foto sullo sfondo del proprio contesto lavorativo, che sia un ufficio o l'università) e il sorriso. Collegare applicazioni esterne a LinkedIn, come TripIt per chi viaggia o SlideShare per le presentazioni, inoltre, aumenta la visibilità. Infine, cercare di mantenersi attivi sulla piattaforma, partecipando alle discussioni nei gruppi e condividendo articoli interessanti.

E durante la ricerca di opportunità di lavoro, tenere a mente il principio dell'adattabilità: «I governi influenzano la capacità di adattamento dei lavoratori principalmente attraverso il sistema scolastico, e le competenze che le persone acquisiscono attraverso l'istruzione le rendono più o meno capaci di adattarsi. La tecnologia è certamente una delle cose di cui le persone devono fare tesoro, ma non è l'unica: l'adattabilità è un tipo di mentalità, significa essere pronti ad accogliere e intraprendere cose diverse» ha scritto Michael Rendell [nella foto a sinistra], consulente a capo delle risorse umane del network di PwC, nel commento allo studio Adapt to Survive. Una forma mentis che dovrebbe guidare lo sviluppo non solo individuale, ma di aziende e Paesi: «Una parte di questo è la ricerca di talenti fuori dai confini nazionali: i governi hanno un ruolo importante nell'incoraggiare le imprese a farlo e nell'attrarre i talenti di cui un Paese ha bisogno a venire in quel Paese». Il che non esclude, dunque, di considerare di spostarsi all'estero per lavoro, un'opzione sempre più frequente per tanti e un'opportunità che, se presa con lo spirito giusto, può insegnare molto, oltre alle competenze professionali.

Irene Dominioni

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