Tre neodottori raccontano il giorno della loro laurea in emergenza Covid tra aule digitali, qualche ritardo e feste rimandate

Luisa Urbani

Luisa Urbani

Scritto il 11 Apr 2020 in Interviste

Coronavirus didattica online La sapienza laurea magistrale Laurea triennale università di Padova

La discussione di laurea è senza dubbio una delle tappe più importanti nel percorso formativo di una persona. Ognuno ricorda con esattezza quel giorno, ma anche tutte le settimane che lo hanno preceduto. Gli incontri con il proprio relatore, la bozza della tesi da revisionare, le file in copisteria per stamparla, la consegna dei documenti in segreteria e tutti i preparativi per i festeggiamenti: ricevimento, abito, corona d’alloro e inviti. Giornate frenetiche e indimenticabili in cui si corre a destra e sinistra tra casa, università e copisteria. Poi l’arrivo del fatidico giorno. L’attesa nell’aula magna, la relazione davanti a tutti, la stretta di mano alla commissione. L’uscita dall’ateneo tra applausi, coriandoli e abbracci di amici e parenti.

Ma quando invece non è possibile uscire per via dell’emergenza sanitaria, come si vivono questi momenti? E soprattutto: come avviene una discussione di laurea quando l’università è chiusa?

La Repubblica degli Stagisti ha analizzato la settimana scorsa la questione dando la parola agli atenei, che hanno spiegato come avvengono le discussioni via web.
Ora però ha cercato di comprendere cosa significa discutere tramite piattaforme online intervistando tre studenti di tre diversi atenei italiani.

«Io e i miei compagni di corso, dopo la dichiarazione dell’emergenza nazionale da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, avevamo già capito che qualcosa sarebbe cambiato. Sospettavamo che la nostra discussione non sarebbe avvenuta in maniera tradizionale» racconta Federico Palisca, 22 anni, neo laureato in Scienze e tecniche della comunicazione grafica multimediale, all’ Istituto Universitario Salesiano di Venezia.

E così è stato. Per Federico, e per tutti i laureandi d’Italia, in pochissimo tempo la situazione è cambiata. Con la pubblicazione del decreto Cura Italia tutti gli atenei sono stati chiusi e si è passati alla didattica online.

«Il cambiamento era già nell’aria. L’arrivo della mail dell’università in cui mi veniva comunicato che la mia discussione si sarebbe tenuta online non mi ha colta di sorpresa: già lo immaginavo» dice Chiara Lorenzon, 26 anni, neo laureata in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale all’università degli studi di Padova.

Le università hanno quindi inviato una serie di comunicazioni ai propri iscritti per avvertirli dei cambiamenti e fornirgli così tutte le indicazioni necessarie per lo svolgimento della discussione.


«La comunicazione è stata impeccabile. Ci sono state però delle inevitabili evoluzioni» spiega il neo dottore. «Ci è arrivata una prima mail, a inizio febbraio, in cui ci veniva detto che la sessione di marzo si sarebbe svolta regolarmente, secondo le normali procedure. Qualche giorno dopo ci hanno detto che potevamo scegliere: o laurearci online o in sede, ma solo in presenza di due persone. Poi, dopo due giorni, ci hanno detto che le lauree si sarebbero svolte online per tutti gli studenti».

Anche per Chiara Lorenzon non ci sono stati problemi di comunicazione con l’ateneo. Lei, come Federico Palisca, ha ricevuto tutte le indicazioni in maniera puntuale: «Mi hanno avvertita, in via ufficiale, una settimana prima della data della mia discussione, che era prevista per il 18 marzo. Tutte le comunicazioni sono arrivate attraverso mail puntuali contenenti tutte le istruzioni. Oltre agli uffici competenti, anche i membri della commissione sono stati molto disponibili. Con la mia relatrice, i giorni precedenti, abbiamo fatto delle prove tecniche su Zoom, il sistema con il quale poi ho discusso» racconta la neo dottoressa.

Per entrambi, il cambio di modalità di discussione non ha portato a uno stravolgimento del calendario.
Tutti e due si sono laureati nel giorno previsto prima che scoppiasse l'emergenza: lui il 12 marzo, lei il 18.

Alcuni laureandi però hanno dovuto modificare i loro programmi perché il calendario delle discussioni ha subito delle variazioni. È il caso di Elena Bizzaglia, 26 anni, che si è laureata il 31 marzo in Medicina e chirurgia all’università La Sapienza di Roma: «Avrei dovuto discutere il 24 marzo. Poi però, appena scoppiata l’emergenza, io e i miei colleghi abbiamo ricevuto una mail in cui ci veniva detto che la sessione sarebbe stata rinviata, senza fornirci una data precisa. Nei giorni successivi sono arrivate altre comunicazioni in cui ci veniva fornito il calendario delle discussioni. Così ho saputo che mi sarei laureata il 31 marzo».

Avvertiti i laureandi, le università hanno predisposto le piattaforme.
Ogni ateneo è stato libero di scegliere gli strumenti che riteneva più opportuni. Alcuni, come nel caso delle università di Elena e Federico, hanno optato per Google Meet. L’università di Chiara invece ha preferito utilizzare Zoom Cloud Meeting.

«Mi sono collegato con i membri della commissione attraverso Google Meet» spiega ancora Palisca. «Tempi e modalità sono stati gli stessi delle normali discussioni. Ho esposto la mia tesi in dieci minuti, poi relatore e contro relatore hanno fatto ognuno la sua domanda. Concluse le domande mi sono scollegato dalla chiamata per far deliberare la commissione. Dopo qualche minuto mi hanno richiamato per comunicarmi il voto. Solitamente ti chiedono di andare fuori dall’aula fisica, a me han chiesto di andare fuori dall’aula digitale. Essendo la mia prima laurea... non posso fare confronti!», scherza, «Ma discutere nel soggiorno di casa ti toglie molta ansia. Un conto è esporre in un’aula universitaria, con tutta commissione davanti, alla presenza di amici e parenti. In casa, con solo i tuoi familiari più stretti, vivi tutto più tranquillamente».

«Quel giorno dovevamo discutere in tre: io e altri due ragazzi. Ero la prima. Con Zoom, quella che sarebbe stata la mia aula fisica si è trasformata in un’aula virtuale.  Tutti e tre ci siamo collegati mezz’ora prima dell’inizio della discussione» ricorda Chiara Lorenzon. «Mentre io esponevo la mia tesi, gli altri due laureandi erano nella sala d’attesa di Zoom.  Oltre alla commissione, erano collegati anche i tecnici che controllavano il funzionamento della piattaforma».

E come ogni laurea che si rispetti, terminata la discussione arriva il momento dei festeggiamenti
. Nonostante le difficoltà Federico Palisca ha deciso di festeggiare ugualmente, senza rinunciare a nulla, o quasi. «Ho festeggiato con i miei genitori e mio fratello. Abbiamo mangiato un dolce e stappato una bottiglia di vino. Tutti vestiti per l’occasione, abbiamo fatto anche le foto di rito» racconta:  «I miei nonni per ovvi motivi non hanno potuto assistere. Per renderli partecipi, essendo un videomaker, ho allestito un set con luci e camere e ho ripreso tutta la discussione. Mi sono auto filmato poi ho mandato loro il video. Così anche io posso dire di avere il classico filmino della laurea. Discutendo in casa, però, ti manca il momento in cui esci dalla facoltà e pensi “sono finalmente libero”. Manca anche il far festa con tutti. Cercherò di recuperare finita l’emergenza».

Anche Chiara Lorenzon ha discusso in casa con i suoi genitori: «Ho festeggiato tra telefonate e video chiamate di amici e parenti.  Con tutti loro ho brindato virtualmente, in attesa di farlo dal vivo». Per entrambi adesso è difficile immaginare un futuro. Quel che è certo però è che quando tutto questo sarà concluso sono pronti a mettersi in moto per proseguire gli studi o tuffarsi nel mondo del lavoro.

Discorso diverso vale per Elena Bizzaglia. Il decreto Cura Italia, per arginare l’emergenza sanitaria, ha stabilito che la laurea in medicina sarà definitivamente abilitante alla professione medica, immettendo così nel sistema sanitario nazionale l'energia di nuovi medici. Lei ne è, situazione permettendo, molto felice.

Luisa Urbani

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