JPO Programme, 40 posti per giovani italiani nella cooperazione internazionale: lo stipendio è più di 40mila euro all'anno

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 22 Nov 2019 in Notizie

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Ritorna anche quest’anno il programma Giovani Funzionari delle Organizzazioni Internazionali, noto anche come programma JPO, promosso dalla Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo e curato dal dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UN/DESA). 
Il JPO offre a giovani italiani l’opportunità di svolgere un’esperienza formativa e professionale nelle organizzazioni internazionali per un periodo di due anni, consentendo a chi è interessato alla carriera internazionale di compiere esperienze utili per un eventuale lavoro futuro nelle stesse organizzazioni o in ambito internazionale.

Termine ultimo per fare domanda il 10 dicembre 2019, esclusivamente online attraverso il sito www.undesa.it. Si parla mediamente di 40 posti disponibili, in analogia con gli anni precedenti, con retribuzione corrispondente al livello P2 dei funzionari delle Nazioni Unite, pari a 47mila dollari annui, circa 42mila euro, ai quali va aggiunto al quale deve essere aggiunto un adeguamento che varia da paese a paese a seconda del costo della vita locale. Il contratto comprende, oltre al salario, l'assicurazione medica, i contributi pensionistici e altre indennità.

Requisiti necessari per l’invio della candidatura sono: data di nascita non precedente al 1 gennaio 1989 (1 gennaio 1988 per i laureati in medicina; 1 gennaio 1986 per i laureati in medicina che abbiano conseguito un diploma di specializzazione in area sanitaria); nazionalità italiana; ottima conoscenza della lingua inglese e italiana; laurea specialistica/magistrale o magistrale a ciclo unico, laurea triennale accompagnata da un master universitario.

Gli organizzatori del programma fanno sapere che verranno prese in considerazione in fase di valutazione prevalentemente la conoscenza di altre lingue ufficiali delle Nazioni Unite o lingue parlate nei paesi in via di sviluppo, il possesso di ulteriori titoli accademici o corsi di formazione rilevanti, un’esperienza professionale, della durata di almeno un anno e il possesso di alcune capacità e competenze quali orientamento al cliente, lavoro di squadra, comunicazione, responsabilità, pianificazione e organizzazione del lavoro.

Ma cosa consiglia e come considera questa esperienza chi l’ha vissuta o la vive sul campo? Lucia Vinti, 28enne di Perugia, ha una laurea in Economia e Gestione delle Imprese all'università Roma Tre e parecchi tirocini alle spalle. Da Roma, dopo un’esperienza nella consulenza, ha poi conosciuto il mondo delle istituzioni europee: prima un tirocinio nell’ufficio del vicedirettore generale della Commisione Europea e poi un altro, di 12 mesi, a Francoforte alla Banca Centrale Europea – che poi si è trasformato in un contratto di lavoro.

A ottobre del 2018 la decisione di lasciare la Bce e partecipare al programma JPO: «Al Segretariato Onu il dipartimento di Management copre le stesse funzioni, ma su scala più larga – e con l'aggiunta della componente politico diplomatica, che è quella su cui sono più impegnata nella mia posizione attuale. Il Programma JPO permette a giovani laureati di entrare come funzionario nelle organizzazioni internazionali, con un contratto di lavoro di due o tre anni. Anche se il contratto non garantisce di per sè l’assunzione a pieno titolo alla fine del terzo anno, sicuramente ne aumenta esponenzialmente le possibilità».

La prospettiva di un contratto di piu di 12 mesi e la possibilità di assunzione post-programma sono state per Lucia Vinti motivazioni forti
abbastanza a convincerla ad inviare la domanda: «L'opportunità di lavorare in un Paese lontano e mettermi alla prova in un ambiente di lavoro del tutto nuovo a quello a cui ero stata abituata fino a quel momento è stata solo la ciliegina sulla torta. Al momento dell'invio della domanda non si può sapere per quale posizione, quale organizzazione o per quale duty station il tuo profilo verrà associato. Anche se in fase di candidatura non è possibilie indicare nessuna meta preferita, io speravo New York...» .

E così è stato: 
«Alla fine sono stata selezionata per una posizione proprio a New York, al Segretariato delle Nazioni Unite. Lavoro nell'ufficio del sotto-segretario generale per il Management, a capo dei dipartimenti di Finanza e budget, risorse umane e sistemi informativi dell'Onu. Oltre a seguire qualche programma specifico relativo alle politiche del dipartimento di Management, come per esempio l'avanzamento dei programmi per l'eliminazione di molestie sessuali nel luogo di lavoro, o il Climate Action Plan per il Segretariato Onu, mi occupo di preparare note e documenti informativi per gli incontri del Sotto-Segretario Generale con Diplomatici o alti funzionari ONU. 
Mi sono trasferita da sola, a 27 anni, a New York. Qualche giorno di adattamento e poi è stato amore folle per la città».

Vinti oggi vive in un appartamento a Manhattan, «una soluzione comoda, da sola a 10 minuti a piedi dall'ufficio», il famoso "Palazzo di vetro" «e a 15 da Central Park. Altri colleghi hanno preferito vivere a Brooklyn, che significa tempi di trasporto più lunghi in cambio di una vita più a portata d'uomo. In entrambi i casi i prezzi degli affitti sono folli, e per questo noi JPO riceviamo una rental allowance dall'ONU che copre circa un terzo del costo dell'affitto. C
on gli altri ragazzi del programma siamo un gruppo molto unito: ci siamo conosciuti prima di partire per New York durante un training di due settimane a Torino, allo UN Staff College. Ognuno di noi lavora in uffici diversi, ma dopo il lavoro e soprattutto nei weekend, ci troviamo per vivere a pieno la città. D'altra parte, cerco di capire le contraddizioni di questa straordinaria metropoli, i suoi punti di forza economici e gli effetti non lineari che producono, ma questa è un'altra storia».

Lucia Vinti ha qualche consiglio per quanto riguarda il procedimento di selezione dei candidati: «I colloqui per le Nazioni Unite sono normalmente “Competency based”. Questo significa che più che la conoscenza di fatti o dati, che si suppone il candidato abbia acquisito con le esperienze di lavoro pregresse, l’interesse dei selezionatori risiede piuttosto sulle capacità e attitudine dei candidati» spiega: «Normalmente le competenze oggetto della selezione sono elencate nei “Terms of Reference” della posizione e descritte dettagliattamente nella sezione “Careers” sito delle Nazioni Unite. Io ho affrontato la selezione con massima serenità: consapevole che la probabilità di essere presa era bassa, ma comunque sicura delle mie capacità e del valore delle esperienze lavorative passate».

I dati confermano la concorrenza agguerrita: lo scorso anno, edizione 2018/2019, sono pervenute 3.064 candidature valide di cui 2.845 da cittadini italiani e 219 da cittadini provenienti da paesi in via di sviluppo e prioritari per la cooperazione italiana. «l livello della selezione è molto alto, inutile presentarsi per quello che non si è» conferma Vinti: «Dall'altra parte del tavolo ci sono selezionatori che sanno esattamente quello che cercano nel candidato ideale e spesso la differenza tra la persona scelta e il primo dei non selezionati è minima. Il mio consiglio per chi intende partecipare al programma è di costruire un curriculum più ricco possibile, lanciarsi in nuove esperienze e affrontare la selezione con la certezza del proprio valore». E dopo il JPO? «Mi piacerebbe rimanere nel sistema delle Nazioni Unite» confida Lucia Vinti: «magari lasciare New York e provare qualcosa di nuovo. Ginevra? Bangkok? Nairobi? Vedremo!»

Dagli Stati Uniti al Kenya con Stefano Consiglio, 31 anni, una laurea magistrale in giurisprudenza e un master in diritto internazionale e tutela dei diritti umani. «Ho avuto l’onore e l’onere di essere il primo JPO dell’International Development Law Organization, IDLO. Essere il primo JPO di un’organizzazione mette una certa pressione, in quanto la tua performance fungerà da riferimento per tutti i successivi JPO. Questo primato, tuttavia, mi ha permesso di espandere gradatamente le mie funzioni, non limitandomi ai termini del contratto».

Consiglio ha iniziato
a lavorare per l’IDLO in Kenya a gennaio di quest'anno,  contribuendo al rafforzamento dello stato di diritto tramite progetti mirati ad avanzare l’accesso alla giustizia, la tutela dei diritti delle donne, la protezione delle risorse naturali e la facilitazione dei processi di giustizia tradizionale: «Questo lavoro ha rappresentato per me l’occasione perfetta per coniugare la mia formazione giuridica con la grande passione per lo sviluppo e l’esperienza sul campo che ho maturato lavorando per l’IFAD in Africa orientale. Il mio compito come JPO è quello di contribuire sia alla fase di ideazione e sviluppo dei progetti sia alla loro messa in opera. Svolgevo compiti molto simili quando lavoravo per l’IFAD; tuttavia, il particolare mandato dell’IDLO, l’unica organizzazione internazionale interamente dedicata a promuovere lo stato di diritto, ha trasformato radicalmente il mio lavoro».

Dopo nove mesi di attività come project management per l’ufficio dell’IDLO in Kenya, il “portfolio” di Stefano Consiglio si è espanso  a tutto il continente africano: «Attualmente supporto gli uffici locali dell’IDLO in Kenya, Uganda, Liberia, Somalia e Mali».
Per lui «il programma JPO rappresenta un’opportunità unica per radicare la propria presenza all’interno di un’organizzazione internazionale. Diventare staff non è una cosa semplice; i giovani che hanno una passione per lo sviluppo devono spesso affrontare lunghi periodi di precarietà, con contratti da sei o al massimo undici mesi. Questi contratti non solo rendono difficile la progettazione a medio-lungo termine, ma hanno anche un impatto negativo sulla creazione di quel senso di apparenza che tutti cerchiamo nell’ambiente di lavoro. Il programma JPO fornisce a tutti i candidati un contratto stabile di due anni, con rinnovo basato sul rendimento dopo il primo anno».

Un altro aspetto positivo che Consiglio individua nel programma JPO è la particolare attenzione dedicata alla formazione: «Ci viene continuamente ripetuto che “non si dovrebbe mai smettere di studiare”, tuttavia sono poche le organizzazioni che investono significative risorse nella formazione del proprio personale. Il programma JPO mette a disposizione di ciascun partecipante un budget di 3mila dollari annui da spendere in formazione!
». Senza dimenticare l'importanza del networking: «Diventare JPO significa anche entrare in una cerchia ristretta di persone che, tramite il superamento di un difficile processo di selezione, hanno dimostrato la propria preparazione e competenza. Questo gruppo di persone rappresenta un network particolarmente utile, sia per confrontarsi in itinere, sia da alimentare una volta che il programma JPO sarà giunto al termine».

Anche per questo, il programma JPO è estremamente competitivo: ogni anno migliaia di persone inviano la candidatura e solamente poche decine vengono selezionate. Come fare allora per riuscire ad aggiudicarsi uno dei posti disponibili? «Per questo prima di fare l’application è importante aver lavorato nel settore di riferimento, preferibilmente tramite esperienze sul campo» risponde Stefano Consiglio: «Ricordo di aver effettuato il colloquio per la posizione da JPO mentre ero in missione in Ruanda. Questo ha rappresentato un grande vantaggio, in quanto ho potuto rispondere alle domande della commissione usando esempi specifici di attività svolte pochi giorni prima, mentre monitoravo l’andamento di un progetto finanziato dall’IFAD. Questo non vuol dire che non mi fossi preparato per il colloquio; tuttavia una preparazione solamente teorica non è sufficiente per passare il processo di selezione». Qualche consiglio? «Per la preparazione al colloquio ho trovato particolarmente utile scrivere una lista di potenziali domande, seguendo lo schema del colloquio basato sulla competenza, competency-based interview. Per ciascuna domanda ho fornito una breve descrizione del contesto, un’analisi dettagliata dell’azione da me intrapresa, un riepilogo dei risultati ottenuti e di ciò che ho imparato. Un altro elemento fondamentale in qualunque processo di selezione è l’entusiasmo. Tutti noi lavoriamo per avere una fonte di reddito, perché il lavoro è lo sbocco naturale del processo di formazione. Riflettere sui motivi che ci hanno spinto a intraprendere una carriera nello sviluppo, quale contributo vogliamo portare alla società, sono elementi chiave per trasmettere tutto il proprio entusiasmo durante il processo di selezione».

Chiara Del Priore

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