Io voto fuori sede: quando la partecipazione politica passa per la Rete

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 05 Ago 2011 in Approfondimenti

Votare, oltre che un dovere civico, è un diritto. Evidentemente, però, non per tutti. Se si è uno degli oltre 286mila studenti fuori sede, cioè oltre un quinto del totale degli universitari italiani secondo i dati dello stesso ministero, si va incontro a qualche oggettiva difficoltà. Stesso problema anche per chi è lontano dal proprio luogo di residenza per lavoro: sommando le due categorie si arriva a un totale di 800mila persone.
Nel 2008 un gruppo di amici siciliani «emigrati» a Torino per motivi di studio (nella foto a destra, con Ficarra e Picone durante una manifestazione) si trova a fare i conti con il disagio di tornare a casa in vista delle elezioni politiche: prendere un treno espresso da Torino a Palermo vuol dire fare complessivamente oltre 40 ore di viaggio per un week-end. Spendendo anche molto: il  60% di sconto previsto per i treni regionali e il 70 per tutte le altre tipologie si applica infatti solo alla tariffa intera e risulta poco conveniente, mentre le agevolazioni sui voli sono applicate in maniera forfettaria dalle compagnie aeree. Per non parlare del fatto che la maggior parte delle volte si va alle urne in piena sessione d’esame e perdere tre giorni di studio è difficile.
Prima di loro, nessuno si era mai posto il problema: le uniche «eccezioni» previste dal nostro ordinamento riguardano militari, detenuti e degenti ospedalieri. Da qui l’idea di una petizione online per chiedere al Parlamento di trovare delle soluzioni in modo da garantire l’«effettiva partecipazione all’organizzazione politica del Paese», così come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Dal 7 aprile 2008 l’appello è in Rete e non lascia indifferenti né gli studenti né la classe politica. Il web inizia a mobilitarsi - a oggi i firmatari sono oltre 9700 - e dal Palazzo arrivano segnali di interesse. Sia il capo dello Stato Giorgio Napolitano che il presidente della Camera Gianfranco Fini rispondono alle lettere dei fuori sede e in tre anni vengono formulate quattro proposte di legge, riguardanti gli universitari fuori sede.
La prima, presentata dal senatore Stefano Ceccanti (Pd) nell'aprile 2009, sottoscritta da 22 parlamentari e attualmente in corso d’esame in commissione Affari Costituzionali, prevede il voto per corrispondenza per gli studenti iscritti in un ateneo di una regione italiana non confinante con quella in cui esercitano il diritto al voto, ricalcando una procedura già attuata in nazioni come Spagna e Stati Uniti. «La proposta nasce da un'esigenza diffusa, che ho deciso di trasformare in progetto.  Bisogna riscontrare, però, che l'iniziativa  - l'unica in Senato al momento - ha suscitato interesse soprattutto esterno. I lavori della Commissione sono stati condizionati dallo stallo politico sulla riforma elettorale, dovuto alla volontà della maggioranza di non toccare la legge vigente», commenta Ceccanti. Poco più di un mese dopo, il 25 maggio, la deputata del PdL Annagrazia Calabria chiede ulteriori facilitazioni per i viaggi degli studenti che vanno a votare: uno sconto pari al 70% del biglietto per tutti i tipi di treno e la riduzione del 50 per i viaggi aerei e marittimi. Qualche giorno prima, il 18, la democratica Federica Mogherini Rebesani rilancia l’idea del voto per corrispondenza. Entrambe le proposte sono in prima lettura alla Camera.
«Mi ha sempre colpito in positivo come ci siano migliaia di giovani che rivendicano con orgoglio il loro diritto a poter esercitare la responsabilità elettorale», spiega la deputata. «E’ importante che questa mobilitazione popolare degli studenti prosegua anche nei prossimi mesi, tanto più in vista della conclusione della legislatura, del dibattito che si sta aprendo sulla riforma della legge elettorale, elle elezioni politiche che, al più tardi, si celebreranno nella primavera del 2013, tra meno di 2 anni». L’ultimo provvedimento ha come principale promotore l’onorevole dell’Udc Roberto Occhiuto: presentata il 5 maggio scorso alla Camera ma non ancora discussa, la proposta di legge batte nuovamente sul voto per corrispondenza. «L’interesse per la questione è nato un paio di mesi prima del referendum. Il voto ai cittadini in mobilità è un tema di interesse generale e mi auguro che, in sede di discussione, si arrivi all’elaborazione di una proposta comune. La politica fino a qualche anno fa è stata poco reattiva nei confronti di questo problema, che invece la Rete ha contribuito a far conoscere», afferma Occhiuto. Al momento, però, nessuna di queste soluzioni è stata adottata.
All’estero, invece, il problema è già risolto da tempo. Si va dal voto per procura francese, basato sul principio della delega, a quello in un seggio diverso dal luogo di residenza, applicato in Paesi Bassi, Austria, Polonia e Slovacchia, fino al voto per corrispondenza spagnolo e americano e a quello anticipato sul modello scandinavo: in Finlandia e Danimarca chi è impossibilitato ad andare al seggio il giorno delle elezioni può infatti esprimere la propria preferenza seguendo precise modalità, prima dell’election day.
Sarebbe proprio l’advanced voting il modello attuabile più facilmente nel nostro Paese, da realizzare attraverso seggi speciali istituiti in un giorno prestabilito prima del voto. L’elettore avrebbe modo di esprimere la propria preferenza, che verrebbe poi scrutinata insieme alle altre.
La battaglia dei fuori sede non si è ancora conclusa: resta sul tavolo un provvedimento definitivo, che magari includa anche altre categorie, che non possono andare al seggio, come i tanti lavoratori lontani dalla propria città di residenza. Però sono già stati messi a segno punti importanti: sul fronte legislativo,
lo scorso 18 maggio, in occasione delle  amministrative, è stato discusso e approvato il decreto legge che ha permesso a 80mila fuori sede di votare per le elezioni, attraverso la delega a rappresentanti di lista.
Un altro grande successo arriva dal web: il boom di contatti in Rete per l’iniziativa Io voto fuori sede dimostra che il dibattito politico e civile non può più fare a meno di Internet, uno strumento ormai sempre più potente per farsi sentire senza intermediari.


Chiara Del Priore

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